Cassazione Penale, Sez. 4, 07 marzo 2019, n. 10051 - Trascinamento del braccio nel rullo del macchinario. Responsabilità del datore di lavoro. Omissioni nel DVR e tolleranza di un uso improprio del macchinario. Estinzione per prescrizione


Presidente: IZZO FAUSTO Relatore: BRUNO MARIAROSARIA Data Udienza: 12/02/2019

 

 

 

FattoDiritto

 

 

 

1. La Corte d'appello di Firenze, con sentenza emessa in data 15/5/2018, ha confermato la pronuncia del Tribunale di Pisa con cui P.R., amministratore della ditta "Leonardesca s.r.l" ritenuto responsabile del reato di lesioni colpose con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, era condannato alla pena di mesi sei di reclusione.
Era contestato all'imputato, datore di lavoro di C.S.V., di avere, per colpa generica e specifica, consistita violazione degli artt. 17, comma 1 lett, a) e 71, comma 1, d.lgs. 81/08 come modificato dal d.lgs. 106/2009, cagionato al lavoratore lesioni personali gravi, consisiste in un trauma contusivo al braccio ed avanbraccio destro. Il dipendente subiva il trascinamento del braccio nel rullo del macchinario presso il quale era addetto intento all'avvolgimento di un telo. I profili di responsabilità ravvisati dai giudici di merito a carico del ricorrente riguardavano la mancata previsione nel documento di valutazione dei rischi delle procedure di accesso e di stazionamento durante le fasi di lavorazioni presso il macchinario; la messa a disposizione dei lavoratori del suddetto macchinario non idoneo ai fini della sicurezza; l'omessa vigilanza; la tolleranza di un uso improprio del macchinario che era stato incentivato dallo stesso P.R. essendo stata inserita nella zona di accesso al macchinario una pulsantiera volta ad azionare i rulli in maniera più rapida per l'operatore.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il P.R., deducendo in sintesi, giusta il disposto di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
I) Nullità della sentenza per avere la Corte di merito indicato nella motivazione un luogo diverso di accadimento del fatto ed una ditta diversa da quella di cui il ricorrente è legale rappresentante. La difesa rappresenta che i giudici sono incorsi in errore, affermando che l'infortunio occorso al dipendente era avvenuto in Capezzano Pianore, presso la ditta di cui è titolare l'odierno imputato. In realtà, l'infortunio è avvenuto in Pisa, nello stabilimento della soc. "Leonardesca s.r.l." e la evidente contraddizione in atti sarebbe suscettibile di essere sanzionata con la nullità della sentenza avendo i Giudici descritto un fatto diverso, accaduto in altro luogo.
II) Vizio di motivazione sotto il profilo della manifesta contraddittorietà, carenza ed illogicità delle argomentazioni poste a fondamento della pronuncia di responsabilità. Il ricorrente rileva che la sentenza di appello si limita a richiamare la motivazione espressa dal Giudice di primo grado senza chiarire in modo adeguato le ragioni per le quali sono state disattese le dichiarazioni della persona offesa, la quale ha apertamente sostenuto in dibattimento che l'infortunio è avvenuto a causa di una sua condotta imprudente e negligente. Invero, contravvenendo ad ogni regola di prudenza, il dipendente aveva tentato di correggere l'inserimento della tela nel rullo quando questo era in movimento. Di conseguenza la causa dell'infortunio sarebbe da addebitarsi esclusivamente alla condotta abnorme del lavoratore che aveva disatteso le indicazioni contrarie del datore di lavoro.
Oltre a ciò la Corte di merito avrebbe trascurato di considerare che il macchinario in questione non prevedeva nel libretto di manutenzione ed uso, alcun divieto per gli operai di portarsi nella posizione in cui si trovava il C.S.V. al momento del fatto; che la macchina era stata visionata due anni prima dall'ASL che l’aveva ritenuta totalmente idonea. In risposta a tali doglianze, la Corte di merito introduce l'argomento delta creazione di una nuova postazione di lavoro, circostanza che sarebbe smentita dalla realtà dei fatti in quanto il macchinario era rimasto sempre manovrabile da un unico operaio.
La difesa contesta anche il profilo della omessa vigilanza addebitata al ricorrente in ordine alla quale non sarebbe stata offerta un'adeguata motivazione. La Corte si sarebbe limita a sostenere che l’imputato, non solo non avrebbe vigilato, ma avrebbe incentivato una prassi distorta, attraverso l'uso della pulsantiera che avrebbe consentito di operare in una posizione non prevista. Ciò contrasterebbe con le acquisizioni probatorie che confermano che la pulsantiera fu introdotta per maggiore sicurezza e che la posizione assunta dall'operaio durante la lavorazione non era in alcun modo vietata.
III) Inadeguata motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio con riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena.


