Cassazione Civile, Sez. 3, 05 marzo 2019, n. 6320 - Infortunio mortale durante un improprio utilizzo di una pala meccanica


 

 

 

Presidente: SPIRITO ANGELO Relatore: DI FLORIO ANTONELLA Data pubblicazione: 05/03/2019

 

 

 

Fatto

 

 

 

1. P e A.DB., in qualità di eredi del genitore DB.G., già amministratore della Demolstrade snc , ricorrono affidandosi a nove motivi illustrati anche da memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d'Appello di Genova che, riformando la pronuncia del Tribunale di Chiavari, dopo aver respinto l'eccezione di prescrizione, aveva riconosciuto la concorrente responsabilità del padre degli odierni ricorrenti nella causazione del sinistro mortale a seguito del quale era deceduto A.B., capocantiere e responsabile della sicurezza della MNV snc: l'incidente si era verificato a causa dell'improprio utilizzo di una pala meccanica pilotata dal DB.G. ed usata come appoggio, attraverso la benna, su una parete rocciosa dalla quale il A.B. era rovinosamente precipitato.
2. Gli intimati hanno resistito con controricorso.
3. L'INAIL ha depositato anche memoria ex art. 378 cpc.
 

 

Diritto

 


1. Con il primo motivo, i ricorrenti deducono, ex art. 360 co 1 n° 3 cpc, l'errata applicazione dell'alt. 11 delle Preleggi, degli artt. 2947 co. 3 e 2943 c.c, nonché l'omessa applicazione della L. 251/2005 e dell'art. 157 c.p.
Premesso che l'incidente risaliva al 1997, lamentano infatti che la Corte territoriale aveva erroneamente ritenuto inapplicabile al giudizio civile la c.d. "prescrizione abbreviata" introdotta dalla L. 251/2005 ( c.d. Legge Cirielli).
1.1. Contestano, inoltre, che nonostante il capo di imputazione fosse riferito al reato previsto dall'alt. 589 co 1 cpc, il reato ascritto al DB.G. fosse stato qualificato come "omicidio colposo per violazione di norme antinfortunistiche"; e che fosse stato erroneamente applicato l'art. 2947 ultimo comma c.c., con la conseguenza che il termine di prescrizione era stato fatto nuovamente decorrere dal momento in cui la sentenza penale era divenuta irrevocabile, con decisione contrastante con quanto previsto espressamente dalla norma.
1.2. Il motivo è infondato.
Questa Corte, sulla specifica questionerà avuto modo di affermare che "sebbene il regime della prescrizione penale sia cambiato (L. 5.12.2005 n. 251), va, tuttavia, osservato che la prescrizione da considerare, ai fini civilistici di cui all'art. 2947, c. 3, è quella prevista alla data del fatto, mentre i principi di cui all'art. 2 c.p. attengono solo agli aspetti penali, per effetto di successioni di leggi penali nel tempo." (cfr. Cass. SUU 581/2008 ).
Ed è stato altresì chiarito che "quando non vi sia stata costituzione di parte civile nel procedimento penale, con la prescrizione del reato si prescrive anche il diritto al risarcimento del danno, data l'equiparazione fra le due prescrizioni; se, invece, vi è stata costituzione di parte civile, si verifica l'interruzione con effetto permanente per tutta la durata del processo e tale termine ricomincia a decorrere dalla data in cui diviene irrevocabile la sentenza penale che ha dichiarato di non doversi procedere per essersi il reato estinto per prescrizione" ( cfr. ex multis Cass. 14450/2001 ; Cass. 10015/2003; Cass. 872/2008; Cass. 17226/2014; Cass. 28456/2017).
1.3. La Corte d'Appello, prendendo le mosse anche dalla pronuncia della Corte Costituzionale n. 393/2006 ( cfr. 14 sentenza impugnata ) e ben inquadrando i diversi effetti da essa derivanti in relazione alla parte danneggiata che si sia tempestivamente costituita parte civile nel processo penale contro l'imputato, ha fatto corretta applicazione dei principi sopra richiamati.
1.4. Infatti, tenuto conto che il fatto dannoso risale al 7.11.1997; che il termine di prescrizione , al tempo, era decennale; che la costituzione di parte civile, con effetto interruttivo, risaliva al 14.4.2004 e che la sentenza penale era divenuta irrevocabile il 17.12.2007, i giudici d'appello hanno ritenuto che da tale ultima data la prescrizione aveva iniziato nuovamente a decorrere ed era stata ulteriormente interrotta dalla notifica dell'atto di citazione del giudizio in esame avvenuta il 28.12.2008: in tal modo è stato correttamente affermato, da una parte, che, agli effetti civili, il termine di prescrizione è quello vigente all'epoca del fatto per il reato commesso ( non valendo il trattamento più favorevole per il reo, previsto dalla c.d. legge Cirielli ), e, dall'altra che la costituzione di parte civile aveva interrotto la prescrizione che aveva ripreso a decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza penale (art. 2947 u.co seconda parte).
2. Con il secondo motivo, i ricorrenti deducono, ex art. 360 co 1 n° 3 epe, l'errata applicazione degli artt. 2947 co. 3 e 1916 c.c, nonché l'omessa applicazione dell'art. 2946 c.c .
