Cassazione Penale, Sez. 4, 19 ottobre 2018, n. 47802 - Lavoro portuale. Infortunio mortale dell'operaio schiacciato da un semirimorchio "sfrenato"


 

 

Presidente: MENICHETTI CARLA Relatore: CAPPELLO GABRIELLA Data Udienza: 09/10/2018

 

 
Fatto

 


1. La corte d'appello di Genova, in parziale riforma della sentenza del tribunale di quella città, appellata dagli imputati B.G. e G.D., ha assolto quest'ultimo dal reato ascrittogli e confermato nel resto.
Si è contestato ai predetti di avere cagionato, nella qualità di trattorista alle dipendenze di GNV impresa portuale, conducente di un semirimorchio, il primo, cooordinatore caposquadra dei lavoratori CULMV, forniti a GNV, addetto alle operazioni di piazzale, il secondo, la morte del lavoratore D.G., dipendente CULMV con mansioni di generico, addetto al "rizzaggio" dei semirimorchi a bordo della m/n "La Suprema" per conto di GNV, in regime di fornitura di lavoro temporaneo portuale. Al primo imputato si è contestato, in particolare, di avere effettuato la movimentazione e l'imbarco del semirimorchio condotto, con impianto frenante scollegato, in violazione delle disposizioni aziendali, non garantendo il suo immobilizzo in sicurezza al momento dello sgancio dei collegamenti dalla motrice in un contesto di compresenza di uomini a piedi in forte interazione operativa [violazione dell'art. 20 co. 2 lett. b) e f) d. Lgs. 81/008]; al secondo, di avere effettuato la "sfrenatura" dei semirimorchi da imbarcare sulla m/n "La Suprema" e avere così consentito che quello condotto dal B.G. venisse imbarcato con impianto frenante scollegato, non garantendone l'immobilizzo in sicurezza al momento dello sgancio dei collegamenti della motrice, nel medesimo contesto lavorativo [art. 19 co. 1 lett. a) d.lgs. 81/2008].
2. La vicenda è stata ricostruita dalla corte genovese nei seguenti termini, sulla scorta della prova dichiarativa (testimonianze rese dai colleghi della vittima; dagli ispettori della ASL intervenuti sul luogo dell'infortunio; dal consulente della difesa) e documentale (manuale di rizzaggio del carico; manuale di gestione della sicurezza GNV e relativi allegati; valutazione rischi CULMV; documentazione dell'Autorità Portuale di Genova; prescrizione della ASL a GNV).
Il 23/12/2009, all'atto della ultimazione del carico della m/n "La Suprema" della GNV nel porto di Genova, nel corso di una giornata lavorativa particolarmente convulsa (la m/n era arrivata in tutta fretta per sopperire a problemi di altra imbarcazione), il semirimorchio condotto dal B.G., penultimo tra quelli da caricare sulla nave, veniva imbarcato a marcia indietro e quindi posizionato nel punto di parcheggio. Un marinaio aveva messo il cavalletto (sul quale doveva poggiare la parte anteriore del semirimorchio) e un altro aveva posizionato i "tacchi" da apporre alle ruote posteriori. Al comando "aria" (cioè, al via libera), la motrice aveva staccato il semirimorchio che, però, scendendo verso il basso, dalla "ralla" posta in posizione più elevata rispetto al "cavalletto", era arretrato schiacciando il lavoratore D.G. della squadra di "rizzaggio".
Nel processo era emerso che il mezzo investitore, una volta nel parcheggio, avrebbe dovuto essere bloccato (cioè frenato da un sistema automatico che entra in funzione allorché la motrice - che lo movimenta e che è collegata allo stesso mediante la "ralla", una piattaforma che serve a reggere il semirimorchio e nel contempo a bloccarlo meccanicamente - lo sgancia; 
sul fianco del semirimorchio vi è un pulsante che consente di attivare una valvola di "sfrenamento", agendo sulla quale si elide l'operatività del freno automatico).
