Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 07 settembre 2017, n. 40707 - Lavori di scavo e infortunio mortale. Ruolo del responsabile dei lavori nonché progettista e coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e in fase esecutiva


Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO Relatore: MICCICHE' LOREDANA Data Udienza: 18/04/2017

 

 

 

Fatto

 


1. La Corte d'Appello di Brescia, con sentenza del 17 settembre 2014, confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Bergamo condannando T.V., nella qualità di responsabile e direttore lavori relativi alla costruzione di un complesso residenziale commissionata dalla Cooperativa B. Casa alla EDILSA., nonché in qualità di progettista e coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e in fase di esecuzione esecuzione , ad anni uno di reclusione per il reato di cui all'art. 589, commi 1, e 2 cod pen commesso in danno di F.B.. Quest'ultimo, addetto alla posa di tubi per gli scarichi fognari all'interno di uno scavo profondo circa due metri e largo circa 1,4 metri, era rimasto schiacciato dalla terra franata da una parete dello scavo, riportando lesioni mortali, (fatto accaduto il 6 maggio 2009). All'imputato veniva contestata la violazione degli artt. 90, 91, e 92 del D.lgs n.81/2008 per aver omesso di vigilare sull'osservanza, da parte dei lavoratori, della vigente normativa di sicurezza dei lavori di scavo, nonché per aver omesso di inserire nel piano di sicurezza e coordinamento precise indicazioni con riferimento alle modalità di esecuzione dei lavori edili all'interno di scavi con profondità superiore a 1,5 metri, nonché per aver omesso di verificare che i piani operativi sicurezza redatti dalle ditte appaltatrici dei lavori di scavo contenessero dette indicazioni.
2. La Corte d'Appello ripercorreva la ricostruzione fattuale del primo giudice ricostruendo i diversi rapporti contrattuali nel contesto dei quali era avvenuto l'infortunio. Precisamente, la Cooperativa B. casa aveva commissionato la costruzione di civili abitazioni alla EDILSA. srl, che dunque operava nel relativo cantiere. La predetta Cooperativa aveva a sua volta appaltato i lavori di scavo per la realizzazione delle fondamenta e delle opere di urbanizzazione alla impresa P. che, a sua volta, aveva subappaltato alla impresa F.Ili B. gli scavi relativi alle opere di urbanizzazione relative al piazzale e alle strade limitrofe del cantiere. La EDILSA., invece, aveva subappaltato alla Edilp. srl ( di cui era socio e legale rappresentante il defunto) le "opere di lattoneria (precisamente, di allaccio delle tubazioni) pertinenti alle urbanizzazioni". Il giorno del sinistro, nell'ambito delle lavorazioni inerenti alla tombinatura di un fosso irriguo, rientrante nelle opere di urbanizzazione, veniva rilevata la necessità di deviare un preesistente condotto fognario proveniente da una vicina abitazione e, per realizzare la relativa opera, veniva incaricata la Edilp.. Ai fini, dunque, di eseguire la deviazione della condotta, tramite il posizionamento di altri tubi, il F.B. si calava nello scavo eseguito sul cantiere insieme al socio, M.G., rimanendo poi sommerso dalla frana del terreno. Nel ricostruire i fatti, la Corte territoriale disattendeva la tesi difensiva secondo cui, poiché lo scavo insisteva in area esterna a quella di cantiere, detto scavo e i lavori ivi effettuati non attenevano a opere pertinenti al cantiere, ma erano stati eseguiti su autonoma iniziativa della Edilp. per finalità proprie e, pertanto, nulla poteva essere rimproverato in ordine a rischi esulanti dalle attività del cantiere. La Corte territoriale riteneva inattendbile detta conclusione argomentando che, pur se lo scavo risultava eseguito a qualche metro di distanza dalla recinzione del cantiere, dalle planimetrie relative alla esecuzione dell'opera e dalle foto dello stato dei luoghi si evinceva che si stesse eseguendo la tombinatura del fosso irriguo, opera pertinente alla urbanizzazione dell'area - e che, durante l'esecuzione, si doveva bypassare una vecchia fognatura esistente. Non era minimamente emerso, come adombrato dalle difese, che Edilp. avesse