2. L'impugnazione in esame impone le considerazioni che seguono.
Osserva il Collegio che sussistono i presupposti per rilevare, ai sensi dell'art. 129, comma 1, cod. proc. pen., l'intervenuta causa estintiva del reato per cui si procede, essendo decorso il termine massimo di prescrizione, pari ad anni sette e mesi sei, da farsi decorrere dalla data di accadimento del fatto avvenuto il 24/2/2011. Tenuto conto dei periodi di sospensione della prescrizione che ammontano complessivamente a 102 giorni, il reato risulta estinto alla data del 4/12/2018. Deve invero rilevarsi che all'udienza del 30/1/2013 la trattazione del processo fu rinviata per legittimo impedimento del difensore, per cui la sospensione dei termini di prescrizione deve essere calcolata nella misura massima di giorni 60 (Sez. U, Sentenza n. 4909 del 18/12/2014, Rv. 262913 - 01); ulteriore rinvio fu disposto su richiesta delle parti all'udienza del 4/12/2014 con sospensione dei termini di prescrizione fino alia data del 15/1/2015 per un totale di giorni 42.
Deve rilevarsi che il ricorso in esame non presenta profili d'inammissibilità, per la manifesta infondatezza delle doglianze ovvero perché basato su censure non deducibili in sede di legittimità, tali, dunque, da non consentire di rilevare l'intervenuta prescrizione.
Pertanto, sussistono i presupposti, discendenti dalia intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, per rilevare e dichiarare la causa di non punibilità a norma dell'art. 129, comma 1, cod. proc. pen., maturata successivamente alla sentenza impugnata.
E' appena il caso di rilevare che risulta superfluo qualsiasi approfondimento al riguardo, proprio in considerazione della maturata prescrizione: invero, a prescindere dalla fondatezza o meno degli assunti del ricorrente, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, qualora già risulti una causa di estinzione del reato, non rileva la sussistenza di eventuali nullità (anche se di ordine generale) o di vizi di motivazione, in quanto l’inevitabile rinvio al giudice di merito che ne deriverebbe, è incompatibile con il principio dell'immediata applicabilità della causa estintiva (cfr. Sez. U, n. 1021 del 28.11.2001, dep. 11.01.2002, Rv. 220511).
Si osserva, infine, che non ricorrono le condizioni per una pronuncia assolutoria di merito, ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., in ragione delle risultanze processuali di cui dà atto la Corte d'appello. Come è noto, ai fini della eventuale applicazione della norma ora citata, occorre che la prova della insussistenza del fatto o della estraneità ad esso dell'imputato, risulti evidente sulla base degli stessi elementi e delle medesime valutazioni poste a fondamento della sentenza impugnata. Sotto questo profilo nella motivazione della sentenza della Corte di appello non sono riscontrabili elementi di giudizio indicativi della prova evidente dell'innocenza dell'imputato.
Si impone, pertanto, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.
 

 

P.Q.M.

 


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
In Roma, così deciso il 12 febbraio 2019