Cassazione Penale, Sez. 4,  31 gennaio 2018, n. 4622 - Responsabilità del legale rappresentante di una srl - locatrice di un immobile ad uso officina - per infortunio dovuto ad assenza di fermo-corsa di una porta scorrevole


 

 

 

Presidente: DI SALVO EMANUELE Relatore: SERRAO EUGENIA Data Udienza: 15/12/2017

 

Fatto

 

1. Il Tribunale di Latina, con la sentenza in epigrafe, ha confermato la pronuncia di condanna emessa il 12/11/2013 dal Giudice di Pace di Latina nei confronti di F.G., imputato del reato di lesioni personali colpose guaribili in quaranta giorni ai danni di P., in qualità di legale rappresentante della Pontina Accessori s.r.l. quale locatrice dell'immobile ad uso officina, per avere installato e mantenuto in opera una porta scorrevole di accesso al locale priva dei necessari dispositivi atti ad impedire che la stessa potesse fuoriuscire dai propri binari di scorrimento ed omettendo di installare un meccanismo di fine corsa in corrispondenza della parte superiore della porta, per negligenza, imprudenza ed imperizia nonché per violazione del punto 1.6.12 dell'Allegato IV del d. lgs. 9 aprile 2008, n.81.
2. F.G. ricorre per cassazione censurando la sentenza impugnata per violazione del combinato disposto degli artt.79,484 e 491 cod.proc.pen. nonché contraddittorietà della motivazione sul punto. Il ricorrente reitera l'eccezione di tardività della costituzione di parte civile ritenendo che il tribunale abbia svolto motivazione contraddittoria laddove ha affermato che la costituzione di parte civile deve avvenire quando viene verificata per la prima volta la regolarità del contraddittorio, al contempo negando che la costituzione avvenuta all'udienza del 18 dicembre 2012 fosse tardiva, nonostante la contumacia dell'imputato e la corretta citazione della persona offesa fossero state accertate nel corso della precedente udienza del 29 maggio 2012; contesta la conformità al dettato normativo dell'assunto secondo il quale l'obbligatorietà del tentativo di conciliazione prevista dall'art.29 d. lgs. 28 agosto 2000, n.274 costituisce una peculiarità del processo dinanzi al giudice di pace che ha lo scopo proprio di evitare l'eventuale costituzione di parte civile.
2.1. Con un secondo motivo deduce contraddittorietà della motivazione nella parte in cui il tribunale ha confermato la pronuncia di condanna, pronunciata per violazione del punto 1.6.12 dell'Allegato IV d. lgs. n.81/2008, affermando tuttavia l'inapplicabilità al caso di specie della predetta normativa e ritenendo ininfluente ai fini dell'esercizio del diritto di difesa l'errato parametro giuridico individuato nella formulazione dell'accusa. Ritiene che l'omessa riqualificazione giuridica del fatto ad opera del giudicante comporti una condanna in difetto di contestazione.
