• Datore di Lavoro
  • Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione

Responsabilità dei membri del Consiglio di amministrazione delle UNI s.p.a.  che cagionavano per colpa a P.V. una frattura scomposta dell'estremo distale del radio sinistro con prognosi superiore ai 40 giorni, conseguente alla sua caduta a seguito del cedimento del parapetto metallico a cui si era appoggiato dopo avere scaricato della merce su una ribalta, parapetto danneggiato dall'urto con un camion che stava facendo manovra; la colpa era consistita in imprudenza, negligenza, imperizia e nella violazione del D.P.R. n. 547 del 1955, art. 8, comma 8, avendo omesso la segnalazione della zona di pericolo costituita dal parapetto danneggiato - Sussiste.

Ricorrono tutti in Cassazione - Ricorso respinto.

I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente riguardando entrambi la prova della responsabilità penale degli imputati che, a detta dei ricorrenti, sarebbe esclusa dalla delega a terzi delle funzioni di addetto alla sicurezza.

La Corte afferma invece che: "In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, gli obblighi di vigilanza e di controllo che gravano sul datore di lavoro non vengono meno con la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, cui sono demandati dalla legge compiti diversi intesi ad individuare i fattori di rischio, ad elaborare le misure preventive e protettive e le procedure di sicurezza relative alle varie attività aziendali".


"Anche il terzo motivo, relativo alla circostanza per cui vittima dell'incidente per cui è processo è stato un soggetto estraneo all'azienda non rileva ai fini in questione.
Come esattamente affermato dalla Corte territoriale, gli obblighi di sicurezza e prevenzione non sono rivolti solo a beneficio dei dipendenti ma anche a quello di chiunque frequenta l'azienda a motivo di connessione con l'attività commerciale svolta dalla stessa. "


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCALI Piero - Presidente -
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Consigliere -
Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere -
Dott. MAISANO Giulio - Consigliere -
Dott. IZZO Fausto - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CORTE D'APPELLO di;
nei confronti di:
1) C.F., N. IL (OMISSIS);
2) C.T., N. IL (OMISSIS);
3) R.C., N. IL (OMISSIS);
avverso SENTENZA del 22/05/2008 CORTE APPELLO di TORINO;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dr. MAISANO GIULIO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dr. Cedrangolo Oscar, che ha concluso per l'annullamento con rinvio;
udito il difensore avv. Bongna Riccardo del Foro di Borgomanero che chiede l'accoglimento del ricorso.

Fatto

Il Tribunale di Novara sezione distaccata di Borgomanero con sentenza del 18/10/2005 ha condannato C.F. e C.T. alla pena di Euro 400,00 di multa ciascuno e R.C. alla pena di Euro 450,00 di multa dichiarandoli tutti responsabili del reato di cui agli artt. 99 e 113 c.p. e art. 590 c.p., comma 3, perchè, cooperando tra loro, nella qualità di membri del Consiglio di amministrazione delle UNI s.p.a. cagionavano per colpa a P.V. una frattura scomposta dell'estremo distale del radio sinistro con prognosi superiore ai 40 giorni, conseguente alla sua caduta a seguito del cedimento del parapetto metallico a cui si era appoggiato dopo avere scaricato della merce su una ribalta, parapetto danneggiato dall'urto con un camion che stava facendo manovra il (OMISSIS); la colpa era consistita in imprudenza, negligenza, imperizia e nella violazione del D.P.R. n. 547 del 1955, art. 8, comma 8, avendo omesso la segnalazione della zona di pericolo costituita dal parapetto danneggiato il (OMISSIS).
Con sentenza del 22/5-17/6/2008 la Corte d'Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha escluso la recidiva per il R. rideterminando la pena a lui inflitta in Euro 400,00 di multa, confermando nel resto l'impugnata sentenza.
La Corte territoriale ha motivato la sua decisione considerando che la nomina del responsabile della sicurezza non equivale a formale delega delle relative funzioni; inoltre la circostanza per cui è stato coinvolto nell'incidente un estraneo all'azienda non rileva ai fini in questione in quanto il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e prevenzione anche degli estranei che entrano nel proprio stabilimento in relazione a specifici rapporti economici.
Tutti gli imputati propongono congiunto ricorso per Cassazione avverso detta sentenza chiedendone l'annullamento.

