Categoria: Cassazione penale
Visite: 6501

Cassazione Penale, Sez. 4, 04 aprile 2019, n. 14921 - Operaio travolto dai telai reticolati appoggiati in modo instabile. Rischi interferenti e posizioni di garanzia


La Corte territoriale e i Giudici di merito hanno qualificato correttamente i comportamenti colposi a carico del P.G. nella qualità di coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione per conto della Giovi che aveva la disponibilità giuridica del cantiere e a cui, nella qualità di committente dei lavori, competeva, avendone peraltro piena consapevolezza, la valutazione del rischio inerente la permanenza e il posizionamento a terra dei tralicci già verniciati, nonché l'adeguatezza dei pos delle ditte coinvolte nell'esecuzione dei lavori e il rispetto delle prescrizioni riguardanti le aree di stoccaggio; così come gli obblighi di coordinamento e cooperazione connessi al rischio interferenziale dettati dall'art. 7 D.lgs 626/1994 si estendevano a carico degli altri imputati M.G., datore di lavoro per l'impresa omonima, e C.M., preposto per la Gescomont, ai quali erano riconducibili le plurime attività coinvolte nel processo causale che ha dato origine all'Infortunio e i cui Pos non rispettavano i requisiti minimi di sicurezza come rilevato dai funzionari ASL Roma B, intervenuti sul luogo dell'infortunio.
A carico di ciascuno degli imputati possono individuarsi obblighi giuridici impeditivi (peraltro specificatamente contestati anche nelle ipotesi contravvenzionali dichiarate estinte per prescrizione) connessi a poteri organizzativi, informativi o di disposizione di misure di sicurezza descritti nelle contestazioni relativi sia alla scelta di verniciare in quota i tralicci (cui ha partecipato il C.M. e il M.G. fol 18 sentenza di primo grado del 24.05.2012), sia al corretto posizionamento dei telai-tralicci, del peso di vari quintali verniciati, lasciati appoggiati su pezzetti di legno verosimilmente per favorirne l'imbracamento, dopo le operazioni di verniciatura, in posizione verticale, e quindi in una situazione di concreto pericolo di caduta al suolo, sia all'omessa vigilanza e informazione sulla situazione di rischio connessa alla mancata realizzazione di un'efficace chiusura dell'area di lavoro utilizzata per la verniciatura e per il deposito dei tralicci in posizione verticale, delimitata solo da un nastro rosso e bianco di plastica, inidonea a impedire l'accesso di soggetti non autorizzati o estranei in uno spazio oggettivamente foriero di pericolo.


Presidente: PICCIALLI PATRIZIA Relatore: FERRANTI DONATELLA Data Udienza: 26/03/2019

 

Fatto

 

1. La Corte di Appello di Roma con la sentenza in data 27.11.2017, riuniti i procedimenti definiti in primo grado, con le sentenze del Tribunale di Roma del 24.05.2012 nei confronti di C.M., T.M., M.G. e del Tribunale di Roma in data 6.12.2013 nei confronti di P.G., in parziale riforma, dichiarava non doversi procedere nei confronti di C.M. T.M. e M.G. in ordine ai reati di cui ai capi B)C)D), perché estinti per prescrizione e rideterminava la pena per il reato ascritto al capo A), in anni uno di reclusione per C.M. e M.G., mesi sei di reclusione per T.M.; confermava la condanna nei confronti di P.G. a mesi sei di reclusione nonché le statuizioni civili.
2. Agli imputati, veniva contestato, nelle qualità per ciascuno indicate, quanto segue:
- C.M., T.M., M.G. rispettivamente il primo responsabile della sicurezza e protezione della Ges.co.mont s.r.l. nonché di direttore di cantiere, il secondo di dipendente della Ges.co.mont e conduttore del mezzo Merlo tipo P101.10k, il terzo di legale rappresentante della M.G. s.r.l. (sub appaltatore per le operazioni di verniciatura); P.G. di responsabile per la sicurezza e per l'esecuzione per i lavori appaltati dalla Giovi s.r.l. (committente) alla Ges.co.mont s.r.l. relativi al montaggio in quota e la posa in opera della struttura metallica di un capannone, i cui lavori di tinteggiatura erano stati subappaltati alla impresa M.G.;
tutti chiamati a rispondere in cooperazione colposa, del reato di cui agli artt 113, 589 cod.pen avvenuto in Roma il 7.05.2007, in relazione alla morte dell'operaio e dipendente della Ges.co.mont s.r.l., che veniva travolto dalle strutture metalliche collocate nel cantiere in una zona non adeguatamente interclusa, se non con nastro rosso e che, urtate dal mezzo meccanico condotto dall'altro dipendente T.M., cadevano e lo schiacciavano.