Assumono che all'azione di surroga dell'Inail si doveva applicare il termine di prescrizione proprio del diritto dell'assicurato che decorreva dal giorno in cui si era verificato il fatto e non da quello in cui era stato effettuato il pagamento: conseguentemente, poiché il primo atto interruttivo dell'ente consisteva nella lettera del 29.5.2009 con la quale era stata comunicata la volontà di esercitare il diritto di rivalsa - la cui natura, in tesi, era da intendersi autonoma e diversa rispetto all'azione surrogatoria esercitata - il diritto regolato dall'art. 1916 c.c doveva ritenersi prescritto in quanto azionato a distanza di dodici anni dal fatto, quando il relativo termine era già spirato.
2.1. Il motivo è infondato.
Con l'azione di surrogazione, infatti, l'ente succede nel diritto del creditore danneggiato e si giova della sua posizione anche in relazione agli atti interruttivi da lui compiuti.
2.2. Questa Corte, al riguardo, ha avuto modo di affermare che "il diritto di surrogazione dell'assicuratore che ha pagato un'indennità all'assicurato danneggiato ex art. 1916 cod. civ. si risolve in una peculiare forma di successione nel diritto di credito dell'assicurato verso il terzo responsabile, nei limiti dell'indennizzo versato, che non incide sull'identità oggettiva del credito. Ne consegue che in tema di prescrizione rimane applicabile il termine previsto dalla legge in relazione all'originaria natura del credito, e l'assicuratore può giovarsi degli atti interruttivi posti in essere dal danneggiato prima del verificarsi della surrogazione, così come il suo diritto può risultare pregiudicato dalla prescrizione anteriormente maturatasi per l'inerzia del medesimo danneggiato (Cass. 4347/2009; Cass. 13669/2014).
La Corte ha fatto corretta applicazione di tali principi ritenendo ammissibile e fondata l'azione dell'INAIL, visto che con la comunicazione della volontà di esercitare la surroga si era giovata della precedente interruzione della prescrizione del creditore danneggiato.
3. Con il terzo ed il quarto motivo, i ricorrenti deducono, ex art 360 co 1 n° 3 cpc, l'errata applicazione degli artt 2043 c.c e dell'art. 40 e 41 c.p. ed , ex art. art. 360 co 1 n° 4 cpc, lamentano la violazione dell'art. 132 cpc : censurano la sentenza, con riferimento ai differenti vizi richiamati, assumendo che essa sarebbe priva di motivazione in ordine al nesso di causalità fra l'antecedente e l'evento lesivo ed assumono che il defunto DB.G. era estraneo, quanto alla causalità, rispètto al tragico evento dannoso, come del resto era stato accertato dalla sentenza resa in sede penale, dalla pronuncia del giudice del lavoro e dall'inchiesta amministrativa.
3.1. I motivi sono inammissibili.
Pacifico che il giudice civile sia tenuto a rivalutare i fatti alla luce del principio di causalità disciplinato dalle norme civilistiche in materia di responsabilità extracontrattuale, si osserva che i ricorrenti non hanno colto la ratio decidendi della pronuncia impugnata con la quale è stata approfonditamente esaminata la condotta delle parti, tanto che la responsabilità del sinistro è stata attribuita, ex 2043 c.c , nella misura del 50%, alla vittima dell'incidente essendo stato accertato che egli stesso aveva concordato con il conducente dell'escavatore di utilizzare la benna per raggiungere un punto della parete rocciosa dove installare un apparecchio di illuminazione.
3.2. La motivazione risulta congrua, logica ed al di sopra della sufficienza costituzionale ( cfr. 16 e 17 della sentenza ) e la censura, pertanto, proponendo una diversa interpretazione dei fatti di causa, maschera una richiesta di rivalutazione di merito della controversia, non consentita in sede di legittimità ( cfr. Cass. 8758/2017; Cass. 18721/2018 ).
4. Con il quinto motivo, ancora, i ricorrenti deducono, ex art. 360 co 1 n° 4 epe, la violazione degli artt. 2043 e 1227 co 1 c.c: assumono la mancanza di motivazione sul concorso di colpa delle parti coinvolte nell'incidente.
4.1. Anche il motivo in esame è inammissibile: la motivazione, pur sintetica, si riferisce puntualmente alle dichiarazioni dello stesso DB.G. ( pag. 16 cpv 2 ): la censura si traduce, pertanto, in una richiesta di rivalutazione di merito della specifica questione, già esaminata dalla Corte con argomentazioni logiche ed aderenti alle risultanze processuali.
5. Con il sesto motivo, ancora, il ricorrente deduce ex art. 360 co 1 n° 3 o, in subordine ex art. 360 co 1 n° 4, la violazione dell'art. 116 cpc lamentando che non erano stati adeguatamente valutati tutti gli elementi probatori raccolti nel processo con particolare riferimento alla sentenza penale, a quella del giudice del lavoro ed all'inchiesta antinfortunistica.
5.1. Il motivo ricalca la terza censura, già esaminata ed è pertanto inammissibile per le medesime argomentazioni sopra sviluppate, oltre che per assenza di specificità in ragione dell'alternativo richiamo ai due differenti vizi che violano il principio della natura vincolata del giudizio di cassazione ( cfr. motivazione al par. 6.1 che segue).