Sulla scorta degli accordi tra GNV e CULMV e delle norme tecnico-cautelari di riferimento, la procedura d'imbarco dei semirimorchi è stata ricostruita dai giudici del merito in due distinte fasi: l'imbarco e l'assicurazione del carico.
Nella prima, "l'uomo di maniglia" sul piazzale riduce le gambe anteriori del mezzo e il "trattorista" che conduce la motrice aggancia il semirimorchio alla "ralla", previa verifica che il perno del semirimorchio s'innesti correttamente su tale piattaforma, prestando attenzione alla spia di consenso; al comando "aria", poi, si ha il segnale che si è inserita la connessione pneumatica che rende solidale il sistema frenante dell'intero mezzo (matrice, cioè, più semirimorchio). Quest'ultimo viene quindi caricato e posizionato a bordo. Ai fini del sicuro stivaggio, il manuale di rizzaggio prevede che, quando il carico è stivato, devono azionarsi la connessione pneumatica (la cui operatività è percepita dal trattorista guardando i relativi tubi di collegamento e le spie sul cruscotto) e, una volta staccata la motrice, il freno automatico.
Il giorno 23/12/2009, la procedura non era stata seguita correttamente.
Gran parte dei semiromorchi era "sfrenato" per guadagnare tempo e recuperare sul ritardo che aveva reso più convulse le operazioni. I semirimorchi, infatti, erano liberi, cioè non collegati alla motrice (che funzionava a turno per tutti). Quindi, i carichi erano stati sfrenati azionando la valvola esterna, in attesa che la motrice li agganciasse e li movimentasse. In sostanza, non era stata seguita l'operazione di collegamento dell'intero impianto frenante e i semirimorchi erano già "sfrenati". In realtà, si era accertato che questa costituiva una vera e propria prassi (come pure riconosciuto dallo stesso consulente della difesa). L'operazione era rapida, ma dovendo essere ripetuta per il numero dei semirimorichi da caricare, essa poteva determinare un ritardo. Tale prassi era stata, peraltro, perpetuata anche dopo l'incidente mortale e la ASL aveva dovuto emettere una prescrizione formale nei confronti della GNV.
In altri termini, poiché anche il semirimorchio che aveva determinato l'incidente era stato "sfrenato", all'atto del collegamento meccanico tra motrice e semirimorchio non si era inserito il freno automatico che, una volta a bordo, avrebbe consentito al mezzo di restare fermo anche a fronte di una trazione estremamente significativa (tale attitudine del freno automatico era stata riferita dagli ispettori esaminati e avvalorata da una prova da costoro condotta mediante ripresa video).
L'operazione di "sfrenatura" era di spettanza del c.d. "uomo di maniglia, ruolo che, quel giorno, era attribuito a G.D., dipendente CULMV e coordinatore della squadra di rizzaggio, mentre il B.G., dipendente GNV, era addetto al trattore.
3. Avverso la sentenza di condanna ha proposto ricorso l'imputato B.G. con proprio difensore e avverso l'assoluzione del G.D. il procuratore generale della Repubblica presso la corte d'appello di Genova e la parte civile con proprio difensore.
3.1. La difesa dell'imputato B.G. ha formulato quattro motivi.
Con il primo, ha dedotto violazione di legge e vizio di carenza della motivazione in relazione al nesso causale e alla sussistenza di cause interruttive di esso, lamentando la mancata considerazione delle osservazioni difensive, veicolate alla luce del parere del proprio consulente tecnico, unico acquisito al processo, in assenza di perizia o altro approfondimento di natura tecnica.
Sul punto, la difesa ha osservato che il rizzaggio del semirimorchio prima della frenatura non era scelta riconducibile al B.G., ma neppure conseguenza della concitazione delle operazioni o effetto della mancata attivazione del sistema pneumatico di frenatura: l'interversione delle corretta procedura sarebbe stata, invece, frutto di una messa in sicurezza abnorme del carico che, per la sua imprevedibilità ed estraneità alle prassi, doveva ritenersi idonea ad interrompere il nesso causale.