ricevuto qualche incarico parallelo da eseguire proprio con i lavori in corso il giorno del sinistro; anzi, era stato accertato come il capocantiere L. aveva visto F.B. lavorare il giorno del sinistro senza registrare alcunché di anomalo. Dal complesso dei riscontri acquisiti, riteneva la corte del tutto attendibili le dichiarazioni del M.G., socio della Edilp., il quale aveva precisato che sia il capocantiere che l'arch T.V. non solo erano al corrente dei lavori ma ne avevano fornito precisa indicazione sulle modalità di esecuzione; quali quelle di acquistare le tubazioni necessarie e di " posizionare una cameretta", effettivamente poi ritrovata all'interno del fosso. Peraltro, le dichiarazioni del M.G. erano state riscontrate dal teste assistito B., che aveva materialmente eseguito lo scavo ed aveva definito la propria posizione con una sentenza di patteggiamento, e che non aveva interesse alcuno a fornire la versione resa in giudizio, contrariamente a quanto adombrato dalle difese relativamente al M.G.. Riteneva dunque la Corte sussistente la penale responsabilità del T.V., attese le posizioni di garanzia rivestite in base a quanto previsto dagli artt. 90 e ssgg del TU n.81/2008.
3. Propone ricorso per Cassazione T.V. a mezzo del proprio difensore di fiducia. Deduce manifesta illogicità della motivazione per avere la Corte disatteso, del tutto erroneamente, di considerare che la vittima era anche il legale rappresentante della Edilp., società esecutrice dei lavori, e pertanto direttamente obbligato al rispetto delle norme di sicurezza che governavano la lavorazione in corso. La motivazione era del tutto illogica anche riguardo alla ritenuta connessione dello scavo con le opere del cantiere. La Corte aveva infatti ritenuto accertato che lo scavo ove aveva perso la vita il F.B. si stesse eseguendo al di fuori della recinzione del cantiere; nonostante l'acquisizione di dati quali tutta la documentazione relativa ai lavori, da cui risultava che gli scavi da eseguire in relazione alle opere oggetto dei lavori del cantiere non superavano gli 80 cm di profondità, aveva ritenuto attribuibile alla sfera di sorveglianza del T.V. anche la lavorazione eseguita dalla vittima. Erronea e illogica era la motivazione anche riguardo alla ritenuta attendibilità dei testi, sulle quali la corte aveva basato la condanna. La Corte non aveva adeguatamente motivato sulla circostanza che il teste M.G. era il socio della Edilp. ed aveva dunque l'interesse a ricondurre la responsabilità nell'ambito di opere e disposizioni date da terzi; inoltre non aveva tenuto conto della numerose e insanabili contraddizioni rinvenibili nella deposizione resa in giudizio. Analogamente erroneo era il giudizio di attendibilità del teste B., autore materiale dello scavo (che aveva definito la propria posizione con patteggiamento), non essendosi tenuto conto, anche in questo caso, delle numerose incertezze del teste. Ancora, la Corte territoriale aveva del tutto travisato la deposizione di altro teste, B.M., ritenendo che questi avesse effettuato un intervento attinente allo scavo per cui è processo, analogamente fuorviante era stata la deposizione del tecnico Asl S. che non aveva mai realmente verificato se l'intervento eseguito dalla Edilp. rientrasse nelle attività del cantiere. Aveva inoltre errato la Corte d'Appello a ritenere che dovesse essere l'imputato a dover dimostrare che la Edilp. stesse eseguendo lavori per conto di altri soggetti operanti nelle aree circostanti. Infine, era stato omesso l'esame dei documenti prodotti dalla difesa e delle dichiarazioni rese dal consulente di parte, dai quali risultava che il lavoro eseguito dalla vittima non aveva attinenza alcuna con le finalità del cantiere. Infine, la motivazione di appalesava contraddittoria sul punto della assoluzione del SA., sulla base di elementi che avrebbero dovuto fondare la pronuncia di assoluzione anche per il T.V. e che, invece, non erano stati utilizzati nei suoi confronti. In subordine, in caso di conferma, chiedeva darsi atto della piena operatività della sospensione condizionale della pena avendo provveduto a risarcire integralmente il danno.
 