2.2. Con un terzo motivo deduce violazione dell'art.521 cod.proc.pen. e nullità della sentenza ai sensi dell'art.522 cod.proc.pen. in quanto in primo grado la violazione degli obblighi giuridici asseritamente violati riguardava il rapporto tra proprietario dell'immobile ed affittuario, con violazione di norme in materia di infortuni nei luoghi di lavoro, mentre il giudice di appello ha ipotizzato una diversa responsabilità, fondata sugli obblighi ai quali è tenuto il locatore ai sensi dell'art.1575 cod. civ. e con riferimento a circostanze di fatto mai analizzate nel giudizio di primo grado. Evidenzia come sia diverso difendersi supponendo una responsabilità che derivi da un macchinario difettoso fornito in locazione, piuttosto che da una responsabilità derivante dal non aver correttamente adempiuto agli obblighi che il proprietario del bene locato ha nei confronti della manutenzione sulla cosa oggetto del rapporto di locazione, ritenendo che la sentenza sia nulla per difetto di contestazione dell'illecito accertato.
2.3. Con un quarto motivo deduce violazione dell'art.1575 cod. civ. rispetto ad un obbligo giuridico ex art.43 cod. pen. In particolare, il riferimento alla norma di cui all'art.1575 cod. civ. ed agli obblighi in essa contenuti a carico del locatore, mai analizzati nel giudizio di primo grado, avrebbe imposto di esaminare se la manutenzione della cosa locata rientri nell'ordinaria o nella straordinaria amministrazione, la rilevanza dell'accettazione del manufatto con sottoscrizione della clausola di gradimento da parte della persona offesa due anni prima dell'evento, la verifica se il fermo sulla porta scorrevole mancasse ab origine.
2.4. Con un quinto motivo deduce illogicità e carenza di motivazione in ordine alla responsabilità del F.G. proprietario rispetto al rapporto di locazione con P. affittuario. Il ricorrente ritiene apodittico, illogico e contraddittorio soffermarsi sul rapporto giuridico esistente al momento in cui lo stesso si è costituito, tralasciando ogni valutazione sul rapporto giuridico esistente tra autore del reato e persona offesa alla data di commissione del fatto, ed affermare la causalità della colpa sul presupposto che l'imputato avesse consegnato alla persona offesa un locale in cattivo stato di manutenzione sulla base di fatti accertati due anni dopo la consegna dell'immobile.
2.5. Con un sesto motivo deduce illogicità della motivazione per errata applicazione dell'art. 540 cod. proc. pen. in quanto il giudice di merito ha riconosciuto la provvisionale pur in assenza di giustificati motivi che consentissero di ritenere raggiunta la prova del danno sofferto. Pur affermando che non fosse stata raggiunta la prova del danno biologico, il giudice di merito ha liquidato una somma a titolo di provvisionale sulla base della documentazione relativa ai certificati INAIL, che non provano il danno biologico né consentono che sulla base del numero dei giorni di inabilità al lavoro si quantifichi il danno biologico in base alle «Tabelle del Tribunale di Milano». 
3. Con memoria depositata il 28 novembre 2017 il difensore del ricorrente ha sviluppato i motivi di ricorso.
4. Con memoria depositata il 28 novembre 2017 il difensore e procuratore speciale della parte civile ha rimarcato la decadenza dell'imputato dall'eccezione di tardività della costituzione di parte civile e l'infondatezza degli altri motivi di ricorso, chiedendone il rigetto.
 