Con il secondo, ha dedotto analoghi vizi quanto alla posizione di garanzia, deducendo altresì travisamento delle prove sul punto, anche per invenzione.
Si è contestata, in particolare, la valutazione operata rispetto allo stato e alle condizioni dei luoghi, nonché alle circostanze di fatto (veloce disbrigo delle operazioni e prassi di disattivare la frenatura automatica), ma anche quella che ha riguardato l'applicazione della rizza. Sul punto, si è ritenuto inutilizzabile l'esperimento effettuato, al di fuori del contraddittorio, dai testimoni accertatori: esso avrebbe avuto ad oggetto una situazione profondamente diversa, il semirimorchio essendo stato frenato durante l'esperimento, laddove nel caso in esame non erano stati posizionati neppure i ceppi, la cui collocazione spettava a personale diverso, tra cui la stessa vittima.
Si è contestata, inoltre, la ritenuta competenza del trattorista in ordine alla frenatura del semirimorchio, avendo il giudice confuso tra le modalità di essa, essendo di competenza dell'imputato solo quella pneumatica, che era stata omessa per prassi, laddove era stata contestata quella meccanica, di competenza altrui, riproponendo il tema del comportamento abnorme della vittima.
Con il terzo, ha dedotto vizio della motivazione con riferimento all'elemento soggettivo, avendo avuto il B.G. un'aspettativa ragionevole in ordine al bloccaggio del trailer da parte degli operatori CULMV, cui spettava la frenatura manuale, l'apposizione del "tacchi" e la collocazione delle "zampe" di stazionamento del semirimorchio.
Infine, con il quarto motivo, ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione con riferimento alla dosimetria della pena, non essendo state debitamente valorizzate alcune circostanze (il concorso di condotte di terzi, compresa la persona offesa).
3.2. Il procuratore generale ha formulato un unico motivo, con il quale ha dedotto inosservanza o erronea applicazione della legge penale e illogicità, erroneità e contraddittorietà della motivazione.
In particolare, ha osservato che, proprio con riferimento alla posizione di garanzia individuata in imputazione, la difesa appellante l'aveva espressamente contestata, al pari dell'esistenza del nesso causale rispetto alla condotta commissiva ("sfrenatura"), laddove la corte genovese aveva ritenuta accertata la ricostruzione del fatto nella sua dinamica storica e nei suoi tragici risvolti, sorprendentemente ritenendo, però, il difetto della prova della condotta commissiva contestata al G.D., la mancanza di rimproveri a persone diverse fungendo da prova, sì indiretta, ma sempre dimostrativa del fatto, l'operazione di "sfrenatura" incombendo quel giorno solo al G.D..
Ha contestato il rilievo che la corte ha accordato alla concitazione delle operazioni di imbarco per escludere la prova di una condotta colposa del G.D., rilevando l'errata - in diritto - conclusione circa il difetto di prova documentale della preposizione del G.D., avuto riguardo ai compiti da esso svolti di coordinatore della squadra. Peraltro, è stata la stessa corte d'appello, secondo quanto asserito da parte deducente, a ritenere in altro passaggio implicitamente che il G.D. aveva proprio l'autorità e la possibilità di ordinare la frenatura dei semirimorchi.
3.3. La difesa della parte civile ha formulato tre motivi.