In particolare gli addebiti di colpa generica e specifica venivano individuati a carico di T.M. nella guida imprudente e imperita del mezzo meccanico e nell'aver effettuato una manovra di retromarcia con la benna sporgente che si protendeva nell'area recintata con il solo nastro colorato e urtava uno dei telaio- tralicci, del peso di diversi quintali ciascuno, posizionati in verticale, dando causa alla caduta di tutti gli altri, che, con effetto domino, schiacciavano la persona offesa che stava attraversando a piedi l'area del cantiere in questione; C.M. in relazione alla posizioni di garanzia assunta nell'ambito della società di riferimento, per non aver vigilato sull'osservanza da parte dei singoli lavoratori del rispetto delle norme antinfortunistiche nell'area di cantiere dedicata alla verniciature e non adeguatamente interdetta all'accesso in relazione ai rischi connessi; M.G. per non aver adeguatamente segregato o comunque disposto la segregazione dell'area del cantiere interessata dalle operazioni di verniciatura all'interno delle quali erano posizionate in senso verticale ed in equilibrio instabile le strutture reticolari dopo la conclusione delle operazioni di verniciatura avvenuta già il 26.04.2007; il P.G. per aver omesso nel piano di sicurezza e coordinamento di analizzare il rischio relativo alla permanenza nel cantiere di tralicci già verniciati non in quota ma a terra, e, pur avendone verificato la presenza, limitandosi a segnalare il rischio senza prevedere a un'integrazione del piano di sicurezza o a sospendere i lavori; stante la assoluta inadeguatezza della delimitazione dell'area dove si trovavano i tralicci verniciati, in posizione verticale, in un area delimitata dal solo nastro rosso in plastica.
3. La sentenza della Corte di Appello, come indicato in premessa, ha confermato il giudizio di responsabilità degli imputati ritenuto dai Giudici di primo grado alla luce delle sussistenza dei profili di colpa generica e specifica specificatamente contestati e sopra riportati e richiamando il materiale istruttorio acquisito.

4. I ricorsi
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati C.M., M.G., P.G..
4.1 La difesa di C.M.
I) Con il primo motivo lamenta difetto assoluto anche sotto il profilo grafico della motivazione e omessa risposta alle censure riportate nei motivi di appello riferiti al difetto di correlazione tra accusa e sentenza di condanna in quanto al ricorrente non poteva essere addebitato il posizionamento pericoloso dei telai; mentre quanto alla adeguatezza della recinzione con nastro rosso i giudici non hanno spiegato quale tipo di differente presidio doveva essere adottato per impedire la condotta sciagurata del lavoratore che ha attraversato la zona recintata contravvenendo alle disposizioni impartite di non oltrepassare il nastro che interdiceva l'accesso alla parte del cantiere dove si trovavano i tralicci verniciati; che non competeva alla Gescomont ingerirsi nella scelta tecnica della sub appaltatrice che doveva effettuare le verniciature e aveva ritenuto di posizionare i telai in posizione verticale su piedistalli di legno tanto più che vi era la presenza della Giovi, quale appaltante; il dipendente persona offesa aveva posto in esser un comportamento imprevisto e imprevedibile connotato da abnormità al di fuori del segmento di lavoro che gli apparteneva e pertanto la sua condotta aveva interrotto il nesso di causa;
II) Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione per difetto di correlazione tra la sentenza e l'addebito contestato al capo A in relazione al B che non sarebbe idoneo a ricomprendere come profilo di colpa specifica addebitabile al C.M. le modalità di collocazione dei telai e di idonea segnalazione dell'area del cantiere adibita alle operazioni di verniciatura che era di stretta competenza del M.G.. Il C.M. aveva fatto espresso divieto ai propri lavoratori di varcare l'area deputata alla verniciatura; l'incidente è avvenuto durante la pausa del pranzo allorché il lavoratore e in violazione delle disposizioni ricevute aveva varcato l'area recintata incurante della presenza del nastro che ne impediva l'accesso per recarsi alla mensa. La Gescomont era estranea alla posizione di garanzia relativa all'area adibita alla verniciatura dei tralicci e messa a disposizione da Giovi, e alla loro collocazione che avvenne sotto la responsabilità e la direzione del M.G.. Nessun onere di coordinamento vi era tra le imprese in questione come erroneamente ritenuto dal Tribunale ( fol 23);
III) Con il terzo motivo deduce la violazione della legge penale e in
particolare degli artt. 40.41 e 43 quanto alla colpa esclusiva del lavoratore e il difetto di addebitabilità dell'evento alla condotta del ricorrente per mancanza del nesso di causalità; ciò in quanto l'infortunio è avvenuto tra l'altro fuori dell'orario di lavoro nella pausa pranzo e fuori delle mansioni di operaio montatore cui era addetto mentre si recava a mangiare contravvenendo le disposizioni impartite di non varcare quell'area ritenuta comunque a rischio in cui si trovavano i tralicci verniciati.
4.2 La difesa di M.G. ha articolato i seguenti motivi:
I)Violazione di legge per carenza o mera apparenza della motivazione in quanto le censure difensive sono state rigettate senza esplicitare un percorso logico argomentativo comprensibile. La Corte territoriale si è limitata a richiamare in maniera meramente assertiva le motivazioni del primo giudice non facendosi carico dei motivi e delle censure della difesa e in particolare con riferimento al nesso di causa senza accennare alla ipotesi alternativa offerta dalla difesa nemmeno per confutarla.
