Cassazione Civile, Sez. 3, 27 marzo 2018, n. 7534 - Riduzione capacità lavorativa: prova presuntiva del danno patrimoniale

 

 


 

Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO Relatore: SPAZIANI PAOLO Data pubblicazione: 27/03/2018

 

 

Fatto

 


M.S. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Cagliari, G.A.F., F.A. (quest'ultimo in qualità di titolare della Ditta F. Giuseppe e F.lli) e la Fata Assicurazioni s.p.a., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell'incidente stradale del 25 novembre 1991, allorché, mentre era alla guida del suo motociclo, aveva colliso con il mezzo agricolo condotto dal primo, di proprietà del secondo ed assicurato con la terza.
Intervenne in giudizio l'Inail, il quale, premesso di aver riconosciuto l'incidente occorso all'attore come infortunio sul lavoro incidente sulla capacità lavorativa nella misura dell'83%, domandò, previa surrogazione nel diritto dell'assicurato verso i responsabili, la condanna solidale di questi ultimi a corrispondergli la somma di Euro 196.009,62, già versata allo S. a titolo di indennizzo.
Il Tribunale condannò G.A.F. e F.A., in qualità di titolare della Ditta F. Giuseppe e F.Ili, al risarcimento, in favore dell'attore, del danno biologico temporaneo e permanente (quest'ultimo valutato nella misura del 54%) e condannò la Fata Assicurazioni s.p.a. a tenere indenni i responsabili.
Venne invece rigettata la domanda proposta dall'Inail in via di surrogazione, sul rilievo che non era stata data la prova della sussistenza del danno patrimoniale futuro da riduzione della capacità lavorativa.
Questa decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Cagliari, sui rilievi: che, non essendo state dimostrate le specifiche mansioni svolte dal lavoratore al momento dell'infortunio (era stato accertato soltanto che egli era socio di una cooperativa agricola ma si ignorava l'attività in concreto esercitata), la riduzione della capacità reddituale non poteva essere provata in via presuntiva; che non potevano utilizzarsi per la decisione le produzioni effettuate dall'Inail (il quale aveva depositato un estratto del libro paga donde risultavano i salari percepiti dal danneggiato prima dell'incidente e una relazione ispettiva da cui risultava la riduzione del reddito successiva all'incidente medesimo), poiché si trattava di atti interni all'ente che avrebbe voluto avvalersene a fini di prova; e che doveva escludersi la possibilità di liquidare il danno in via equitativa, giacché «l'apprezzamento equitativo ha solamente la funzione di colmare discrezionalmente le lacune insuperabili nel processo di determinazione dell'equivalente pecuniario del pregiudizio subito ma non fornisce la prova del nesso di causalità».
Ricorre per cassazione l'Inail affidandosi ad un unico motivo di censura.
Rispondono con unico controricorso G.A.F. e F.A., in qualità di titolare della ditta F. Giuseppe e F. Ili.
Non svolgono attività difensiva gli altri intimati.
L'istituto ricorrente ha depositato memoria.
 

 

Diritto

 


