Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. 6, 09 novembre 2018, n. 28832 - Malattia professionale. Contestazione del nesso eziologico da parte dell'Inail


Presidente: CURZIO PIETRO Relatore: DORONZO ADRIANA Data pubblicazione: 09/11/2018

 

 

 

Rilevato che:
il Tribunale di Messina ha riconosciuto a S.C. l'indennizzo in conto capitale nella misura del 16% a titolo di danno biologico subito dal lavoratore in conseguenza di una malattia professionale (carcinoma squamoso moderatamente differenziato della corda vocale); la sentenza è stata appellata dall’INAIL che ha contestato la sussistenza del nesso eziologico;
con sentenza pubblicata il giorno 30/12/2015 la Corte d’appello di Messina, disposta una consulenza tecnica d’ufficio, poi rinnovata a seguito delle contestazioni mosse dall’Inail, ha così provveduto in dispositivo: «conferma la sentenza impugnata; condanna l'INAIL al pagamento delle spese giudiziali di appello...»;
contro la sentenza l'INAIL propone ricorso per cassazione, sostenuto un unico motivo, cui resiste il S.C. con controricorso; la proposta del relatore c stata comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata.
 

 

Considerato che:
con l’unico motivo di ricorso l’istituto assicuratore censura la sentenza per contrasto tra motivazione e dispositivo, ai sensi dell’art. 360, n. 4, cod.proc.civ., assumendo che, a fronte dell’affermazione contenuta nella parte motiva della sentenza circa la parziale fondatezza dell’appello e la condivisione del giudizio espresso dal consulente tecnico d’ufficio da ultimo nominato dalla stessa Corte d’appello, il dispositivo si poneva in netto contrasto nella parte in cui confermava integralmente la sentenza impugnata e condannava l’INAIL al pagamento delle spese del giudizio; il motivo è manifestamente infondato;
è affermazione consolidata della giurisprudenza di questa Corte quella secondo cui la nullità della sentenza per contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione è ravvisabile solo quando il provvedimento risulti inidoneo a consentire l’individuazione del concreto comando giudiziale e, conseguentemente, del diritto o bene riconosciuto (Cass. 27/06/2017, n.16014);
si afferma altresì il principio per il quale la portata precettiva della sentenza deve essere individuata tenendo conto non solo del dispositivo ma anche integrando questo con la motivazione; con la conseguenza che, ove manchi un vero e proprio contrasto tra dispositivo e motivazione, deve ritenersi prevalente la statuizione contenuta in una delle due parti del provvedimento, che va interpretato secondo l'unica statuizione in esso contenuta (cfr. da ultimo, e fra le molte, Cass., 17 luglio 2015, n. 15088; Cass. 21 giugno 2016, n. 12841); nel caso di specie, la sentenza della corte territoriale pur enunciando nell'ìncipit dei motivi della decisione che «l’appello è parzialmente fondato», nel corpo della motivazione ha chiaramente espresso il giudizio circa la correttezza della sentenza di primo grado, non solo per quanto riguarda la sussistenza del nesso eziologico, confermata da tutti i consulenti di ufficio, bensì anche per quanto riguarda la quantificazione del danno biologico nella misura del 16%, e tanto in ragione della corretta attribuzione alla malattia del codice 132 «come utilizzato dal consulente di primo grado e dal c.t. di parte» (pag. 4 della sentenza);
la coerenza e la compiutezza della motivazione rendono chiaro il percorso logico-giuridico posto a base della motivazione, così da escludere ogni rilievo, ai fini della configurabilità della dedotta nullità, al riferimento, contenuto sempre nella parte iniziale della sentenza, alle conclusioni del consulente «da ultimo nominato nel presente giudizio», di cui la Corte ha affermato di condividere il giudizio, che ha invece concluso per un danno biologico nella inferiore misura del 10%; al di là della pur rilevabile imprecisione sintattica, dalla piana lettura della sentenza, e in particolare delle pagine 3 e 4, si evince chiaramente che la condivisione delle conclusioni del consulente ha riguardato il solo nesso eziologico (oggetto dell’appello dell'INAIL), non anche la quantificazione del danno (oggetto dell’appello del S.C.) e la Corte ha espresso le ragioni del dissenso rispetto alle conclusioni del secondo CTU su questo specifico aspetto della lite, ritenendo corretta l’attribuzione del diverso codice dato alla malattia dal consulente di primo grado e dal c.t. di parte, per il rilievo da questi ultimi attribuito alle recidive cui era andato incontro il lavoratore nel 2008; la motivazione della sentenza, nient’affatto affatto censurata dall’Istituto ricorrente, è compiuta, esaustiva, ed intelligibile, oltre ad essere perfettamente coerente con le risultanze istruttorie; la statuizione (in dispositivo) di rigetto dell'appello e di condanna dell’INAIL al pagamento delle spese del giudizio di appello è perciò del tutto coerente con l'iter logico seguito dal giudice per pervenire a tale soluzione;
in definitiva, deve escludersi la dedotta insanabilità ravvisandosi una pressoché totale coerenza tra dispositivo e motivazione, essendo quest’ultima ancorata ad elementi obiettivi che inequivocabilmente la sostengono (sì da potersi escludere l'ipotesi di un ripensamento del giudice) (Cass. 10/05/2011, n. 10305);
il ricorso deve essere rigettato e l'istituto condannato al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano come da dispositivo, da distrarsi in favore dell’avvocato Omissis, che si è dichiarato distrattario;
poiché il ricorso è stato notificato in data successiva al 30 gennaio 2013, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1, del d.p.r. 115/2002.
 

 

P.Q.M.

 


La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in € 2000,00 per compensi professionali e € 200 per esborsi, oltre al 15% di rimborso forfettario delle spese generali e altri oneri accessori, da distrarsi in favore dell’avvocato Omissis.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1, quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale del 25/10/2018