Con il primo, ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione con riferimento alla valutazione della posizione del G.D., che asserisce viziata da un equivoco di fondo: mai è stato contestato il suo ruolo di capo squadra e/o caporale e coordinatore tra il ciclo lavorativo GNV e le prestazioni fornite da CULMV, nelle operazioni di "rizzaggio" a bordo nave. Con riferimento ad essa, ha osservato che in base al T.U. Sicurezza del Lavoro residuavano specifici, ineludibili obblighi in capo alla CULMV e ai suoi preposti, sicché se è vero che il G.D. non era titolare di alcuna posizione di garanzia quanto al ciclo produttivo GNV (nella cui organizzazione, peraltro, ben poteva ingerirsi stante l'utilizzo di lavoratori CLUMV), egli era comunque titolare di un'autonoma posizione rispetto alle attività dei lavoratori coordinati, anche quale preposto del datore di lavoro. Era pacifico, inoltre, secondo quanto assume il deducente, che il G.D. fosse conscio della situazione di rischio generale, al limite della intollerabilità, dovuta alle condizioni di urgenza e caos in cui l'imbarco era effettuato, omettendo, nonostante ciò, di informare la vittima del pericolo, di indicargli le misure di prevenzione, di segnalare ai responsabili CULMV e GNV le condizioni in cui i lavoratori agivano.
Con il secondo motivo, ha dedotto analoghi vizi in relazione all'esercizio di fatto di poteri direttivi da parte del G.D., escluso dalla corte di merito e ritenuto dimostrato, secondo il deducente, dalle risultanze processuali (si rinvia in ricorso a <<pacifici dati istruttori>>), dovendosi egli considerare preposto di fatto al ciclo produttivo e, in particolare, anche e non solo alle operazioni di "rizzaggio". Quanto agli elementi dimostrativi della peculiare posizione assunta, la difesa rimanda alla contrattazione collettiva aziendale, alla maggiore retribuzione percepita dal G.D. rispetto agli altri colleghi della squadra, alla autorizzazione a conferire col personale GNV e allo svolgimento del lavoro in ambiente più salubre (il piazzale e non il garage della nave).
In particolare, il deducente ha osservato che, anche a voler ritenere indimostrata, per quanto riguarda l'investitura formale di una preposizione, la circostanza che il G.D. avesse ricevuto un preciso incarico da parte del datore di lavoro e precise direttive per l'esecuzione di esso, l'assunzione di fatto delle funzioni di preposto, come sarebbe accaduto nel caso di specie e provato con certezza, avrebbe comportato l'assunzione automaticamente, in virtù del principio di effettività, anche della relativa posizione di garanzia e l'esigibilità dell'attivazione dei relativi poteri giuridici, situazione questa da distinguersi da quella della delega di funzioni prevenzionistiche.
Infine, con il terzo motivo ha dedotto analoghi vizi quanto al nesso causale, essendo stato dimostrato che il G.D. aveva "sfrenato" i mezzi a piazzale, omettendo di azionare il sistema frenante comune a motrice e semirimorchio. Tale circostanza non sarebbe mai stata contestata dall'appellante G.D., il quale aveva argomentato solo in ordine all'assenza di una posizione di garanzia formale e contrattuale, essendo stato dimostrato che egli quel giorno era il c.d. "uomo di maniglia" fra i tanti presenti sul piazzale, colui cioè cui competeva la c.d. "sfrenatura" dei mezzi [quanto agli elementi in fatto il deducente indica: l'individuazione quale incaricato di quella specifica funzione; la distribuzione dei compiti in banchina tra i presenti (esclusi, cioè, coloro che erano stati dislocati all'Interno della nave, come la vittima); la posizione di privilegio riservatasi dal G.D. stesso in virtù dei poteri esercitati anche quel giorno; l'assenza di prova che altri avesse ricoperto quel ruolo].
4. Il difensore delle parti civili, con fax datato 08/10/2018, pervenuto in cancelleria il 09/10/2018, ha comunicato il ritiro della costituzione di parte civile e del ricorso, per essere nelle more intervenuta transazione.
 

