Cassazione Civile, Sez. Lav., 05 settembre 2018, n. 21668 - Pensione di anzianità e certificazione dell'esposizione qualificata all'amianto


 

Presidente: BERRINO UMBERTO Relatore: CALAFIORE DANIELA Data pubblicazione: 05/09/2018

 

 

 

Rilevato che:
la Corte d'Appello di Genova, con la sentenza n. 683 del 2012, riformando la sentenza di primo grado, ha riconosciuto il diritto di G.M. a fruire della pensione di anzianità in forza della rivalutazione contributiva derivante dalla certificazione INAIL del 10 dicembre 2002, con decorrenza giuridica dalla prima finestra utile successiva alla domanda del 3.11.2009 e con condanna dell'INPS al pagamento dei ratei maturati dal 28 febbraio 2012;
la decisione ha premesso in fatto che l'appellante, avendo ottenuto dall'Inail in data 10 dicembre 2002 certificazione utile all'ottenimento del beneficio di cui all'art. 13, comma 8, legge n. 257 del 1992, si era dimesso dal lavoro presentando domanda di pensione il 2 novembre 2009 ma - in data 19 gennaio 2010- l'Inail aveva revocato la certificazione a seguito di procedimento d'ufficio di riesame, per cui la domanda di pensione era stata rigettata per carenza del presupposto contributivo;
la Corte territoriale, pur considerando applicabile alla fattispecie il disposto dell'art. 1, comma 136, legge n. 311 del 2004, considerata norma speciale in materia di annullamento d'ufficio rispetto all'art. 21 novies legge n. 142 del 1990 invocato dal ricorrente, ha ritenuto che la questione degli effetti dell'annullamento della certificazione dell'esposizione qualificata all'amianto aveva formato oggetto, seppure implicito, della regolamentazione introdotta dall'art. 7 ter, commi 14 e 14 bis, d.l. n. 5 del 2009 di salvaguardia dei trattamenti pensionistici - escluse le ipotesi di conseguimento per dolo dell'interessato- erogati prima dell'entrata in vigore delle stesse disposizioni e che tale regolamentazione andava applicata anche al caso di specie ove la pensione non era mai stata erogata, in forza di una interpretazione estensiva dettata da ragioni di congruità costituzionale sotto il profilo del rispetto del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Cost.; avverso tale sentenza ricorre per cassazione l'INPS sulla base di un unico motivo relativo alla violazione e o falsa applicazione dell'art. 7 ter del d.l. n. 5 del 2009, conv. in I. n. 33 del 2009 come integrato dall'art. 6, comma 2 undecies, del d.l. n. 216 del 2011, conv. in l. n. 14 del 2012, in ragione dell'illegittima applicazione della prima disposizione a fattispecie non sussumibile in essa;
G.M. ha proposto controricorso e ricorso incidentale fondato sull'unico motivo relativo alla violazione e o falsa applicazione dell'art. 21 novies l. n. 142 del 1990, posto che la sentenza impugnata non ha ritenuto l'illegittimità dell'atto di annullamento della certificazione Inail; entrambe le parti hanno depositato memorie attraverso le quali sono state prospettate anche le novità derivanti dallo ius superveniens costituito dall'art. 42 quater legge n.98 del 2013 e dall'art.l, comma 112, legge n. 190 del 2014 come interpretato dall'art. 5 bis d.l. n. 65 del 2015; il P.G. ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso principale ed il rigetto di quello incidentale;
 

 

