Cassazione Civile, Sez. Lav., 07 giugno 2018, n. 14836 - Diritto all'indennità mensile di rischio radiologico


Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE Relatore: TRIA LUCIA Data pubblicazione: 07/06/2018

 

 

 

Rilevato
che con sentenza in data 17 aprile 2012 la Corte d'appello di Roma accoglie l'appello della AUSL Roma e avverso la sentenza del locale Tribunale 1509/2008 e, per l'effetto, respinge il ricorso proposto dalla dottoressa M.G.Z. - medico specialista radiologo alle dipendenze della suindicata Azienda sanitaria a decorrere dal 1978, in servizio presso il reparto di radiologia del Presidio territoriale "Tor di Quinto" - volto ad ottenere il riconoscimento del proprio diritto all'indennità mensile di rischio radiologico, contenuta nell'art. 1 della legge 27 ottobre 1988 n. 460, al correlato congedo biologico con la sorveglianza dosimetrica e le periodiche visite di controllo, per il periodo indicato decorrente dall'1 gennaio 2000 che la AUSL non le aveva più attribuito, dopo aver cessato di considerala "soggetto a rischio di radiazioni ionizzati", con provvedimento del 27 marzo 1997;
che alla suddetta conclusione la Corte territoriale perviene sul principale assunto secondo cui, come dedotto dalla AUSL, la M.G.Z. non poteva essere compresa tra i medici radiologi aventi diritto per lègge all'indennità di rischio radiologico, cioè beneficiari della presunzione assoluta di esposizione a tale rischio, in quanto doveva farsi rientrare fra i lavoratori per i quali il diritto a tale indennità dipende dall'accertamento delle concrete e specifiche condizioni di lavoro, non applicandosi la suddetta presunzione;
che avverso tale sentenza la dottoressa M.G.Z. propone ricorso affidato a due motivi, al quale oppone difese la AUSL Roma E con controricorso, illustrato da memoria, mentre l'INAIL resta intimato;
 

 

