- Amianto
Domanda proposta contro l'INPS da un dipendente di uno stabilimento per ottenere il beneficio contributivo previsto dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8.
La Corte d'Appello di Firenze ha riconosciuto, al pari del giudice di primo grado, il diritto del lavoratore a tale beneficio, anche per periodi ulteriori rispetto a quelli in cui era stata accertata dall'INAIL la sua esposizione "qualificata" all'amianto; tanto sul rilievo che, per i suddetti periodi, l'INAIL aveva negato la certificazione sulla sola base del curriculum professionale, il quale, peraltro, era stato smentito dalla prova testimoniale, dalla quale era risultato che il B. aveva sempre e soltanto lavorato, prima come operaio e poi come capo turno, nel reparto manutenzione (MAN) indicato nell'atto di indirizzo ministeriale come reparto a rischio e i cui addetti (compreso il B. per i non contestati periodi) avevano ricevuto l'attestazione dell'INAIL.
Ricorre in Cassazione l'INPS - Rigetto.
La Corte di Cassazione ha più volte affermanto che, "al fine del riconoscimento del beneficio previdenziale in esame, non è necessario che il lavoratore fornisca la prova atta a quantificare con esattezza la frequenza e la durata dell'esposizione, potendo ritenersi sufficiente, qualora ciò non sia possibile, avuto riguardo al tempo trascorso e al mutamento delle condizioni di lavoro, che si accerti, se del caso anche a mezzo di consulenza tecnica, la rilevante probabilità di esposizione del lavoratore al rischio morbigeno qualificato, attraverso un giudizio di pericolosità dell'ambiente di lavoro, ancorchè espresso con un ampio margine di approssimazione".
Anche in mancanza di certificazione dell'INAIL spetta, dunque, al giudice di merito accertare l'esposizione del lavoratore al rischio qualificato ultradecennale, valutando gli elementi probatori in suo possesso, ivi compresi gli atti di indirizzo del Ministero del Lavoro.
Tale valutazione, comportando l'apprezzamento di situazioni di fatto, non è suscettibile di riesame in sede di legittimità se congruamente motivato.
Tale valutazione, comportando l'apprezzamento di situazioni di fatto, non è suscettibile di riesame in sede di legittimità se congruamente motivato.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERCURIO Ettore - Presidente -
Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella - rel. Consigliere -
Dott. LA TERZA Maura - Consigliere -
Dott. TOFFOLI Saverio - Consigliere -
Dott. MORCAVALLO Ulpiano - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 6240/2007 proposto da: SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERCURIO Ettore - Presidente -
Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella - rel. Consigliere -
Dott. LA TERZA Maura - Consigliere -
Dott. TOFFOLI Saverio - Consigliere -
Dott. MORCAVALLO Ulpiano - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati, RICCIO Alessandro, VALENTE NICOLA, PREDEN SERGIO, giusta delega in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro B.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 2, presso lo studio dell'avvocato ANTONINI GIORGIO, rappresentato e difeso dall'avvocato NUNZI Sergio, giusta mandato in calce al controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1419/2006 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, depositata il 14/11/2006 R.G.N. 882/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/01/2009 dal Consigliere Dott. GABRIELLA COLETTI DE CESARE;
udito l'Avvocato ANTONINI per delega NUNZI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LO VOI Francesco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
La Corte d'appello di Firenze, provvedendo sulla domanda proposta contro l'INPS da B.F., dipendente dello stabilimento Lucchini s.p.a. (già Acciaierie di (OMISSIS)), ha riconosciuto, al pari del giudice di primo grado, il diritto del lavoratore al beneficio contributivo previsto dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, anche per periodi ulteriori rispetto a quelli in cui era stata accertata dall'INAIL la sua esposizione "qualificata" all'amianto; tanto sul rilievo che, per i suddetti periodi, l'INAIL aveva negato la certificazione sulla sola base del curriculum professionale, il quale, peraltro, era stato smentito dalla prova testimoniale, dalla quale era risultato che il B. aveva sempre e soltanto lavorato, prima come operaio e poi come capo turno, nel reparto manutenzione (MAN) indicato nell'atto di indirizzo ministeriale come reparto a rischio e i cui addetti (compreso il B. per i non contestati periodi) avevano ricevuto l'attestazione dell'INAIL.
Contro questa sentenza l'INPS ricorre con due motivi.
Il lavoratore resiste con controricorso.
Diritto
Nel primo motivo, con denuncia di insufficienza di motivazione, si censurano come illogiche e insufficienti le ragioni poste a sostegno della decisione secondo cui i limiti espositivi erano stati, in concreto, superati.
Osserva l'Istituto che, diversamente da quanto ritenuto dal giudice di merito, dall' atto di indirizzo del Ministero del lavoro (nel caso, prot. 474 dell'8 marzo 2001) non è possibile desumere l'esistenza e la consistenza della esposizione del singolo lavoratore e la sentenza impugnata non spiega come abbia potuto ritenere in concreto provata l'esposizione all'amianto personale e qualificata del B..
Nel secondo motivo l'INPS deduce falsa applicazione della L. 31 luglio 2002, n. 179, art. 18, assumendo che, in difetto di certificazione dell'INAIL, non può essere utilizzato direttamente e autonomamente come prova della esposizione qualificata all'amianto l'atto di indirizzo ministeriale, esprimendo quest'ultimo criteri generali e astratti ai quali, ai sensi della legge citata, deve conformarsi l'INAIL, che, peraltro, è il solo soggetto abilitato ad accertare, nei singoli casi, l'intensità e la durata della esposizione.