4.3 La difesa di P.G. ha articolato i seguenti motivi;
I) vizio di legge 191,238 cod.proc.pen perché all'esito della riunione dei due procedimenti in grado di appello sono state utilizzate prove acquisite del distinto procedimento a carico dei coimputati C.M., M.G. T.M., cui il P.G. non aveva partecipato. 
II)violazione di legge ed in particolare delle norme stabilite a pena di nullità contenute negli art. 125 e 546 lett. e) cod.proc.pen.
Nell'iter motivazionale della sentenza non si comprende quali prove la Corte abbia utilizzato per ricostruire i fatti relativi all'incidente mortale in cui rimase coinvolta la persona offesa ed in particolare per addebitare al P.G. di non aver vigilato sul corretto posizionamento dei telai all'interno dell'area e non controllato le modalità di chiusura della parte di cantiere adibita alla verniciatura dei tralicci. Lamenta a tal proposito che illogicamente la Corte di appello non ha ritenuto attendibili né valutato le prove contrarie all'accertamento dei fatti e alla responsabilità penale del P.G.. In particolare risulta secondo la prospettazione difensiva che tra il 26 aprile e il 7 maggio il P.G. avesse messo in essere una serie di attività di coordinamento proprio per garantire la sicurezza della zona dove erano stati lasciati i tralicci verniciati, avendo impartito specifiche disposizioni il 2 e il 7, maggio nelle riunioni di coordinamento con il C.M. responsabile per la sicurezza della Gescomont, affinchè i tralicci venissero rimessi in ordine con impacchettamento orizzontale come previsto dal POS.
Secondo la tesi difensiva ( il teste addotto dalla difesa B.) i tralicci erano stati messi in posizione verticale dalla Gescomont, dopo il controllo della zona da parte del coordinatore della sicurezza, forse per facilitare le operazioni di montaggio ( fol. 10 ricorso), tesi che sarebbe avvalorata dalla Ct di parte dell'Ing. C. secondo il quale nella stessa mattinata dell'infortunio il 7 maggio fu intrapresa un'azione di movimentazione delle travi messe in verticale per accelerare il montaggio all'insaputa del P.G..
Con il terzo motivo deduce la carenza di motivazione in ordine all'affermazione di penale responsabilità e in ordine alle ragioni che giustificano il superamento delle doglianze proposte in appello e il loro carattere di decisività.
 

 

Diritto

 


1. Alcune considerazioni di premessa giovano ad una più spedita trattazione dei motivi di ricorso appena riassunti.
I punti della ricostruzione condivisi nelle sentenze di merito (Trib. Roma del 24.05.2012 e 6.12.2013) e sulla base degli atti istruttori compiuti (testimonianze sopralluoghi degli operatori PG rI.I.vi fotografici acquisizioni documentali) e richiamati nella sentenza impugnata sono i seguenti.
Il sinistro mortale è avvenuto all'interno dell'area del cantiere di Malagrotta ove la ditta Giovi s.r.l. proprietaria dell'area procedeva alla costruzione di manufatti e fabbricati destinati alla centrale di gassificazione per la produzione di energia elettrica dal CDR prodotto dagli impianti di Malagrotta 1 e Malagrotta 2; nel cantiere operava la ditta Gescomont con contratto di sub appalto per il montaggio in quota e per la posa in opera dei tralicci di un capannone e la impresa M.G. con sub appalto per l'attività di tinteggiatura dei tralicci.
Le attività di tinteggiatura erano state avviate il 16 marzo 2007 all'interno del cantiere ove i telai non verniciati erano stati posizionati in terra in un area che era stata individuata dal direttore di cantiere della committenza Giovi; l'area del cantiere per la tinteggiatura era delimitata con un nastro in plastica rosso bianco; il 26 aprile 2007 la ditta M.G., terminate le operazioni di verniciatura lasciava i telai reticolati, del peso di diversi quintali ciascuno (Kg. 579), all'interno dell'area delimitata, in posizione verticale, appoggiati a coltello su stecchetti di legno ( fol. 4 sentenza primo grado del 24.05.2012 ) a loro volta posizionati al suolo costituito da pietrisco e quindi di per sé instabile (fol 1. sentenza primo grado 6.12.2013) e dava formale avviso alla ditta noleggiatrice del cestello utilizzato per le verniciature in quota che nel noleggio sarebbe subentrata la Gescomont ( fol. 3 sentenza 24.05.2012 primo grado). I telai lasciati erano quelli che servivano per la copertura dei fabbricati e che dovevano essere quindi montati per ultimi.
Il 2 maggio C.M. e P.G. nelle rispettive qualità provvedevano a verificare la sicurezza dell'area ( fol. 4 sentenza primo grado 24.05.2012).