 

Diritto

 


1. Il ricorso è infondato.
2. Quanto al primo motivo, con il quale si denuncia illogicità della motivazione poiché la vittima, legale rappresentante della società esecutrice dei lavori, era obbligata al rispetto delle norme di sicurezza inerenti alla lavorazione in corso, basti rammentare che il ricorrente rivestiva la posizione di responsabile dei lavori nonché di progettista e coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e in fase esecutiva. Il fatto che anche il F.B. fosse tenuto al rispetto delle norme di sicurezza non vale certo ad esimere l'odierno ricorrente dall'osservanza degli obblighi su di lui gravanti in ragione della posizione di garanzia rivestita. In tale prospettiva, il nodo centrale delle critiche mosse alla impugnata pronuncia si sostanzia infatti nella estraneità delle opere eseguite dalla Edilp. e dunque dal F.B. alle lavorazioni del cantiere.
3. Anche sul punto in questione (nel quale si compendiano i restanti motivi) il costrutto motivazionale della sentenza impugnata si sottrae alle censure denunciate dal ricorrente. La Corte territoriale ha invero opportunamente precisato che : 1) alla Edilp. erano state commissionate dalla Edilsa. non già opere di scavo, ma di posizionamento tubazioni nell'ambito dei lavori di urbanizzazione primaria dell'area interessata alla costruzione delle abitazioni appaltate dalla Cooperativa Bremberg casa, ciò emergendo dal POS redatto dalla Edilp. relativamente alle " opere di urbanizzazione complementari oggetto della commessa EDILSA." ; 2) pur se lo scavo risultava posizionato a qualche metro di distanza dalla recinzione del cantiere, il complesso dei rilievi eseguiti (planimetrie relative alla esecuzione dell'opera e foto dello stato dei luoghi, confrontati con le tavole progettuali redatte dal T.V. e relative alle opere di urbanizzazione oggetto dell'appalto B.) consentivano di affermare che si stesse eseguendo la tombinatura del fosso irriguo, opera pertinente alla urbanizzazione dell'area; 3) detti rilievi avvaloravano il portato della prova dichiarativa acquisita, secondo cui, durante l'esecuzione delle opere di tombinatura del fosso irriguo si era reso necessario bypassare una vecchia fognatura esistente e proprio l'architetto T.V. aveva dato alla Edilp. indicazioni di eseguire lo scavo e posizionare i tubi al fine di eseguire le lavorazioni predette; 5) il M.G., socio della Edilp., aveva infatti precisato che sia il capocantiere L. che l'arch T.V. non solo erano al corrente dei lavori ma ne avevano fornito precisa indicazione sulle modalità di esecuzione; quali quelle di acquistare le tubazioni necessarie e di " posizionare una cameretta", effettivamente poi ritrovata all'interno del fosso; 6) le dichiarazioni del M.G. erano state altresì riscontrate non solo dall'effettivo rinvenimento della "cameretta" nello scavo, ma avevano trovato piena rispondenza nelle dichiarazioni dal teste assistito B., (titolare della ditta Autotrasporti F.lli B.) che aveva materialmente eseguito lo scavo, il quale aveva precisato come i lavori fossero riconducibili alla copertura del fosso irriguo, che l'inconveniente che aveva bloccato detti lavori era stato reso noto al T.V., che era stato proprio l'odierno imputato a impartire l'indicazione di eseguire lo scavo; 7) Il B. aveva definito la propria posizione con una sentenza di patteggiamento, e non aveva interesse alcuno a fornire la versione dei fatti resa in giudizio; 8) la necessità di eseguire la lavorazione indicata era emersa anche dalle dichiarazioni di B.M., titolare di una ditta idraulica, che aveva confermato come qualche giorno prima dell'infortunio era intervenuto per spostare una tubazione dell'acqua che intralciava la posa di un tubo, nonché dal funzionario della Asl dott. Sologni, che aveva riferito di aver verificato che era in corso l'esecuzione della lavorazione sopra descritta; 9) i riscontri analiticamente esaminati non consentivano di dubitare della genuinità delle dichiarazioni del M.G., che pertanto resistevano ai rilievi della difesa secondo cui il predetto, socio della Edilp., avrebbe avuto specifico interesse ad addossare la penale responsabilità sugli altri imputati. 