 

Diritto

 


1. I ricorsi sono inammissibili, rilevandosi la non ritualità della depositata rinuncia della parte civile all'azione svolta in questo processo.
2. La corte di merito ha ritenuto che la causa determinante dell'incidente fosse stata la mancata attivazione del freno del semirimorchio, dovuta alla preventiva "sfrenatura" operata sul piazzale, al conseguente mancato attivamente della connessione pneumatica che rendeva solidale il sistema frenante del mezzo complesso (semirimorchio e motrice) e, infine, alla mancata attivazione della valvola posta sul fianco del semirimorchio, atta a ripristinare, una volta a bordo, il freno automatico, in precedenza disattivato.
Nel passare in rassegna le osservazioni difensive svolte nell'interesse del B.G., la corte ligure ha ritenuto del tutto irrilevanti (se non in termini di mera graduazione della colpa) lo stato e le condizioni dei luoghi e inidoneo il collocamento della rizza quando la motrice non era stata ancora staccata, la sua eventuale trazione dovendosi considerare del tutto trascurabile, soprattutto a mezzo frenato (come affermato dai testimoni accertatori a mezzo della prova effettuata). Tali circostanze ha ritenuto insignificanti rispetto al decorso causale, perché già prese in considerazione dalla norma cautelare violata, quali evenienze del tutto possibili e, quindi, prevenibili, motivo per cui la connessione pneumatica omessa era imposta. In altri termini, secondo la corte genovese, la norma cautelare detterebbe specifiche prescrizioni che hanno la funzione di prevenire una serie di eventi pericolosi e/o dannosi statisticamente probabili, cosicché il mancato rispetto della sequenza da esse dettata rende irrilevanti, sia sul piano del nesso eziologico, che su quello soggettivo, tutte le circostanze implicate dalla norma come possibili.
La corte ha pure disatteso le censure con cui si era opposto il concorso di condotte anomale da parte dei componenti della squadra di rizzaggio o dei marinai della nave: 
l'azionamento del freno era infatti compito del trattorista; quanto alla abnormità del comportamento del lavoratore, ha poi osservato che il D.G. si era trovato dietro il semirimorchio proprio per applicare le "rizze", facendo affidamento sulla regola che il semirimorchio fosse frenato e, quindi, inamovibile.
Infine, con riferimento alla inidoneità della manovra di posizionamento dei cunei alle ruote (e alla doglianza che chiamava in causa la condotta del marinaio che vi aveva provveduto), la corte d'appello ha affermato che, anche a voler ritenere detta manovra scorretta, non era stato dimostrato che la presenza dei cunei avrebbe impedito l'evento, trattandosi, in ogni caso, di concausa sopravvenuta insufficiente a determinarlo, poiché la frenatura corretta doveva intervenire prima di quel posizionamento, la norma cautelare violata, inoltre, riguardando il corretto ancoraggio del carico e non il parcheggio in sicurezza del semirimorchio.
Sul versante psicologico, infine, quel giudice ha stigmatizzato la gravità della negligenza ed imprudenza della condotta del B.G., ritenendo irrilevante la circostanza che quella procedura costituissse prassi aziendale, non potendo essa derogare, peraltro in maniera peggiorativa, le norme cautelari.
Quanto al G.D., invece, la corte genovese ha rilevato innanzitutto l'anomalia del capo d'imputazione: al predetto era stata contestata una condotta commissiva (avere effettuato cioè la "sfrenatura"), ritenuta la qualità di preposto con ruolo di coordinatore capo squadra dei lavoratori CULMV forniti alla GNV e addetto al piazzale, funzione alla quale era collegata quindi una posizione di garanzia più complessa, rilevante con specifico riferimento all'omesso controllo e/o intervento.
In ogni caso, secondo la corte d'appello, le risultanze probatorie erano scarne quanto alla condotta commissiva ("sfrenatura"): l'unico dato certo era costituito dal fatto che il G.D. quel giorno lavorava quale "uomo di maniglia" e che la "sfrenatura" era compito di tale figura. Tuttavia, poiché nell'occorso non tutti i semirimorchi presenti sul piazzale erano "sfrenati" e alcuni trattoristi avevano lavorato attaccando i tubi di collegamento dell'aria (cioè attivando la connessione pneumatica o frenatura di sicurezza), la situazione caotica (in cui si erano trovati a lavorare sia lavoratori GNV che CULMV anche nei momenti di maggiore urgenza), non aveva consentito di accertare con sicurezza che il semirimorchio investitore fosse stato "sfrenato" proprio dal G.D., essendosi egli trovato sia sul piazzale, che - a tratti - anche a bordo di una delle due navi all'ormeggio.