In data 7 maggio 2007, al momento della pausa pranzo, l'operaio della Gescomnont, I.I., percorreva per andare a consumare il pranzo a piedi l'area delimitata, mentre il collega T.M. diretto anche lui nello stesso posto era alla guida di un muletto meccanico e, nell'effettuare con una condotta imprudente negligente e imperita una manovra in retromarcia, con la benna sporgente si protendeva nell'area recintata urtava uno dei telai appoggiati in verticale che, a sua volta, si poggiava sugli altri facendoli cadere e schiacciando I.I. che in quel momento stava attraversando l'area e che riportava lesioni gravissime che lo conducevano a morte . Alla condotta colposa del T.M. per le conseguenze fattuali derivatene è stata attribuito sul piano della ricostruzione eziologica del fatto il ruolo di ultima concausa scatenante l'evento (effetto domino sui telai e investimento dell'I.I.), tale peraltro da non escludere le condotte colpose degli altri imputati titolari delle posizioni di garanzia imputati.
2. Va premesso che all'epoca dell'infortunio erano ancora in vigore le disposizioni in materia di valutazioni di rischio di cui al Dlgs 626/1994 (artt. 4 e 7), anche se sul piano sostanziale ciò non ha un significativo effetto in quanto le disposizioni succedutesi (D.Lgs 81/2008) hanno una corrispondenza contenutistica (Sez. 4, 42018 del 12.10.2011, rv 251932). 
Il sistema di sicurezza aziendale si configura come procedimento di programmazione della prevenzione globale dei rischi e tale logica riguarda anche la gestione dei rischi in caso di affidamento dei lavori a singole imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi all'interno dell'azienda o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito del ciclo produttivo dell'azienda medesima.
Grava sul datore di lavoro, committente, l'obbligo di predisporre il documento di valutazione dei rischi derivanti dalle possibili interferenze tra le diverse attività che si svolgono in successione o contestualmente all'interno di un'area.
Grava specularmente sugli stessi datori di lavoro, ai quali sono stati appaltati segmenti dell'opera complessa, l'obbligo di collaborare all'attuazione del sistema prevenzionistico globalmente inteso, sia mediante la programmazione del rischio specifico della singola attività in ordine alla quale la posizione di garanzia rimane a carico del singolo datore di lavoro, sia mediante la cooperazione nella prevenzione dei rischi generici derivanti dall' interferenza tra le diverse attività rispetto a cui la posizione di garanzia si estende a tutti i datori di lavoro ai quali siano riferibili le plurime attività coinvolte nel processo causale che ha dato origine all'infortunio (Sez. 4 n. 30557 del 7.06.2015 rv 267686- 01; Sez. 4 n. 5420 del 15.12.2011: sez. 4 n. 36605 del 5.05.2011 ; sez. 4 n. 32119 del 25.03.2011 ).
E' stato chiarito dalla Suprema Corte che, fermo restando l'obbligo della valutazione dei rischi di cui all'art. 4 d. Lgs 626/1994 e fermi restando gli obblighi di cooperazione e di coordinamento previsti dall'art. 7 d.lgs citato, confermati dalla nuova disciplina - art. 26 comma 1 D.lgs 81/2008 - successiva all'infortunio in esame, il datore di lavoro dell'impresa appaltatrice non può più essere ritenuto responsabile - in applicazione dell'art. 2 quarto comma cod.pen - dell'omessa redazione del documento di valutazione dei rischi di cui all'art. 7 comma 1 citato, gravando tale obbligo sul datore di lavoro committente, nel di specie la Giovi s.r.l.,e cioè su colui che ha la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l'appalto o la prestazione di lavoro autonomo (Sez. 4 n. 14167 del 12.03.2015 Marzano,rv. 263150).
2.1. Giova richiamare inoltre che questa Suprema Corte ha da tempo chiarito che, se sono più i titolari della posizione di garanzia come nel caso di specie, ciascun garante risulta per intero destinatario dell'obbligo di impedire l'evento fino a che non si esaurisca il rapporto che ha originato la singola posizione di garanzia (Sez.4 n. 46849 del 3.11.2011 rv 252149; Sez. 4 n.8593 del 22.01.2008 rv.238936). 
E, ancora, che, quando l'obbligo di impedire un evento ricade su più persone che debbano intervenire o intervengano in momenti diversi, il nesso di causalità tra la condotta omissiva o commissiva del titolare di una posizione di garanzia non viene meno per effetto del successivo mancato intervento da parte di altro soggetto, parimenti destinatario dell'obbligo di impedire l'evento, configurandosi un concorso di cause ex art. 41 comma primo cod. pen ( Sez. 4 n. 244455 del 22.04.2015 rv 263733-01;sez. 4 n. 37992 del 11.07.2012 rv 254368-01; sez. 4 n.1194 del 15.11.2013 rv 258232).
