Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. Lav., 06 giugno 2018, n. 14522 - Indennità di rischio da radiazioni ionizzanti


 

 

 

Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE Relatore: TRIA LUCIA Data pubblicazione: 06/06/2018

 

 

 

RILEVATO

 


che con sentenza in data 29 marzo 2012 la Corte d'appello di Roma respinge l'appello proposto dall'INAIL - subentrato all'ISPELS (Istituto per la prevenzione e la sicurezza del lavoro) - avverso la sentenza n. 18457/2008 del Tribunale di Roma di accoglimento della domanda proposta da F.P.S., già dipendente dell'ISPELS, onde ottenere il riconoscimento del diritto a percepire l'indennità di rischio da radiazioni ionizzanti per il periodo ivi individuato, con condanna dell'Istituto al pagamento del dovuto, per il periodo stabilito;
che, nel disattendere le censure dell'INAIL la Corte d'appello, in sintesi, afferma, quanto segue:
a) il d.P.R. n. 171 del 1991, art. 26 prevedeva due forme di esposizione alle radiazioni ionizzanti dalle quali faceva discendere l'attribuzione dell'indennità in misura piena o parziale;
b) dall'entrata in vigore del d.lgs. n. 230 del 1995 il quadro normativo è profondamente cambiato, in quanto diversamente dal passato, sono stati dettati parametri oggettivi per l'individuazione dell'esposizione a rischio radiazioni e per la relativa intensità, rendendo non più necessario l'intervento al riguardo della Commissione prevista dall'art. 26 del d.P.R. n. 171 del 1991;
c) di tale mutato contesto normativo si deve tenere conto nell'interpretazione della clausola contenuta nei CCNL del Comparto relativo al personale delle Istituzioni e degli Enti di Ricerca e Sperimentazione succedutisi nel tempo, secondo cui: "l'indennità di rischio da radiazioni resta disciplinata dall'art. 26 del d.P.R. n. 171 del 1991, nel rispetto e in correlazione con le disposizioni e le classificazioni introdotte dal d.lgs. 230 del 1995 e successive modifiche e integrazioni", avendo sicuramente le Parti sociali, inteso affermare con tale clausola che, senza la necessità di ricorrere all'intervento della Commissione per l'individuazione dell'esposizione e della sua intensità, i lavoratori esposti a radiazioni ionizzanti andassero classificati a seconda del rischio, in base a criteri oggettivi, in due categorie (A e B), con attribuzione dell'indennità in misura piena ai lavoratori della categoria A e dell'indennità in misura ridotta ai lavoratori della categoria B;

 

CONSIDERATO

 

