- Delega di Funzione
- Dirigente e Preposto
La Corte di Appello di Trieste ha riformato la sentenza con la quale il Tribunale di Udine aveva assolto B.M. dall'imputazione di lesioni colpose ascrittagli, dichiarandolo, invece, penalmente responsabile di tale reato, per avere, nella qualità di impiegato tecnico, delegato all'adempimento degli obblighi in materia di sicurezza presso gli stabilimenti della s.p.a.cagionato per colpa le fratture ossee all'avambraccio sinistro riportate dal dipendente D.C.E., mentre costui lavorava presso una macchina produttrice di tralicci metallici, risultata irregolare in quanto non munita, come prescritto dalla normativa antinfortunistica, di un dispositivo automatico di blocco idoneo - Sussiste.
Ricorre in Cassazione B.M. - Inammissibile.
La Corte, riprendendo il ragionamento della Corte d'Appello, afferma che "il macchinario, utilizzato al momento dell'infortunio, era uno strumento di lavoro pericoloso, perchè privo di un dispositivo automatico di blocco delle forbici meccaniche in movimento, costituente lo standard di protezione prescritto dalla norma antinfortunistica (del D.P.R. n. 547 del 1955, art. 72), idoneo ad impedire in modo automatico l'eventuale accesso all'interno del macchinario degli arti dell'operatore, anche nel caso, come quello di specie, in cui il carter di protezione fosse stato rimosso manualmente; che tale difetto, costituente anche violazione specifica della normativa antinfortunistica, aveva svolto un ruolo sinergico nella causazione delle lesioni al D.C., conseguendone la penale responsabilità del B., il quale, in quanto dirigente e delegato, come è incontroverso, dal datore di lavoro all'adempimento degli obblighi in tema di sicurezza sul lavoro con poteri autonomi di organizzazione e di spesa, era titolare del dovere di predisporre le misure di protezione agli strumenti di lavoro esistenti nello stabilimento e, comunque, di pretendere che quelle misure fossero effettivamente osservate dai lavoratori."
La Corte territoriale, pertanto, nel definire il ruolo avuto dal B. nella vicenda, ritenendo costui non esentato da responsabilità penale, si è attenuta correttamente al principio giuridico secondo cui, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, pur comprendendo il D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, art. 4 tra i destinatari delle norme, dettate in tale materia, anche i preposti, questi non si sostituiscono, di regola, alle mansioni del dirigente, per di più se delegato con ampi poteri agli adempimenti in tema sicurezza dei lavoratori, del quale, se mai, condividono, secondo le loro reali incombenze, gli oneri in materia di sicurezza del lavoro:
salvo che, da parte del titolare dell'impresa, sia avvenuta, non soltanto la nomina nel suddetto ruolo (di preposto) di persona qualificata e capace, ma anche il trasferimento alla stessa (il che è stato, nella fattispecie, escluso dai giudici di merito) di tutti i compiti di natura tecnica, con facoltà di iniziativa e di spesa anche in materia di prevenzione degli infortuni, con il conseguente esonero, in caso di incidente, da responsabilità' penale del dirigente e del medesimo datore di lavoro."
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente -
Dott. LICARI Carlo - Consigliere -
Dott. FOTI Giacomo - Consigliere -
Dott. AMENDOLA Adelaide - Consigliere -
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
B.M., N. IL (OMISSIS);
avverso SENTENZA del 06/02/2008 CORTE APPELLO di TRIESTE;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dr. LICARI CARLO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dr. Galati Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv. BARRA Nunzia la quale ha concluso chiedendo l'accoglimento dei motivi del ricorso.
Con sentenza del 6/2/2008, la Corte di Appello di Trieste ha, in accoglimento dell'appello proposto dal P.M., riformato la sentenza con la quale il Tribunale di Udine aveva assolto B.M. dall'imputazione di lesioni colpose ascrittagli, dichiarandolo, invece, penalmente responsabile di tale reato, per avere, nella qualità di impiegato tecnico, delegato all'adempimento degli obblighi in materia di sicurezza presso gli stabilimenti della s.p.a. "Ferriere Nord", cagionato per colpa le fratture ossee all'avambraccio sinistro riportate dal dipendente D.C.E., mentre costui lavorava presso una macchina produttrice di tralicci metallici, risultata irregolare in quanto non munita, come prescritto dalla normativa antinfortunistica, di un dispositivo automatico di blocco idoneo, nel caso di rimozione del carter di protezione, ad arrestare la messa in moto dei coltelli utilizzati per il taglio dei tralicci e, per tale via, capace di impedire in ogni caso l'eventuale contatto dei medesimi coltelli in movimento con gli arti dei lavoratori addetti alla macchina.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del difensore, l'imputato, il quale ha dedotto i seguenti motivi:
- Erronea applicazione della legge, per la ragione che il carter applicato alla macchina rispondeva pienamente alla funzione di protezione indicata dalla normativa antinfortunistica, posto che esso era chiuso da un bullone, sicchè, muovendo dalla considerazione che, per rimuovere detto bullone, era necessario svitarlo con apposita chiave, l'evento infortunistico sarebbe stato causato non per effetto della mancata dotazione del mezzo di protezione della cesoia, a lui addebitata erroneamente dai giudici di appello, bensì per effetto dell'omessa vigilanza sulla macchina da parte di chi ( G. L.), come caporeparto, era stato preposto al controllo e sorveglianza delle attività lavorative, con compiti estesi anche alle misure antinfortunistiche, giusta delega scritta conferitagli da esso B..