Si è poi precisato che, ai fini della attività di valutazione di coordinamento e cooperazione connessa al rischio interferenziale, secondo quanto previsto dall'art. 7 D.lgs 626/1994 ( ora art. 26 D.lgs 81/08 ), occorre avere riguardo inoltre, non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro -contratto di appalto, d'opera o di somministrazione-, ma all'effetto che da tale rapporto origina, vale a dire alla concreta interferenza e coesistenza -di più organizzazioni, che genera la posizione di garanzia dei datori di lavoro ai quali fanno capo le distinte organizzazioni (Sez. 4 n. 44792 del 17.06.2015 rv 264957-01).
Tale coinvolgimento, funzionale nella procedura di lavoro di diversi plessi organizzativi, non esclude poi la necessità di adottare le misure previste per i diversi rischi specifici, a meno che non risultino inefficaci o dannose ai fini della sicurezza dell'ambiente di lavoro (Sez. 4 n.18200 del 7.01.2016 rv 266640-01).
Gli obblighi di cooperazione e coordinamento gravanti a norma dell'art. 7 del D.lgs 626/1994 sui datori di lavoro rappresentano la "cifra" della loro posizione di garanzia e sono rilevanti anche per delimitare l'ambito della loro responsabilità.
L'assolvimento di tali obblighi risponde all'esigenza antinfortunistica - avvertita come primaria anche dal legislatore europeo -di gestire preventivamente tale categoria di rischio.
La vigente tutela penale dell'integrità psicofisica dei lavoratori risente, infatti, della scelta di fondo del legislatore di attribuire rilievo dirimente al concetto di prevenzione dei rischi connessi all'attività lavorativa e di ritenere che la prevenzione si debba basare sulla programmazione globale del sistema di sicurezza aziendale, nonché su un modello collaborativo e informativo di gestione del rischio da attività lavorativa, dovendosi così ricomprendere nell'ambito delle omissioni penalmente rilevanti tutti quei comportamenti dai quali sia derivata una carente programmazione dei rischi.
La identificazione dell'area di rischio e dei soggetti deputati alla sua gestione serve ad arginare la potenziale espansività della causalità condizionalistica, consentendo di imputare il fatto solo a coloro che erano chiamati a gestire il rischio concretizzatosi.
2.2. Vale anche l'ulteriore precisazione, secondo un principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, che, l’imprenditore, quand'anche frazioni il ciclo produttivo avvalendosi di strumenti contrattuali finalizzati ad alleggerire sul piano burocratico-organizzativo la struttura aziendale, non perde la sua posizione di garante dell'Incolumità fisica e della salvaguardia della personalità di tutti coloro che contribuiscono alla realizzazione del suo programma lavorativo e produttivo,( così Sez. 4, n. 37588 del 05/06/2007 Ud. (dep. 12/10/2007 ) Rv. 237771 - 01 che in applicazione di tale principio ha ritenuto la responsabilità dell'imprenditore che aveva subappaltato i lavori in luoghi esterni all'impresa).
In questa prospettiva, merita di essere ricordato che l'obbligo posto a carico dei titolari delle posizione di garanzia individuate, da ultimo, nel D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 2, comma 1, lett. b), d) ed e), di attivarsi positivamente per organizzare le attività lavorative in modo sicuro è di tale spessore che non potrebbe neppure escludersi una responsabilità colposa dei medesimi allorquando non abbiano assicurato tali condizioni, in quanto, al di là dell'obbligo di rispettare le prescrizioni specificamente volte a prevenire situazioni di pericolo o di danno, sussiste pur sempre quello di agire in ogni caso con la diligenza, la prudenza e l'accortezza necessarie ad evitare che dalla propria attività derivi un nocumento a terzi, in quanto l'obbligo di garantire la sicurezza sul luogo di lavoro si estende anche nei confronti di terzi non dipendenti dall'impresa.
Le disposizioni prevenzionali sono quindi da considerare emanate nell'interesse di tutti, finanche degli estranei al rapporto di lavoro, occasionalmente presenti nel medesimo ambiente lavorativo, a prescindere, quindi, da un rapporto di dipendenza diretta con il titolare dell'impresa. Con la conseguenza che, in caso di lesioni e di omicidio colposi, perché possa ravvisarsi l'ipotesi del fatto commesso con violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, è necessario e sufficiente che sussista tra siffatta violazione e l'evento dannoso un legame causale, il quale ricorre tutte le volte che il fatto sia ricollegabile alla inosservanza delle norme stesse secondo i principi dettati dagli artt. 40 e 41 cod.pen.
3. La sentenza della Corte territoriale risulta aver fatto corretta applicazione dei principi giuridici sopra richiamati.
In particolare la Corte territoriale, alla luce della ricostruzione fattuale già sopra descritta e sostanzialmente non messa in discussione dalle difese dei ricorrenti ha ritenuto che fossero titolari di una posizione di garanzia e gestori del rischio interferenziale sia P.G., che per la Giovi, impresa committente, era responsabile per la sicurezza e aveva il ruolo di coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione dei lavori appaltati alla Gescomont e quelli concessi in sub appalto alla M.G.; sia C.M. preposto, responsabile della sicurezza e direttore tecnico per la Gescomont, che M.G. legale rappresentante dell'impresa omonima e responsabile di cantiere.
