Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 11 gennaio 2019, n. 1184 - Infortunio con un macchinario per la lavorazione dei pellami non conforme ai requisiti generali di sicurezza. Concorrente responsabilità del datore di lavoro e del costruttore


 

Come ha correttamente osservato la Corte di merito, non può costituire causa di esonero di responsabilità per il datore di lavoro, il fatto che la ditta di produzione non abbia dotato il macchinario di alcuna protezione delle parti meccaniche in movimento, suscettibili di rivelarsi pericolose in caso di contatto del lavoratore. La decisione si colloca nel solco da tempo tracciato dalla giurisprudenza di legittimità che, in plurime pronunce, ha ribadito la concorrente responsabilità del datore di lavoro con quella del costruttore, nel caso in cui l’evento dannoso sia stato provocato dall'inosservanza delle cautele infortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina. Invero, grava sul datore di lavoro l'obbligo di eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti che debbano utilizzare le predette macchine e di adottare nell'Impresa tutti i più moderni strumenti che la tecnologia offre per garantire la sicurezza dei lavoratori (così ex multis Sez. 4, n. 26247 del 30/05/2013, Rv. 256948 - 01; conformi: n. 1216 del 2006 Rv. 233175, n. 2630 del 2007 Rv. 236012, N. 37060 del 2008 Rv. 241020).
La imprevedibilità invocata dalla difesa è dunque richiamata non a proposito: la mancanza di un sistema di protezione era evidentemente riconoscibile con l'ordinaria diligenza, dovendo gli organi in movimento dei macchinari essere sempre segregati per evitare contatti pericolosi con la persona del lavoratore.


 

Presidente: IZZO FAUSTO Relatore: BRUNO MARIAROSARIA Data Udienza: 03/10/2018

 

 

Fatto

 

