Cassazione Civile, Sez. 6, 03 agosto 2017, n. 19463 - Indennizzo per l'invalidità permanente derivata da infortunio


 

Presidente: CURZIO PIETRO Relatore: FERNANDES GIULIO Data pubblicazione: 03/08/2017

 

Rilevato che

 

con sentenza del 26 febbraio 2015, Corte di appello di Palermo in parziale riforma della decisione del Tribunale di Agrigento, riconosceva a S.C. l’indennizzo in capitale in misura pari all’8% di invalidità permanente derivata a seguito dell’infortunio verificatosi il 12 maggio 2010 precisando (in motivazione) come nel calcolo del predetto 8% di invalidità permanente erano compresi anche i postumi di un precedente infortunio del 2006 (rectius, 2004); che per la cassazione di tale decisione propone ricorso l’INAIL affidato a due motivi cui resiste con controricorso il S.C.; che è stata depositata la proposta del relatore ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio; che l’istituto ha depositato memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ. in cui si insiste per l’accoglimento del ricorso dissentendosi dalla proposta del relatore;
che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;
 

 

Considerato che
con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 80 del T.U. n. 1124 del 1965 (in relazione all’art. 360, primo comma n.3, cod. proc. civ.) avendo la Corte di Appello: recepito le errate conclusioni della consulenza tecnica nuovamente disposta in secondo grado che era giunta a determinare un complessivo danno biologico pari all’8% ( percentuale ottenuta dal 3% del danno riportato nell'infortunio del 2010 e dalla considerazione dell’aggravamento dei postumi del precedente infortunio del 2004 - dal 4% al 6% - riconosciuto dall’istituto in sede di revisione nel 2012) laddove non avrebbe dovuto tener conto del suddetto aggravamento perchè dedotto per la prima volta in appello dal S.C. il quale, nel ricorso introduttivo del giudizio, aveva chiesto la valutazione di una maggiore percentuale di danno esclusivamente per l’infortunio del 2010; errato nella determinazione della decorrenza del danno complessivo dell’8% condannando l’INAIL a corrispondere l’indennizzo in capitale “con decorrenza ed interessi legali come per legge” senza altro specificare;
che con il secondo motivo viene denunciato omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ( in relazione all’art. 360, primo comma n. 5, cod. proc. civ.) per avere la Corte di merito determinato il danno biologico nella misura complessiva dell’8% senza una spiegazione sufficiente e sulla scorta del mero richiamo alle conclusioni della nuova consulenza tecnica espletata;
che il primo motivo è infondato in quanto: nella decisione della Corte di merito non si individua alcuna violazione dell’art. 80 T.U. n. 1124 del 1965 essendosi proceduto ad una valutazione unitaria dei postumi residuati dalle lesioni del primo infortunio con quelli derivati dal nuovo e le argomentazioni articolate nel motivo più che funzionali alla dedotta censura sembrano evocare la violazione del principio del “chiesto e pronunciato” che, però, non risulta essere stata né espressamente né correttamente denunciata (Cass. n. 19124 del 28/09/2015; Cass. n. 17931 del 24/07/2013); la Corte di Appello, nell’individuare la decorrenza dell’indennizzo e degli interessi legali “come per legge”evidentemente ha inteso riferirsi al momento in cui è stata raggiunta la percentuale dell’8%, ovvero dalla visita di revisione con la quale era stato riscontrato l’aggravamento ( dal 4% al 6% nel febbraio 2012, circostanza questa menzionata nella consulenza tecnica richiamata in motivazione) dei postumi residuati dal primo infortunio; che il secondo motivo è inammissibile in quanto prospetta il vizio di motivazione insufficiente non più ammissibile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 così come novellato dall’art. 54, comma 1° lett. b) d.L. 22 giugno 2012, n. 83, conv. con modifiche in legge 7 agosto 2012 n. 134 nella interpretazione fornitane dalle Sezioni Unite di questa Corte ( SU n. 8053 del 7 aprile 2014);
che, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo con attribuzione all’avv. Pier Luigi Cappello per dichiarato anticipo fattone;
che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi);
 

 

P.Q.M.

 


La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%, con attribuzione.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 6 giugno 2017.