I due motivi, all'evidenza connessi e che, perciò, si trattano congiuntamente non sono fondati.
Questa Corte, nelle sue più recenti decisioni, ha precisato che, al fine del riconoscimento del beneficio previdenziale in esame, non è necessario che il lavoratore fornisca la prova atta a quantificare con esattezza la frequenza e la durata dell'esposizione, potendo ritenersi sufficiente, qualora ciò non sia possibile, avuto riguardo al tempo trascorso e al mutamento delle condizioni di lavoro, che si accerti, se del caso anche a mezzo di consulenza tecnica, la rilevante probabilità di esposizione del lavoratore al rischio morbigeno qualificato, attraverso un giudizio di pericolosità dell'ambiente di lavoro, ancorchè espresso con un ampio margine di approssimazione (Cass. n. 16119 del 2005, n. 19456 del 2007).
All'accertamento giudiziale in questione, ha precisato la Corte, non è di ostacolo il mancato rilascio delle dichiarazioni che, in punto di durata e di intensità di esposizione del lavoratore all'amianto, l'Inail e il datore di lavoro sono chiamati ad effettuare nel corso della procedura amministrativa stabilita in sede congiunta da Inps, Inail e Ministero del lavoro e parti sociali, già esplicata nella circolare Inps n. (OMISSIS) del 1995 e recepita nella L. 31 luglio 2002, n. 179, art. 18 comma 8.
Quest'ultima norma aveva stabilito che "le certificazioni rilasciate o che saranno rilasciate dall'INAIL sulla base degli atti di indirizzo emanati sulla materia dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge sono valide ai fini del conseguimento dei benefici previdenziali previsti dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, e successive modificazioni".
La Corte ha tuttavia ritenuto che l'assolvimento delle menzionate incombenze non assume carattere vincolante in ordine ai fatti attestati, che possono sempre formare oggetto di contestazione o di diverso accertamento (così Cass. n. 997 del 2003).
Anche in mancanza di certificazione dell'INAIL spetta, dunque, al giudice di merito accertare l'esposizione del lavoratore al rischio qualificato ultradecennale, valutando gli elementi probatori in suo possesso, ivi compresi gli atti di indirizzo del Ministero del Lavoro.
Tale valutazione, comportando l'apprezzamento di situazioni di fatto, non è suscettibile di riesame in sede di legittimità se congruamente motivato (così Cass. sent. n. 3095 del 2007).
Nella specie, la Corte d'appello di Firenze - premesso che l'INAIL si era attenuto alle indicazioni dell'atto ministeriale di indirizzo per attestare il superamento dei limiti espositivi nel periodo nel quale il B. aveva lavorato nel reparto MAN (Manutenzione) della Lucchini svolgendo attività di aggiustatore e meccanico-ha accertato, in esito a una specifica attività istruttoria, che l'INAIL aveva negato il rilascio dell'attestazione per il periodo (OMISSIS), nonchè per il periodo dal (OMISSIS) al (OMISSIS) motivando il provvedimento con il rilievo che, in tali periodi, il lavoratore aveva operato rispettivamente al CRI (Centro rimpiazzi) e come tecnico preparazione e assistenza lavori; laddove la prova testimoniale, attraverso le univoche dichiarazioni dei colleghi di lavoro del B., aveva smentito questi dati, dimostrando che costui aveva sempre prestato la propria attività nel reparto Manutenzione, gli addetti al quale, nell'atto di indirizzo (e anche per espressa attestazione INAIL), operavano in situazione di rischio superiore ai limiti espositivi richiesti per la concessione del controverso beneficio.
Il convincimento della Corte territoriale trae, dunque, fondamento da precisi e oggettivi riscontri probatori, a fronte dei quali logicamente e coerentemente giustificato appare anche il giudizio di irrilevanza della mancanza della certificazione INAIL, una volta che, secondo l'accertamento del giudice di merito, non posto in dubbio dall'Istituto previdenziale ricorrente, il diniego di tale certificazione si fondava, senza alcuna concreta verifica del tipo di mansioni effettivamente svolte dal B. e dell'ambiente in cui il lavoratore aveva operato, sulle sole formali indicazioni contenute nel curriculum professionale predisposto dal datore di lavoro.
In conclusione, la sentenza impugnata è in tutto coerente con i principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte a proposito delle condizioni che legittimano la concessione del controverso beneficio previdenziale ed è, altresì insuscettibile di censura anche sotto il profilo del vizio di motivazione prospettato dall'INPS, avendo accertato che tali condizioni ricorrevano tutte nel caso concreto, tenuto conto delle mansioni effettivamente affidate al B. e da costui svolte con continuità e regolarità nello stesso ambiente lavorativo in relazione al quale l'INAIL aveva attestato la presenza di amianto in quantità tale da superare i richiesti limiti espositivi.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, conseguendone la condanna dell'INPS al pagamento, in favore dell'odierno resistente, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna l'Istituto ricorrente al pagamento, in favore del resistente, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 10,00 per esborsi e in Euro 1.500,00 (millecinquecento) per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2009.
Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2009