1. La Corte d'appello di Milano, con sentenza emessa in data 4/12/2017, ha confermato la pronuncia del Tribunale di Monza con cui M.G., ritenuto responsabile del reato di lesioni colpose con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, era condannato alla pena di euro 800,00 di multa. Era altresì confermata la condanna del M.G. e della società "M.G. Pelli s.r.l.", responsabile civile, al risarcimento del danno cagionato alla persona offesa costituita parte civile V.G. ed alla parte civile INAIL, costituite in giudizio. Era altresì riconosciuta una provvisionale immediatamente esecutiva ad entrambi le parti civili dell'importo di euro 25.000,00 ciascuno.
Era contestato all'imputato di avere, nella qualità di datore di lavoro di V.G., cagionato al predetto l'amputazione parziale di alcune dita della mano destra (2°, 3°, 4° dito della mano destra), determinando nella persona offesa una malattia di durata superiore a 40 giorni, con indebolimento permanente dell'organo della prensione. L'infortunio, secondo quanto accertato dai giudici di merito, era stato causato dall'utilizzo di un macchinario per la lavorazione dei pellami (macchina di messa a vento) non conforme ai requisiti generali di sicurezza, perché privo di sistemi protettivi idonei ad impedire l'accesso ai rulli ruotanti, con i quali venivano in contatto le dita della mano del lavoratore che rimanevano schiacciate.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per Cassazione la Società "M.G. Pelli s.r.l," in qualità di responsabile civile e l'imputato M.G. a mezzo dei rispettivi difensori.
Il primo ricorrente ha dedotto, in sintesi, giusta il disposto di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
I) Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale; inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità ed inutilizzabilità; mancata assunzione di una prova decisiva. Il responsabile civile si duole del fatto che la Corte di appello non si sia pronunciata sulla richiesta di rinnovazione della istruzione dibattimentale per l'espletamento di un esperimento giudiziale o di una perizia volti ad accertare l'esatta dinamica dell'infortunio, la cui causa e le cui modalità di verificazione sarebbero rimaste sfornite di adeguata dimostrazione.
II) Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale; inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità e decadenza;
mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Il ricorrente rileva che le due sentenze di merito non esprimono una motivazione unitaria idonea ad integrare la nozione della cd. "doppia conforme". All'uopo rappresenta che il Giudice di appello ha inserito nei corpo motivazionale della pronuncia, aspetti riguardanti la dinamica dell'infortunio non presenti nella sentenza di primo grado e neppure nella imputazione elevata dall'Accusa: elemento nuovo, caratterizzante la dinamica descritta dalla Corte di merito, sarebbe rappresentato dal particolare della perdita di equilibrio del lavoratore e della sua caduta rovinosa sui macchinario, a cui sarebbe seguito il contatto della mano con l'ingranaggio, nella zona di imbocco dei rulli. Tale ricostruzione risulterebbe contrastante non solo con il capo di imputazione, nel quale è descritta l'unica condotta a cui il Giudice deve parametrare le sue valutazioni, ma anche con gli esiti della istruttoria dibattimentale. In particolare, la ricostruzione della Corte d'appello risulterebbe inconciliabile con la fotografia prodotta in dibattimento dall'Accusa ed inserita a pagina sette della sentenza impugnata, che costituisce la rappresentazione proposta dall'ASL della dinamica dell'infortunio, in cui la persona offesa è sempre in piedi.
La Corte territoriale avrebbe inoltre semplificato la dinamica dell'infortunio rispetto alla rappresentazione offerta dal giudice in primo grado, intervenendo nel seguente modo: ha eliminato i riferimenti alla posizione ed alla grandezza dei rulli; ha eliminato le considerazioni sulla durezza della gomma che riveste i rulli; ha eliminato l'argomento "fisico" delle forze che agiscono all'imbocco dei rulli; ha eliminato il riferimento al movimento del V.G., atto a chiudere il rubinetto; ha eliminato le valutazioni sull'ampiezza della fessura che separa i due rulli in cui si sarebbe infilata la mano del V.G. e sulla grandezza delle dita, misurate dal tecnico dell'ASL; ha eliminato il richiamo allo "strato di acqua saponata" che, a detta del primo giudice, avrebbe agevolato l’introduzione delle dita tra i due rulli ed il riferimento all'angolo di introduzione della mano tra i rulli.
Non considerando tali aspetti, avrebbe del tutto trascurato di valutare che le dita dell'infortunato non avevano sufficiente spazio per introdursi all'interno del rullo e che, anche a volere ammettere che esse siano penetrate al suo interno, mai il V.G. avrebbe potuto estrarle dal macchinario, essendo la plastica che guarnisce il rullo indeformabile.