La Corte territoriale e i Giudici di merito hanno qualificato correttamente i comportamenti colposi a carico del P.G. nella qualità di coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione per conto della Giovi che aveva la disponibilità giuridica del cantiere e a cui, nella qualità di committente dei lavori, competeva, avendone peraltro piena consapevolezza, la valutazione del rischio inerente la permanenza e il posizionamento a terra dei tralicci già verniciati, nonché l'adeguatezza dei pos delle ditte coinvolte nell'esecuzione dei lavori e il rispetto delle prescrizioni riguardanti le aree di stoccaggio; così come gli obblighi di coordinamento e cooperazione connessi al rischio interferenziale dettati dall'art. 7 D.lgs 626/1994 si estendevano a carico degli altri imputati M.G., datore di lavoro per l'impresa omonima, e C.M., preposto per la Gescomont, ai quali erano riconducibili le plurime attività coinvolte nel processo causale che ha dato origine all'Infortunio e i cui Pos non rispettavano i requisiti minimi di sicurezza come rilevato dai funzionari ASL Roma B, intervenuti sul luogo dell'infortunio (fol 2 sentenza primo grado 2013).
A carico di ciascuno degli imputati possono individuarsi obblighi giuridici impeditivi (peraltro specificatamente contestati anche nelle ipotesi contravvenzionali dichiarate estinte per prescrizione) connessi a poteri organizzativi, informativi o di disposizione di misure di sicurezza descritti nelle contestazioni relativi sia alla scelta di verniciare in quota i tralicci (cui ha partecipato il C.M. e il M.G. fol 18 sentenza di primo grado del 24.05.2012), sia al corretto posizionamento dei telai- tralicci, del peso di vari quintali verniciati, lasciati appoggiati su pezzetti di legno verosimilmente per favorirne l'imbracamento (fol 18 sentenza primo grado 2012 e n. 12 pos Gescomont), dopo le operazioni di verniciatura, in posizione verticale, e quindi in una situazione di concreto pericolo di caduta al suolo ( fol 6 sentenza appello e 20 sentenza primo grado 2012), sia all'omessa vigilanza e informazione sulla situazione di rischio connessa alla mancata realizzazione di un'efficace chiusura dell'area di lavoro utilizzata per la verniciatura e per il deposito dei tralicci in posizione verticale, delimitata solo da un nastro rosso e bianco di plastica, inidonea a impedire l'accesso di soggetti non autorizzati o estranei in uno spazio oggettivamente foriero di pericolo, condotte di prevenzione che se fossero state 
svolte da ciascuno, in base al ruolo di garanzia ricoperto, attraverso un'azione coordinata e reciproca erano idonee ad evitare il verificarsi dell'evento mortale.
5. Passando ora all'esame delle singole posizioni dei ricorrenti.
5.11 motivi di ricorso di C.M., che possono essere trattati congiuntamente, attinendo tutti secondo profili diversi, al riconoscimento della posizione di garanzia in capo all' imputato, sono infondati.
Con riferimento al primo motivo e al terzo motivo si osserva, infatti, che la Corte territoriale ha affrontato con argomentazione logica e coerente tutti gli aspetti censurati nei motivi di appello, connessi alla posizione di garanzia ricoperta dal C.M., agli obblighi connessi e alla sussistenza del nesso causale. Ne deriva che sul punto ci si trova di fronte ad una cd. "doppia conforme" in cui le motivazioni delle sentenze di primo e di secondo grado si integrano a vicenda, formando un unico percorso logico-argomentativo che, nel caso in esame, appare certamente congruo e adeguato, oltre che giuridicamente corretto.
Tanto premesso, con riguardo alla dedotta carenza di motivazione non si può tralasciare di ricordare che, nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, è costante l'affermazione di principio secondo la quale nella motivazione della sentenza il giudice del gravame di merito non è tenuto a compiere un'esplicita analisi di tutte le deduzioni delle parti né a fornire espressa spiegazione in merito al valore probatorio di tutte le emergenze istruttorie, essendo necessario e sufficiente che spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dalle quali si dovranno ritenere implicitamente disattese le opposte deduzioni difensive ancorché non apertamente confutate. In altre parole, non rappresenta vizio censurabile l'omesso esame critico di ogni questione sottoposta all'attenzione del giudice di merito qualora dal complessivo contesto argomentativo,come è avvenuto nel caso di specie, sia desumibile che alcune questioni siano state implicitamente rigettate o ritenute non decisive, essendo a tal fine sufficiente che la pronuncia enunci con adeguatezza e logicità gli argomenti che si sono ritenuti determinanti per la formazione del convincimento del giudice (Sez.l, n.46566 del 21/02/2017, M, Rv. 27122701; Sez.2, n.9242 del 8/02/2013, Reggio, Rv.25498801; Sez.6, n.49970 del 19/10/2012, Muià, Rv.25410701; Sez.4, n.34747 del 17/05/2012, Parisi, Rv.25351201; Sez.4, n.45126 del 6/11/2008, Ghisellini, Rv.24190701).
