Cassazione Penale, Sez. 4, 28 marzo 2019, n. 13583 - Utilizzo del carrello da parte di soggetti terzi non autorizzati. E' possibile escludere la posizione di garanzia solo in virtù della estraneità dell'infortunato alla organizzazione lavorativa?


 

 

Nel caso in esame all'imputato è stato contestato, in via generica, di avere omesso di adottare misure atte a scongiurare un utilizzo improprio (tale perché effettuato da soggetti non qualificati) dei carrelli elevatori e di vigilare affinché ciò non avvenisse, ma anche di avere violato le regole che impongono l'adozione di particolari cautele nell'uso delle attrezzature da lavoro e di apposita segnaletica nei luoghi in cui detti mezzi vengono impiegati.
Si tratta allora di capire se tali obblighi fossero diretti alla salvaguardia della sicurezza del solo personale autorizzato a utilizzare quelle attrezzature all'interno dello stabilimento o se essi si riferiscano anche alla sicurezza di tutti coloro che vi si trovino impegnati in attività lavorativa, ancorché terzi estranei all'organizzazione.
In linea generale, questa sezione ha già definitivamente chiarito che il datore di lavoro che, con una propria condotta, abbia determinato l'insorgere di una fonte di pericolo, è titolare di una posizione di garanzia inerente ai danni provocati non soltanto ai propri dipendenti, ma anche ai terzi che frequentano le strutture aziendali (cfr. sez. 4 n. 38991 del 10/06/2010, Quaglieri e altri, Rv. 248850). Ed infatti, la configurabilità della circostanza aggravante della violazione di norme antinfortunistiche esula dalla sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, atteso che il rispetto di tali norme è imposto anche quando l'attività lavorativa venga prestata anche solo per amicizia, riconoscenza o comunque in situazione diversa dalla prestazione del lavoratore subordinato, purché detta prestazione sia stata posta in essere in un ambiente che possa definirsi di "lavoro" (cfr. sez. 4 n. 7730 del 16/01/2008, Musso, Rv. 238757).

Alla stregua di tali consolidati principi, tenuto conto che la corte d'appello si è limitata ad affermare l'insussistenza dell'aggravante contestata, escludendo inoltre la posizione di garanzia dell'imputato solo in virtù della estraneità dell'infortunato alla organizzazione lavorativa facente capo al primo, la sentenza deve essere annullata con rinvio.


 

Presidente: MONTAGNI ANDREA Relatore: CAPPELLO GABRIELLA Data Udienza: 26/02/2019

 

 

Fatto

 

 

1. La corte d'appello di Salerno ha riformato la sentenza con la quale il tribunale di quella città aveva riconosciuto V.P. penalmente responsabile nella qualità di legale rappresentante della ITALA società cooperativa del reato di cui all'art. 589, cod. pen., posto in essere ai danni di M.F., dichiarando l'estinzione dello stesso per prescrizione e revocando le statuizioni civili. In particolare, si era contestato al V.P., a titolo di colpa specifica, di non avere adottato tutte le cautele necessarie affinché il carrello elevatore, nell'occorso utilizzato dalla vittima, autista alle dipendenze della ditta di trasporti MA.MA. s.a.s., venisse utilizzato da persone idonee e con specifica competenza e neppure vigilato affinché quel mezzo non fosse utilizzato da terzi estranei, ciò anche in violazione degli artt. 70 e 71 co. 8 punto 2/1 e art. 163 co. 3 d. Lgs. 81/08 (mancata installazione di apposita segnaletica per regolare il traffico e segnalare i pericoli ai conducenti dei mezzi e delle macchine operatrici), al fine di evitare condizioni di pericolo sul luogo di lavoro (fatti del 24/09/2008).
2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorsi il procuratore generale presso la corte d'appello di Salerno e le parti civili Omissis.
2.1. Il primo ha formulato un motivo unico, con il quale ha dedotto inosservanza o erronea applicazione della legge penale, per avere la corte dichiarato l'estinzione del reato per prescrizione in ipotesi aggravata dalla violazione della normativa antinfortunistica, rispetto alla quale la novella legislativa di cui alla legge n. 251 del 2005, applicabile al caso di specie, ha previsto il raddoppio del termine.
2.2. La difesa delle parti civili ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione per avere la corte escluso l'ipotesi aggravata, e ritenuto di conseguenza l'estinzione del reato per prescrizione, pur emergendo incontrovertibilmente dalla motivazione della sentenza appellata che il reato era stato commesso in un luogo di lavoro con violazione della normativa a tutela dei lavoratori. Peraltro, il tribunale aveva operato il bilanciamento delle concesse circostanze attenuanti generiche con le aggravanti, l'unica contestata risultando proprio quella derivante dalla violazione della normativa antinfortunistica.
 