Lamenta inoltre la difesa che la Corte di merito avrebbe commesso evidenti errori nella individuazione della posizione di garanzia, nella qualificazione dell'agente modello, nella valutazione della impossibilità di previsione dell'evento, nella sussunzione della fattispecie concreta nell'ambito della previsione di cui agli artt. 42 e 43 cod. pen. 
Nell'affermare che il datore di lavoro è certamente responsabile dell'utilizzo di un macchinario non in regola con le norme antinfortunistiche, anche se prodotto dalla casa venditrice, la Corte di merito avrebbe adottato un criterio di valutazione configgente con la nozione di colpa ricavabile dagli articoli 42 e 43 cod. pen. e con i principi stabiliti in sede di legittimità, in base ai quali, in tema di reati colposi, l’essenza della condotta penalmente rilevante deve ravvisarsi nell’oggettivo contrasto tra il comportamento tenuto dal soggetto agente e quello prescritto dall'ordinamento, sempre che risulti la concreta prevedibilità dell'evento, ovvero la possibilità di riconoscere il pericolo che ad una data condotta possa conseguire la realizzazione dell'evento considerato (così Sez. 4, n. 25653 dell'1.03.2011, n.m.).
In proposito rappresenta che M.G. e la Soc. "M.G. Pelli", avevano acquistato il macchinario già privo della contestata bandella di protezione, poiché il macchinario era stato così concepito ab origine dalla casa produttrice. Tale mancanza era dovuta al fatto che il carter avrebbe aumentato il rischio di infortuni del tipo verificatosi. La Soc. "M.G. Pelli" avrebbe quindi acquistato il macchinario facendo affidamento sulla valutazione operata dai tecnici qualificati che avevano concepito tale attrezzatura, non avendo alcuna competenza in materia.
Ulteriore motivo dì doglianza riguarda la prevedibilità dell'evento che, secondo la prospettazione difensiva, erroneamente viene desunta dalla esistenza di altro analogo macchinario presente in azienda che risultava munito di carter di protezione. Rileva la difesa, a tale proposito, che non è possibile effettuare questo tipo di confronto in quanto il macchinario di cui si tratta, essendo provvisto di rulli con moto rotatorio contrario, aveva caratteristiche completamente differenti da quelle presenti nel macchinario oggetto della contestazione.
3. M.G. ha proposto doglianze del tutto analoghe a quelle descritte in precedenza, sostenute dalle medesime argomentazioni.
Il motivo unico di ricorso, nel quale sono contenute plurime censure, si articola in diversi paragrafi.
Nel primo paragrafo la difesa si duole della mancata assunzione di una prova decisiva e della mancata pronuncia della Corte di merito sulla richiesta dì rinnovazione della istruttoria dibattimentale, finalizzata all'espletamento di una perizia o di un esperimento giudiziale volto ad accertare la reale dinamica dell'infortunio.
Nei paragrafi successivi lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in punto di valutazione dell'elemento oggettivo e soggettivo del reato. Analogamente a quanto dedotto dal responsabile civile, mette in rilievo che la Corte di merito, dopo avere minuziosamente richiamato i motivi di appello, giungerebbe ad una conclusione del tutto illogica, soprattutto con riferimento alla possibilità che sia lo stesso ricorrente a dovere offrire una ipotesi alternativa della dinamica dell'infortunio occorso al dipendente.
Sul piano oggettivo lamenta che la Corte di merito avrebbe trascurato di considerare che erano state addotte argomentazioni tecniche precise sulla dinamica dell'infortunio descritta nella imputazione, in grado di rivelare la infondatezza dell'accusa elevata a suo carico.
Anche con riferimento al profilo soggettivo del reato, la Corte di merito sarebbe incorsa in errore, esprimendo una motivazione superficiale e contraddittoria. La difesa ritiene in proposito che non siano state svolte appropriate indagini sulla qualità datoriale del ricorrente: M.G. era subentrato nella qualifica dì datore di lavoro del padre, M.V., solo dopo il suo decesso, avvenuto nel gennaio 2011. All'epoca dell'infortunio, occorso in data 23 settembre 2010, era M.V. a rivestire tale qualifica e non il figlio. Sul punto, la Corte territoriale avrebbe travisato il significato delle prove testimoniali assunte nel corso del dibattimento, offrendo una motivazione erronea.
Sulle caratteristiche del macchinario, la Corte d'appello avrebbe del tutto trascurato di considerare il contenuto della testimonianza offerta dall'Ing. G.M. il quale ha evidenziato che la mancata apposizione del carter di protezione era dipesa da valutazioni di carattere tecnico. L'infortunio, pertanto, sarebbe stato un evento del tutto imprevedibile per il ricorrente.
Si ripropone la questione della violazione dell'art. 43 cod. pen. in punto di rimproverabilità e prevedibilità dell'evento. Si censura infine l'argomentazione secondo cui la responsabilità del ricorrente sarebbe avvalorata dalla presenza in azienda di un altro macchinario dello stesso tipo munito di carter di protezione.
3. L'Inail, costituita parte civile, depositava memoria difensiva in data 12/9/2018, chiedendo il rigettto dei ricorsi.
 