6. Con il settimo motivo, i ricorrenti, ex art. 360 co 1 n° 3, lamentano l'errata interpretazione dell'art. 2256 c.c. e l'omessa applicazione degli artt. 2266 e 2298 c.c: contestano l'esclusione di responsabilità della Demostrade Snc, fondata sulla constatazione che la società era la mera proprietaria del mezzo di cui era stato fatto un uso improprio per autonoma decisione delle parti coinvolte nel sinistro.
6.1. Il motivo è inammissibile, in primo luogo per mancanza di specificità. Questa Corte ha affermato che "In materia di ricorso per cassazione, l’articolazione in un singolo motivo di più profili di doglianza costituisce ragione d’inammissibilità quando non è possibile ricondurre tali diversi profili a specifici motivi di impugnazione, dovendo le doglianze, anche se cumulate, essere formulate in modo tale da consentire un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi, senza rimettere al giudice il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, al fine di ricondurle a uno dei mezzi d’impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse (cfr. Cass. 26790/2018 ed in termini Cass. SU 9100/2015).
6.2. Nel caso in esame, le argomentazioni sviluppate non consentono di ricondurre le censure all'uno o all'altro vizio denunciato, rimettendo illegittimamente al Collegio la scelta delle critiche "più calzanti": in tal modo il motivo tradisce la natura vincolata del giudizio di Cassazione e, pertanto, configura la violazione dell'art. 366 n° 4 cpc.
6.3. Ma deve altresì rilevarsi che ricorre anche un altro profilo di inammissibilità riconducibile all'assenza di interesse alla censura, visto che non risulta che il DB.G. abbia domandato di potersi rivalere nei confronti della società, rispetto alla cui posizione ( ed assenza di responsabilità) la Corte territoriale ha comunque reso una motivazione congrua e logica (cfr. pag. 17 11° cpv della sentenza impugnata).
7. Con l'ottavo motivo, i ricorrenti deducono, ex art. 360 co 1 n° 5 cpc, l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti e cioè il mancato uso delle cinture di sicurezza.
7.1. Il motivo è infondato.
La motivazione resa, infatti, dà conto di un circostanziato esame della dinamica dell'incidente e della considerazione, da parte della Corte, che il danneggiato aveva omesso di utilizzare le cinture di sicurezza ("stante la carenza di sostegni e la scivolosità del mezzo": cfr. pag. 16 , u.cpv della sentenza): tale circostanza tanto è stata considerata che da essa è derivata anche l'affermazione di concorrente responsabilità, nella misura del 50%, del lavoratore infortunato.
8. Con il nono motivo, infine, i ricorrenti, ex art. 360 co 1 n° 3 cpc, lamentano la violazione degli artt. 91 e 92 cpc: assumono al riguardo che le spese non erano state compensate nonostante il riconoscimento del concorso di colpa e, dunque, l'accoglimento solo parziale della domanda.
8.1. Inoltre censurano la statuizione di condanna alle spese anche in favore di Demonstrade sne e della Fondiaria Sai Spa rispetto alle quali la domanda dei danneggiati era stata respinta; assumono inoltre che, nei confronti di tali società, essi ricorrenti non avevano proposto alcuna domanda.
8.3. La prima parte della censura è inammissibile.
Questa Corte ha affermato con orientamento consolidato che "in tema di spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse, mentre qualora ricorra la soccombenza reciproca è rimesso all'apprezzamento del giudice del merito, non sindacabile in sede di legittimità, decidere quale delle parti debba essere condannata e se ed in quale misura debba farsi luogo a compensazione."(cfr. ex multis Cass. 12291/2001).
8.4. La seconda parte del motivo è, invece, fondato.
Si osserva, infatti, che l'esito della controversia esclude che possa essere ritenuta la soccombenza dei ricorrenti nei confronti di Demolstrade snc e della Fondiaria Sai Spa, nei cui confronti era stata respinta "ogni domanda", decisione che aveva oltretutto indotto la Corte territoriale a ritenere assorbite le questioni relative alla manleva ( cfr. pag. 19 par. 5 della sentenza impugnata).
8.5 La censura va pertanto accolta e la sentenza, in parte qua, deve essere cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Genova in diversa composizione che dovrà provvedere alla opportuna riduzione della misura della condanna alle spese per i gradi di merito, visto che essa è stata complessivamente determinata tenendo conto anche delle parti processuali rispetto alle quali i ricorrenti non sono risultati soccombenti.
9. La Corte di rinvio deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
 

 

P.Q.M.
 

 

La Corte,
rigetta il primo, secondo ed ottavo motivo di ricorso; dichiara inammissibili il terzo, quarto, quinto , sesto e settimo ed accoglie parzialmente il nono.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo parzialmente accolto e rinvia per il riesame della controversia per la parte ad esso relativa alla Corte d'Appello di Bologna in diversa composizione la quale dovrà decidere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 19.12.2018