Quanto, poi, alla condotta omissiva, anche a volerla ritenere correttamente contestata al G.D., siccome implicitamente collegata alla richiamata qualifica di preposto e coordinatore, la corte ha ritenuto non dimostrata l'esistenza di una posizione di garanzia, sia perché non era emersa alcuna investitura formale del soggetto, ma anche perché non era stata accertata alcuna ingerenza di fatto da parte dell'imputato in attività di preposizione. Peraltro, la corte ha osservato che, in base alla tipologia di contratto per la fornitura di forza lavoro stipulato tra GNV e CULMV, le posizioni di garanzia rispetto agli obblighi cautelari facevano capo a esponenti della prima (impegnati in operazioni sia di terra che a bordo), nei cui confronti si era infatti proceduto separatamente, mentre nessuna posizione poteva ritagliarsi in capo al coordinatore della squadra CULMV, impegnato unitamente ai suoi colleghi in attività materiale di rizzaggio, quella di coordinamento essendo limitata ad impartire indicazioni su chi doveva fare cosa e quando, senza alcun potere di ingerenza sull'organizzazione del lavoro, riconducibile, a terra, al terminalista GNV, a bordo, ai preposti dell'armatore.
In definitiva, è mancata per la corte ligure la dimostrazione che il G.D. abbia provveduto alla "sfrenatura" del mezzo, dato l'autorizzazione aN'imbarco del semirimorchio in condizioni di non sicurezza e assunto una posizione di garanzia che gli imponesse di attivarsi per prevenire e impedire l'evento.
3. Il primo, il secondo e il terzo motivo del ricorso proposto nell'interesse di B.G., il motivo proposto dal Procuratore Generale e tutti i motivi articolati con il ricorso della parte civile sono manifestamente infondati.
Essi, peraltro, possono essere congiuntamente trattati, ravvisandosene l'opportunità nel vizio di fondo che li accomuna: avere cioè i deducenti operato una rivalutazione degli elementi fattuali, contestando quella condotta dalla corte di merito, senza svolgere una critica effettiva alle ragioni che quel giudice, in maniera congrua, logica e non contraddittoria, ha invece fornito a giustificazione delle rassegnate conclusioni e del distinguo operato tra le due diverse posizioni, con la precisazione, peraltro, che il secondo deducente ha addirittura invocato, tra gli altri, anche il vizio di illogicità della motivazione, precluso dalla legge (che richiede che essa sia manifesta).
Sul punto, pare sufficiente un richiamo alla giurisprudenza consolidata di questa corte, in ordine ai connotati del sindacato di legittimità e ai requisiti di ammissibilità del ricorso con il quale esso sia sollecitato, essendo precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr. Sez. 6 n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482), stante la preclusione per questo giudice di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 6 n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099).
3.1. Quanto al B.G., la corte di merito ha debitamente valutato le circostanze ancora una volta agitate dal ricorrente a dimostrazione di una interruzione del nesso causale, al contrario compiutamente ricostruito sulla scorta di elementi fattuali non contestati nella loro storicità e asseverati dalla convergenza delle testimonianze raccolte, dimenticando che la responsabilità è stata ricondotta alla specifica qualità di trattorista e alla mancata verifica (incombente su costui ed esigibile in concreto, essendovi all'interno della cabina un'apposita spia luminosa posta sul cruscotto ed essendo visibile, all'esterno di essa, lo scollegamento dei tubi) da parte del B.G. dell'avvenuta attivazione del sistema pneumatico di frenatura.