che con l'unico motivo di ricorso l'INAIL deduce, in riferimento all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., la violazione delle seguenti disposizioni: a) art. 1362 cod. civ. e ss. in relazione all'art. 54 del CCNL 1994/1997, all'art. 47 del CCNL 1998/2001 ed all'art.42 del CCNL 2002/2005 del Comparto relativo al personale delle Istituzioni e degli Enti di Ricerca e Sperimentazione; b) art. 26 del d.P.R. n. 171 del 1991; c) la disciplina introdotta dal d.lgs. 230 del 1995;
che l'Istituto ricorrente rinviene tali violazioni dell'affermazione della Corte territoriale secondo cui le Parti collettive, con la clausola in contestazione, avevano inteso subordinare il riconoscimento del diritto dei lavoratori a percepire l'indennità di rischio da radiazioni ionizzanti alla mera classificazione operata ai sensi del d.lgs. n. 230 del 1995 laddove, secondo il ricorrente, le Parti contraenti avevano invece voluto mantenere inalterato il meccanismo previsto dall'articolo 26 del d.P.R. n. 171 del 1991 che subordina la corresponsione dell'indennità alla verifica da parte dell'apposita Commissione dell'effettiva esposizione al rischio dei lavoratori che abbiano ottenuto la classificazione in categoria A oppure in categoria B ai sensi del d.lgs. n. 230 del 1995;
che, pertanto, essendo nella specie mancato l'accertamento da parte della Commissione tecnica della quantità di radiazioni cui il lavoratore è stato esposto, resterebbe preclusa la possibilità di riconoscere il beneficio oggetto di causa;
che, d'altra parte, il giudizio espresso dalla Commissione tecnica non può spiegare effetti anche per il periodo anteriore al momento in cui la valutazione è stata operata;
che questa Corte ha di recente esaminato controversie analoghe alla presente, con soluzioni non del tutto coincidenti;
che nell'attuale giudizio il Collegio - per le ragioni di seguito esposte - ritiene di dover dichiarare il ricorso inammissibile, dando continuità al condiviso indirizzo espresso da Cass. 28 dicembre 2017, n. 31081 e in modifica solo parziale - come si dirà dopo - rispetto alla soluzione adottata da Cass. 18 settembre 2017, n. 21555 e da Cass. 19 settembre 2017, n. 21666;
che il nucleo delle censure svolte nel presente ricorso per cassazione è rappresentato dalla non condivisione da parte dell'INAÌL della statuizione secondo cui le Parti sociali - nella clausola: "l'indennità di rischio da radiazioni resta disciplinata dall'art. 26 del d.P.R. n. 171 del 1991, nel rispetto e in correlazione con le disposizioni e le classificazioni introdotte dal d.lgs. 230 del 1995 e successive modifiche e integrazioni", presente nell'art. 54 CCNL di Comparto 1994/1997 del 7 ottobre 1996, nell'art. 47 CCNL 1998/2001 del 21 febbraio 2002 e l'art. 42 CCNL 2002/2005 del 7 aprile 2006 (quest'ultimo articolo contenente norma di rinvio alla precedente disciplina) - hanno inteso affermare che, senza la necessità di ricorrere all'intervento della Commissione per l'individuazione dell'esposizione e della sua intensità, i lavoratori esposti a radiazioni ionizzanti andassero classificati a seconda del rischio, in base a criteri oggettivi, in due categorie (A e B), con attribuzione dell'indennità in misura piena ai lavoratori della categoria A e dell'indennità in misura ridotta ai lavoratori della categoria B;
che, secondo l'assunto dell'INAIL, le suddette disposizioni contrattuali dovrebbero, invece, essere interpretate nel senso che con il richiamo nelle stesse contenuto sia all'art. 26 del d.P.R. n. 171 del 1991 sia al d.lgs. n, 230 del 1995 , le Parti sociali avrebbero voluto mantenere inalterato il meccanismo previsto dal richiamato art. 26, che subordina la corresponsione dell'indennità oggetto alla verifica da parte dell'apposita Commissione tecnica;
che, peraltro, la risoluzione in punto di diritto della questione controversa così come prospettata lascia impregiudicata l'altra questione, pure rilevante ai fini del giudizio e costituente oggetto di un'autonoma ratio decidendi, riguardante il carattere costitutivo o meramente dichiarativo delle pronunce della Commissione tecnica di cui all'art. 26 del d.P.R. n. 171 del 1991;
che, infatti, mentre la Corte d'appello ha espressamente attribuito a tale accertamento carattere dichiarativo ed effetto retroattivo, l'Istituto ricorrente si è limitato alla mera enunciazione, neppure compiutamente esplicitata, del carattere costitutivo dell'accertamento stesso e quindi della sua efficacia solo ex nunc e non ex tunc, attraverso l'apodittico assunto secondo cui nessuna indennità potrebbe essere riconosciuta per il periodo anteriore al 6 ottobre 2008 (vedi pag. 12, ultima parte, del ricorso);
che, di conseguenza, trova applicazione il principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, l'omessa impugnazione di una di tali ragioni rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l'autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l'annullamento della sentenza (vedi, per tutte: Cass. 5 ottobre 1973, n. 2499; Cass. SU 8 agosto 2005, n. 16602; Cass. SU 29 maggio 2013, n. 7931; Cass. 11 febbraio 2011, n. 3386; Cass. 27 maggio 2014, n. 11827);
che l'omessa impugnazione dell'ulteriore ratio decidendi sopraindicata - seppure senza ulteriori conseguenze - è stata comunque evidenziata anche da Cass. 18 settembre 2017, n. 21555 e da Cass. 19 settembre 2017, n. 21666, che per tale ragione si devono considerare, nella sostanza, qui solo parzialmente superate;
che, in sintesi, il ricorso va dichiarato inammissibile;
che le spese del presente giudizio di cassazione - liquidate nella misura indicata in dispositivo - seguono la soccombenza e sono da liquidare in favore dell'avv. Stefania DA., dichiaratasi antistataria
 

 

P.Q.M.

 


La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna l'INAIL al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in euro 200,00 (duecento/00) per esborsi, euro 4000,00 (quattromila/00) per compensi professionali, oltre spese forfetarie nella misura del 15% e accessori come per legge, con distrazione in favore dell'avv. Stefania DA., dichiaratasi antistataria.
Così deciso nella Adunanza camerale del 21 febbraio 2018.