• Infortunio sul lavoro
  • Amianto
 

Responsabilità per morte di due lavoratori a seguito di malattia professionale derivante da esposizione ad amianto - Sussiste.

La Corte afferma che l'esposizione all'amianto da parte del D.C. e del Co. per tutto il periodo in cui questi avevano espletato la loro attività lavorativa alle dipendenze della ditta ... aveva avuto incidenza causale nella determinazione dell'evento morte degli stessi.

Afferma inoltre che, nell'ambito del predetto periodo globale di esposizione all'amianto da parte del D.C. e del Co., il perdurare delle esposizioni nocive (in danno dei predetti) nell'intervallo di tempo in cui gli attuali ricorrenti avevano svolto attività dirigenziale presso le vetrerie Lodi/Gav ed ossia circa anni tre per C. R., due anni per Ca.Gi., anni dieci circa per L.V., aveva prolungato ed aggravato in modo significativo il rischio malattia con conseguente incidenza causale nella determinazione dell'evento morte dei predetti D.C. e Co..


 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ALTIERI Enrico - Presidente -
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere -
Dott. GENTILE Mario - Consigliere -
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere -
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
C.R., nato il (OMISSIS);
CA.Gi., nato il (OMISSIS);
L.V., nato l'(OMISSIS);
Avverso la Sentenza Corte di Appello di Torino, emessa il 19/09/08;
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in Pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Mario Gentile Udito il Pubblico Ministero in persona del Dott. IZZO Gioacchino, che ha concluso per Inammissibilità del ricorso;
Uditi i difensori:
Avv. FORNAS Mauro, difensore di fiducia di C.R.;
Avv. Mario Gebbia, difensore di fiducia di Ca.Gi.;
Avv. Giovanni Lageard, difensore di fiducia di L.V..

Fatto

Il Pretore di Torino, con sentenza in data 24/11/98 dichiarava, fra l'altro, C.R., Ca.Gi., L.V., colpevoli del reato di cui all'art. 589 c.p., comma 1, 2 e 3 in danno di D.C.G. (deceduto il (OMISSIS)), Co.Vi.
(deceduto il (OMISSIS)); il tutto come contestato al capo a) della rubrica, condannava gli stessi, con le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, rispettivamente il C. alla pena di mesi sei di reclusione, L.V. alla pena di anni uno e mesi tre di reclusione; Ca.Gi. a quella di mesi sei di reclusione; pena sospesa e non menzione per Ca.G.; sospensione condizionale della pena per C.R. e L.V..
La Corte di Appello di Torino, con sentenza emessa il 25/05/03 - decidendo sull'appello proposto dal PM nonchè dai citati C. R., Ca.Gi., L.V. - in riforma della sentenza di 1 grado, assolveva i predetti imputati dai reati di omicidio colposo in danno di D.C. e Co., perchè il fatto non sussiste.
La Corte di Cassazione, con sentenza in data 12/07/05, annullava la sentenza del 25/03/03 della Corte d'Appello di Torino, cui gli atti venivano rinviati per un nuovo esame.
La Corte di Appello di Torino con sentenza emessa il 19/09/08 - decidendo in sede di rinvio - in parziale riforma della sentenza del Pretore di Torino, in data 24/11/98 - fermo restando la valutazione di equivalenza delle già concesse attenuanti generiche - in accoglimento dell'Appello del PM, rideterminava la pena in mesi sette e gg. 15 di reclusione, quanto a C.R., in mesi sei e gg. 15 di reclusione quanto a Ca.Gi., in anni uno, mesi tre e gg. 15 di reclusione quanto a L.V., con revoca, nei confronti di quest'ultimo, del beneficio della sospensione condizionale della pena concesso allo stesso; concedeva al C. il beneficio della non menzione; confermava nel resto.
Tutti gli interessati, C.R., Ca.Gi., L.V., proponevano ricorso per Cassazione, deducendo violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. b) ed e).
In particolare tutti i ricorrenti, sostanzialmente e mediante articolate argomentazioni, esponevano:
1. Che non sussisteva il rapporto di causalità giuridicamente rilevante tra le condotte omissive contestate ai citati imputati e l'evento morte dei predetti D.C.G. e Co.Vi.;
2. che, comunque, la sentenza impugnata non era congruamente sul punto in questione; nonchè sull'elemento soggettivo del reato, tenuto conto che all'epoca dei fatti in questione, non fosse pienamente conoscibile il rischio di malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto;
3. che - stante l'applicazione delle attenuanti generiche, ritenute in concreto dal giudice di 1^ grado prevalenti sulle contestate aggravanti - i reati in esame erano estinti per intervenuta prescrizione.
Tanto dedotto, i ricorrenti chiedevano l'annullamento della sentenza impugnata.
Il P.G. della Cassazione, nella pubblica udienza del 21/01/09, ha chiesto l'inammissibilità del ricorso.
 