 

Diritto

 


1. Il ricorso supera il vaglio di ammissibilità, non essendo stati proposti motivi manifestamente infondati. Ciò impone, preliminarmente, di rilevare l'intervenuta estinzione del reato per prescrizione.
2. Trattandosi di fatto commesso in data 17 marzo 2009, in relazione al quale trova applicazione la disciplina dettata dalla legge 5 dicembre 2005, n.251, trattandosi di delitto, il termine massimo di prescrizione per tale reato deve ritenersi stabilito in sette anni e sei mesi, in virtù del combinato disposto degli artt. 157,160, comma 3, e 161, comma 2, cod.pen. Va, quindi, osservato che è venuto a maturare il termine massimo prescrizionale previsto dalla legge per il reato contestato, compiutosi in data successiva alla pronuncia della sentenza di appello.
3. La delibazione dei motivi sopra indicati fa escludere l'emergere di un quadro dal quale possa trarsi ragionevole convincimento dell'evidente innocenza del ricorrente. Sul punto, l’orientamento della Corte di Cassazione è univoco. In presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'art.129, comma 2, cod.proc.pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, cosi che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di constatazione, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di apprezzamento e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez. U, n.35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275). Nel caso di specie, restando al vaglio previsto dall'art. 129, comma 2, cod.proc.pen., l'assenza di elementi univoci dai quali possa trarsi, senza necessità di approfondimento critico, il convincimento di innocenza dell'imputato impone l’applicazione della causa estintiva. 
4. Va disposto, pertanto, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti di F.G., essendo il reato ascrittogli estinto per prescrizione.
5. Ma, nel giudizio di impugnazione, in presenza di una condanna al risarcimento dei danni o alle restituzioni pronunziata dal primo giudice o dal giudice di appello ed essendo ancora pendente l'azione civile, il giudice penale, secondo il disposto dell'art. 578 cod.proc.pen., è tenuto, quando accerti l'estinzione del reato per prescrizione, ad esaminare il fondamento dell'azione civile. In questi casi la cognizione del giudice penale, sia pure ai soli effetti civili, rimane integra e il giudice dell'impugnazione deve verificare, senza alcun limite, l'esistenza di tutti gli elementi della fattispecie penale al fine di confermare o meno il fondamento della condanna alle restituzioni ed al risarcimento pronunziata dal primo giudice o, come nel caso in esame, confermata dal giudice di appello.
5.1. Con riguardo, in particolare, all'impugnazione proposta anche in relazione alle statuizioni civili, secondo quanto già affermato da questa Sezione (Sez.4, n. 10802 del 21/01/2009, Motta, Rv.243976), trova applicazione il principio cosiddetto di immanenza della costituzione di parte civile. In ragione di tale principio, normativamente previsto dall'art.76, comma 2, cod. proc. pen., secondo il quale «la costituzione di parte civile produce i suoi effetti in ogni stato e grado del processo», il giudice di legittimità è tenuto a verificare l'esistenza dei presupposti per l'affermazione della responsabilità penale ai soli fini della pronuncia sull'azione civile, allorché abbia rilevato una causa estintiva del reato. Tale principio comporta, infatti, che la parte civile, una volta costituita, debba ritenersi presente nel processo anche se non compaia, debba essere citata anche nei successivi gradi di giudizio anche se non impugnante e senza che sia necessario per ogni grado di giudizio un nuovo atto di costituzione.
5.2. Corollario di questo principio generale è che l'immanenza viene meno soltanto nel caso di revoca espressa e che i casi di revoca implicita - previsti dall'art.82, comma 2, cod.proc.pen., nel caso di mancata presentazione delle conclusioni nel giudizio di primo grado o di promozione dell'azione davanti al giudice civile - non possono essere estesi al di fuori delle ipotesi espressamente contemplate dalla norma indicata (Sez. 5, n.39471 del 04/06/2013 , De Iuliis,, Rv. 25719901;Sez. 6, n.48397 del 11/12/2008,Russo,Rv. 24213201;Sez. 4, n. 24360 del 28/05/2008, Rago, Rv. 24094201).  