 

Diritto

 


1. Osserva preliminarmente la Corte come ii reato ascritto al ricorrente M.G. sia estinto per intervenuta prescrizione. Invero, risultano interamente decorsi i termini massimi di prescrizione del reato, pari ad anni sette e mesi sei, da farsi decorrere dalla data dell'infortunio, non risultando dalla consultazione degli atti periodi di sospensione della prescrizione. 
Sussistono le condizioni per rilevare d'ufficio l'intervenuta causa estintiva del reato per cui si procede, non presentando i ricorsi profili di inammissibilità, suscettibili d'incidere sulla valida instaurazione del rapporto di impugnazione. In linea generale la inammissibilità del ricorso, sotto il profilo contenutistico, si caratterizza per l'aspecificità dei motivi, i quali, per essere tali, devono presentare aspetti di genericità ed indeterminatazza o risultare carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione (così ex multis Sez. 4, Sentenza n. 18826 del 09/02/2012, Rv. 253849 - 01). Deve quindi rilevarsi, nel caso in esame, come tali qualificazioni non siano individuabili nei motivi di ricorso, in rapporto ai quali non è possibile sostenere la ricorrenza di ipotesi ascrivibili alla categoria della inammissibilità, pure dovendosi dare atto della loro infondatezza che rileva, in questa sede, ai fini del rigetto agli effetti civili delle impugnazioni proposte.
E' d'uopo rammentare, proprio con riferimento a tale ultimo aspetto, che nel giudizio di impugnazione, in presenza di una condanna al risarcimento dei danni o alle restituzioni pronunciata dai primo giudice o dalla Corte d'appello, in seguito a costituzione di parte civile nel processo, è preciso obbligo del giudice, anche di legittimità, secondo il disposto dell'art. 578 cod. proc. pen., esaminare il fondamento dell'azione civile e verificare, senza alcun limite, l'esistenza di tutti gli elementi della fattispecie penale al fine di confermare o meno la condanna alle restituzioni ed al risarcimento pronunciate nei precedenti gradi.
2. Tanto premesso, si impone l'analisi dei motivi di ricorso proposti dai ricorrenti, che saranno valutati unitariamente, essendo essi di identico contenuto.
Con riguardo alla dedotta carenza di motivazione in ordine alla richiesta di espletamento di una perizia o di un esperimento giudiziale volto all'accertamento della dinamica del fatto, deve evidenziarsi come la Corte di merito abbia implicitamente fornito un'adeguata risposta negativa a tale sollecitazione, affermando, in diversi passaggi della motivazione, che non poteva assolutamente dubitarsi che il trauma da schiacciamento del lavoratore fosse riconducibile a cause diverse dalla introduzione delle dita nei rulli non protetti del macchinario. Sotto questo profilo, con argomentazioni coerenti e logiche, la Corte di merito ha correttamente rappresentato in sentenza che la certificazione medica in atti, gli esiti della consulenza medico-legale e le testimonianze raccolte, erano tutte univocamente idonee a dimostrare che l'infortunio era stato originato dal contatto della mano del lavoratore con i rulli in movimento del macchinario denominato "messa a vento", essendosi verificato mentre il V.G. si trovava vicino alla macchina, quando questa era in azione, per svolgere il lavaggio delta stessa.
Nella giurisprudenza della Corte di legittimità è costante l'affermazione di principio secondo la quale, il rigetto della richiesta di rinnovazione parziale del dibattimento per l'espletamento di una perizia, possa avvenire anche in forma implicita, allorquando nella decisione, pur non risultando l'espresso riferimento alle ragioni del rigetto, si dia sostanziale giustificazione della ritenuta adeguatezza di tutti gli elementi acquisiti (così Sez. 4, n. 1116 dei 30/10/1981, Rv. 152012 - 01).
