Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. Lav., 22 gennaio 2018, n. 1491 - Tunnel carpale e rendita di inabilità. Domanda amministrativa non coltivata


 

Presidente: D'ANTONIO ENRICA Relatore: MANCINO ROSSANA Data pubblicazione: 22/01/2018

 

 

 

Rilevato
1. che con sentenza in data 29 febbraio 2012, la Corte di Appello di Venezia ha confermato la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda dell'attuale ricorrente volta ad ottenere l'accertamento del diritto alla rendita di inabilità prevista dall'art. 74 t.u. n.1124/1965 o all'assegno di invalidità di cui alla legge n. 222/1984, con condanna dell'INAIL all'erogazione delle relative prestazioni;
2. che la Corte territoriale riteneva la prospettazione di primo grado, immutabile in sede di gravame, concernere esclusivamente la preesistenza della sindrome del tunnel carpale al 2000 e che la percentuale inabilitante dovesse essere rivista anche alla luce dei criteri antecedenti al d.lgs. n.38/2000, laddove il gravame verteva sull'accertamento del diritto alla rendita di inabilità prevista dall'art. 74 del citato testo unico n.1124, come modificato dal d.lgs. n.38 del 2000;
3. che, in conclusione, per la Corte di merito la prospettazione, non suscettibile di modifiche in sede di gravame, era imperniata solo sul diritto alla prestazione ex d.P.R. n.1124/65; la domanda amministrativa del 1994 (per sindrome del tunnel carpale al polso sinistro, operato nel 1994), non era risultata coltivata, in mancanza di impugnazione del provvedimento di rigetto dell'INAIL, con la conseguenza che la domanda presentata nel 2001 (in seguito a secondo intervento, al polso destro), pur denominata, dalla parte, riesame non poteva considerarsi richiesta di riesame, ancor più che di aggravamento in senso tecnico poteva parlarsi solo al raggiungimento di un grado inabilitante;
4. che, avverso tale sentenza, S.B. ha proposto ricorso, affidato ad un articolato motivo, al quale ha opposto difese l'INAIL con controricorso;
 

 

 

 

Considerato
5. che, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 112 d.P.R. n.1124/1965, 41 cod.pen., 116,132,445 cod.proc.civ., nonché vizio di motivazione, per avere il giudice contraddetto in sentenza la consulenza tecnica d'ufficio senza adeguata motivazione, errata interpretazione dell'elaborato peritale dell'ausiliare officiato in giudizio, errore logico giuridico nell'interpretazione degli atti e dei documenti di causa, il ricorrente si duole che la Corte di merito non abbia applicato la disciplinata recata dal testo unico del 1965, trattandosi di malattia denunciata per la prima volta nel 1994 e che aveva raggiunto il minimo indennizzabile dell'11% nel 2000 ed infine che non abbia disposto nuova consulenza tecnica al fine di stabilire l'epoca di raggiungimento del minimo indennizzabile;
6. che ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;
7. che le due proposizioni della Corte di merito inerenti alla domanda amministrativa originaria del 1994 (per sindrome del tunnel carpale al polso sinistro operato nel 1994), non coltivata stante la mancata impugnazione del provvedimento di rigetto dell'INAIL, e alla domanda dell'8 maggio 2001, dallo S.B. qualificata come domanda di riesame delle conclusioni della collegiale medica e dai giudici del gravame qualificata, invece, come nuova domanda (all'esito della quale l'INAIL, in data 11.12.2002, riconosceva la percentuale del 9% alla stregua del decreto legislativo n.38 cit.) muovendo dall'evidenza che di aggravamento in senso tecnico potrebbe parlarsi solo in presenza di un grado inabilitante, non sono state fatto segno di alcuna censura nella pur ampia esposizione a sostegno della criticata erronea applicabilità dei due regimi previdenziali in presenza di malattia che la parte assume denunciata, per la prima volta, nel 1994;
8. che il ricorrente incentra la censura esclusivamente sulle asserite disattese conclusioni dell'ausiliare officiato in giudizio e indirizza le doglianze sulla pretesa confusione tra regimi previdenziali applicabili non investendo la ragione del decidere emergente dalla sentenza impugnata;
9. che, in definitiva il ricorso tende esclusivamente a richiedere un riesame del merito, inammissibile in questa sede di legittimità;
10. che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. 
 

 

P.Q.M.

 


La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge.
Così deciso nella Adunanza camerale del 21 settembre 2017