Con riferimento al secondo motivo va osservato inoltre che secondo la giurisprudenza di questa Corte nei procedimenti per reati colposi, la sostituzione o l'aggiunta di un particolare profilo di colpa, sia pure specifica, al profilo di colpa originariamente contestato, non vale a realizzare diversità o immutazione del fatto ai fini dell'obbligo di contestazione suppletiva di cui all'art. 516 cod. proc. pen. e dell'eventuale ravvisabilità, in carenza di valida contestazione, del difetto di correlazione tra imputazione e sentenza ai sensi dell'art. 521 stesso codice (Sez.4 n.18390 del 15.02.2018 rv 273265-01; Sez. 4 n.27389 dell'8.03.2018 rv 273588-01; sez. 4 53455 del 15.11.2018 rv 274500-02). Peraltro sul punto la Corte territoriale ha logicamente e coerentemente, sia pure sinteticamente motivato, in risposta alla identica censura proposta in appello, argomentando sulla base dei principi già sopra esposti, in relazione alla sussistenza di una condotta di cooperazione colposa a carico del ricorrente che nella sua qualità di preposto doveva non solo vigilare e informare adeguatamente i lavoratori ma porre azioni concrete e coordinate con il P.G. e il M.G., volte alla prevenzione del rischio nell'area del cantiere addetta alla verniciatura e al deposito a terra dei tralicci, che poi dovevano essere prelevati e montati dalla Gescomont, condotte che sarebbero state idonee a prevenire l'intrusione nell'area dei tralicci, imprudentemente collocati in posizione verticale e lì rimasti pur dopo la verniciatura terminata il 26 aprile 2007, e quindi vari giorni prima dell'infortunio, in attesa del montaggio ad opera della Gescomont.
D'altro canto è principio più volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che nel caso in cui sia stata eccepita nel giudizio di merito una pretesa violazione di norme processuali, il giudice non deve dare luogo ad alcuna motivazione se la violazione denunciata non sussiste; ne consegue che non può invocarsi in sede di legittimità il difetto di motivazione se, stante la infondatezza dell’eccezione, il giudice non si sia soffermato sulla stessa nel discorso argomentativo a supporto della decisione adottata. Sez. 4 - , n. 47842 del 05/10/2018 Cc. (dep. 19/10/2018 ) Rv. 274035 - 01.
5.2 I motivi di ricorso di M.G. sono parimenti infondati. La Corte territoriale con un percorso logico argomentativo coerente e solido, che tiene conto anche dei risultati istruttori del primo Giudice, fol 4, ha individuato la posizione di garanzia del M.G. cui in sub appalto erano stati affidati i lavori di tinteggiatura dei tralicci e le condotte omissive e commissive connesse, soprattutto riferibili all'aver posto i telai per le operazioni verniciature in posizione verticale, lasciandoli in tale rischiosa e instabile posizione a fine lavoro nel cantiere, in un'area delimitata solo da un nastro in plastica ed esposti perciò a pericolo di caduta, in considerazione del peso elevato e della base di appoggio ridotta ed instabile, e ciò senza coordinarsi con le altre imprese operanti nel cantiere, in particolare con il P.G. per la Giovi e con il C.M. per la Gescomont, e senza predisporre un'adeguata delimitazione dell'area si da scongiurare l'ingresso di estranei o di addetti o comunque di personale non autorizzato esposto al pericolo di caduta di reticolati di un peso di diversi quintali.
5.3 I motivi del ricorso di P. sono infondati.
Quanto al primo motivo è manifestamente infondato in quanto nessuna impugnazione, invero, è prevista per i provvedimenti di riunione e di separazione dei processi, che, essendo normalmente inoppugnabili (Cass., sez. I, 25 novembre 1994, Giuga, m. 200235), saranno ricorribili per cassazione solo in quanto abnormi (Cass., sez. V, 9 aprile 1992, Ciarrapico, m. 190616; Cass, sez. I, 4 giugno 1993, Romeo, m. 194737); anche perché la violazione degli art. 17, 18 e 19 non determina invalidità (Cass., sez. V, 14 aprile 1992, D'Agostino, m. 190986; Cass, sez. Ili, 11 febbraio 1993, Pittori, m. 194117), salvo quando risulti applicabile l'art. 178 lettera c) ove il giudice non abbia sentito alcuno degli interessati (Cass., sez. I, 19 maggio 1993, La Ruffa, m. 195508), essendo possibile sia l'acquisizione di prove di altro procedimento (art. 238 c.p.p.), sia l'escussione di persone imputate in procedimento connesso o collegato (art. 210).( cfr. Sez. 5 ordinanza n. 225 del 1999 rv 213345-01). Tra l'altro nel caso di specie si trattava di processi connessi ai sensi dell'art. 12 lett. a) cod.proc.pen pendenti dinanzi allo stesso giudice nello stesso grado ( ex art. 17 cod.proc.pen) e quindi legittimamente riuniti.