Considerato che:
la Corte ritiene che l'unico motivo di ricorso dell'Inps sia fondato in ragione del fatto che la sentenza impugnata ha fatto non corretto ricorso all'interpretazione estensiva delle disposizioni contenute nell'art. 7 ter, comma 14, d.l. n. 5 del 2009 conv. in l. n. 33 del 2009, secondo cui <Restano validi ed efficaci i trattamenti pensionistici erogati antecedentemente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto a seguito degli accertamenti compiuti dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, ai fini del conseguimento dei benefici di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257 e successive modificazioni, sulla base dei curricula presentati dal datore di lavoro e della documentazione integrativa, salvo il caso di dolo dell'interessato che sia accertato in via giudiziale con sentenza definitiva:»; posto che si è ritenuto di poter identificare i soggetti meritevoli di protezione includendovi non solo coloro ai quali il trattamento pensionistico era già stato erogato alla data di entrata in vigore della I. n. 33 del 2009 ( 12 aprile 2009), ma anche chi non si trovava in tale situazione, essendosi dimesso dall'attività di lavoro, ed avendo presentato solo domanda di pensione sulla base della contribuzione frutto della maggiorazione da esposizione qualificata la cui certificazione era stata nannullata;
rilevata la inammissibilità per novità - rispetto alle ragioni espresse in sentenza - del rilievo da attribuire all'eventuale ritardo dell'Inps nella valutazione della domanda di pensione, l'opzione interpretativa adottata dalla Corte genovese, ispirata alla ratio sottesa alla legge di non creare discriminazioni irragionevoli per il solo effetto della circostanza della già avvenuta erogazione del trattamento pensionistico ed affidata al paradigma dell'interpretazione costituzionalmente orientata, non può essere condivisa per molteplici profili;
la disciplina dettata dall'art. 7 ter, commi 14 e 14 bis, d.l. n. 5 conv. in l. n. 33 del 2009, ha chiaramente introdotto disposizioni mirate a consolidare il diritto alla fruizione del trattamento pensionistico di coloro i quali tale trattamento avevano già ottenuto, prima dell'entrata in vigore della legge di conversione del d.l. n. 5 del 2009, sulla base delle certificazioni rilasciate dall'Inail sulla base dei curricula presentati dal datore di lavoro e della documentazione integrativa, in ipotesi di accertamenti d'ufficio, evidentemente comprovanti l'inattendibilità di tale documentazione, dello stesso Istituto e di assenza di dolo dell'interessato accertato con sentenza definitiva, così regolando, specificamente e tassativamente, per tale particolare categoria di pensionati gli effetti della caducazione della certificazione utilizzata per l'ottenimento del trattamento; si tratta di norma tesa all'esclusione dei normali effetti caducatori incidenti sulla posizione contributiva dell'assicurato derivanti dall'annullamento dell'atto presupposto che svolge, dunque, effetto di norma "in deroga" rispetto alle ordinarie conseguenze giuridiche, onde ne resta preclusa l’interpretazione estensiva, mentre quella analogica, dovendo considerarsi la disposizione de qua norma eccezionale (come tutte le norme che introducono discipline derogatorie), è vietata dall'art. 14 preleggi, ed anche se, in qualche isolato precedente, questa Corte ha ritenuto consentita l'interpretazione estensiva anche con riferimento a disposizioni eccezionali o di carattere tassativo (v., al riguardo, Cass. 10304/1991), di fatto, anche in quel caso è stato disegnato l'ambito fino al quale l'interprete può spingersi, valorizzando l'esplicitazione del contenuto della norma, senza nulla aggiungere alla portata della medesima; 
nella specie, la portata e il contenuto della disposizione fanno chiaramente riferimento all'intento del legislatore di proteggere solo i soggetti già fruitori di pensione, come si coglie oltre che dal dato testuale anche dalla considerazione logica che, per gli altri soggetti destinatari di certificazione annullata, sarebbe stato ben possibile, comunque, provare in altro modo l'effettiva esposizione qualificata in caso di contestazione dell'Inps, dovendosi attribuire alla detta certificazione una pregnante forza sul piano squisitamente probatorio, e non certo costitutivo, del diritto a pensione ( vd. Cass. n. 6264 del 16 marzo 2011);