Diritto

Il ricorso è infondato.
La Corte di Cassazione, con la sentenza di rinvio del 12/07/05 (con la quale veniva annullata la sentenza della Corte di Appello di Torino in data 25/03/03 con cui la Corte Territoriale aveva assolto gli attuali ricorrenti dai reati loro ascritti perchè il fatto non sussiste) affermava:
a) che la motivazione della citata sentenza del 25/03/03 era affetta da illogicità perchè, da una parte, il giudice di appello concordava con le conclusioni peritali che affermavano l'incidenza di ulteriori esposizioni all'amianto sulla salute delle persone decedute, dall'altra parte non riconosceva nel comportamento omissivo contestato agli imputati un rapporto causale che andava ravvisato non solo quando la condotta aveva prodotto l'evento, ma anche quando aveva inciso sulla gravità dello stesso;

b) che il nesso di condizionamento doveva ritenersi provato non solo quando (caso assai improbabile) fosse accertato compiutamente la concatenazione causale che aveva dato luogo all'evento ma, altresì, in tutti quei casi nei quali, pur non essendo compiutamente descritto od accertato il complessivo succedersi di tale meccanismo, l'evento fosse comunque riconducibile alla condotta colposa dell'agente, sia pure con condotte alternative e purchè fosse possibile escludere l'efficienza causale di diversi meccanismi eziologici;

c) che la Corte di Appello in sede di rinvio, doveva verificare se il mancato controllo delle polveri di amianto nei periodi contestati agli imputati, avesse avuto una incidenza per l'apprezzabile durata degli stessi; il tutto alla luce di tutti i principi sopra richiamati sulla efficienza causale e sulla base degli studi scientifici riportati dai periti ed indipendentemente dal fatto che si potesse accertare in concreto se l'esposizione alle polveri in tali periodi avesse determinato l'insorgere delle alterazioni cellulari o ne avesse ridotto il processo di latenza, perchè in entrambi i casi le condotte potevano avere avuto una incidenza significativa sul prodursi dell'evento morte, quantomeno anticipandolo nei tempi.

