Categoria: Prassi amministrativa
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Ministero del Lavoro
e delle Politiche Sociali

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Oggetto: applicazione dei contratti collettivi di categoria nel settore edile. Richiesta parere.

Con la richiesta di parere di cui all'oggetto, si è inteso sottoporre alla Scrivente la problematica relativa all'applicazione, da parte di un'impresa che partecipa ad appalti concernenti lavori edili o prevalentemente edili, del relativo contratto collettivo nazionale di settore.
Ciò in quanto, la possibilità per l'impresa partecipante ad una gara di aderire ad un contratto collettivo di un settore di attività diverso da quello pertinente ai lavori oggetto della gara stessa, determinerebbe un'illegittima alterazione dei principi di concorrenza e di parità di trattamento che devono invece caratterizzare le singole fasi di affidamento ed esecuzione dei lavori, sia in ambito pubblico che privato.
In merito, si specifica quanto segue.
Nel contesto normativo vigente nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, di cui al D.Lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), il richiamo operato dall'art. 118, comma 6, agli obblighi contrattuali e documentali stabiliti a carico dell'impresa affidatala è dettato a salvaguardia di tutti i settori di attività oggetto di contratti pubblici ed afferma il principio per cui l'affidatario del contratto è tenuto al rispetto integrale "del trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni".
Ai fini dell'individuazione del contratto collettivo applicabile nelle ipotesi in cui una impresa svolga attività plurime, occorre stabilire se le stesse siano collegate da un vincolo di accessorietà oppure presentino carattere di autonomia.
Ove infatti l'imprenditore eserciti attività diverse ma connesse, egli potrà fare applicazione del CCNL relativo all'attività principale o prevalente, mentre laddove le attività siano considerate tra toro autonome, si applicherà, nei confronti dei lavoratori addetti alle stesse, la regolamentazione contrattuale prevista per ciascuna di esse (cfr., Cass. Sez. Lav., sent. n. 4324 del 9/04/1992; Autorità Nazionale Anticorruzione, Parere AGI0-08 del 17/04/2008).
Tale indirizzo interpretativo va opportunamente declinato nell'ambito della disposizione di cui al comma 1 dell'art. 118 D.Lgs. n. 163/2006, per cui è fatto dovere alla stazione appaltante di indicare "nel progetto e nel bando di gara... per i lavori, la categoria preludente con il relativo importo, nonché le ulteriori categorie, relative a tutte le altre lavorazioni previste in progetto, anch'esse con il relativo importo".
La lettura della norma in combinato disposto con il comma 2, relativo alla necessaria applicazione, da parte dell'affidatario, dei "contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni”, consente di ritenere corretta l'interpretazione secondo cui le imprese partecipanti all'appalto, a fronte di una stessa attività, qualificabile come edile, dedotta in misura prevalente nel disciplinare di gara, devono applicare il CCNL edilizia¹.
Peraltro, va ricordato che il Codice dei Contratti prevede in proposito un articolato sistema di qualificazione dei soggetti esecutori, in rapporto alle tipologie e all'importo dei lavori oggetto del contratto, a relazione al quale l'impresa è qualificata ad eseguire appalti per categorie di opere e classifiche di importi, anche in relazione alla propria capacità economica e tecnica.
La previsione di criteri di classificazione, nello specifico settore dei lavori pubblici, dei soggetti partecipanti alle procedure di affidamento risponde all'evidente esigenza di garantire la qualità delle prestazioni richieste ed il rispetto dei principi di libera concorrenza e parità di trattamento.
In ordine alle problematiche rappresentate nel quesito in esame, pertanto, può ragionevolmente affermarsi che un'impresa affidataria di lavori edili o prevalentemente edili, è tenuta ad osservare, secondo il richiamo operato dall'art. 118, comma 6, D.Lgs. n. 163/2006, il contratto collettivo nazionale e territoriale di zona in vigore per lo specifico settore edile, osservando integralmente le disposizioni relative al trattamento economico e normativo in esso contenute.
Una diversa argomentazione, secondo quanto affermato anche dalla giurisprudenza amministrativa - secondo cui "l'applicazione di un contratto collettivo diverso da parte delle imprese partecipanti ad una gara di appalto comporta una differenza di condizioni iniziali, in particolare nel costo del lavoro [...] (Tar Lombardia, sent. n. 5265/2007) - potrebbe compromettere quei principi di concorrenza e di parità di trattamento tra le imprese partecipanti che, in accordo alla disciplina comunitaria, sono codificati all'art. 2 del D.Lgs. n. 163/2006 e ne rappresentano la fonte ispiratrice.
Del resto le finalità già evidenziate dalla giurisprudenza amministrativa sono poste a fondamento dei criteri di valutazione dell'anomalia dell'offerta di cui all'art. 86, comma 3-bis del Codice dei contratti, nel cui contesto gli enti aggiudicatori valutano che "il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro" determinato attraverso apposite tabelle sulla base anche "di valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali".
Il criterio della prevalenza dell'attività oggetto di appalto sin qui illustrato, comporta, al contrario, che non sorge alcun obbligo di applicazione del contratto collettivo dell'edilizia in capo ad un'impresa inquadrata o inquadrabile in un settore diverso da quello edile, comunque operante in una realtà di cantiere laddove l'attività affidata non sia prevalentemente edile².