del pari, quanto alla possibilità di sperimentare, del testo legislativo in esame, un significato compatibile con quello costituzionale onde orientarne l'interpretazione (sì da pervenire ad un'interpretazione costituzionalmente orientata come tentato dalla Corte di merito), va rimarcato che, a fronte della discrezionalità spettante al legislatore in materia di attribuzione di benefici previdenziali, le ragioni sopra indicate a giustificazione della scelta legislativa di tutelare i già pensionati che avrebbero visto compromesso il diritto a pensione dall'annullamento della maggiorazione contributiva, evidenziano l'infondatezza della censura di irrazionalità per disparità di trattamento e violazione dell'art. 3 della Cost. sostenuta dalla sentenza impugnata;
peraltro, come indicato dalle stesse parti, la questione in esame ha formato oggetto della successiva evoluzione normativa, attraverso una progressiva estensione della platea dei soggetti beneficiati dalle norme di salvaguardia dagli effetti caducatori derivanti dall'attività di verifica dell'Inail sulle posizioni contributive maggiorate per esposizione all'amianto e di ciò questa Corte di cassazione ha già dato atto con numerosi precedenti ( Cass. n. 694 del 2018; n.26817 del 2016; 20988 del 2015) attraverso i quali si è affermato, come va fatto nel caso di specie, che in materia di rivalutazione contributiva da esposizione aN'amianto, l'art. 112 della I. n. 190 del 2014, - secondo cui, con effetto dal 1° gennaio 2015, senza corresponsione dei ratei arretrati, non si tiene conto, per i lavoratori in servizio, dei provvedimenti di annullamento delle certificazioni rilasciate dall'Inail ai fini del conseguimento dei benefici ex art. 13, comma 8, della I. n. 257 del 1992, salvo il caso di dolo dell'interessato accertato in via giudiziale con sentenza definitiva - quale "ius superveniens" che introduce una nuova disciplina del rapporto controverso rilevante ai fini della decisione, può trovare immediata applicazione ai giudizi in corso in sede di legittimità a condizione che sia pertinente rispetto alle questioni devolute con l'impugnazione, posto che i principi generali in materia di ricorso per cassazione richiedono che il tema coinvolto nella disciplina sopravvenuta, oltre che sussistente, sia ammissibile secondo la disciplina sua propria;
quanto, al ricorso incidentale, va rilevata l'infondatezza dell'unico motivo sulla base della considerazione della natura non provvedimentale dell'attività amministrativa di cui si discute, ai fini della eventuale disapplicazione dell'annullamento della certificazione, ai sensi dell'art. 5 all.to E della legge n. 2284/1865;
la categoria delle certificazioni in senso improprio comprende tutti quegli atti che non fanno riferimento ad alcuna certezza legale, ma esprimono il risultato di una attività di accertamento compiuta, prima della loro emanazione, da pubbliche autorità o da altri soggetti equiparati e si risolvono in dichiarazioni di scienza che seppure autorevoli non potranno mai produrre una certezza legale;
che all'Inail, come evidenziato da Cass. n. 6264 del 2011 sopra richiamata, la legge ha affidato un' attività meramente ricognitiva di circostanze rilevanti indicate in atti d'indirizzo ministeriali, al fine di esprimere una valutazione connotata di forte valenza probatoria sulla sussistenza della esposizione qualificata ed in alcun modo, dunque, vengono in rilievo quegli aspetti, consistenti nell'esercizio di discrezionalità amministrativa anche meramente tecnica, che possano accomunare tale attività alla tipica attività amministrativa che può condurre alla disapplicazione dell'atto che ne è espressione ( vd. tra le più recenti Cass. n. 287 /2017; SS.UU. 2244/2015); da ciò scaturisce che laddove - come nel caso di specie- l'attività di ricognizione sia contestata dall'Inps, specie in sede giudiziaria, la cognizione del giudice ordinario sia piena, rientrando in essa anche l'aspetto della fondatezza delle ragioni concrete poste a base dell'annullamento della certificazione, senza che la mera illegittimità dell'annullamento si possa
tradurre in positivo accertamento del presupposto del diritto alla maggiorazione contributiva;
in definitiva, il ricorso principale va accolto, quello incidentale va rigettato, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d'appello di Genova, in diversa composizione, al fine di accertare la concreta applicabilità alla fattispecie dedotta in causa della normativa richiamata e per la determinazione delle spese del presente giudizio.
 

 

P.Q.M.

 


La Corte accoglie il ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale e rinvia alla Corte d'appello di Genova, in diversa composizione, che regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 28 marzo 2018.