La decisione si pone dunque nel solco tracciato da un consolidato orientamento di questa Corte che discende dalla presunzione di completezza della istruttoria dibattimentale svolta in primo grado. Pertanto, mentre la decisione di procedere a rinnovazione deve essere specificamente motivata, occorrendo dar conto dell’uso del potere discrezionale derivante dalla acquisita consapevolezza di non poter decidere allo stato degli atti, nel caso di rigetto, la decisione può essere anche sorretta da una motivazione implicita, rinvenibile nella stessa struttura argomentativa posta a base della pronuncia di merito, che evidenzi la sussistenza di elementi sufficienti per la valutazione negativa o positiva della responsabilità (cfr. Sez. 5 n. 6379 del 17/03/1999, Bianchi F. ed altri, Rv. 213403; n. 8891 del 16/05/2000, Callegari F., Rv. 217209; conf. Sez. 1 n. 19022 del 10/10/2002 Ud. (dep. 22/04/2003), Di Gioia, Rv. 223985; n. 38177 deiril/10/2002, Giovannelli, Rv. 222469; Sez. 6 n. 22526 del 17/02/2003, Tateo, Rv. 226295; Sez. 5 n. 13767 del 18/03/2003, Prospero e altro, Rv. 225633; Sez. 6 n. 5782 del 18/12/2006 Ud. (dep. 12/02/2007), Gagliano, Rv. 236084; Sez. 5 n. 15320 del 10/12/2009 Ud. (dep. 21/04/2010), Paclni, Rv. 246859; Sez. 3 n. 24294 del 21/05/2010, Rv. 247872; Sez. 6 n. 30774 del 16/07/2013, Trecca, Rv. 257741; n. 11907 del 13/12/2013 Ud. (dep. 12/03/2014), Coppola, Rv. 259893; n. 40496 del 21/05/2009, Messina e altro, Rv. 245009).
3. Quanto al secondo motivo di doglianza proposto in favore della Soc. M.G. Pelli, la Corte territoriale pur non avendo fatto cenno alla lunga serie di elementi rappresentati dalia difesa nell'atto di ricorso, ha tuttavia fornito una soddisfacente e logica motivazione in ordine alle cause dell'infortunio patito dal V.G., alla violazione delle norme antinfortunistiche collegate alle modalità accertate dell'incidente, alla riferibilità di tali violazione alla persona del ricorrente M.G.. Deve peraltro rilevarsi come il giudice del gravame di merito non sia tenuto a compiere un'esplicita analisi di tutte te deduzioni delle parti, né a fornire espressa spiegazione in merito al valore probatorio di tutte le emergenze istruttorie, essendo necessario e sufficiente che spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dalle quali si dovranno ritenere implicitamente escluse le opposte deduzioni difensive, ancorché non apertamente confutate (Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, Rv. 27122701; Sez.2, n.9242 del 8/02/2013, Reggio, Rv. 25498801; Sez.6, n.49970 del 19/10/2012, Muià, Rv.25410701; Sez. 4, n.34747 del 17/05/2012, Parisi, Rv.25351201; Sez.4, n.45126 del 6/11/2008, Ghisellini, Rv.24190701).
Pertanto, nel caso in esame, alla luce di tale orientamento, deve ritenersi che non rappresenti vizio censurabile in sede di legittimità l'omesso esame critico di tutte le questione afferenti alle circostanze elencate dalla difesa, essendo desumibile dal complessivo contesto argomentativo la loro inconciliabilità con la ricostruzione offerta dalla Corte di merito. Sul punto nella motivazione si precisa che si tratta di circostanze non significative, non essendo logicamente concepibile una diversa, alternativa spiegazione della dinamica dell'Infortunio sulla base delle prove raccolte.
Deve aggiungersi che nessuna inversione dell'onere probatorio è stata prospettata in sentenza, come lamentato dai ricorrenti. Il Giudice d'appello nel ragionamento seguito ha escluso ogni possibile alternativa versione dei fatti, sostenendo che le univoche prove raccolte erano incompatibili con una diversa ricostruzione: il V.G., come risultava accertato dalle sue dichiarazioni e da quelle del teste O.M., si trovava vicino al macchinario in funzione quando accadde l'infortunio e l'O.M. ebbe immediata percezione delle lesioni patite dal collega, allorquando, giratosi dopo avere udito l'urlo del V.G., osservò la sua mano. Di qui la logica deduzione che l'infortunio era stato cagionato dal contatto della mano del dipendente con l'ingranaggio dei rullo in funzione.
Risulta evidente dalla lettura della sentenza che il riferimento alla mancata indicazione, da parte della difesa, di una alternativa dinamica dell'infortunio, non sottintenda alcuna inversione dell'onere probatorio.