- Violazione di legge, sul rilievo che non avrebbe dovuto esigersi, ai fini dell'affermazione della sua responsabilità nell'eziologia dell'evento lesivo, l'obbligo di vigilare sulla conformità dei macchinari esistenti nello stabilimento alle prescrizioni di legge, posto che a tale compito era stato espressamente adibito il preposto, in virtù della predetta delega scritta, al quale, quindi, a prescindere dalla mancanza di autonomia di spesa, incombeva il dovere di impedire al dipendente l'utilizzazione di quel macchinario, reso pericoloso dal libero accesso degli arti dell'operaio al suo interno, proprio attraverso il dismesso carter di protezione.
Trattasi di ricorso destinato ad essere dichiarato inammissibile.
Invero, le doglianze proposte nell'interesse del B. sono affidate a motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate, con argomentazioni persuasive, dalla Corte territoriale.
Quest'ultima si è convinta e di tale convincimento ha spiegato le ragioni, che il B. dovesse rispondere del reato ascrittogli, in quanto ha accertato che il macchinario, utilizzato al momento dell'infortunio, era uno strumento di lavoro pericoloso, perchè privo di un dispositivo automatico di blocco delle forbici meccaniche in movimento, costituente lo standard di protezione prescritto dalla norma antinfortunistica (del D.P.R. n. 547 del 1955, art. 72), idoneo ad impedire in modo automatico l'eventuale accesso all'interno del macchinario degli arti dell'operatore, anche nel caso, come quello di specie, in cui il carter di protezione fosse stato rimosso manualmente; che tale difetto, costituente anche violazione specifica della normativa antinfortunistica, aveva svolto un ruolo sinergico nella causazione delle lesioni al D.C., conseguendone la penale responsabilità del B., il quale, in quanto dirigente e delegato, come è incontroverso, dal datore di lavoro all'adempimento degli obblighi in tema di sicurezza sul lavoro con poteri autonomi di organizzazione e di spesa, era titolare del dovere di predisporre le misure di protezione agli strumenti di lavoro esistenti nello stabilimento e, comunque, di pretendere che quelle misure fossero effettivamente osservate dai lavoratori.
La Corte territoriale, pertanto, nel definire il ruolo avuto dal B. nella vicenda, ritenendo costui non esentato da responsabilità penale, si è attenuta correttamente al principio giuridico secondo cui, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, pur comprendendo il D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, art. 4 tra i destinatari delle norme, dettate in tale materia, anche i preposti, questi non si sostituiscono, di regola, alle mansioni del dirigente, per di più se delegato con ampi poteri agli adempimenti in tema sicurezza dei lavoratori, del quale, se mai, condividono, secondo le loro reali incombenze, gli oneri in materia di sicurezza del lavoro:
salvo che, da parte del titolare dell'impresa, sia avvenuta, non soltanto la nomina nel suddetto ruolo (di preposto) di persona qualificata e capace, ma anche il trasferimento alla stessa (il che è stato, nella fattispecie, escluso dai giudici di merito) di tutti i compiti di natura tecnica, con facoltà di iniziativa e di spesa anche in materia di prevenzione degli infortuni, con il conseguente esonero, in caso di incidente, da responsabilità' penale del dirigente e del medesimo datore di lavoro.
Ne consegue che, nella fattispecie, la responsabilità del B. è giuridicamente configurabile e logicamente concepibile, dal momento che l'infortunio è eziologicamente dipeso, come è stato accertato dai giudici di merito, non solo dalla mancanza della suindicata misura antinfortunistica, la cui predisposizione ed attuazione spettava al dirigente-delegato, ma anche dall'omessa e, comunque, insufficiente vigilanza sui comportamenti negligenti del preposto o su quelli imprudenti degli operai sull'uso improprio e pericoloso dei macchinari ai quali erano addetti.
Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2008