Considerato
che il ricorso è articolato in due motivi;
che con il primo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione di numerose disposizioni di legge e di CCNL, rilevandosi che, diversamente da quanto affermato dalla Corte d'appello, l'accertamento delle condizioni di lavoro al fine del riconoscimento del diritto ai benefici non è richiesto per i medici radiologi e i tecnici radiologi, ma per le altre categorie di personale, come dimostra l'avvenuta attribuzione alla dottoressa M.G.Z. di tutte le misure previste a protezione dei medici radiologi dal 1978 fino al 31 dicembre 1999 quando, senza che fossero mutati i compiti della ricorrente, la AUSL ne ha sospeso l'attribuzione;
che con il secondo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360, n. 5, cod. proc. civ., vizio di motivazione con riguardo alla erronea interpretazione delle deposizioni testimoniali e dei documenti di parte acquisiti agli atti, dai quali si desume la sussistenza dell'obbligo della dottoressa di affiancare il tecnico durante l'esecuzione di tutti gli esami di competenza (e non solo per quelli prevedenti l'uso di mezzi di contrasto);
che ritiene il Collegio che il primo motivo di ricorso sia da accogliere, per le ragioni di seguito esposte;
che la Corte d'appello, dopo aver rilevato che nell'ambito del giudizio si era anche fatto riferimento alle modalità di lavoro della dottoressa M.G.Z., ha erroneamente attribuito a tale elemento un rilievo centrale arrivando ad escludere che alla ricorrente possa applicarsi la presunzione assoluta di rischio, nella qualità di medico specialista radiologo alle dipendenze della AUSL Roma E;
che una simile conclusione si pone, in primo luogo, in contrasto con la legislazione nazionale e la contrattazione collettiva, come costantemente interpretate dalla giurisprudenza ordinaria di legittimità e di merito nonché dalla giurisprudenza amministrativa, in conformità con il costante indirizzo della Corte costituzionale che, a partire dalla sentenza n. 343 del 1992, ha chiarito che l'indennità di rischio da radiazioni prevista dall'art. 1 della legge 27 ottobre 1988 n. 460 spetta nella misura piena al personale medico e tecnico di radiologia - per il quale sussiste una presunzione assoluta di rischio che viene a trovare la sua corretta giustificazione nell'inerenza del rischio stesso alle mansioni naturalmente connesse alla qualifica rivestita e che comporta, di conseguenza, l'attribuzione automatica dell'indennità nella misura più elevata - ma può essere attribuita nella stessa misura anche a quei lavoratori che, pur non appartenendo al settore radiologico, sono esposti ad un rischio non minore, per continuità ed intensità, di quello sostenuto dal personale di radiologia (Corte cost., ordinanze n. 4 del 1993 e n. 154 del 2012);
che, peraltro, solo per questi ultimi lavoratori - e non per i medici e i tecnici radiologi per i quali la qualifica rivestita è necessaria e sufficiente per avere l'indennità e il connesso trattamento (Cons. Stato, Sez. III, 17 ottobre 2014, n. 5155) -
l'attribuzione di detta indennità ed il congedo aggiuntivo, presuppongono che l'interessato fornisca la prova dell'esposizione qualificata in base ai criteri tecnici previsti dal d.lgs. n. 230 del 1995 , ovvero dello svolgimento abituale dell'attività professionale in zona controllata o dell'assorbimento annuo delle radiazioni che la stessa comporta (fra le tante: Cass. 24 agosto 2015, n. 17116; Cass. 7 maggio 2015, n. 9208; Cass. 28 agosto 2013, n. 19819; Cass. 26 marzo 2012, n. 4795; Cass. 29 luglio 2011 n. 16782; Cass. 24 febbraio 2011, n. 4525; Cons. Stato, Sez. V, 27 maggio 2008, n. 2525);
che, essendo tutta la sentenza incentrata sulla descritta erronea premessa, appaiono altrettanto non condivisibili i richiami in essa contenuti ai medici specializzandi in radiologia (categoria, peraltro, diversa dai medici radiologi, anche se da proteggere) così come la distinzione tra esami con mezzi di contrasto ed esami radiologici diretti, che non solo ai fini che qui interessano non ha rilievo, essendovi in favore della M.G.Z. la presunzione assoluta di rischio, ma che comunque non tiene conto del fatto che - per le linee guida ministeriali - il medico radiologo è responsabile degli esami radiologici in tutte le loro fasi, sicché può - e a volte deve - recarsi nella zona protetta per qualunque tipo di esame se se ne ravvisa la necessità e questo è conforme alla presunzione assoluta in oggetto;
che anche per quel che concerne la sorveglianza dosimetrica - che è, nella specie, dovuta, insieme con il congedo biologico - va precisato che, diversamente da quanto si legge nella sentenza impugnata ed è ribadito nel controricorso, non è esatto che la sottoposizione a tale sorveglianza sarebbe una caratteristica dell'assenza della presunzione assoluta, in quanto si tratta di una cautela prevista per tutelare la salute dei medici e dei tecnici radiologi e di coloro che sono esposti al rischio radiazioni;
che, del resto, seguendo il suddetto ragionamento si arriverebbe alla illogica conclusione che proprio per le persone più esposte - beneficiarie della presunzione assoluta - la suddetta sorveglianza sarebbe "ultronea";
che, infine, va precisato che la sentenza impugnata si pone anche in sostanziale contrasto con la normativa UE (recepita nel nostro ordinamento) in materia di protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti, la quale è informata al criterio secondo cui sono per "lavoratori esposti" si intendono le persone sottoposte, per l'attività che svolgono, a un'esposizione che "può" comportare dosi superiori ai pertinenti limiti fissati per le persone del pubblico, i "lavoratori esposti di categoria A" sono i lavoratori che, per le mansioni che svolgono, sono "suscettibili" di ricevere in un anno solare una dose superiore a uno dei pertinenti valori stabiliti dall'art. 82 del d.lgs. n. 230 del 1995 (e tali sono - per definizione - i medici radiologi, oltre che i tecnici di radiologia); gli altri lavoratori esposti sono "classificati in categoria B" (art. 6 d.lgs. n. 230 del 1995 come sostituito dall'art. 4 del d.lgs. n. 241 del 2000; vedi, sul punto: Cass. 19 settembre 2017, n. 21666);
che, per le esposte considerazioni, il primo motivo di ricorso deve essere accolto, con conseguente assorbimento del secondo motivo;
che la sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, che si atterrà, nell'ulteriore esame del merito della controversia, a tutti i principi su affermati e, quindi, anche al seguente:
"secondo la consolidata la giurisprudenza ordinaria di legittimità e di merito nonché la giurisprudenza amministrativa, in conformità con il costante indirizzo della Corte costituzionale - espresso a partire dalla sentenza n. 343 del 1992 e ribadito nelle ordinanze n. 4 del 1993 e n. 154 del 2012 - l'indennità di rischio da radiazioni prevista dall'alt. 1 della legge 27 ottobre 1988 n. 460 spetta nella misura piena (insieme con le connesse provvidenze) al personale medico e tecnico di radiologia, per il quale sussiste una presunzione assoluta di rischio che viene a trovare la sua corretta giustificazione nell'inerenza del rischio stesso alle mansioni naturalmente connesse alla qualifica rivestita e che comporta, di conseguenza, l'attribuzione automatica dell'indennità nella misura più elevata".
 

 

P.Q.M.

 


La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione.
Così deciso nella Adunanza camerale del 21 febbraio 2018.