Cassazione Penale, Sez. 4, 24 settembre 2018, n. 40949 - Crollo del muro e infortunio mortale durante i lavori edilizi. Responsabilità del progettista direttore dei lavori e cse. Delega di funzione


 

 

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA Relatore: RANALDI ALESSANDRO Data Udienza: 12/07/2018

 

 

 

Fatto

 

1. Con sentenza del 6.10.2016 la Corte di appello di Messina, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha assolto C.L. e A.S. dai reati rispettivamente ascritti e, per quanto qui rileva, ha confermato la declaratoria di penale responsabilità di G.B.C. dal reato di omicidio colposo (capo A) in danno del lavoratore F.B. (fatto del 17.5.2007), rideterminando la pena nei suoi confronti, stante l'intervenuta prescrizione del reato sub B), in anni due e mesi sei di reclusione.
2. La vicenda attiene ai lavori edilizi eseguiti, su incarico del committente E.I., dall'impresa costruttrice L.C.S. Servizi S.r.l., rappresentata da C.L., datore di lavoro e responsabile della sicurezza, nell'ambito dei quali avevano operato il G.B.C. quale progettista e direttore dei lavori e lo A.S. quale coordinatore per la progettazione.
Nel corso di tali lavori, a seguito del crollo del muro del fabbricato di proprietà di C.L., adiacente al cantiere, perdeva la vita il F.B., travolto da grossi e pesanti frammenti del muro crollato.
Secondo la Corte territoriale il crollo del muro era stato provocato da un cedimento strutturale dello stesso determinato dai lavori in corso nel cantiere.
Sul piano delle singole responsabilità, è stato ritenuto che l'ing. G.B.C., in quanto progettista e direttore dei lavori, nonché coordinatore per l'esecuzione, dovesse curare e vigilare, con costante presenza nel cantiere, sull'andamento dei lavori, provvedendo ad apportare gli opportuni accorgimenti in caso di evidenziati pericoli; tali pericoli gli erano stati segnalati da F.B. (e da S.), ma G.B.C. li aveva imprudentemente sottovalutati, disponendo la prosecuzione dei lavori nonostante la situazione di instabilità del muro.
Gli imputati C.L. e A.S. sono stati, invece, assolti per non aver commesso il fatto.
3. Avverso tale sentenza propongono distinti ricorsi per cassazione l'imputato G.B.C. e le parti civili rappresentate dall'avv. Salvatore P..
4. Il G.B.C. lamenta quanto segue.
I) Erronea applicazione dell'art. 81 cod. pen.
Deduce che il giudice di appello avrebbe errato nella determinazione della pena finale irrogata, pari ad anni due e mesi sei di reclusione, poiché, a seguito dell'estinzione del reato di cui al capo B) per intervenuta prescrizione, la pena
avrebbe dovuto essere rideterminata nella misura di anni due di reclusione, pari alla pena base del reato sub A) calcolata ex art. 81 cod. pen. dal giudice di primo grado.
II) Vizio di motivazione sulla condotta colposa del F.B..
Rileva l'illogicità dell'affermazione della Corte di appello nella parte in cui ha ritenuto che la condotta del F.B. non fosse stata di natura e portata tale da consentire di mitigare la sanzione irrogata, in quanto non sarebbe emerso in maniera chiara a che distanza egli si trovasse dal bobcat al momento del sinistro e quale incidenza potesse avere avuto l'eventuale sua pericolosa vicinanza al mezzo rispetto all'evento mortale.
Deduce, al contrario, che il frammento di muro che, rimbalzando sul tetto del bobcat, ha travolto il F.B., non avrebbe mai potuto rimbalzare così lontano da attingerlo al di fuori della distanza di sicurezza dalla quale egli avrebbe dovuto trovarsi (5 metri).
III) Mancanza di motivazione sul diniego di attenuanti generiche, pur avendo la Corte di merito dato atto della incensuratezza del ricorrente.
5. Le parti civili R.M. da una parte, e A.B. e G.B. dall'altra, tutte assistite dall'avv. Salvatore P., con distinti ricorsi lamentano quanto segue.
I) In relazione all'imputato C.L.: violazione di legge e vizio di motivazione in materia di delega di funzioni ex art. 16 d.lgs. n. 81/08.
Deducono che la sentenza impugnata pone, erroneamente, a fondamento dell'assoluzione del C.L. (datore di lavoro) la delega di funzioni in materia di sicurezza in favore del F.B., ritenuta - in difformità dal primo giudice - efficace ed in concreto operante, prevista dal citato art. 16, posto che la normativa in riferimento, pubblicata nella G.U. n. 101 del 30.4.2008, è stata introdotta in epoca successiva ai fatti di causa, avvenuti il 17.5.2007.
