Cassazione Penale, Sez. 4, 29 maggio 2018, n. 24110 - Caduta di pesanti barre di ferro sul lavoratore appena assunto. Omessa valutazione del rischio relativo alla sicurezza e stabilità dei carichi sui bancali


 

Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO Relatore: MENICHETTI CARLA

 

Fatto

 

1. La Corte d'Appello di Firenze, con sentenza in data 17 ottobre 2016, confermava la condanna resa dal Tribunale cittadino nei confronti di L.F., responsabile, nella qualità di datore di lavoro e legale rappresentante della s.r.l. Toscana Ferro, del reato di lesioni colpose ai danni del lavoratore R.L..
2. Secondo quanto ricostruito in fatto dalla Corte territoriale, la persona offesa, al momento del sinistro, stava curando un'operazione di imbrigliamento di alcune lunghe e pesanti barre di ferro che, riunite in blocchi tramite legature elettrosaldate (c.d. reggette) e impilate nel magazzino, all'interno di spazi delimitati da elementi verticali di sostegno alti 125 cm, venivano poi "spacchettate" e vendute: mentre si trovava nel corridoio di transito tra due settori in cui erano contenute tali barre, alcune di esse, poste a lato al di sopra dei 125 cm di altezza dei pali di contenimento, gli erano cadute addosso, provocandogli le lesioni descritte in imputazione.
Le condotte colpose ritenute a carico del L.F. erano state quindi di non aver valutato il rischio relativo alla sicurezza e stabilità dei carichi sui bancali, mediante l'utilizzo di sistemi di blocco dei materiali, di non aver predisposto più alcun sufficiente contenimento degli stessi oltre l'altezza dei 125 cm e di non aver impartito ai propri dipendenti le necessarie istruzioni di tipo operativo nella movimentazione delle barre di ferro, in particolare al R.L., assunto da una sola settimana.
3. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, tramite il difensore di fiducia, per due motivi.
3.1. Con il primo motivo lamenta erronea applicazione della legge penale nonché mancanza e manifesta illogicità della motivazione, per avere la Corte di merito escluso la configurabilità di un comportamento abnorme del lavoratore, interruttivo del nesso di causalità. Richiama sul punto la testimonianza di altro dipendente, il quale aveva riferito che il L.F. aveva sempre raccomandato attenzione e consapevolezza nel porre in essere le manovre di spostamento delle barre, ed osserva ancora che non era stata affatto considerata la eventuale sussistenza di un nesso causale tra l'evento e la condotta del manovratore del carro-gru, che stava movimentando i pacchi.
3.2. Con il secondo motivo deduce i medesimi vizi in relazione alla richiesta di declaratoria di non punibilità ai sensi dell'art.131 bis c.p., avanzata in sede di discussione, dopo l'entrata in vigore del d.lgs.n.28/2015, sulla quale la Corte non si era pronunciata.
 

 


Diritto
 

 