4. E' dunque evidente che la Corte territoriale ha compiutamente esaminato tutto il compendio probatorio acquisito e ne ha tratto una ricostruzione logica e coerente che si sottrae alle censure dedotte nel ricorso, fornendo puntuale spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza e procedendo alla corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto. E' invero consolidato il principio per cui la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito propone effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione è compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento. Conclusivamente, una volta accertata la legittimità e la coerenza logica della sentenza impugnata, deve ritenersi che il ricorso, nel rappresentare l'inaffidabilità degli elementi posti a base della decisione di merito sotto il profilo della violazione dell'obbligo motivazionale, pone solo questioni che esorbitano dal limiti della critica al governo dei canoni di valutazione della prova, per tradursi nella prospettazione del fatto storico alternativa a quella fatta argomentatamente propria dai giudicanti e nell'offerta di una diversa (e per il ricorrente più favorevole) valutazione delle emergenze processuali e del materiale probatorio. Questioni, queste, che sfuggono al sindacato di legittimità ( Sez. 5, n. 607 del 14/11/2013, Rv. 258679; Sez. 2, n. 1405 del 10/12/2013, Rv. 259643).
5. Stesse considerazioni si impongono riguardo alle censure mosse alla valutazione delle prova dichiarativa (testimonianze M.G., B. e S.), dovendosi comunque rammentare che sono inammissibili tutte le doglianze che evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell' attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (ex multis, Sez. 6, Sentenza n.13809 del 17/03/2015 Rv. 262965).
6. Neppure colgono nel segno le doglianze secondo cui la Corte avrebbe erroneamente disatteso le valutazioni compiute dal consulente di parte, dovendosi riaffermare il principio per cui il giudice, se ha indicato esaurientemente le ragioni del proprio convincimento, non è tenuto a rispondere in motivazione a tutti rilievi del consulente tecnico della difesa, in quanto la consulenza tecnica costituisce solo un contributo tecnico a sostegno della parte e non un mezzo di prova che il giudice deve necessariamente prendere in esame in modo autonomo (Sez. 5, n. 42821 del 19/06/2014, Rv. 262111). L'onere motivazionale del giudice è infatti soddisfatto attraverso la valutazione globale delle deduzioni delle parti, senza che sia necessario un esame dettagliato delle stesse laddove ciascun rilievo risulti disatteso dalla motivazione della sentenza, complessivamente considerata (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; Sez. 6, n. 20092 del 04/05/2011, Rv. 250105; Sez. 1, n. 27825 del 22/05/2013, Rv. 256340). E tale valutazione è stata nella specie condotta in base al dato, coerentemente ritenuto decisivo, dell'accertamento circa la tipologia della lavorazione eseguita e del fatto che era stato l'odierno imputato architetto T.V. a fornire le indicazioni in ordine alla relativa esecuzione.
7. Né è necessaria un riforma della pronuncia in punto di sospensione condizionale della pena, che risulta già concessa dai giudici di merito, rilevando l'avvenuta refusione del danno - posta a condizione della sospensione - nella eventuale sede esecutiva.
8. Si impone, dunque, il rigetto del ricorso. Segue per legge la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 18 aprile 2017