Espongono che l'istituto della delega di funzioni, benché riconosciuto dalla giurisprudenza anche prima dell'introduzione del citato art. 16, necessita di specifici requisiti per individuarne la sussistenza, nel caso mai emersi, visto che agli atti del processo non vi è alcun documento espresso di delega di funzioni, certo ed inequivoco, idoneo a provare che il C.L. avesse trasferito al F.B. tutti i compiti di natura tecnica e di controllo in materia di sicurezza e prevenzione, né alcun atto sottoscritto dal F.B. di accettazione di detti compiti. Al riguardo, infatti, la sentenza impugnata non ne fa menzione.
Deducono che neanche la struttura organizzativa dell'impresa contenuta nel POS ovvero la circostanza che il F.B. fosse stato indicato nel predetto documento come consulente esterno, può giustificare la ritenuta esistenza della delega di funzioni.
Rilevano, inoltre, che tale delega non può essere desunta dalle mansioni di fatto svolte dal F.B. in cantiere, secondo quanto riferito da vari testimoni. Egli rivestiva semplicemente la qualifica di direttore tecnico dell'impresa, come indicato nel documento di notifica preliminare inviato dal committente all'ASP5 ex art. 11 del d.lgs. n. 494/96.
Deducono, infine, che in ogni caso la delega di funzioni non esclude l'obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite, secondo le modalità recepite dalla giurisprudenza e previste dallo stesso art. 16 cit. La presenza continua del C.L. in cantiere è stata accertata agli atti di causa dalla deposizione del teste C., per cui l'attestazione della Corte di appello secondo cui la situazione di pericolo era stata «percepita da coloro che stavano eseguendo i lavori e non opportunamente affrontata» (pag. 11) si appalesa del tutto contraddittoria ed in antitesi con la statuizione di assoluzione del C.L..
II) In relazione al responsabile civile L.C.S. Servizi S.r.l.: si richiamano le stesse censure dianzi riportate anche nei confronti del responsabile civile L.C.S. Servizi S.r.l., trattandosi della società appaltatrice dei lavori di cui il F.B. era dipendente al momento dell'infortunio.
III) In relazione all'imputato A.S.: violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla posizione di responsabilità dello A.S., nella qualità di coordinatore per la progettazione, in ordine al reato di omicidio colposo del F.B..
Deducono che il perito, ing. M., è andato oltre il mandato conferitogli dal Giudice di appello, esprimendo considerazioni e pareri in relazione all'imputazione ascritta allo A.S., apoditticamente ricopiate nella sentenza impugnata.
Rilevano che in ordine al POS esaminato dal perito la difesa di parte civile ne aveva contestato l'autenticità nella parte in cui il F.B. è indicato come "consulente esterno" e come "Direttore di cantiere, capo cantiere, Responsabile della sicurezza e delle emergenze in cantiere", sulla base di altri documenti con esso contrastanti.
Deducono che erroneamente la Corte territoriale ha affermato la completezza e adeguatezza del PSC sulla base della dichiarata idoneità del POS che richiama il primo, quindi solo indirettamente, ed in ogni caso la carenza di valutazione in ordine alla adeguatezza e correttezza del PSC rispetto alla complessità dell'opera ed alle eventuali fasi critiche del processo di sbancamento del terreno adiacente al fabbricato del C.. 
IV) Violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza nella parte in cui individua la causa del crollo del muro del fabbricato C. nell'attività di cantiere.
Ritengono che tale affermazione sia generica ed in palese antitesi con le disposizioni di legge richiamate nell'imputazione che sanciscono, nell'ipotesi di esecuzione di scavi, l'adozione di particolari accorgimenti finalizzati ad impedire il verificarsi di infortuni sul lavoro, quale quello in esame. La c.t. del PM aveva individuato la causa del crollo nella mancata esecuzione di sottomurazioni in corrispondenza al tratto di scavo eseguito, puntellando lo stesso con opere provvisionali fino alla completa costruzione delle strutture in adiacenza ed alla ricostruzione dell'equilibrio originario modificato dallo scavo.
6. Con memoria depositata il 22.2.2018 il difensore delle parti civili richiama ed illustra i motivi di ricorso ed insiste per l'annullamento della sentenza impugnata.
 