6. Tanto premesso, il primo motivo di ricorso è infondato. Nella giurisprudenza della Corte di Cassazione il termine ultimo previsto dall'art.79 cod.proc.pen. a pena di decadenza per la costituzione di parte civile è stato, variamente, indicato, con riferimento al giudizio che si svolge dinanzi al tribunale, nel momento che segue il compimento degli adempimenti relativi alla regolare costituzione delle parti in considerazione della sequenza temporale delle attività indicate negli artt. 79, 484, 491 e 492 cod.proc.pen. (Sez.6, n.10958 del 24/02/2015, L., Rv. 26298801; Sez.3, n.44442 del 3/10/2013, Rv.25752901; Sez.3, n.25133 del 15/04/2009, Greco, Rv. 24390601), ovvero nel momento che precede il compimento delle formalità di apertura del dibattimento (Sez.5, n.3205 del 4/10/2012, De Berardinis, Rv. 25438301). Ricorre, tuttavia, in maniera pressocchè consolidata, la massima secondo la quale la dichiarazione di contumacia dell'imputato scandisci il momento in cui non è più ammissibile la costituzione di parte civile (Sez.5, n.38982 del 16/07/2013, Zoccali, Rv. 25776301), ed in alcune pronunce il termine ultimo è stato individuato nel momento in cui il giudice ha esaurito l’accertamento della regolare costituzione delle parti, dopo avere deciso le eventuali questioni sollevate al riguardo, ai sensi dell'art. 491, comma 1, cod. proc. pen. (Sez.5, n.28157 del 3/02/2015, Lande, Rv.26491801).
6.1. In presenza di un provvedimento di rinvio della prima udienza, alcune pronunce hanno dichiarato inammissibile la costituzione di parte civile nel caso in cui, dichiarata la contumacia dell'imputato, il giudice aveva rinviato il processo ad altra udienza ancorché non avesse dichiarato aperto il dibattimento; in altre pronunce il rinvio dell'udienza non è stato ritenuto preclusivo, ma le ragioni del rinvio erano, a ben vedere, attinenti alla regolarità della notificazione del decreto di citazione in giudizio all'imputato, dunque all'evidenza attinenti all'omessa conclusione della fase di verifica della regolare costituzione delle parti. In generale, è stata, comunque, ritenuta legittima la costituzione di parte civile in sede di udienza di rinvio disposto dal giudice prima del compimento delle formalità di apertura del dibattimento, allo scopo di: 1) sanare l’irritualità della notifica all’imputato (Sez.5, n.3205 del 4/10/2012, dep. 2013, Di Egidio, Rv.25438301); 2) regolarizzare la composizione del collegio giudicante (Sez. 5, n. 12718 del 27/10/2000, Rizzi, Rv. 21774101); 3) eliminare eventuali irregolarità nella stessa costituzione di parte civile (Sez. 6, n.29442 del 25/06/2009, Chirico, Rv. 24436901; Sez. 5, n. 4972 del 13/12/2006, dep. 2007, Fortunato, Rv. 23631301); 4) sanare la nullità derivante dalla omessa citazione della parte offesa (Sez. 3, n.8880 del 16/06/1998, Stringa, Rv. 21169001); 5) provvedere a nuova notifica del decreto di citazione (Sez. 5, n.12906 del 6/10/1999, Picchiotti, Rv. 21553501). 
6.2. Nel caso concreto, l'esame degli atti del processo di primo grado, consentito a questa Corte di Cassazione dalla natura della censura, ha consentito di verificare che nel corso della prima udienza, tenutasi il 29 maggio 2012, il Giudice di Pace aveva dichiarato la contumacia dell'imputato ed aveva constatato l'assenza della persona offesa, disponendo che il verbale dell'udienza venisse notificato alla parte offesa con l'avvertenza che la mancata comparizione all'udienza del 18 dicembre 2012 avrebbe potuto significare remissione tacita della querela con conseguente estinzione del reato. Nel corso della successiva udienza del 18 dicembre 2012, presente la persona offesa che aveva depositato la dichiarazione di costituzione di parte civile, il Giudice di Pace ha preso atto dell'esito negativo del tentativo di conciliazione ed ha ammesso la costituzione di parte civile. La difesa dell'imputato non ha sollevato alcuna eccezione ed il giudice ha, dunque, dichiarato aperto il dibattimento.
6.3. Il Collegio ritiene di condividere l'orientamento interpretativo secondo il quale il termine ultimo, oltre il quale non è più consentito alla persona offesa di costituirsi parte civile, debba farsi coincidere con la pronuncia dei provvedimenti che definiscono le questioni sollevate dalle parti ai sensi dell'art.491 cod. proc. pen., ossia con il momento in cui il giudice ha verificato positivamente il rispetto delle regole (la «regolarità») che disciplinano la partecipazione al processo dei diversi soggetti cui l’ordinamento riconosce il relativo diritto, anche alla luce delle eventuali questioni che, al riguardo, gli siano state eventualmente prospettate, ai sensi dell’art. 491, comma 1, cod.proc.pen. Tale conclusione appare conforme al dettato normativo, che differenzia «la regolare costituzione delle parti», oggetto dell’accertamento che il giudice deve necessariamente effettuare prima di dichiarare aperto il dibattimento, ai sensi dell’art. 484, comma 1, cod. proc. pen., richiamato dall’art. 79, comma 1, cod. proc. pen., dal semplice «accertamento della costituzione delle parti» previsto dall'art. 491, comma 1, cod. proc. pen., che, dunque, ha il valore di semplice ricognizione dei soggetti interessati al processo, propedeutica alla ben più pregnante verifica della regolare costituzione del rapporto processuale, alla quale il giudice procederà, dopo avere deciso «immediatamente» le questioni che al riguardo gli siano state prospettate sancendo, pertanto, la regolarità o meno della costituzione delle parti.
