Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. Lav., 05 aprile 2018, n. 8415 - Operaio comunale colpito da un ramo. Lavori di rimozione dell'albero o attività autonoma di raccolta del legname?


 

Presidente: MAMMONE GIOVANNI Relatore: RIVERSO ROBERTO Data pubblicazione: 05/04/2018

 

 

 

Rilevato
che la Corte di appello di Ancona con sentenza n.852/2012, in riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda svolta da O.M. al fine di ottenere il riconoscimento del diritto di fruire delle prestazioni assicurative a carico dell'Inail in seguito ad infortunio sul lavoro;
che a fondamento della sentenza la Corte rilevava che O.M. fosse operaio alle dipendenze del Comune di Corinaldo e che nell'occasione dell'infortunio - cagionato perché venne colpito alla persona dal ramo di un albero - fosse anzitutto intervenuto su una strada provinciale nella veste di operaio comunale, ancorché in assenza di uno specifico incarico, per liberare la strada da alberi caduti in seguito ad una tempesta di vento;
che tuttavia, ad avviso della Corte territoriale - benché dovesse riconoscersi che l'intervento iniziale di O.M. fosse correlato al lavoro svolto alle dipendenze del Comune - residuassero concreti dubbi sull'effettivo svolgimento dei fatti successivi e sulle specifiche contingenti cause dell'infortunio poiché dalla prova testimoniale risultava che, una volta rimosso l'albero che ingombrava la sede stradale, si procedesse ad asportare il legname al fine, riferito da teste, di appropriarsi legittimamente del legname per interesse privato; e che pertanto tale autonomo interesse esulante dall'interesse dell'ente datore di lavoro, e la naturale autonomia dell'attività a tal fine svolta, potevano indurre a ritenere interrotto il nesso di causalità tra intervento effettuato come dipendente comunale e attività di raccolta del legname, successiva e comunque autonoma;
che avverso la sentenza ha ricorso O.M. con tre motivi illustrati da memoria, mentre l'Inail ha resistito con controricorso;
che il P.G. non ha depositato conclusioni;
 

 

Considerato
che con il primo motivo il ricorrente lamenta l'omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo (art. 360 n. 5 c.p.c.) e specificamente, insufficiente motivazione circa l'utilizzo del materiale probatorio da cui era stato ricavato l'intento privatistico che avrebbe caratterizzato l'operare del ricorrente al momento dell'infortunio e la circostanza che egli non stesse operando più per la pubblica utilità, con esclusione del nesso di causalità tra lavoro ed evento;
che il motivo è fondato in quanto, secondo le prove trascritte in ricorso, la tesi accolta nella sentenza, secondo cui l'infortunio fosse accaduto nel corso di un autonomo e successivo momento rispetto al lavoro di pertinenza dell'operaio ovvero mentre O.M. stesse tagliando la legna per un fine privatistico, è frutto di apodittica adesione a testimonianza de relato (test. A., B.) di cui non è stata indicata nemmeno la fonte ("l'ho sentito in paese, non ricordo chi l'ha detto"), qualificandosi pertanto priva di qualsiasi rilevanza probatoria;
che invece la Corte territoriale non ha neppure analizzato la prova contraria, dalla quale risulta (in particolare dalla testimonianza di M., operaio presente sul posto) che l'infortunio fosse accaduto mentre gli operai stessero ultimando la pulizia della strada ("stavamo ultimando la pulizia quando metà di un altro pino si è spezzato ed è caduto"), come risulta pure nella sentenza penale prodotta in atti, secondo la quale l'infortunio è avvenuto in occasione di lavoro urgente e necessitato;
che pertanto la motivazione sulla ricostruzione del fatto, alla base della sentenza impugnata, è inficiata sul piano della correttezza del ragionamento logico-giuridico e della completezza dell'esame della prova in relazione all'omesso esame di elementi decisivi controversi tra le parti (ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. vigente ratione temporis);
che con il secondo motivo è dedotta la violazione falsa applicazione degli articoli 345, 421 e 437 c.p.c. in quanto la Corte d'appello ritenutane l'indispensabilità aveva richiesto al tribunale di Senigallia la trasmissione di copie di atti relativi al procedimento penale a carico di O.M.;
che il motivo è infondato rientrando tale facoltà nei poteri ex officio di integrazione della prova riconosciuti dall'ordinamento al giudice del lavoro;
col terzo motivo viene lamentata la violazione falsa applicazione dell'articolo 2 del d.p.r. 1124 del 1965 in relazione alla nozione di occasione di lavoro;
che anche tale motivo è privo di fondamento in quanto la Corte d'appello non ha ricostruito in maniera sbagliata il significato giuridico della fattispecie astratta (in relazione alla nozione di occasione di lavoro), ma ha invece errato nella ricostruzione in fatto della fattispecie concreta;
che pertanto la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto, talché la causa va rinviata al giudice indicato in dispositivo il quale procederà ad un nuovo esame delle prove conformemente ai suesposti principi e provvederà altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
 

 

P.Q.M.

 


La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la liquidazione delle spese, alla Corte d'Appello di Ancona in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale del 19.12.2017