Cassazione Penale, Sez. 3, 15 gennaio 2018, n. 1451 - Responsabilità dell'Amministratore Unico di una srl per omessa verifica delle condizioni di sicurezza del cantiere. Ricorso inammissibile


 

Presidente: SAVANI PIERO Relatore: CIRIELLO ANTONELLA Data Udienza: 13/09/2017

 

Fatto

 


1. - Con sentenza del 08.11.2016 il Tribunale di Torino ha, per quanto qui rileva, in seguito ad opposizione a decreto penale di condanna, condannato D.G. alla pena di 2.740,00 euro di ammenda per avere il medesimo, in qualità di Amministratore Unico della D.B. COSTRUZIONI s.r.l., trascurato di verificare, presso un proprio cantiere, le condizioni di sicurezza dei lavori nonché alla pena di 550,00 euro di ammenda, per avere lo stesso trascurato di provvedere al controllo prima dell'entrata in servizio ed al controllo periodico degli apprestamenti, delle attrezzature di lavoro, degli impianti e dei dispostivi, al fine di eliminare i difetti che possono pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori, ed -infine- alla pena di 1.096,00 euro di ammenda per avere trascurato di verificare l'idoneità tecnico professione delle imprese e dei lavoratori autonomi che svolgevano attività edile presso il proprio cantiere. 
2. - Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l'imputato, tramite il proprio difensore di fiducia, chiedendone l'annullamento e depositando una ulteriore memoria il 28.07.2017.
2.1. - Con il primo motivo di ricorso l'imputato deduce il vizio di travisamento della prova in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata che, se pure logica in sé considerata, sarebbe incorsa in un "vizio di informazione", in quanto la mera lettura delle dichiarazioni dell'ing. P. e delle altre due ispettrici del lavoro mostrerebbe l'erroneità della riconduzione di presunte violazioni al D'E. (e quindi all'imputato, in ragione della delega di funzioni).
In particolare, nella prospettazione difensiva le deposizioni raccolte sarebbero inidonee a ritenere provate le violazioni (come emergerebbe dalle deposizioni riportate a pag. 4, 5 e 6 del ricorso).
Avrebbe, dunque, travisato la prova il tribunale ritenendo che la deposizione di P. provasse i reati contestati attesa la sua genericità, l'assenza di fotografie, la verifica a "occhio" di una delle violazioni contestate (relative al cassone costruito in cantiere), e all'incertezza delle dichiarazioni emergente dall'uso del condizionale per esprimerle.
2.2. Con il secondo motivo la difesa rileva l'illegittimità del provvedimento per vizio di motivazione, in riferimento al trattamento sanzionatorio e all'omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche, della sospensione condizionale della pena e della non menzione nel certificato del casellario giudiziale.
In particolare il ricorrente deduce la contraddittorietà della sentenza, che valorizza la incensuratezza dell'Imputato applicando l'ammenda (rilevando la scarsa capacità a delinquere del D.G. e considerando non gravi le violazioni a lui ascritte), ma al tempo stesso ritiene l'imputato immeritevole della concessione di benefeci di legge.
 

 

Diritto

 


