Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 15 settembre 2017, n. 42295 - Infortunio ed effettivo svolgimento delle funzioni di datore di lavoro


Presidente: BIANCHI LUISA Relatore: RANALDI ALESSANDRO Data Udienza: 16/05/2017

 

 

Fatto

 

1. Con sentenza del 15.10.2015 la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza di primo grado che ha dichiarato la responsabilità di D.B., quale legale rappresentante della ditta TAB S.p.a., in ordine al reato di cui all'art. 590 cod. pen., in relazione all'infortunio sul lavoro avvenuto il 29.10.2008 in danno di S.F., dipendente della predetta società.
2. Avverso la detta sentenza propone ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p.) la mancata assunzione di una prova decisiva ed il travisamento della prova in relazione alla problematica dell'effettivo svolgimento delle funzioni di datore di lavoro in capo al D.B. al momento della verificazione dell'infortunio e delle successive indagini ispettive.
Deduce che già in sede di appello l'imputato aveva invocato la rinnovazione parziale dell'istruzione dibattimentale, chiedendo disporsi, quantomeno, una perizia grafica tesa a verificare l'attribuibilità al ricorrente della firma apposta in calce alla denuncia di infortunio e della scrittura di compilazione del bollettino postale utilizzato per il pagamento della sanzione amministrativa comminata all'azienda.
Rileva che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto che il D.B. fosse il dirigente effettivamente presente sia durante il sopralluogo effettuato dalla ASL dopo l'infortunio, sia alla data del 9.2.2009 in occasione della notifica del verbale di prescrizioni, nonostante ciò non sia evincibile dalla documentazione allegata.
 

 

Diritto

 


1. I motivi dedotti in ricorso sono manifestamente infondati e quindi inammissibili.
2. Per quanto attiene al rilievo in ordine alla mancata assunzione di una prova decisiva, con riferimento alla invocata rinnovazione parziale dell'istruzione dibattimentale in sede di appello al fine di disporre una perizia grafica tesa a verificare l'attribuibilità al ricorrente della firma apposta in calce alla denuncia di infortunio e della scrittura di compilazione del bollettino postale utilizzato per il pagamento della sanzione amministrativa comminata all'azienda, è appena il caso di rilevare che, per costante giurisprudenza di legittimità, la perizia non rientra nella categoria della "prova decisiva" ed il relativo provvedimento di diniego non è censurabile ai sensi dell'art. 606, comma primo, lett. d), cod. proc. pen., in quanto costituisce il risultato di un giudizio di fatto che, se sorretto da adeguata motivazione, è insindacabile in cassazione (Sez. 2, n. 52517 del 03/11/2016, Russo, Rv. 26881501).
Ebbene, nel caso di specie la sentenza impugnata dà conto in maniera adeguata ed esauriente degli elementi a riprova del fatto che l'imputato rivestisse in concreto le funzioni di datore di lavoro al momento dell'infortunio, in particolare sulla base di quanto riferito dagli operai dell'Impresa al funzionario della ASL intervenuto (DM.), secondo cui il D.B. era presente in azienda nonostante la formale cessazione del suo incarico di amministratore della società; inoltre il D.B. è stato più volte indicato quale legale rappresentante della società in documenti predisposti dalla TAB a proposito dell'Infortunio (la denuncia all'Inail, il bollettino di versamento della sanzione amministrativa). La Corte territoriale non esclude che si tratti di documenti non predisposti "di persona" dal D.B., ma condivisibilmente afferma che ciò non li priva di significato probatorio in relazione alla qualifica datoriale a lui attribuita. Del resto - osserva ancora la Corte di appello - la cessazione del D.B. dalla carica di amministratore è di pochi giorni precedenti al verificarsi dell'infortunio, che si lega causalmente ad una inosservanza della normativa prevenzionale posta in essere in epoca precedente, vale a dire quando ogni potere di gestione faceva incontrovertibilmente capo al D.B., per cui anche sotto questo profilo la prova richiesta dal ricorrente non è affatto decisiva.
3. Le superiori considerazioni danno conto della manifesta infondatezza anche della seconda censura del ricorrente in ordine al dedotto travisamento della prova.
In proposito non va dimenticato che nel caso ci si trova di fronte ad una cosiddetta "doppia conforme", sicché il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un'informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 606, comma primo, lett. e) cod. proc. pen. solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti - con specifica deduzione - che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado. (Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016 - dep. 2017, La Gumina e altro, Rv. 26921701).
Ciò non ricorre nel caso di specie, in cui il ricorrente si lamenta proprio del fatto che la sentenza di appello ha recepito l'intero assunto probatorio individuato dal Giudice di primo grado, sicché, sotto questo profilo, il motivo di ricorso è anche generico e aspecifico, in quanto si limita a reiterare una doglianza già avanzata in sede di appello, senza confrontarsi adeguatamente con le ragioni della sentenza impugnata.
4. Stante l'inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. seni. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, nella misura indicata in dispositivo.
 

 

P.Q.M.

 


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 16 maggio 2017