La difesa ha omesso, inoltre, di considerare quanto affermato dalla corte ligure a proposito della inidoneità di eventuali condotte colpose altrui ad interrompere il nesso causale, ivi compreso il preteso comportamento abnorme della vittima. La corte d'appello ha, infatti, risposto alle osservazioni difensive, reiterate in questa sede, sia con riferimento al personale di bordo, dipendente GNV, che alla squadra di "rizzaggio" CULMV, ivi compreso il D.G..
In questa sede, pare sufficiente richiamare il consolidato orientamento di questa Corte, al quale la sentenza mostra di essersi allineata, sia per quanto riguarda il comportamento c.d. abnorme della vittima, che avuto riguardo alla rilevanza interruttiva della causa sopravvenuta.
3.1.1. Quanto al primo profilo, deve rilevarsi che, in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore faccia venir meno la responsabilità del datore di lavoro, occorre un vero e proprio contegno abnorme del lavoratore medesimo, configurabile come un fatto assolutamente eccezionale e del tutto al di fuori della normale prevedibilità, quale non può considerarsi la condotta che si discosti fisiologicamente dal virtuale ideale (cfr. Sez. 4 n. 22249 del 14/03/2014, Rv. 259127). Sempre con riferimento al concetto di "atto abnorme", si è pure precisato che tale non può considerarsi il compimento da parte del lavoratore di un'operazione che, pure inutile e imprudente, non sia però eccentrica rispetto alle mansioni a lui specificamente assegnate nell'ambito del ciclo produttivo (cfr. Sez. 4 n. 7955 del 10/10/2013 Ud. (dep. 19/02/2014), Rv. 259313). L'abnormità del comportamento del lavoratore, dunque, può apprezzarsi solo in presenza della imprevedibilità della sua condotta e, quindi, della sua ingovernabilità da parte di chi riveste una posizione di garanzia.
Sul punto, si è peraltro efficacemente sottolineato che tale imprevedibilità non può mai essere ravvisata in una condotta che, per quanto imperita, imprudente o negligente, rientri comunque nelle mansioni assegnate, poiché la prevedibilità di uno scostamento del lavoratore dai parametri di piena prudenza, diligenza e perizia costituisce evenienza immanente nella stessa organizzazione del lavoro. Il che, lungi dall'avallare forme di automatismo che svuotano di reale incidenza la categoria del "comportamento abnorme", serve piuttosto ad evidenziare la necessità che siano portate alla luce circostanze peculiari - interne o esterne al processo di lavoro - che connotano la condotta dell'Infortunato in modo che essa si collochi al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso (cfr. in motivazione Sez. 4 n. 7955/2013 richiamata). Tale comportamento "...é "interruttivo" (per restare al lessico tradizionale) non perché "eccezionale" ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare" (Sez. 4, n. 49821 del 23/11/2012, Rv. 254094).
3.1.2. Quanto al secondo, invece, deve ribadirsi anche in questa sede che le cause sopravvenute idonee ad escludere il rapporto di causalità sono effettivamente non solo quelle che innescano un processo causale completamente autonomo rispetto a quello determinato dalla condotta dell'agente, ma anche quelle che si inseriscono nel processo causale ricollegato a tale condotta, purché, tuttavia, si connotino per l'assoluta anomalia ed eccezionalità, collocandosi al di fuori della normale, ragionevole probabilità (cfr. sez. 4 n. 53541 del 26/10/2017, Rv. 271846; n. 25560 del 02/05/2017, Rv. 269976; sez. 2 n. 17804 del 18/03/2015, Rv. 263581; sez. 4 n. 10626 del 19/02/2013, Rv. 256391).
3.2. La valutazione della corte territoriale è esente da censure anche per quanto attiene alla posizione del G.D.. 
Il ricorrente procuratore generale, a tal proposito, si è limitato ad affermare tanto genericamente, quanto apoditticamente, come gli elementi probatori avessero confermato che il G.D. aveva effettuato la "sfrenatura", senza indicare alcun dato concreto a sostegno dell'assunto, rinviando a criteri di mera logica e, soprattutto, omettendo di considerare le osservazioni (queste sì ancorate a dati di fatto espressamente indicati, quali la testimonianza di un altro trattorista), con le quali la corte territoriale ha spiegato che quel giorno non tutti i semirimorchi erano stati "sfrenati" e che alcuni trattoristi avevano lavorato con il sistema frenante in sicurezza.