 

Diritto

 


1. I ricorsi devono essere accolti.
2. La corte del gravame ha rilevato che il tribunale aveva ritenuto che la posizione di garanzia assunta dal V.P. (quale legale rappresentante della ditta che si occupava della movimentazione delle merci all'Interno di uno stabilimento di proprietà di terzi), nei confronti dei propri dipendenti si estendesse anche alle operazioni di carico e scarico delle merci e, quindi, anche alla vittima, lavoratore alle dipendenze di una ditta diversa, incaricata del trasporto della merce, ma non della sua movimentazione con i carrelli all'interno di quello stabilimento. Il M.F., nell'occorso, si era posto alla guida di un carrello elevatore senza indossare la cintura di sicurezza e senza rispettare le direttive emergenti dal manuale di istruzione dei macchinari e, in particolare, senza rispettare la segnaletica, peraltro assente sui carrelli, approfittando del fatto che i mezzi erano incustoditi.
A fronte di una contestazione con la quale si era espressamente rimproverato al V.P., oltre alla colpa generica, la violazione di specifiche norme contenute nel d.lgs. 81/08 (anche se rubricate in autonomo capo), il giudice d'appello ha tuttavia ritenuto che il capo d'imputazione contemplasse solo una colpa generica, non basata sulla violazione degli obblighi di formazione e informazione in ordine alla pericolosità dei mezzi presenti nell'ambiente di lavoro e che, in ogni caso, detti obblighi gravassero su un altro soggetto, titolare di una ditta diversa da quella di cui il V.P. era legale rappresentante e da quella alle cui dipendenze lavorava la vittima.
Ha, poi, escluso la configurabilità di una posizione di garanzia in capo all'imputato, sull'assunto che la vittima era un terzo qualificato, ben consapevole dei suoi compiti e che avrebbe dovuto limitarsi al trasporto, e non anche allo scarico, delle merci.
Quel giudice, peraltro, ha ammesso che in concreto la vittima aveva utilizzato i carrelli elevatori in modo improprio e senza autorizzazione e adeguata formazione e che ciò costituiva circostanza prevedibile da parte del V.P., ma ha contestualmente precisato che egli non aveva alcun obbligo nei confronti del M.F., siccome dipendente di un'altra ditta, con la quale non vi era alcun rapporto di lavoro, il compito della ditta del V.P. essendo limitato alla movimentazione dei carrelli all'interno dello stabilimento della ditta AMATO.
3. I motivi sono tutti fondati.
Le denunciate violazioni di legge sono certamente esistenti. Anche la motivazione è peraltro inficiata da insanabili contraddizioni e manifeste illogicità, riscontrabili pur a fronte della sostanziale stringatezza dell'apparato argomentativo.
Va, intanto, operata una necessaria premessa: nel capo d'imputazione è contestata, oltre alla colpa generica, anche quella specifica derivante dalla violazione della normativa speciale inerente all'uso di attrezzature da lavoro. A fronte di tale contestazione, l'obbligo motivazionale del giudice d'appello avrebbe dovuto essere ben più penetrante rispetto alla semplice negazione dell'evidenza risultante dal capo d'imputazione.
4. Nel caso in esame, sebbene la cornice normativa nella quale andava inquadrata la vicenda che ci occupa fosse valutabile alla stregua di una situazione di sostanziale coesistenza di più organizzazioni lavorative nel medesimo contesto e, quindi, del rischio interferenziale che ne conseguiva, deve prendersi atto che, in base alla contestazione d'accusa, al V.P. è stato contestato, in via generica, di avere omesso di adottare misure atte a scongiurare un utilizzo improprio (tale perché effettuato da soggetti non qualificati) dei carrelli elevatori e di vigilare affinché ciò non avvenisse, ma anche di avere violato le regole che impongono l'adozione di particolari cautele nell'uso delle attrezzature da lavoro e di apposita segnaletica nei luoghi in cui detti mezzi vengono impiegati.