6.4. Tanto premesso in linea di principio, nel caso concreto è comunque dirimente il rilievo dell'intervenuta preclusione alla proposizione dell'eccezione in esame, che non risulta sollevata entro il termine previsto dal medesimo art.491, comma 1, cod. proc. pen. Tale rilievo comporta l'applicazione del principio, pacificamente accolto nella giurisprudenza di legittimità, secondo il quale «Le questioni preliminari relative alla costituzione di parte civile devono essere poste, ai sensi dell'art. 491 cod. proc. pen., subito dopo che sia stato compiuto, per la prima volta, l’accertamento della regolare costituzione delle parti e devono essere decise immediatamente, con la conseguenza che qualora la prima udienza - compiuto il predetto accertamento - si concluda senza che sia stata sollevata la questione, la proposizione di quest'ultima deve ritenersi preclusa nelle successive udienze, né l'ammissione della costituzione di parte civile può essere in seguito contestata in sede di impugnazione» (Sez. 3, n. 24677 del 09/07/2014, dep. 2015, Busolin, Rv. 26411301; Sez. 6, n. 49057 del 26/09/2013, Andriulo, Rv. 25812901).
7. Il secondo, terzo, quarto e quinto motivo di ricorso si esaminano congiuntamente in quanto concernono diversi profili, di natura processuale e sostanziale, dell'unica questione inerente alla diversa regola cautelare alla cui violazione il giudice di appello ha legato la conferma della pronuncia di primo grado.
7.1. La questione viene dedotta, sotto un primo profilo, in termini di possibile lesione del diritto di difesa per violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza; l'imputato non sarebbe stato reso edotto in maniera compiuta dei termini dell'accusa formulata nei suoi confronti. La questione può però rilevare, secondo il ricorrente, anche in termini di vizio della motivazione perché il giudice di secondo grado ha ritenuto inapplicabile la normativa antinfortunistica ma ha confermato la condanna senza procedere ad una diversa qualificazione del fatto. L'asserita violazione dell'art.1575 cod. civ. avrebbe imposto di esaminare se la manutenzione della cosa locata rientrasse nell'ordinaria o nella straordinaria amministrazione, che rilevanza avesse l'accettazione del manufatto con sottoscrizione della clausola di gradimento da parte della persona offesa due anni prima dell'evento, se il fermo sulla porta scorrevole mancasse ab origine, che collegamento vi fosse in termini di colpa tra la consegna dell'immobile e l'evento verificatosi due anni dopo.
7.2. In linea di principio, in tema di reati colposi, non sussiste la violazione del principio di correlazione tra l’accusa e la sentenza di condanna se la contestazione concerne globalmente la condotta addebitata come colposa, essendo consentito al giudice di aggiungere agli elementi di fatto contestati altri estremi di comportamento colposo o di specificazione della colpa, emergenti dagli atti processuali e, come tali, non sottratti al concreto esercizio del diritto di difesa (Sez. 4, n. 19028 del 01/12/2016, dep.2017, Casucci, Rv.26960101; Sez.4, n.35943 del 07/03/2014, Denaro, Rv. 26016101).
7.3. Con riguardo ai poteri del giudice, le norme che si assumono violate sono da porre in relazione al principio enunciato dall’art. 521 cod.proc.pen., in base al quale, ove il pubblico ministero non abbia provveduto a modificare l’imputazione, il giudice non può pronunciare sentenza per un fatto diverso da quello ivi descritto ma deve disporre con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero. Ma la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, Carrelli, Rv.24805101), ha affermato che, per aversi mutamento del fatto, occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull'oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti di difesa; ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio di correlazione tra imputazione contestata e sentenza non può esaurirsi nel mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, si sia venuto a trovare nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione.
