Cassazione Civile, Sez. 6, 07 giugno 2018, n. 14758 - Indennità per danno biologico


 

Presidente: DORONZO ADRIANA Relatore: CAVALLARO LUIGI Data pubblicazione: 07/06/2018

 

 

 

Fatto

 


che, con sentenza depositata il 4.2.2016, la Corte d'appello di Reggio Calabria, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato, per quanto qui interessa, il diritto di A.E. a percepire l'indennità per danno biologico con decorrenza dal gennaio 2015;
che avverso tale pronuncia A.E. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un unico motivo di censura; che L'INAIL ha resistito con controricorso;
che è stata depositata proposta ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
 

 

Diritto

 


che, con l'unico motivo di censura, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c. e insufficiente e contraddittoria motivazione per avere la Corte di merito ritenuto che il certificato oculistico depositato in sede di gravame e datato 30.1.2015, che il CTU di seconde cure aveva considerato «in linea con il corredo documentale allegato» in atti e dunque, in ipotesi, idoneo a fondare una prognosi di stabilizzazione dei postumi a far data dalla cessazione dell'inabilità temporanea assoluta, costituisse piuttosto manifestazione di successivo aggravamento dei postumi medesimi;
che, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell'apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non dà luogo a vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., bensì ad un errore di fatto, che può essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall'art. 360, comma 1°, n. 5, c.p.c., così come riformulato dall'art. 54, d.l. n. 83/2012 (conv. con 1. n. 134/2012), ossia come omesso esame di un fatto storico che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa soluzione della controversia (cfr. da ult. Cass. n. 23940 del 2017);
che, nella specie, la censura è fondata, dal momento che il contenuto della relazione peritale di seconde cure, per come debitamente riportato in ricorso, appare piuttosto accreditare l'ipotesi che il certificato oculistico datato 30.1.2015 fosse «in linea con il corredo documentale allegato» in atti e dunque, in ipotesi, idoneo a fondare una prognosi di stabilizzazione dei postumi a far data dalla cessazione dell'inabilità temporanea assoluta; che, pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata per nuovo esame alla Corte d'appello di Catanzaro, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione;
che, in considerazione dell'accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso;
 

 

P. Q. M.

 


La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Catanzaro, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 22.2.2018.