Il secondo e terzo motivi proposti investono profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto riservati alla cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell'iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. In tema di sindacato del vizio di motivazione, infatti, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all'affidabilità delle fonti di prova, bensì di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U. ,13-12-1995, Clarke, Rv. 203428). 
Nel caso di specie, dalle cadenze motivazionali della sentenza impugnata, integrata da quella di primo grado, è enucleabile una attenta analisi della regiudicanda, poiché i Giudici di merito sono pervenuti alle ricostruzione dei fatti descritti al paragrafo 1. attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile, sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede. Ciò si desume, in particolare, dalle considerazioni formulate dal giudice a quo, segnatamente laddove evidenzia a fol 7 che P.G., nei cui confronti è stato elevato specifico verbale di contravvenzione da parte dell'Ispettore ASL, G. ai sensi dell'art. 5 comma 1 lett. A e B e art. 21 D.Lgs 494/1996 (acquisito in atti fol 4 sentenza primo grado del 2013), in forza della carica ricoperta e della connessa posizione di garanzia di responsabile della sicurezza durante la esecuzione per conto della committente Giovi s.r.l., è venuto meno agli obblighi di prevenzione dei rischi e di vigilanza nei confronti dei dipendenti della Giovi e dei lavoratori della Gescomont e della M.G., nel momento in cui ha condiviso o comunque non ha vigilato sul corretto posizionamento dei telai all'interno dell'area, collocati imprudentemente in posizione verticale, non solo per le operazioni di verniciatura ma li lasciati anche dopo l'ultimazione di tali operazioni, senza vigilare nemmeno sull'adeguata chiusura dell'area mediante una delimitazione che non consentisse a terzi, estranei o lavoratori, l'accesso stante il concreto pericolo di caduta dei tralicci. Il giudice di prime cure sul punto con motivazione che si integra con quella della Corte territoriale, trattandosi di doppia conforme, ha affermato alla luce delle specifiche contestazioni effettuate dagli ispettori della Asl che l'imputato omise di controllare efficacemente che le ditte Gescomont e M.G. garantissero l'assoluta sicurezza in relazione alle strutture metalliche in questione sia di intervenire di fronte alla situazione di estremo pericolo per rendere assolutamente impraticabile l'area in questione. Le ridotte misure adottate ( un semplice nastro colorato e un verbale di coordinamento assolutamente generico nelle prescrizioni) erano assolutamente inidonee a proteggere in maniera adeguata il personale addetto al cantiere dalle conseguenze derivanti dal persistente pericolo determinatosi nell'area interessata dall'instabile posizionamento verticale delle strutture metalliche medesime, pesanti vari quintali. Lo stesso Giudice di primo grado aveva già valutato e considerato poco verosimile la tesi difensiva dell'imputato, peraltro priva di riscontri oggettivi in atti, secondo cui il posizionamento delle travi, del peso di vari quintali, in senso verticale sarebbe avvenuto la mattina stessa dell'infortunio, il 7 maggio, a opera di "soggetti imprecisati" e all'improvviso, in un brevissimo lasso di tempo, senza che il P.G. ne avesse notizia ( fol 6).
D'altro canto nei verbali di riunione di coordinamento del 2 e del 5 maggio 2007 sottoscritti dal P.G. e dal C.M., di cui si fa menzione nella sentenza di primo grado del 6.12.2013, pronunciata nei confronti del P.G. e richiamati anche nei motivi di ricorso, si fa riferimento all'area interessata dall'impresa M.G. e al fatto che la zona essendo inibita con apposita segnalazione( nastro rosso) rimarrà non accessibile a qualunque operaio e si indica in maniera generica:"si procederà successivamente allo stoccaggio con impacchettamento". La criticità dell'area era quindi nota perché le strutture non erano oggettivamente impacchettate né stoccate (fol 4 sentenza 6.12.2013) e il P.G. in forza dei poteri che gli competevano, in relazione alla sua posizione di garanzia, che fossero attuate le misure precauzionali adeguate che avrebbero consentito di eliminare la situazione di estremo pericolo o quanto meno di rendere assolutamente impraticabile l'area in questione.
Trattasi dunque di apparato esplicativo puntuale, coerente, privo di discrasie concettuali , del tutto idoneo a rendere intelligibile l'iter logico-giuridico seguito dal giudice e perciò a superare lo scrutinio di legittimità. Né la Corte suprema può esprimere alcun giudizio sull'attendibilità delle acquisizioni probatorie, (in particolare il teste di difesa Bu. con il ruolo di assistente del Geometra P.G.) giacché questa prerogativa è attribuita al giudice di merito, con la conseguenza che le scelte da questo compiute, se coerenti sul piano logico, con una esauriente analisi delle risultanze agli atti, si sottraggono al sindacato di legittimità ( Sez. U. 25-11-1995 , Facchini , Rv. 203767).
6. Al rigetto segue la condanna al pagamento delle spese processuali.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 26.03.2019