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Per l'impresa che opera anche nel settore edile privato, appare dirimente il richiamo contenuto all'art. 90, comma 9, D.Lgs. n. 81/2008, nella parte dedicata alla salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili, in relazione alle imprese affidatane dei lavori specificati all'allegato X.
Tra i requisiti richiesti, volti in primo luogo ad una verifica di idoneità tecnico-professionale, si fa esplicito riferimento alla necessità per l'impresa esecutrice di fornire "una dichiarazione relativa al contratto collettivo stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, applicato ai lavoratori dipendenti..." oltre "all'organico medio annuo, distinto per qualifica, corredato dagli estremi delle denunce dei lavoratori effettuate all'INPS, all'INAIL e alle casse edili".
La verifica di idoneità tecnico-professionale dell'impresa affidataria, quindi, a mente del Legislatore, si determina in rapporto all'esatta applicazione del contratto nazionale stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative e per il regolare assolvimento di ogni onere previdenziale ed assicurativo, ivi compreso la regolare denuncia alle casse edili, anche ai fini del rilascio del DURC.
In particolare, in conformità alle indicazioni già fornite da questa Direzione generale³, si rileva come l'iscrizione alle Casse Edili, nonché i relativi versamenti, costituiscano un vero e proprio onere per le aziende inquadrate nell'ambito del settore edile e che pertanto l'iscrizione sussiste ipso facto per tutte le imprese che esercitano attività edile in via prevalente.
Peraltro, alla luce dell'analisi sin qui condotta in ordine al criterio della prevalenza delle attività espletate, le imprese sono obbligate ad iscrivere i propri lavoratori alla Cassa edile territorialmente competente, quando l'oggetto dell'affidamento attiene in misura prevalente alla categoria delle opere rientranti fra le attività previste dal CCNL del settore edile, indipendentemente dal comparto di riferimento.
È evidente, quindi, la volontà del Legislatore di escludere, in tale ambito, ogni diversa interpretazione e di non consentire forme di elusione inerenti l'applicazione di un contratto collettivo non sottoscritto da organizzazioni "comparativamente più rappresentative" che priverebbe, oltremodo, il datore di lavoro della possibilità di fruire dei "benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e di legislazione sociale", ai sensi dell'art. 1, comma 1175, della L. n. 296/2006.
Va infine ricordato che gli enti e gli organismi bilaterali sono abilitati alla formazione in materia di salute e sicurezza ai sensi dell'art. 37 del D.Lgs. n. 81/2008, in quanto costituiti "ad iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale", e risultano pertanto legittimati a collaborare con i datori di lavoro per la formazione dei lavoratori in materia di salute e sicurezza (cfr. circolare Ministero Lavoro n. 13 del 5/6/2012).
Anche su questo aspetto il Ministero ha tenuto a precisare in maniera più dettagliata quanto già esplicitato con la circolare n. 20/2011, ove si legge espressamente che laddove "si ponga in concreto (ad esempio a seguito di una attività ispettiva) il problema della legittimazione di un organismo che si qualifica come paritetico a svolgere le funzioni che il D.Lgs. n. 81/2008 risenta a tali enti, esso va innanzitutto risolto verificando la sussistenza ed effettività del requisito appena riportato".
Ed invero, si ribadisce che la verifica in questione va effettuata secondo consolidati indici giurisprudenziali in materia - indici in virtù dei quali si è giunti alla elencazione dei CCNL riferiti ad ogni settore - nonché attraverso la comparazione dei dati in possesso di questa Amministrazione.
Ne deriva che solo gli organismi bilaterali costituiti ad iniziativa di una più associazioni sindacali e datoriali firmatarie di contratti che garantiscano soglie retributive nel rispetto dei principi costituzionali vigenti, possono definirsi "organismi paritetici" ai sensi dell'art. 2, D.Lgs. n. 81/2008 e quindi legittimati a svolgere formazione in collaborazione con i datori di lavoro come disposto dall'art. 37 del D.Lgs. n. 81/2008.

IL DIRETTORE GENERALE
(Dott. Danilo Papa)


¹ Cfr. Autorità Nazionale Anticorruzione, Parere n. 6 del 4 febbraio 2015, secondo cui, anche ai fini dell'applicazione del ccnl di settore, è necessario tenere presente “...l'oggetto dell’affidamento (e non le tipologie di attività esercitate eventualmente dall'operatore economico) che, nel caso in esame attiene in misura prevalente alla categoria delle opere generali di lavori (OG1) e come tali espressamente rientranti fra le attività previste dal CCNL del settore edile […]”
² Cfr. Autorità Nazionale Anticorruzione, Parere AG10-08 del 17/04/08; sul punto anche ML interpelli n. 18/2012 e 56/2008.
³ Cfr. nota del 20 novembre 2007e circolare n. 5 del 30 gennaio 2008, nonché interpelli 18/2012 e 56/2008.