Cassazione Penale, Sez. 4, 05 aprile 2018, n. 15188 - Violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro. Ricorso tardivo e inammissibile


 

Presidente: IZZO FAUSTO Relatore: BRUNO MARIAROSARIA Data Udienza: 16/01/2018

 

Fatto

 


1. Il difensore della parte civile G.N., ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Messina, in data 19.12.2016, con cui C.M.A. era stata assolta dal reato di lesioni colpose, commesso con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, perché il fatto non sussiste. La sentenza di appello, che aveva sovvertito il verdetto di condanna del giudice di primo grado, aveva altresì revocato le statuizioni civili.
2. Il ricorrente lamentava violazione di legge e vizi motivazionali nella sentenza impugnata, chiedendo l'annullamento della pronuncia nella parte in cui disponeva la revoca delle statuizioni civili con ogni conseguente effetto di legge e la condanna di C.M.A. al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile in grado di appello ed innanzi alla Corte di Cassazione.
Con memoria depositata innanzi a questa Corte in data 11/1/2018, insisteva nella richiesta di annullamento del capo della sentenza impugnata.
3. Alla odierna udienza, il difensore del ricorrente dichiarava di rinunciare al ricorso. Il difensore di C.M.A. si riportava alla memoria in atti osservando la tardività del ricorso.
 

 

Diritto

 


1. Il ricorso è tardivo e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
2. Ai sensi dell'art. 585 cod. proc. pen., comma 1, lett. a), il termine per proporre impugnazione (di quindici giorni, nel caso di contestuale redazione della motivazione) decorre, ai sensi dell'art. 585, comma 2, cod. proc. pen., dal giorno della lettura del provvedimento per tutte le parti presenti o che devono considerarsi presenti nel giudizio.
2.1 Orbene, nel caso in esame, la sentenza con motivazione contestuale risulta emessa in data 19/12/2016.
Dalla attestazione della Cancelleria della Corte di appello di Messina, riportata in calce alla sentenza, il ricorso è stato depositato in data 4 gennaio 2017. Alla data suddetta, era già decorso il termine di 15 giorni stabilito ex lege che, invero, scadeva in data 3 gennaio 2017.
2.2 Il ricorso proposto in data 4 gennaio 2017 è, pertanto, tardivo e dunque inammissibile, ai sensi dell'art. 591 cod. proc. pen., comma 1, lett. c). Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà e, quindi, a colpa del ricorrente (si veda Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo determinare in Euro 1.000,00.
3. La tardività della impugnazione prevale sulla rinuncia al ricorso, espressa alla odierna udienza dalla difesa del ricorrente. Le cause di inammissibilità, secondo una tradizionale classificazione dottrinaria e giurisprudenziale, si distinguono in cause d'inammissibilità originarie e sopravvenute. La distinzione, venuta in rilievo nel vigore del vecchio codice di procedura penale, conserva tuttora la sua validità: le prime (quali l'intempestività della impugnazione) impediscono l’inizio della fase del processo, le seconde (come la rinunzia all'impugnazione) ne impediscono la prosecuzione (così Sez. 5, n. 104 del 29/11/1966, Rv. 103489).
Anche in tempi recenti, si è ribadito che, nel concorso di due diverse cause di inammissibilità, bisogna accordare prevalenza alla causa di inammissibilità originaria.
Si è invero affermato, da parte di questa Corte che, poiché l'esistenza di una causa d'inammissibilità originaria impedisce la costituzione di un valido rapporto processuale innanzi al giudice di legittimità (così Sez. 2, n. 53663 del 20/11/2014, Rv. 261616; nei termini, Sez. 7, ordinanza n. 30647 de! 16/04/2015, Rv. 264377 ), è precluso, in presenza della prima, l'apprezzamento di una causa sopravvenuta d'inammissibilità.
 

 

P.Q.M.

 


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
In Roma, così deciso il 16 gennaio 2018