7.4. Ad ulteriore specificazione è stato affermato che, a fondamento del principio di correlazione tra l'imputazione contestata e la sentenza, sta l'esigenza di assicurare all'imputato la piena possibilità di difendersi in rapporto a tutte le circostanze rilevanti del fatto che è oggetto dell'imputazione. Ne discende che il principio in parola non è violato ogni qualvolta siffatta possibilità non risulti sminuita. Pertanto, nei limiti di questa garanzia, quando nessun elemento che compone l'accusa sia sfuggito alla difesa dell'imputato, non si può parlare di mutamento del fatto e il giudice è libero di dare al fatto la qualificazione giuridica che ritenga più appropriata alle norme di diritto sostanziale. In altri termini, quindi, siffatta violazione non ricorre quando nella contestazione, considerata nella sua interezza, siano contenuti gli stessi elementi del fatto costitutivo del reato ritenuto in sentenza (Sez.5, n. 2074 del 25/11/2008, dep. 2009, Fioravanti, Rv. 24235101; Sez.4, n. 10103 del 15/01/2007, Granata, Rv.23609901; Sez. 6, n. 34051 del 20/02/2003, Ciobanu Rv.22679601).
7.5. Considerato poi che il fatto, di cui agli arti. 521 e 522 cod.proc.pen., viene definito come l'accadimento di ordine naturale dalle cui connotazioni e circostanze soggettive ed oggettive, geografiche e temporali, poste in correlazione tra loro, vengono tratti gli elementi caratterizzanti la sua qualificazione giuridica (Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, Di Francesco, Rv. 20561901; Sez.l, n. 28877 del 4/06/2013, Colletti, Rv. 25678501), va escluso che il riferimento ad una normativa prevista per la disciplina della sicurezza in materia di lavoro, presente nel capo d'imputazione, incida sul fatto inteso quale episodio della vita umana. Essa attiene, piuttosto, allo schema legale entro il quale viene collocata una determinata condotta. , 
7.6. Risulta, peraltro, dirimente nel caso concreto l'esplicita contestazione dell'aver agito il ricorrente quale legale rappresentante della società locatrice dell'immobile ove si è verificato il fatto. Si è prefigurata, in tal modo, la necessità per l'odierno ricorrente di approntare la difesa anche con riguardo ai profili colposi legati alla posizione di garanzia del locatore.
8. L'indicazione nella sentenza impugnata della fonte contrattuale dalla quale è sorta la posizione di garanzia, correlata all'esercizio del diritto di proprietà, ha mosso il ricorrente a porre la questione se la motivazione fosse legittima e satisfattiva a fronte della deduzione, già svolta nell'atto di appello, secondo la quale F.G. non si era occupato dell'amministrazione dell'immobile, avendo l'istruttoria dimostrato che l'immobile fosse di fatto rimasto nella piena disponibilità della persona offesa da due anni.
8.1. Occorre, in primo luogo, considerare che nel diritto dei contratti, dal quale il giudice penale mutua l'aspetto descrittivo dell'obbligo di fonte negoziale da cui si origina la posizione di garanzia del locatore, tra le obbligazioni di quest'ultimo rivestono particolare rilievo, per il caso concreto, gli obblighi di manutenzione e di riparazione (artt.1575-1577 cod. civ.), ma anche la responsabilità per vizi della cosa locata che la rendano pericolosa per la salute del conduttore (artt.1578-1580 cod. civ.). Si tratta di obblighi che regolano il rapporto contrattuale ed, al contempo, delineano l'ambito della responsabilità del locatore nei confronti del conduttore.
8.2. Escluso che l'attività d'installazione e verifica della perfetta funzionalità della porta di accesso all'immobile possa ritenersi attività gravante sul conduttore, ne deriva sotto tale profilo l'inclusione della condotta contestata nel presente processo (concretata dall'omessa installazione di un meccanismo di fine corsa in corrispondenza della parte superiore della porta) nell'area di rischio propria del ricorrente in virtù del contratto. Risulta, infatti, palese che le attività manutentive tendono a garantire che l'uso ed il godimento del bene locato non comportino pericoli per la salute del conduttore (Sez. 4, n. 35296 del 16/05/2013, Ciaffone, Rv. 25634101).
9. Applicati i suestesi principi al caso in esame, si osserva che nel capo d'imputazione l'accusa prevedeva la contestazione della colpa generica unitamente alla violazione della normativa antinfortunistica, l'indicazione dell'imputato quale legale rappresentante della società locatrice dell'immobile, l'attribuzione della condotta di installazione e mantenimento in opera di una porta scorrevole priva di dispositivi atti ad impedire che la stessa potesse uscire dai binari di scorrimento. Le modalità del fatto verificatosi il 17 marzo 2009 non sono state contestate in dettaglio dall'imputato, peraltro contumace. Lo stesso giudice di primo grado aveva individuato la posizione di garanzia dell'imputato in quanto proprietario dell'immobile, rilevando che non risultassero tracce della preesistente installazione di congegni di fermo-corsa.