Diritto


Con il primo motivo si lamenta violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. E) per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione colpevolizzante, con riferimento all'art. 530 c.p..
In particolare, i ricorrenti lamentano la contraddittorietà della sentenza che da un lato riconosce che la delega in materia di sicurezza sul lavoro era stata data al dipendente S. per poi affermare la loro responsabilità; viene richiamata, in proposito, la giurisprudenza della Corte di Cassazione secondo cui la nomina di responsabile della sicurezza equivale alla formale delega delle relative funzioni per cui nessun addebito poteva essere mosso ai ricorrenti.
Con secondo motivo si lamenta violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. B) per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell'applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 192, 533 e 530 c.p.p..
In particolare, si deduce che l'affermazione della responsabilità degli imputati è stata affermata senza la necessaria acquisizione della prova come comprovato dalle stesse richieste del PM che, in presenza della regolare delega delle funzioni di responsabile della sicurezza, aveva chiesto l'assoluzione degli imputati stessi.
Con terzo motivo si lamenta violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. B) per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale, con riferimento all'art. 43 c.p. e art. 530 c.p.p..
In particolare, si deduce che l'incidente è avvenuto per responsabilità del danneggiato P. non dipendente dell'azienda e che si è imprudentemente appoggiato ad un parapetto coperto da teloni ed evidentemente non agibile, per cui, affermare la responsabilità degli imputati equivarrebbe ad affermare il principio della responsabilità oggettiva sempre esclusa dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione.
Con il quarto motivo si lamenta violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. d) per mancata motivazione sull'omessa sollecitata ammissione della dedotta prova testimoniale a chiarimento di un aspetto decisivo della contestazione accusatoria. In particolare si lamenta la mancata ammissione del teste F. riguardo alla delega delle funzioni al sig. S.. Tale testimonianza era stata omessa in quanto il PM aveva chiesto l'assoluzione degli imputati proprio sul presupposto di tale delega.

I motivi sono tutti infondati.

I primi due possono essere esaminati congiuntamente riguardando entrambi la prova della responsabilità penale degli imputati che, a detta dei ricorrenti, sarebbe esclusa dalla delega a terzi delle funzioni di addetto alla sicurezza.
La Corte territoriale ha compiutamente e logicamente risposto ad analoga doglianza sollevata in sede di appello, facendo anche riferimento a principi di diritto affermati da questa Corte di Cassazione e che vanno qui ribaditi.
In particolare, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, gli obblighi di vigilanza e di controllo che gravano sul datore di lavoro non vengono meno con la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, cui sono demandati dalla legge compiti diversi intesi ad individuare i fattori di rischio, ad elaborare le misure preventive e protettive e le procedure di sicurezza relative alle varie attività aziendali (da ultimo Cass. 20/5/2008 n. 27420).
Anche il terzo motivo, relativo alla circostanza per cui vittima dell'incidente per cui è processo è stato un soggetto estraneo all'azienda non rileva ai fini in questione.
Come esattamente affermato dalla Corte territoriale, gli obblighi di sicurezza e prevenzione non sono rivolti solo a beneficio dei dipendenti ma anche a quello di chiunque frequenta l'azienda a motivo di connessione con l'attività commerciale svolta dalla stessa.
Anche il quarto motivo è infondato, in quanto la mancata ammissione della prova testimoniale di cui si lamentano i ricorrenti, non può essere posta in relazione alla richiesta di assoluzione formulata dal P.M., ove solo si consideri che le richieste istruttorie vengono formulate logicamente prima del dibattimento mentre la richiesta di assoluzione è stata formulata alla fine del medesimo. Pertanto il motivo della doglianza è illogico e infondato.
I ricorsi vanno conseguentemente rigettati.
Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
 
La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Quarta Penale, rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 marzo 2009.
Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2009