Si tratta allora di capire se tali obblighi fossero diretti alla salvaguardia della sicurezza del solo personale autorizzato a utilizzare quelle attrezzature all'interno dello stabilimento o se essi si riferiscano anche alla sicurezza di tutti coloro che vi si trovino impegnati in attività lavorativa, ancorché terzi estranei all'organizzazione facente capo al V.P..
In linea generale, questa sezione ha già definitivamente chiarito che il datore di lavoro che, con una propria condotta, abbia determinato l'insorgere di una fonte di pericolo, è titolare di una posizione di garanzia inerente ai danni provocati non soltanto ai propri dipendenti, ma anche ai terzi che frequentano le strutture aziendali (cfr. sez. 4 n. 38991 del 10/06/2010, Quaglieri e altri, Rv. 248850). Ed infatti, la configurabilità della circostanza aggravante della violazione di norme antinfortunistiche esula dalla sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, atteso che il rispetto di tali norme è imposto anche quando l'attività lavorativa venga prestata anche solo per amicizia, riconoscenza o comunque in situazione diversa dalla prestazione del lavoratore subordinato, purché detta prestazione sia stata posta in essere in un ambiente che possa definirsi di "lavoro" (cfr. sez. 4 n. 7730 del 16/01/2008, Musso, Rv. 238757).
Tale principio è stato anche successivamente ribadito, precisandosi che le norme antinfortunistiche non sono dettate soltanto per la tutela dei lavoratori nell'esercizio della loro attività, ma sono dettate anche a tutela dei terzi che si trovino nell'ambiente di lavoro, indipendentemente dall'esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell'Impresa. Ne consegue che, ove in tali luoghi vi siano macchine non munite dei presidi antinfortunistici e si verifichino a danno del terzo i reati di lesioni o di omicidio colposi, perché possa ravvisarsi l'ipotesi del fatto commesso con violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, di cui agli arti. 589, comma secondo, e 590, comma terzo, cod. pen., nonché la perseguibilità d'ufficio delle lesioni gravi e gravissime, ex art. 590. u.c., cod. pen., è necessario e sufficiente che sussista tra siffatta violazione e l'evento dannoso un legame causale, il quale ricorre se il fatto sia ricollegabile all'inosservanza delle predette norme secondo i principi di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., e cioè sempre che la presenza di soggetto passivo estraneo all'attività ed all'ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell'infortunio non rivesta carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico tra l'evento e la condotta inosservante, e la norma violata miri a prevenire l'incidente verificatosi [cfr. sez. 4 n. 23147 del 17/04/2012, De Lucchi, Rv. 253322; n. 2343 del 27/11/2013 Ud. (dep. 20/01/2014), S. e altro, Rv. 258436].
5. Alla stregua di tali consolidati principi, tenuto conto che la corte d'appello si è limitata ad affermare l'insussistenza dell'aggravante contestata, escludendo inoltre la posizione di garanzia del V.P. solo in virtù della estraneità del M.F. alla organizzazione lavorativa facente capo al primo, la sentenza deve essere annullata con rinvio perché si proceda all'esame dei motivi d'appello rassegnati dall'imputato, esclusa la causa estintiva ritenuta in sentenza.
 

 

P.Q.M.

 


Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla corte di appello di Napoli, cui demanda anche la regolamentazione delle spese fra le parti per questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 26 febbraio 2019