Tanto premesso sui termini essenziali della vicenda in esame va rilevato che la Corte Territoriale - in conformità ai predetti principi di diritto affermati dalla sentenza della Corte di Cassazione del 12/07/05 - ha congruamente motivato in ordine ai punti fondamentali della decisione.
In particolare la Corte Territoriale, mediante un esame puntuale e preciso del contesto ambientale in cui si era svolta l'attività lavorativa delle persone offese, D.C.G. (deceduto il (OMISSIS)), Co.Vi. (deceduto il (OMISSIS)) ed alla luce degli elaborati peritali in atti, ha accertato, con congrua motivazione: a) che l'esposizione all'amianto da parte del D.C. e del Co. per tutto il periodo in cui questi avevano espletato la loro attività lavorativa alle dipendenze della ditta Lodi/Gav (anni 35 per il D.C.; anni 24 per il Co. come individuato in atti, vedi sent. 1 grado, pag. 21, 22, aveva avuto incidenza causale nella determinazione dell'evento morte degli stessi; b) che - nell'ambito del predetto periodo globale di esposizione all'amianto da parte del D.C. e del Co. - il perdurare delle esposizioni nocive (in danno dei predetti) nell'intervallo di tempo in cui gli attuali ricorrenti avevano svolto attività dirigenziale presso le vetrerie Lodi/Gav ed ossia circa anni tre per C. R., due anni per Ca.Gi., anni dieci circa per L.V.; vedi sent. 1 grado pag. 39,40, aveva prolungato ed aggravato in modo significativo il rischio malattia con conseguente incidenza causale nella determinazione dell'evento morte dei predetti D.C. e Co. vedi sent. 2 grado pag. 18-25.
Per contro le censure dedotte nel ricorso sono sostanzialmente generiche, perchè ripetitive di quanto esposto in sede di appello e già valutato e respinto con idonea motivazione dalla Corte Territoriale nella sentenza del 19/09/08.
Sono, altresì, infondate perchè in contrasto con quanto accertato e congruamente motivato dalla Corte Territoriale specie per quanto attiene alla sussistenza del nesso causale attinente all'esposizione all'amianto da parte delle persone offese D.C. e Co. in rapporto e all'evento morte delle stesse.
Ad abundantiam si rileva:
1. che - quanto alla censura relativa alla richiesta di rinnovo dell'istruttoria dibattimentale al fine di espletare perizia avente per oggetto la sussistenza del nesso di causalità - la doglianza è infondata perchè il complesso probatorio acquisito al processo era esauriente ed esaustivo sul punto in esame alla luce degli accertamenti peritali già effettuati, cui peraltro aveva fatto riferimento anche la sentenza della Corte di Cassazione di annullamento del 12/07/05 (vedi pag. 7);
2. che le censure relative alla sussistenza dell'apporto causale della condotta omissiva degli attuali ricorrenti in riferimento all'evento morte del D.C. e del Co., nonchè quelle inerenti alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato de quo (ossia la colpa in relazione anche al grado di conoscibilità della nocività dell'esposizione all'amianto da parte degli imputati) sono attinenti a questioni di diritto già valutate e decise in senso affermativo in sede di legittimità con la citata sentenza della Corte di Cassazione del 12/07/05, con conseguente preclusione di una nuova valutazione della stessa (questione di diritto) in sede di rinvio; il tutto ex art. 627 c.p.p., comma 3;
3. che il reato in esame non è estinto per prescrizione poichè il relativo termine (anni 15) non è ancora maturato in relazione all'evento morte delle parti offese (ossia il (OMISSIS) per il Co., il (OMISSIS) per il D.C.); il tutto ai sensi degli artt. 157 - 160 c.p. nel testo vigente all'epoca della decisione di 1 grado, 24/11/98 (vedi sul punto sent. Corte Costituzionale n. 393/2006), 4. che l'assunto difensivo - secondo cui nella fattispecie sono state concesse le attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti con conseguente riduzione del termine di prescrizione (ossia anni 7 e mesi 6, sempre ai sensi dell'art. 157 c.p., come vigente all'epoca della decisione) - è errato per le seguenti ragioni: a) le attenuanti generiche sono state concesse dal giudice di 1 grado equivalenti alla contestata aggravante, per cui l'eventuale errore nel calcolo della pena riconducibile alle attenuanti generiche non rileva ai fini del predetto giudizio di equivalenza affermato nel dispositivo; b) il giudice di 2 grado ha confermato il giudizio di equivalenza e - stante l'appello del PM - ha modificato legittimamente in peius il trattamento sanzionatorio provvedendo così anche all'eliminazione dell'errore del calcolo; c) la censura relativa all'asserito giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulla contestata aggravante non è stata dedotta nè in sede di appello, nè proposta in sede di legittimità in relazione alla sentenza di annullamento della Corte di Cassazione del 12/07/05 (con la quale non è stata rilevata di ufficio la prescrizione del reato, il cui asserito termine di anni 7 e mesi sei era già maturato alla data della decisione, 12/07/05).
Consegue che la questione di diritto inerente al più breve termine di prescrizione (di anni 7 e mesi sei), dedotto dalla difesa dei ricorrenti, è stata già valutata e decisa in termini negativi con la citata sentenza del 12/07/05, con conseguente preclusione di rivalutazione della questione medesima ex artt. 624 - 627 c.p.p..
Vanno respinti, pertanto, i ricorsi proposti da C.R., Ca.Gi., L.V., con condanna degli stessi in solido al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
La Corte, rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2009.
Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2009