1. Deve anzitutto essere dichiarata l'inammissibilità del controricorso per difetto di procura speciale.
Ai fini dell'ammissibilità del ricorso e del controricorso per cassazione, sotto il profilo della sussistenza della procura speciale al difensore iscritto nell'apposito albo (artt. 365 e 370, secondo comma, c.p.c.), è essenziale, tra l'altro, che la sentenza al quale il ricorso o il controricorso si riferiscono sia pronunciata in epoca antecedente al rilascio della procura speciale.
Questa, inoltre, non può essere rilasciata in calce o a margine di atti diversi dal ricorso o dal controricorso, stante il tassativo disposto dell'alt. 83, terzo comma, c.p.c, nella formulazione anteriore alle modifiche di cui all'art. 45, comma 9, della legge 18 giugno 2009, n. 69, applicabile ratione temporis, che implica la necessaria esclusione dell'utilizzabilità di atti diversi da quelli suindicati, salvo il suo conferimento mediante le forme dell'atto pubblico e della scrittura privata autenticata, alla stregua del secondo comma dello stesso art.83 (cfr., tra le altre, Cass. 24/01/2012, n. 929).
Nel caso di specie, poiché il controricorso reca l'indicazione secondo cui G.A.F. e F.A., in qualità di titolare della ditta F. Giuseppe e F.Ili, «sono rappresentati e difesi in forza di procura speciale in calce alla comparsa di costituzione e risposta nel giudizio di appello in data 02.02.2009», l'atto deve essere dichiarato inammissibile per difetto di procura speciale.
2. Con l'unico motivo di ricorso l'Inail, deducendo «violazione degli artt. 2043, 2056, 1223 e 1226 c.c. e dell'art. 4 d.l. 23 dicembre 1976, n. 857», censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso la possibilità di ricorrere alla prova presuntiva ai fini della dimostrazione del danno derivante dalla diminuzione della capacità di lavoro. Deduce che nel caso di specie era stata espletata in sede di merito una consulenza tecnica medico-legale, la quale aveva accertato in capo al danneggiato «una riduzione dell'effettiva capacità di guadagno sia in relazione alla concreta attività svolta quale risulta agli atti che in relazione ad attività confacenti concretamente ipotizzabili sul mercato del lavoro nella misura del 40 per cento». Assume che, pertanto, la Corte di merito avrebbe dovuto procedere alla liquidazione del pregiudizio patrimoniale, eventualmente ricorrendo al criterio equitativo, anche tenendo conto dell'elevato grado della menomazione accertata.
3. Il motivo è fondato.
Va anzitutto premesso che nei casi in cui, come nel caso di specie, trova applicazione il regime anteriore all'entrata in vigore del d.lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, che ha disposto la cd. "socializzazione" del danno biologico, il giudice può accogliere l'azione di rivalsa dell'Inail - sia in caso di azione di regresso, di cui agli artt. 10 e 11 d.P.R. n. 1124 del 1965, sia in caso di azione in surroga di cui all'art. 1916 c.c. - solo entro i limiti della somma liquidata in sede civile a titolo di risarcimento dei danni patrimoniali, previo accertamento dell'esistenza e dell'entità di tali danni, in base alle norme del codice civile, mentre non possono essere aggredite dal predetto ente le somme liquidate al danneggiato a titolo di risarcimento dei danni morali e dei danni biologici (Cass. 10/01/2008, n. 255; Cass. 27/07/2001, n. 10289).
4. Ciò premesso, ai fini del risarcimento del danno patrimoniale da lucro cessante conseguente a perdita o diminuzione della capacità lavorativa, il danneggiato - e quindi anche l'Inail nell'ipotesi in cui agisca in surroga ai sensi dell'art. 1916 c.c. - è tenuto a dimostrare di svolgere, al momento dell'infortunio, un'attività produttiva di reddito e di non aver mantenuto, dopo di esso, una capacità generica di attendere ad altri lavori confacenti alle sue attitudini personali (Cass. 12/02/2015, n. 2758; Cass. 27/04/2010, n. 10074).
La dimostrazione del predetto pregiudizio, peraltro, può avvenire anche attraverso il ricorso alla prova presuntiva, allorché possa ritenersi ragionevolmente probabile che in futuro la vittima percepirà un reddito inferiore a quello che avrebbe altrimenti conseguito in assenza dell'infortunio (Cass. 14/11/2013, n. 25634; Cass. 23/08/2011, n. 17514).
La possibilità del ricorso alle presunzioni semplici trova fondamento nella circostanza che, trattandosi di un pregiudizio futuro, esso deve essere valutato su base prognostica (Cass. 23/09/2014, n. 20003).
5. Allorché sia stata valutata, anche tramite presunzioni, la ragionevole probabilità della futura diminuzione del reddito percepito dal danneggiato, la liquidazione del danno, in assenza di prova certa 
del suo ammontare, può essere effettuata con determinazione equitativa (Cass. 23/09/2014, n. 20003).
Il ricorso al criterio equitativo si giustifica particolarmente nei casi in cui l'elevata percentuale di invalidità permanente rende altamente probabile, se non addirittura certa, la menomazione della capacità lavorativa specifica e il danno che necessariamente da essa consegue (Cass. 14/11/2013, n. 25634; Cass. 23/08/2011, n. 17514).
6. Deve allora ritenersi errata in diritto la statuizione della Corte di merito, la quale ha rigettato la domanda dell'Inail, sul rilievo che nel caso di specie il danno patrimoniale da riduzione della capacità lavorativa non potesse essere provato a mezzo di presunzioni e che neppure fosse possibile ricorrere al criterio equitativo ai fini della sua quantificazione.
Al contrario, la Corte territoriale, in applicazione dei surricordati principi, movendo dal rilievo che il CTU aveva accertato in capo al danneggiato una menomazione dell'integrità fisica nella misura del 54 per cento, nonché una riduzione della capacità lavorativa specifica nella misura del 40 per cento, avrebbe dovuto ritenere ragionevolmente probabile che in futuro Massimo S. avrebbe percepito un reddito inferiore a quello che avrebbe potuto conseguire in assenza dell'infortunio ed avrebbe dunque dovuto procedere all'accertamento presuntivo di detta perdita patrimoniale.
L'ammontare di tale perdita, inoltre, ben avrebbe potuto essere determinato sulla base dei documenti depositati dall'Inail, il quale aveva prodotto sia la copia dell'estratto del libro paga dell'azienda agricola presso la quale lo S. aveva prestato attività lavorativa (da cui risultava il reddito da lui percepito nel periodo antecedente all'incidente) sia la copia di un verbale ispettivo successivo all'incidente medesimo, da cui risultava la nuova e minore entità del reddito percepito dal danneggiato.
Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, infatti, tali documenti non erano inutilizzabili per la decisione e rappresentavano anzi l'unica fonte di prova a disposizione dell'Istituto, dal quale non avrebbe potuto pretendersi la deduzione di mezzi di prova precostituiti o costituendi non rientranti nella propria sfera di disponibilità, quali, ad es., le dichiarazioni dei redditi del danneggiato.
Ove, poi, i predetti documenti non avessero sciolto l'incertezza sull'ammontare del pregiudizio, la Corte avrebbe potuto e dovuto fare ricorso al criterio equitativo, tenuto conto dell'elevata percentuale di inabilità permanente accertata dal CTU.
7. Il ricorso deve pertanto essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa, ex art. 383 c.p.c., alla Corte di Appello di Cagliari, in diversa composizione, che si uniformerà ai principi sopra illustrati, provvedendo anche sulle spese del giudizio di cassazione (art.385, terzo comma, c.p.c.).
 

 

P.Q.M.

 


La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Cagliari, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile il giorno 24 gennaio 2018.