3. Il ricorso è inammissibile.
Generico è il primo motivo, con il quale, pure deducendo un vizio di illogicità si sollecita un giudizio di fatto inammissibile in sede di legittimità.
È necessario premettere, con riguardo ai limiti del sindacato di legittimità sulla motivazione dei provvedimenti oggetto di ricorso per cassazione, delineati dall'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come vigente a seguito delle modifiche introdotte dalla L. n. 46 del 2006, che, in ogni caso, il giudice della legittimità deve limitarsi a verificare l'adeguatezza delle considerazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per giustificare il suo convincimento.
3.1. La mancata rispondenza di queste ultime alle acquisizioni processuali può, soltanto dopo la suddetta riforma, essere dedotta quale motivo di ricorso qualora comporti il c.d. "travisamento della prova" (consistente nell'utilizzazione di un'informazione inesistente o nell'omissione della valutazione di una prova, accomunate dalla necessità che il dato probatorio, travisato od omesso, abbia il carattere della decisività nell'ambito dell'apparato motivazionale sottoposto a critica), purché siano indicate in maniera specifica ed inequivoca le prove che si pretende essere state travisate, nelle forme di volta in volta adeguate alla natura degli atti in considerazione, in modo da rendere possibile la loro lettura senza alcuna necessità di ricerca da parte della Corte, e non ne sia effettuata una monca individuazione od un esame parcellizzato. Permane, al contrario, la non deducibilità, nel giudizio di legittimità, del travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 6, sentenza n. 25255 del 14 febbraio 2012, CED Cass. n. 253099).
3.1.1. Il ricorso che, in applicazione della attuale formulazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), intenda far valere il vizio di "travisamento della prova" deve, a pena di inammissibilità (Cass. pen., Sez. 1, sentenza n. 20344 del 18 maggio 2006, CED Cass. n. 234115; Sez. 6, sentenza n. 45036 del 2 dicembre 2010, CED Cass. n. 249035):
(a) identificare specificamente l'atto processuale sul quale fonda la doglianza;
(b) individuare l'elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta asseritamente incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza impugnata;
(c) dare la prova della verità dell'elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché dell'effettiva esistenza dell'atto processuale su cui tale prova si fonda tra i materiali probatori ritualmente acquisiti nel fascicolo del dibattimento;
(d) indicare le ragioni per cui l'atto invocato asseritamente inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l'intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale "incompatibilità" all'interno dell'impianto argomentativo del provvedimento impugnato.
3.2. La mancanza, l'illogicità e la contraddittorietà della motivazione, come vizi denunciagli in sede di legittimità, devono risultare di spessore tale da essere percepibili ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici (in tal senso, conservano validità, e meritano di essere tuttora condivisi, i principi affermati da questa Corte, Sez. un., sentenza n. 24 del 24 novembre 1999, CED Cass. n. 214794; Sez. un., sentenza n. 12 del 31 maggio 2000, CED Cass. n. 216260; Sez. un., sentenza n. 47289 del 24 settembre 2003, CED Cass. n. 226074). Devono tuttora escludersi la possibilità, per il giudice di legittimità, di "un'analisi orientata ad esaminare in modo separato ed atomistico i singoli atti, nonché i motivi di ricorso su di essi imperniati ed a fornire risposte circoscritte ai diversi atti ed ai motivi ad essi relativi" (Cass. pen., Sez. 6, sentenza n. 14624 del 20 marzo 2006, CED Cass. n. 233621 Sez. 2, sentenza n. 18163 del 22 aprile 2008, CED Cass. n. 239789), e di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o dell'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Sez. 6, sentenza n. 27429 del 4 luglio 2006, CED Cass. n. 234559; Sez. 6, sentenza n. 25255 del 14 febbraio 2012, CED Cass. n. 253099).
3.2.1. Il giudice di legittimità ha, pertanto, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., il compito di accertare (Cass. pen., Sez. 6, sentenza n. 35964 del 28 settembre 2006, CED Cass. n. 234622; Sez. 3, sentenza n. 39729 del 18 giugno 2009, CED Cass. n. 244623; Sez. 5, sentenza n. 39048 del 25 settembre 2007, CED Cass. n. 238215; Sez. 2, sentenza n. 18163 del 22 aprile 2008, CED Cass. n. 239789):
(a) il contenuto del ricorso (che deve contenere gli elementi sopra individuati);
(b) la decisività del materiale probatorio richiamato (che deve essere tale da disarticolare l'intero ragionamento del giudicante o da determinare almeno una complessiva incongruità della motivazione);
(c) l'esistenza di una radicale incompatibilità con l'iter motivazionale seguito dal giudice di merito e non di un semplice contrasto;
(d) la sussistenza di una prova omessa od inventata, e del c.d. "travisamento del fatto", ma solo qualora la difformità della realtà storica sia evidente, manifesta, apprezzabile ictu oculi ed assuma anche carattere decisivo in una valutazione globale di tutti gli elementi probatori esaminati dal giudice di merito (il cui giudizio valutativo non è sindacabile in sede di legittimità se non manifestamente illogico e, quindi, anche contraddittorio). Non è denunciabile il vizio di motivazione con riferimento a questioni di diritto.
3.3.1. Invero, come più volte chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (Sez. 2, sentenze n. 3706 del 21. - 27 gennaio 2009, CED Cass. n. 242634, e n. 19696 del 20 - 25 maggio 2010, CED Cass. n. 247123), anche sotto la vigenza dell'abrogato codice di rito (Sez. 4, sentenza n. 6243 del 7 marzo - 24 maggio 1988, CED Cass. n. 178442), il vizio di motivazione denunciabile nel giudizio di legittimità è solo quello attinente alle questioni di fatto e non anche di diritto, giacché ove queste ultime, anche se in maniera immotivata o contraddittoriamente od illogicamente motivata, siano comunque esattamente risolte, non può sussistere ragione alcuna di doglianza, mentre, viceversa, ove tale soluzione non sia giuridicamente corretta, poco importa se e quali argomenti la sorreggano. E, d'altro canto, l'interesse all'impugnazione potrebbe nascere solo dall'errata soluzione di una questione giuridica, non dall'eventuale erroneità degli argomenti posti a fondamento giustificativo della soluzione comunque corretta di una siffatta questione (Sez. 4, sentenza n. 4173 del 22 febbraio - 13 aprile 1994, CED Cass. n. 197993).
L'esame del ricorso, alla luce di queste necessarie premesse, dimostra l'inammissibilità dello stesso, dal momento che la sentenza impugnata, dopo aver approfonditamente affrontato il tema della ripartizione di responsabilità in caso di delega di funzioni (cfr. pag. 4 ove si evidenzia che la DB costruzioni aveva preparato il cantiere, ed era titolare della strumentazione, circostanze di fatto mai contestate, e che -comunque- dopo che il D'E. aveva dismesso il suo incarico, il ricorrente avrebbe dovuto verificare il rispetto delle normative anti-infortunistiche) ha correttamente valutato il materiale probatorio mettendo in evidenza le ragioni concrete in base alle quali è pervenuta alla condanna, emergenti non solo dalla deposizione del teste P., ma dal verbale di ispezione e dal verbale di rivisita con valutazioni che non risultano inficiate (nei termini sopra chiarite, ossia disarticolate, rese ictu oculi errate), dalle allegazioni dei brani di prove testimoniali prodotti dal ricorrente in questa sede, in maniera parcellizzata.
4. Inammissibile per genericità è anche il secondo motivo, con quale il ricorrente si duole della contraddittorietà della sentenza che non avrebbe concesso le circostanze attenuanti generiche e i benefici di legge, pur rilevando la non gravità delle condotte, anche in ragione della incensuratezza dell'imputato.
Come è noto, in termini generali, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 - 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142), ciò che - nel caso di specie - non ricorre.
Nel caso di specie, anzi, mentre il ricorrente non indica alcun elemento a favore dell'imputato che non sia stato esaminato, occorre evidenziare che gli stessi benefici, esclusi in ragione della pluralità delle violazioni, non sono stati neppure richiesti dal ricorrente in appello, come la medesima sentenza puntualizza nel - motivatamente- negarli, a pag. 5.
Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
5. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 2.000,00.
 

 

P.Q.M.

 


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 13.9.2017