Cassazione Civile, Sez. 6, 30 maggio 2018, n. 13730 - Artrosi dell'ausiliario specializzato nell'ambito del servizio di assistenza ad alunni portatori di handicap. Nessuna riconducibilità del sovraccarico all’espletamento dell’attività lavorativa


Presidente: DORONZO ADRIANA Relatore: DI PAOLA LUIGI Data pubblicazione: 30/05/2018

 

 

Rilevato che:
con la sentenza impugnata è stata confermata la pronuncia del primo giudice con la quale era stata rigettata la domanda proposta da V.P., volta al riconoscimento di malattia professionale - e conseguente costituzione di rendita - asseritamente contratta a seguito di espletamento di mansioni di ausiliario specializzato nell'ambito del servizio di assistenza ad alunni portatori di handicap;
per la cassazione della decisione ha proposto ricorso V.P., affidato ad un unico motivo;
l’Inail ha resistito con controricorso;
è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
la difesa del ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis, comma 2, c.p.c., insistendo per l’accoglimento del ricorso.

 


Considerato che:
il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;
V.P. - denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 47, 48 e 49 del d.lgs. n. 626 del 1994, 167 e 168 del d.lgs. n. 81 del 2008, 3 del d.p.r. n. 1124 del 1965, nonché omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio e “palese deviazione delle nozioni correnti della scienza medica” - si duole che il giudice di appello, in adesione alle conclusioni contenute nell’elaborato peritale, abbia, da un lato, escluso il nesso di causalità tra attività lavorativa disimpegnata e patologia (i.e.: artrosi), in contrasto con le acquisizioni della scienza medica (giacché “appare ... improbabile sollevare un qualsiasi peso senza l'interessamento delle anche e delle ginocchia”), nonché, dall’altro, omesso di valutare e considerare il concorso delle cause lavorative ed extralavorative.
 

 

Ritenuto che:
il giudice di appello ha dato analiticamente atto della storia lavorativa del ricorrente con indicazione della diagnosi (i.e.: poliartrosi con protesi d’anca bilaterale, spondilodiscoatrosi diffusa, sindrome della cuffia dei rotatori bilaterale in artrite sieronegativa) tratta dall’elaborato peritale (effettuato in esito al disposto rinnovo della consulenza tecnica in appello), ed ha escluso il nesso di causalità, in quanto la patologia al ginocchio dovrebbe essere il derivato di una lavorazione svolta in modo non occasionale con appoggio prolungato del ginocchio stesso, mentre le attività espletate dal ricorrente non hanno implicato movimenti tali da comportare microtraumi e posture incongrue;
alle stesse conclusioni il predetto giudice è pervenuto con riguardo alla spondiloartrosi, patologia tipica dei soggetti esposti a movimentazione manuale di carichi eseguita con continuità durante il turno lavorativo, giacché lo sforzo da sollevamento degli alunni non ha rivestito, tenuto anche conto dell’esiguo numero degli alunni stessi e della durata giornaliera della prestazione, la caratteristica della costanza e ripetitività nell’arco del turno lavorativo;
a conferma delle conclusioni sopra illustrate, nella sentenza impugnata è stata evidenziata la presenza di una artrite sieronegativa, attestante la precoce insorgenza della degenerazione poliartrosica extralavorativa;
il riferimento - contenuto in ricorso - tratto da tre testi medici, al “sovraccarico” (ossia allo squilibrio tra resistenza della cartilagine e sollecitazioni funzionati), quale causa principale dell’artrosi, non consente di ritenere integrato, a contrario, il presupposto della palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, giacché non si è negata, nella sentenza impugnata, la bontà dell’approdo scientifico, bensì la riconducibilità del sovraccarico in questione, con le caratteristiche della costanza e ripetitività, all’espletamento dell’attività lavorativa;
la censura, in definitiva, si risolve in un dissenso diagnostico costituente un’inammissibile critica del convincimento del giudice (su tale consolidato principio v. Cass. n. 1652/2012);
non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, avuto riguardo alla dichiarazione, in atti, di esonero ex art. 152 disp. att. c.p.c.; ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis, dello stesso art. 13.

 


P.Q.M.
 

 

rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis, dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4 aprile 2018.