 

Diritto

 


1. Il ricorso di G.B.C. va rigettato.
1.1. Il primo motivo, con cui si deduce l'erronea applicazione dell'art. 81 cod. pen., è infondato.
Dagli atti si evince che il G.B.C. in primo grado è stato condannato a 3 anni di reclusione; dalla lettura della relativa motivazione si comprende che la pena base per il reato più grave (capo A) era stata determinata in anni 2 e mesi 6 di reclusione, aumentata ex art. 81 cod. pen. di mesi 6 per il capo B), per un totale di anni 3 di reclusione. Ne deriva che non sussiste alcun errore da parte del giudice di appello, che ha correttamente rideterminato la pena, a seguito dell'estinzione del reato di cui al capo B) per intervenuta prescrizione, nella misura di anni 2 e mesi 6 di reclusione, corrispondente alla pena del residuo reato di cui al capo A).
1.2. Il secondo motivo, in punto di omessa mitigazione della pena relativamente all'asserita condotta colposa del F.B., è inammissibile perché non consentito in sede di legittimità e comunque manifestamente infondato.
La valutazione della Corte territoriale in ordine alla condotta del F.B., secondo cui non sarebbe emerso in maniera chiara a che distanza dal bobcat costui si trovasse al momento del sinistro, costituisce un tipico apprezzamento di merito che, in quanto svolto in maniera congrua e non manifestamente illogica, è insindacabile in cassazione, essendo notoriamente preclusa al giudice di legittimità la possibilità di rivalutare in senso critico gli elementi di prova processualmente emersi, al fine di operare una ricostruzione alternativa e diversa dei fatti di causa rispetto a quanto accertato nel giudizio di merito.
1.3. Anche il terzo motivo è inammissibile, in quanto la censura in ordine al difetto di motivazione sul diniego delle attenuanti generiche non risulta specificamente proposta in sede di appello, ove ci si era limitati a dolersi soltanto della eccessività della pena irrogata.
1.4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
2. Passando ai ricorsi delle parti civili, preliminarmente si osserva - in risposta ad una questione sollevata dalle controparti in sede di discussione - che i detti ricorsi non sono stati proposti personalmente dalle parti e sono, quindi, ammissibili.
Il ricorso di R.M. risulta ritualmente redatto e sottoscritto dal difensore, avv. Salvatore P..
L'atto di ricorso di A.B. e G.B., pur se personalmente sottoscritto dagli stessi, risulta parimenti sottoscritto in calce, e quindi fatto proprio, dall'avv. Salvatore P., con la conseguenza che è ammissibile il ricorso per cassazione della parte civile il quale, pur se dalla stessa personalmente sottoscritto, rechi la firma di autentica del difensore, sempre che sia possibile, in base a dati esteriori, ritenere che il difensore abbia inteso fare propri i motivi di ricorso e assumerne la paternità (Sez. 6, n. 32563 del 04/06/2010, Egiziano e altro, Rv. 24834701). Nella specie, l'apposizione della sottoscrizione del difensore in calce al ricorso, unitamente alla redazione del medesimo su carta intestata dell'avv. P., stanno a dimostrare che il difensore abbia inteso fare propri i motivi di ricorso e assumerne la paternità.
3. Sui motivi di ricorso che attengono alla posizione dell'imputato C.L. e del responsabile civile L.C.S. Servizi S.r.l., si osserva che i rilievi delle parti civili sono fondati.
3.1. La motivazione della sentenza impugnata è certamente carente laddove individua una delega di funzioni senza indicare gli specifici requisiti richiesti dalla giurisprudenza per la validità della delega, e quindi per escludere la responsabilità del delegante, con particolare riguardo: all'esistenza stessa dell'atto di delega, all'accettazione specifica del F.B. e soprattutto all'effettiva riconducibilità al medesimo dei poteri di organizzazione, gestione e spesa connessi alla delega. Su quest'ultimo punto la sentenza sembra piuttosto escludere che il F.B. avesse autonomi poteri di gestione e spesa, nella parte in cui argomenta che il F.B. aveva manifestato le sue preoccupazioni sulla stabilità del muro al G.B.C., il quale per tutta risposta aveva, di fatto, disposto la prosecuzione dei lavori (optando per eseguire fondazioni più larghe e più basse). E' evidente che se il F.B. fosse stato veramente delegato e con poteri di gestione e di spesa, avrebbe potuto provvedere lui stesso a puntellare i lavori di scavo o a sospendere i lavori per esigenze di sicurezza, invece di rivolgersi al direttore dei lavori per ottenere una modifica in ordine all'esecuzione dei lavori.
