Categoria: Cassazione penale
Visite: 9082

Cassazione Penale, Sez. 4, 25 settembre 2018, n. 41352 - Infortunio con una termosaldatrice priva dei necessari dispositivi di sicurezza. Inidoneità delle delega di funzione


 

Presidente: IZZO FAUSTO Relatore: PAVICH GIUSEPPE Data Udienza: 12/06/2018

 

 

Fatto

 

1. N.T., per il tramite del suo difensore di fiducia, ricorre avverso la sentenza con la quale, in data 4 aprile 2016, la Corte d'appello di Ancona, pur dichiarando estinto per prescrizione il reato ascritto allo stesso N.T. (nonché a P.C.) ex art. 590 cod.pen. (lesioni in danno di C.M. con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni: reato contestato come commesso il 6 giugno 2003), ha confermato le statuizioni civili emesse a suo carico dal Tribunale di Ascoli Piceno con sentenza di condanna resa il 27 settembre 2006.
Il N.T. risponde del reato de quo nella sua qualità di legale rappresentante della Adriafood s.r.l. e di datore di lavoro della C.M.. L'addebito mosso al detto imputato oggi ricorrente (nonché al P.C., quale responsabile qualità e sicurezza nella suddetta società) é, in sostanza, di avere mantenuto in uso - senza procedere alle necessarie riparazioni - una termosaldatrice a nastro dotata di una "campana" in alluminio, i cui dispositivi di sicurezza (in specie quelli volti ad impedire l'abbassamento della "campana" sulle mani degli addetti) non erano correttamente funzionanti, sebbene quest'ultima circostanza fosse stata più volte segnalata e nonostante fosse noto che i lavoratori, durante le operazioni di termosaldatura, erano usi mettere le mani sotto la suddetta "campana" per meglio sistemare il prodotto sul nastro. A causa di tale situazione, la dipendente C.M., addetta alla termosaldatrice, per pulire la parte interna del macchinario, introduceva il braccio destro sotto la "campana", che però si abbassava e non risaliva, così comprimendo il braccio dell'operaia e procurandole le lesioni personali meglio descritte in rubrica.
2. Il ricorso del N.T. consta in sostanza di due motivi di lagnanza.
2.1. Con il primo l'esponente denuncia violazione di legge in riferimento alla posizione di garanzia a lui attribuita: egli, infatti, aveva provveduto a trasferire al P.C., mediante regolare delega, i suoi poteri e le sue responsabilità in materia prevenzionistica; tant'é che fu il P.C. (cui si erano rivolti i dipendenti dopo l'infortunio) a ordinare al manutentore dell'azienda di effettuare delle prove sul macchinario e poi di sostituire gli switches di sicurezza e il tappeto.
2.2. Con il secondo motivo di lagnanza l'esponente denuncia vizio di motivazione in riferimento al fatto - segnalato con l'atto d'appello - che il guasto fu improvviso e imprevedibile, tanto che poteva parlarsi di malfunzionamento occasionale del sistema di sicurezza in un macchinario che, sotto tale profilo, fu considerato "a norma" per gli standard dell'epoca dagli ispettori ASL.

 

 

Diritto

 


1. Il ricorso é infondato in ambo i motivi in cui esso si articola.
In primo luogo, é noto e pacifico che non é sufficiente (né lo era sotto il vigore della normativa prevenzionistica dell'epoca) il conferimento di una delega in materia di sicurezza sul lavoro per esimere il delegante da responsabilità: ciò in base al fondamentale principio secondo cui il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza, ha l'obbligo non solo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all'art. 2087 cod. civ., egli é costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro (cfr. per un recente esempio Sez. 4, n. 4361 del 21/10/2014 - 2015, Ottino, Rv. 263200).
La giurisprudenza di legittimità risalente all'epoca di che trattasi affermava ad esempio che, in materia di infortuni sul lavoro, gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro possono essere delegati, con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al datore di lavoro. Tuttavia, il relativo atto di delega deve essere espresso, inequivoco e certo e deve investire persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento, che abbia accettato lo specifico incarico, fermo comunque l'obbligo per il datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi, poi, concretamente la delega, secondo quanto la legge prescrive (Sez. 4, n. 38425 del 19/06/2006, Del Frate, Rv. 235184). Un criterio fondamentale di verifica dell'effettivo trasferimento della posizione di garanzia era, fra l'altro, costituito dalle dimensioni aziendali: si affermava al riguardo che, a tal fine, fosse necessario accertare l'esistenza in concreto di una organizzazione aziendale realmente altamente complessa e di un articolato sistema di gerarchia di livello dirigenziale ed intermedio e l'estraneità dell'evento (lesivo o letale) alle essenziali scelte aziendali in ordine all'organizzazione delle lavorazioni che attingono direttamente la sfera di responsabilità del datore di lavoro (cfr. Sez. 4, n. 12794 del 06/02/2007, Chirafisi e altri, Rv. 236279).
Nel caso di che trattasi, la Corte dorica chiarisce (pag. 11 sentenza impugnata) che nella specie non poteva parlarsi di impresa di grosse dimensioni, e che la delega conferita dal N.T. al P.C. non rispondeva ai criteri suddetti (conferimento a soggetto capace e competente, nonché dotato di poteri di intervento anche finanziari).
Ma, oltre a ciò, la responsabilità in vigilando che comunque residuava in capo al N.T. gli imponeva di controllare che il delegato si attivasse opportunamente per eliminare i rischi per la sicurezza dei lavoratori: ed é acclarato che al P.C. (ossia al soggetto cui il N.T. aveva conferito delega in materia prevenzionistica) i dipendenti avevano segnalato in più occasioni precedenti il malfunzionamento del macchinario, più volte riparato senza risolverne i problemi (vds. pag. 10 sentenza impugnata).
Da ciò discende, tra l'altro, l'infondatezza del secondo motivo di lagnanza, non potendosi certo parlare nella specie di "guasto improvviso e imprevedibile", atteso che invece il malfunzionamento del macchinario (e in specie del dispositivo di sicurezza di cui esso era dotato) era stato, appunto, reso noto ai soggetti responsabili e non era stato, all'evidenza, debitamente eliminato.
2. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 12 giugno 2018.