1. Il ricorso non è fondato.
2. Come già esposto in narrativa, l'operaio venne travolto dalla caduta di alcune barre, posizionate al di sopra della struttura di contenimento, alta 125 cm., che facevano parte di un blocco "spacchettato" per le operazioni di vendita e unite da filo di ferro (c.d. vergelle), sia per essere movimentate, sia per essere richiuse e ricollocate al loro posto.
La Corte territoriale ha rimarcato in proposito che il dato rilevante non era costituito, nel caso in esame, dalla valutazione circa la correttezza o meno dell'utilizzo delle vergelle nelle operazioni di agganciamento per il sollevamento delle barre di ferro - perché non rovinarono addosso alla persona offesa le barre che il quel momento venivano sollevate dal gruista - quanto alla valutazione della correttezza o meno dell'apposizione di barre già liberate delle reggette all'interno dei pali di contenimento.
Ciò perché, dalla deposizione del teste M., funzionario della ASL, e dalla documentazione fotografica dallo stesso predisposta, era emerso che il R.L. al momento del sinistro stava curando l'operazione di imbrigliamento di alcune barre che si trovavano in un corridoio di transito fra due settori, in cui erano contenute le barre di ferro, alcune delle quali, poste al lato, al di sopra dei pali di contenimento, gli caddero addosso: tali barre erano sottostanti a quelle che venivano sollevate da altro operaio, G., mediante aggancio con vergelle al carro gru, anch'esse evidentemente site al di sopra dei pali di contenimento.
Orbene, tale ricostruzione del fatto, cui i giudici di merito sono pervenuti all'esito dell'istruttoria svolta, e che costituisce accertamento sottratto al sindacato di legittimità, ha portato logicamente ad escludere ogni interferenza causale tra la manovra del gruista e l'evento lesivo ed a rilevare invece come all'interno del magazzino, a prescindere da eventuali operazioni di sollevamento in corso, vi fosse una situazione generalizzata di pericolo di caduta di tutte quelle barre che si trovavano al di sopra dell'altezza dei pali di contenimento, che una volta "spacchettate", cioè liberate dall'originario legame tramite le reggette elettrosaldate per consentire di essere prelevate, venivano poi riapposte in sito senza la necessaria aderenza con gli altri blocchi, con grave rischio di instabilità.
L'evento occorso alla persona offesa ha dunque costituito proprio la concretizzazione di quel rischio che il datore di lavoro non aveva governato in alcun modo, stante la oggettiva inidoneità dell'apprestato contenimento e la palmare evidenza della inadeguatezza della raccomandazione orale data ai suoi operai di porre "attenzione e consapevolezza" nelle manovre di spostamento. Pacificamente accertata e ben valorizzata poi dalla Corte territoriale, la ulteriore circostanza che a nessuno dei testi dipendenti escussi fossero state impartite istruzioni di tipo operativo e sulla sicurezza, ed in particolare al R.L., assunto appena una settimana prima.
I giudici di appello hanno ancora osservato che il documento sulla valutazione dei rischi, acquisito in atti, dava risposta negativa al quesito relativo alla sicurezza e stabilità dei carichi sui bancali, ed espressamente suggeriva quali misure di protezione l'utilizzo di sistemi di blocco dei materiali, quali cinghie elastiche, contenitori e separatori ed altro.
Dunque un rischio evidente (il DVR risaliva al 2002), in ordine al quale il L.F. ha omesso di ogni doverosa condotta di gestione consentendo il permanere di una diffusa situazione di pericolosità per i dipendenti che lavoravano all'interno del magazzino.
Di qui l'infondatezza del primo motivo di ricorso, nel quale, senza alcun confronto con quanto argomentato nell'impugnata sentenza, si insiste nel sostenere una condotta abnorme del lavoratore, che stava invece attendendo alle mansioni che gli erano state affidate, rispetto alle quali non è stato neppure ipotizzato un qualsivoglia comportamento irregolare, imprudente o addirittura eccentrico.
Richiama ancora il ricorrente, sempre con riguardo al primo motivo di impugnazione, una recente pronuncia di questa Corte (Sez.4, n.3616 del 14/1/2016, Rv.265738) secondo cui, in materia di infortuni sul lavoro, pur se è onere dell'imprenditore adottare nell'impresa tutti i più moderni strumenti offerti dalla tecnologia per garantire la sicurezza dei lavoratori, non è però configurabile a suo carico un obbligo di procedere alla immediata sostituzione delle tecniche precedentemente adottate con quelle più recenti innovative, dovendosi pur sempre valutare tempi, modalità e costi dell'innovazione, sempre che i sistemi già adottati siano comunque idonei a garantire un elevato livello di sicurezza" (Sez.4, n. 3616 del 26/1/2016, Rv.265738).
Evidente la inconferenza della citazione di tale pronuncia (nella quale peraltro la Corte ha ritenuto responsabile, per l'infortunio occorso al dipendente, l'imprenditore che aveva omesso di aggiornarsi sui sistemi di sicurezza già da tempo esistenti sul mercato e di adeguare il proprio impianto con una spesa estremamente contenuta), poiché nella specie i sistemi di legatura e di contenimento, in atto almeno dal 2002, erano del tutto inidonei a garantire la sicurezza, sotto il profilo della stabilità dei blocchi di barre, che potevano essere adeguatamente protetti semplicemente con protezioni più alte o legature più appropriate, e dunque con costi certamente contenuti.
3. Quanto alla omessa valutazione del motivo di gravame volto alla concessione della causa di non punibilità ex art.131 bis c.p., si osserva che la Corte territoriale ha implicitamente disatteso la richiesta difensiva, laddove si è espressa sulla gravità della condotta, derivante da una situazione di estrema pericolosità, da tempo in essere, nota e non rimossa, e dunque ha ritenuto un'abitudine stigmatizzata nel senso della protratta reiterazione della condotta di omessa gestione del rischio.
Questa Corte - risolvendo la questione dell'applicabilità dell'art.131 bis c.p. anche ai reati che prevedono "soglie" di punibilità, quali l'art.186 Codice della Strada - ha affermato il principio generale secondo il quale, nel valutare la possibilità di concessione dell'esimente in parola, deve essere considerata la concreta manifestazione del fatto illecito, la non abitualità del comportamento e ravvisata una reale esiguità del pericolo (S.U., sent.n.13681 del 25/2/2016, Rv.266591, Tushaj), tutti elementi che la Corte di merito, nel pervenire all'affermazione di penale responsabilità dell'Imputato, ha decisamente escluso laddove ha stigmatizzato la diffusa illegalità nella violazione delle norme antinfortunistiche e grave offensività della condotta omissiva dell'Imputato.
4. Alla luce delle esposte considerazioni il ricorso va rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 29 marzo 2018