Del resto, trattandosi di vicenda risalente al 2007, è appena il caso di rilevare che anche prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 81/08, la giurisprudenza di questa Corte richiedeva determinati elementi per attribuire rilevanza penale all'istituto della delega di funzioni, ritenendo necessaria la compresenza di precisi requisiti: a) la delega deve essere puntuale ed espressa, con esclusione in capo al delegante di poteri residuali di tipo discrezionale; b) il delegato deve essere tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato per lo svolgimento del compito affidatogli; c) il trasferimento delle funzioni delegate deve essere giustificato in base alle dimensioni dell'impresa o, quantomeno, alle esigenze organizzative della stessa; d) la delega deve riguardare non solo le funzioni ma anche i correlativi poteri decisionali e di spesa; e) l'esistenza della delega deve essere giudizialmente provata in modo certo (Sez. 3, n. 6420 del 07/11/2007 - dep. 2008, Girolimetto, Rv. 23898001). Inoltre, la Corte regolatrice ha sempre puntualizzato che la delega rilasciata a soggetto privo di una particolare competenza in materia antinfortunistica e non accompagnata dalla dotazione del medesimo di mezzi finanziari idonei a consentirgli di fare fronte in piena autonomia alle esigenze di prevenzione degli infortuni, non è sufficiente a sollevare il datore di lavoro dai propri obblighi in materia e a liberarlo dalla responsabilità per l'infortunio conseguito alla mancata predisposizione dei necessari presidi di sicurezza (Sez. 4, n. 7709 del 13/11/2007 - dep. 2008, Augusto e altri, Rv. 23852601).
3.2. La motivazione della sentenza impugnata è anche assolutamente carente in relazione alla valutazione degli obblighi di vigilanza in capo al datore di lavoro, certamente non esclusi dalla eventuale sussistenza di una delega di funzioni, nonostante i giudici di merito abbiano accertato che il C.L. fosse sovente in cantiere e desse le direttive inerenti allo scavo da eseguire. Ciò indipendentemente dalla considerazione, pure contenuta in sentenza, che i lavori di sbancamento erano stati subappaltati ad altra società (Sud Servizi S.r.l.), argomento che risulta soltanto accennato ed in nessun modo sviluppato nella sentenza impugnata, anche solo per trarne argomenti a favore del datore di lavoro (e del responsabile civile), con la conseguenza che anche di tale aspetto della vicenda, che non può certamente essere affrontato nella presente sede di legittimità, dovrà occuparsi il giudice di rinvio.
3.3. In relazione alle posizioni di C.L. e del responsabile civile L.C.S. Servizi S.r.l., tenuto conto dei riscontrati vizi motivazionali, si deve, quindi, disporre l'annullamento ai fini civili della sentenza impugnata, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui si demanda anche la regolamentazione delle spese fra le parti per questo giudizio di legittimità.
4. Sui motivi di ricorso che attengono alla posizione dell'imputato A.S. si osserva che i rilievi delle parti civili sono inammissibili, perché in fatto e quindi non consentiti in sede di legittimità.
4.1. Si tratta, infatti, di doglianze che esulano dal numerus clausus delle censure deducibili in sede di legittimità, investendo profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto riservati alla cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell’iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. In tema di sindacato del vizio di motivazione, infatti, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all'affidabilità delle fonti di prova, bensì di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U, n. 930 del 13/12/1995 - dep. 1996, Clarke, Rv. 20342801).
4.2. Sulla posizione dello A.S. la Corte d'appello ha fornito una motivazione certamente congrua e non manifestamente illogica laddove, riassumendo un'argomentazione che è stata redatta in maniera estremamente analitica e dettagliata, che appare superfluo riportare pedissequamente in questa sede, nella sostanza ha evidenziato che il prevenuto, nella sua qualità di coordinatore per la progettazione che ha redatto il PSC (Piano di Sicurezza e di Coordinamento), è rimasto estraneo all'incidente, tenuto conto della accertata idoneità del POS (Piano Operativo di Sicurezza), ed in quanto soggetto privo di competenze o responsabilità inerenti alla fase esecutiva dei lavori.
5. Il residuo motivo, con cui le parti civili deducono l'erronea individuazione della causa del crollo del muro nell'attività di cantiere, è parimenti inammissibile, trattandosi di censura di merito non consentita, generica e aspecifica, che non si confronta compiutamente con le ragioni della sentenza impugnata, che sul punto sono piuttosto articolate e comunque riconducono le ragioni del crollo all'attività di cantiere, in cui è ricompreso lo sbancamento del terreno (v. pag. 17 della sentenza, che richiama le considerazione del perito in ordine al venire meno dell'azione di sostegno del terreno a seguito dell'attività di cantiere).
La ricostruzione delle ragioni del crollo è svolta, insomma, in maniera chiara e plausibile, secondo una ponderata valutazione di merito che non può essere messa in discussione nella presente sede di legittimità.
 

 

P.Q.M.

 


Annulla ai fini civili la sentenza impugnata con riferimento alle posizioni di C.L. e del responsabile civile L.C.S. Servizi S.r.l. e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui demanda anche la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità fra le suddette parti. Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi delle parti civili.
Rigetta il ricorso di G.B.C. e condanna il suddetto ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 12 luglio 2018