Cassazione Penale, Sez. 4, 01 febbraio 2019, n. 5006 - Caduta di un fusto contenente carburo di calcio e deflagrazione. Omissioni in materia di sicurezza: VDR, DPI, Formazione


Presidente: FUMU GIACOMO Relatore: RANALDI ALESSANDRO Data Udienza: 28/11/2018

 

Fatto

 

1. Con sentenza del 26.6.2017 la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza di primo grado che ha dichiarato P.M. responsabile dei reati di lesioni colpose e di violazione di disposizioni in materia di infortuni sul lavoro di cui all'imputazione.
L'addebito nei confronti dell'imputato, quale legale rappresentante della ditta "rag. G.M. S.r.l. Chimica", è quello di aver negligentemente omesso di effettuare la valutazione dei rischi, di fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuali, di provvedere affinché ciascun lavoratore ricevesse una adeguata formazione e informazione in relazione ai rischi presenti in azienda, in tal modo cagionando lesioni gravissime ai dipendenti R.C. e G.B., con le seguenti modalità: durante lo spostamento di alcuni fusti contenenti carburo di calcio, all'interno dell'area di pertinenza della ditta, a causa della instabilità di un carrello elevatore meccanico (cd. muletto) rispetto al piano di appoggio orizzontale, uno dei fusti precipitava dal carrello, rovesciandosi al suolo e provocando una deflagrazione che investiva i predetti operai, i quali subivano ustioni in varie parti del corpo (fatto del 9.10.2009).
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del P.M., lamentando quanto segue.
I) Nullità della sentenza di primo grado, per violazione dei diritti della difesa e per la mancata assunzione di prova decisiva nonché vizio di motivazione.
Deduce che il Tribunale aveva revocato per superfluità tutte le prove proposte dalla difesa e precedentemente ammesse, come l'escussione della persona offesa R.C., in tal modo erodendo i principi del giusto processo e del contraddittorio fra le parti, in assenza di motivazione.
II) Violazione di legge in relazione agli artt. 192 e 194 cod. proc. pen.
Sostiene che tutti i testi escussi non hanno contribuito alla ricostruzione della vicenda processuale, così come i carabinieri e gli ispettori della ASL di Benevento non hanno relazionato alcunché sull'incidente.
Eccepisce che la sentenza impugnata non ha affermato chiaramente la sussistenza della prova nei confronti dell'imputato, limitandosi a ritenere la sussistenza di gravi indizi.
III) Carenza di motivazione laddove la Corte territoriale ha disatteso la richiesta di rinnovazione dibattimentale.
IV) Violazione di legge, in quanto, come emerso in istruttoria dibattimentale, i lavoratori escussi M.C. e G.B. erano soggetti esperti, per cui nessun rimprovero può muoversi al ricorrente, il quale si era legittimamente fidato della professionalità dei predetti lavoratori. Non è stato accertato se l'evento si fosse verificato a causa della negligenza degli stessi e se tale comportamento fosse in alcun modo prevedibile.
V) Mancata concessione della sospensione condizionale della pena.
Lamenta che il diniego del beneficio è stato valutato in modo eccessivo e con rigore estremo, in assenza di adeguata motivazione.
 

 

Diritto

 


1. Il primo motivo è inammissibile per genericità, in quanto non spiega in che modo si sarebbe concretizzata l'invocata lesione del diritto di difesa per la mancata assunzione dei testi indicati.
La doglianza è stata anche tardivamente proposta, visto che, come correttamente osservato dalla Corte territoriale, il difensore era presente all'udienza in cui il giudice aveva disposto la chiusura del dibattimento, ed in tale sede nulla aveva eccepito, per cui l'eventuale nullità sarebbe comunque sanata ai sensi del secondo comma dell'art. 182 cod. proc. pen.
2. Anche il secondo motivo è inammissibile perché generico ed in fatto.
Si pretende di sostenere che i testi escussi nel corso del processo non avrebbero contribuito alla ricostruzione della vicenda processuale, e che la sentenza impugnata non avrebbe affermato chiaramente la sussistenza della prova nei confronti dell'imputato, senza in alcun modo argomentare in maniera specifica in ordine alle ragioni in fatto e in diritto di tali affermazioni, che nel ricorso rimangono prive di una dettagliata elaborazione critica.
3. Il terzo motivo è manifestamente generico e quindi inammissibile, in quanto ci si limita ad affermare l'assenza di motivazione sulla richiesta di rinnovazione dibattimentale, senza spiegare in cosa sarebbe consistita e quale incidenza avrebbe avuto tale rinnovazione ai fini della decisione.
4. Anche il quarto motivo costituisce una doglianza in fatto, comunque manifestamente infondata, atteso che la sentenza impugnata ha esaurientemente motivato in ordine alla responsabilità del ricorrente, atteso che i lavoratori nell'occorso non erano dotati dei normali presidi di protezione, ignoravano totalmente le proprietà infiammabili della sostanza contenuta nei fusti, non avevano mai avuto specifiche informazioni circa le cautele da adottare nella lavorazione e tantomeno erano mai stati destinatari di una formazione adeguata. E' stato accertato che l'imputato aveva disposto affinché il sito in Benevento - ove si sarebbe verificato l'incidente - fosse riattato in modo da destinarlo alla produzione ma che il capannone non era assolutamente adeguato all'uso; i lavoratori erano stati dotati di un macchinario del tutto inadeguato allo scopo, quale un carrello sollevatore instabile, tanto da determinare la caduta di uno dei fusti contenente il carburo di calcio poi esploso. L'imputato si era limitato a fornire disposizioni via telefono, pur avendo contezza della pericolosità del lavoro da svolgere in un sito dismesso e già sottoposto a sequestro, del tutto privo dei presidi elementari di tutela e caratterizzato da alterazioni del piano di calpestio che rendeva ancora più impervia la movimentazione del muletto.
5. Il quinto motivo è parimenti inammissibile perché manifestamente infondato.
La sentenza impugnata ha motivato in maniera adeguata il diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena, avuto riguardo alla oggettiva gravità del fatto e al negativo profilo personale dell'imputato, ripetutamente condannato per violazioni della normativa infortunistica. Si tratta di considerazioni che sfuggono ai rilievi del ricorrente, in quanto frutto di una valutazione di merito congrua e non manifestamente illogica, come tale insindacabile in Cassazione.
6. Stante l'inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, nella misura indicata in dispositivo.
 

 

P.Q.M.

 


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 28 novembre 2018