9.1. Era stata proprio la difesa dell'imputato ad allegare nell'atto di appello la tesi dell'inconferenza al caso concreto della disciplina dettata dal d. lgs. n.81/2008 e della sussumibilità del fatto nella fattispecie del rapporto di locazione commerciale tra l'imputato e la persona offesa piuttosto che nel rapporto di lavoro, peraltro già escluso in primo grado. Nell'atto di gravame era stata ampiamente esaminata la tesi dell'assenza di responsabilità per noleggio di macchinari difettosi a carico di chi affitta l'azienda e si era richiamata una clausola del contratto di affitto d'azienda stipulato tra le parti il 29 marzo 2007 per dimostrare che la persona offesa avesse dato atto del buono stato di manutenzione del locale e della conformità di locali ed impianti alla disciplina antinfortunistica vigente, sottolineando che l'immobile al momento dell'evento lesivo non era nella disponibilità del proprietario da due anni e che in quel periodo di tempo il conduttore mai aveva segnalato il mal funzionamento della porta. Difettava, secondo la difesa, il nesso causale tra l'evento e la condotta dell'imputato, mancando la prova che i fermi della porta fossero assenti sin dal momento in cui era stato stipulato il contratto.
9.2. Ed il Tribunale, con replica esaustiva, ha esaminato le questioni poste dall'appellante condividendo l'assunto per cui la norma cautelare indicata nel capo d'imputazione non fosse corretto parametro di colpa specifica, ma al contempo sottolineando l'esatta descrizione del fatto storico contenuta nel medesimo capo d'imputazione quale valido presupposto per il pieno esercizio del diritto di difesa. Il Tribunale ha richiamato l'art.1575 cod. civ. come fonte della posizione di garanzia del proprietario dell'immobile concesso in locazione ed ha specificato che i vizi strutturali della porta scorrevole concretavano violazione dello specifico obbligo del locatore di consegnare il locale in buono stato di manutenzione, causalmente correlati all'evento con elevato grado di credibilità razionale in ragione dell'evidenza probatoria circa l'insussistenza di fattori causali alternativi o l'assenza di prove a sostegno della tesi difensiva con cui si asseriva che la porta non fosse la stessa che era installata al momento della consegna dell'immobile.
9.3. Non trova, dunque, riscontro nel concreto divenire del processo e dell'alternarsi degli atti tra accusa e difesa la doglianza per cui il diritto di difesa sarebbe stato conculcato, non essendo emerso sotto alcun profilo che la diversa fonte della posizione di garanzia indicata nella sentenza di appello abbia inciso in concreto sulle strategie difensive, strutturate nel ricorso sulla falsariga di quanto già dedotto in grado di appello.
10. Il sesto motivo di ricorso è inammissibile. Va, in primo luogo, evidenziata la manifesta infondatezza della censura, in cui non si considera che l'inabilità temporanea al lavoro può ben costituire un parametro di valutazione del danno non patrimoniale, distinta dal lucro cessante inerente al corrispettivo della prestazione, ed essere come tale riconosciuta prima ed indipendentemente dall'accertamento del grado di invalidità permanente nell'ambito della categoria del cosiddetto danno biologico. In ogni caso, la determinazione della somma assegnata a titolo di provvisionale è riservata insindacabilmente al giudice di merito, che non ha l'obbligo di espressa motivazione quando l'importo rientri nell'ambito del danno prevedibile (Sez. 4, n. 20318 del 10/01/2017, Mazzella, Rv. 26988201; Sez. 6, n. 49877 del 11/11/2009, Blancaflor, Rv. 24570101).
11. Conclusivamente, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio agli effetti penali perchè il reato è estinto per prescrizione, mentre il ricorso va rigettato agli effetti civili. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione in favore della parte civile delle spese del giudizio, liquidate come in dispositivo.
 

 

P.Q.M.

 


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali perchè il reato è estinto per prescrizione.
Rigetta il ricorso agli effetti civili e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio in favore della parte civile, P., che liquida in complessivi euro 2.500,00 oltre accessori di legge.
Così deciso il 15 dicembre 2017