L'asserita discordanza tra le due sentenze di merito in ordine alle modalità di verifica dell'infortunio è soltanto apparente, né è possibile ritenere che i Giudici di appello abbiano introdotto in sentenza elementi nuovi e contrastanti rispetto alla imputazione, dove la causa dell'infortunio è fatta dipendere dall'urto casuale della mano del dipendente con la zona dì imbocco dei rulli e si contesta all'Imputato di non avere dotato l'apparecchiatura di sistemi protettivi idonei ad impedire l'accesso alle zone pericolose del macchinario.
4. Parimenti infondate risultano le critiche alle argomentazioni riguardanti la qualifica rivestita da M.G. e le valutazioni espresse in sentenza sull'elemento soggettivo del reato e la prevedibilità dell'evento. 
La Corte di merito con motivazione immune da vizi logici ha individuato la posizione datoriale del ricorrente sulla base di elementi che risultano rilevanti ed appropriati, mettendo in evidenza circostanze dalie quali si desume l'ingerenza del ricorrente nella gestione dell'attività produttiva e lo svolgimento di compiti direttivi nella conduzione dell'azienda.
E' d'uopo rammentare come la giurisprudenza di legittimità ammetta la possibilità di desumere la qualifica datoriale e la posizione di garanzia da elementi rivelatori, in fatto, dello svolgimento delle funzioni tipiche del datore di lavoro, prediligendo il principio di effettività (così ex multis Sez. 4, Sentenza n. 50037 del 10/10/2017, Buzzegoli e altri, Rv. 271327 - 01; Sez. 4, Sentenza n. 18090 del 12/01/2017, Amadessi e altro, Rv. 269803 - 01).
L'imprevedibilità dell'evento sostenuta dai difensori dei ricorrenti, è fatta dipendere dalla circostanza che il macchinario acquistato dalla Soc. M.G. Pelli era all'origine sfornito di carter di protezione. Come ha correttamente osservato la Corte di merito, non può costituire causa di esonero di responsabilità per il datore di lavoro, il fatto che la ditta di produzione non abbia dotato il macchinario di alcuna protezione delle parti meccaniche in movimento, suscettibili di rivelarsi pericolose in caso di contatto del lavoratore. La decisione si colloca nel solco da tempo tracciato dalla giurisprudenza di legittimità che, in plurime pronunce, ha ribadito la concorrente responsabilità del datore di lavoro con quella del costruttore, nel caso in cui l’evento dannoso sia stato provocato dall'inosservanza delle cautele infortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina. Invero, grava sul datore di lavoro l'obbligo di eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti che debbano utilizzare le predette macchine e di adottare nell'Impresa tutti i più moderni strumenti che la tecnologia offre per garantire la sicurezza dei lavoratori (così ex multis Sez. 4, n. 26247 del 30/05/2013, Rv. 256948 - 01; conformi: n. 1216 del 2006 Rv. 233175, n. 2630 del 2007 Rv. 236012, N. 37060 del 2008 Rv. 241020).
La imprevedibilità invocata dalla difesa è dunque richiamata non a proposito: la mancanza di un sistema di protezione era evidentemente riconoscibile con l'ordinaria diligenza, dovendo gli organi in movimento dei macchinari essere sempre segregati per evitare contatti pericolosi con la persona del lavoratore.
5. Deve pertanto annullarsi senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali per essere il reato estinto per prescrizione. Si rigettano i ricorsi agli effetti civili, con condanna dell’Imputato e del responsabile civile, in solido, alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile Inail che sono liquidate in complessivi euro 2.500,00 oltre accessori di legge. 
 

 

P.Q.M.

 


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali per essere il reato estinto per prescrizione. Rigetta i ricorsi agli effetti civili e condanna l'Imputato ed il responsabile civile in solido alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile Inail che liquida in complessivi euro 2.500,00 oltre accessori di legge.
In Roma, cosi deciso il 3 ottobre 2018