Quanto alla presunta posizione di garanzia ricoperta, i deducenti, dopo aver prospettato una diversa lettura degli elementi probatori, hanno preteso di ricavarla dalla ingerenza di fatto del G.D. nelle operazioni di imbarco dei carichi, ancora una volta senza indicare, però, gli elementi sui quali si sarebbero concentrate le contraddizioni e le omissioni motivazionali denunciate. Il procuratore generale, in particolare, ha affermato che la corte avrebbe "implicitamente" riconosciuto un'autorità di fatto del G.D. rispetto ai componenti della squadra "rizzaggio" di CULMV, cui ha ricollegato la possibilità di ordinare la corretta frenatura dei semirimorchi. Ha, tuttavia, omesso di indicare gli elementi dai quali ha ricavato siffata "implicita" affermazione.
La parte civile, dal canto suo, ha ritenuto che il ruolo di capoasquadra e "caporale" del G.D. consentisse di individuarne automaticamente l'assunzione di una posizione di garanzia nei confronti dei propri colleghi che, pur non riguardando il ciclo produttivo GNV, era tuttavia legata alla posizione di preposto cui spettava, nella piena consapevolezza della distorta e pericolosa prassi in atto, non solo di impedire ai predetti e, quindi, anche al D.G. di lavorare in una zona (il garage della nave) in cui vi era interferenza con semirimorchi "sfrenati", ma anche di informare i sudetti lavoratori della situazione di pericolo e indicare le misure di prevenzione antinfortunistica e le prescrizioni e le cautele da adottarsi, previa verifica dello stato di "fermo" del mezzo, violazione però neppure contestata nel capo d'imputazione; e ancora, di avere omesso di assicurarsi che il D.G. effettuasse la manovra di rizzaggio in modo da evitare la sollecitazione di ogni semirimorchio da rizzare, posto in precarie condizioni di "blocco" a terra a causa della prassi, anche quel giorno seguita, di "sfrenare" detti carichi; e di avere omesso di segnalare ai responsabili delle due società la condizione di assoluto pericolo in cui era svolta l'attività lavorativa, mantenendo così un chiaro silenzio complice, violazione, anche questa, non contestata nel capo d'imputazione.
Anche la parte civile ricorrente, peraltro, ha ritenuto dimostrate le condotte commissiva ("sfrenatura") e omissive di cui sopra senza indicare però specifici elementi fattuali da cui ricavare che quel semirimorchio fosse stato "sfrenato" proprio dal G.D., considerato quanto affermato dalla corte di merito in ordine alla circostanza che costui aveva alternato momenti in cui era presente sul piazzale a momenti in cui era stato all'interno ora di una, ora dell'altra nave all'ormeggio. Ma neppure ha valutato il fatto - ritenuto dimostrato dal giudice d'appello - che alcuni semirimorchi non erano stati "sfrenati" e che alcuni trattoristi avevano lavorato in sicurezza.
Quanto alla posizione di garanzia, infine, il deducente ha pretermesso ogni raffronto con le argomentazioni con cui la corte ha ritenuto che le funzioni di coordinamento del G.D. fossero circoscritte alla ripartizione dei compiti tra i componenti della squadra, della quale egli stesso faceva parte con mansioni meramente esecutive e senza alcuna autonomia gestionale o potere di incidere sull'organizzazione del lavoro, come confermato dagli stessi verbalizzanti.
3.3. L'ultimo motivo di ricorso presentato nell'interesse dell'Imputato B.G. è generico, a fronte della precisazione secondo cui la congruità della pena era collegata alla sua prossimità al minimo edittale.
Trattasi di decisione conforme ai principi elaborati da questa Corte in tema di obbligo motivazionale circa la determinazione della pena, essendosi precisato che esso è in funzione della misura in cui il giudice intenda discostarsi dal minimo edittale (cfr. sez. 6 n. 35346 del 12/06/2008, Rv. 241189; sez. 2 n. 36245 del 26/06/2009, Rv. 245596; sez. 1 n. 24213 del 13/03/2013, Rv. 255825; sez. 4 n. 21294 del 20/03/2013, Rv. 256197).
4. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna dei ricorrenti B.G. e L. al pagamento delle spese processuali e della somma di €. 2.000,00 ciascuno in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità (cfr. C. Cost. n. 186/2000).
 

 

P.Q.M.

 


Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti B.G. e L.S. al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila ciascuno a favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 9 ottobre 2018