Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. Lav., 11 aprile 2019, n. 10230 - Caduta da una scala. Liquidazione del danno biologico cd. differenziale


 

 

Presidente: DI CERBO VINCENZO Relatore: CINQUE GUGLIELMO Data pubblicazione: 11/04/2019

 

 

 

Fatto

 


1. La sentenza impugnata della Corte di appello di Venezia, dagli estremi cronologico e numerico descritti in epigrafe, ha confermato la pronuncia del Tribunale di Treviso (n. 218/2010) che, su domanda di A.N., tutrice di C.M., aveva condannato la società Bresolin srl al pagamento di euro 804.773,60 a titolo di risarcimento del danno per l'infortunio occorso al predetto C.M. il quale, in data 16.3.2005, era caduto da una scala appoggiata ad un silos, mentre aiutava un collega nelle operazioni di sollevamento di un saccone di arachidi (cd. big bag) che, a seguito del distacco improvviso di una delle corde del carrello elevatore che lo tenevano legato, era andato a colpire la tramoggia di carico del silos ove si trovava il lavoratore, determinandone la caduta.
2. E' utile evidenziare, quanto ai profili della sentenza interessati, che essa: a) ha escluso che il lavoratore non avesse assolto l'onere di dimostrare la responsabilità datoriale nella causazione del sinistro, atteso che la dinamica del sinistro, incontestata, rendeva provata l'esistenza dell'infortunio ed il nesso causale con le lesioni patite dallo C.M., mentre il datore di lavoro non aveva dimostrato di avere adottato tutte le doverose cautele per evitare il fatto; b) ha affermato che correttamente non erano state detratte, dalla quantificazione del danno operato in prime cure, tutte le somme ricevute dall'lNAIL in applicazione di una comparazione qualitativamente omogenea delle voci del danno, effettuando un raffronto all'interno della medesima tipologia di pregiudizio; c) ha rilevato che non era viziata di ultra-petizione, essendovi stata una specifica richiesta, la pronuncia di primo grado che aveva riconosciuto al lavoratore le spese per l'assistenza ospedaliera né le stesse andavano detratte dall'Importo complessivo di corrispondere, per avervi provveduto l'INAIL, perché ciò non risultava dal prospetto di calcolo del valore capitale della rendita.
3. La Bresolin srl la ha impugnata per cassazione, contestandole un motivo.
4. A.N., nella qualità, resiste con controricorso, illustrato con memoria. 
 

 

Diritto

 


1. Il motivo del ricorso denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10 DPR n. 1124/1965 e 13 D.lgs n. 38/2000, in relazione all'art. 360 c. 1 n. 3 cpc, per non avere il Collegio veneziano, in adesione alla pronuncia di prime cure, detratto da quanto ritenuto dovuto al lavoratore a titolo di risarcimento per il sinistro di cui era rimasto vittima, l'intero importo della capitalizzazione della rendita riconosciuta dall'Ente assistenziale perché tale posta di natura indennitaria limitava la legittimazione ad agire dell'infortunato nei confronti del datore di lavoro, per vedersi corrispondere il cd. "danno differenziale", inteso in senso quantitativo, unicamente per ottenere la differenza (se esistente) tra danno subito in conseguenza del sinistro, determinato in ossequio ai criteri civilistici, ed indennità liquidatagli dall'INAIL. Conclude l'argomentazione della censura con l'affermazione che, dall'importo del danno complessivo subito in conseguenza del sinistro, quantificato in euro 1.039.352,00, andava detratto l'intero importo della capitalizzazione della rendita riconosciuta dall'Ente assistenziale, pari ad euro 520.000,00 e non solo la quota parte di euro 234.578,49 a titolo di danno non patrimoniale.
2. La censura è infondata.
3. Invero, la gravata sentenza è conforme al principio, ormai consolidato in sede di legittimità, secondo cui in tema di liquidazione del danno biologico cd. differenziale, va operato un computo per poste omogenee, sicché dall'ammontare complessivo del danno biologico deve essere detratto non già il valore capitale dell'intera rendita costituita dall'INAIL, ma solo il valore capitale della quota di essa destinata a ristorare, ex art. 13  del d.lgs. n. 38 del 2000, il danno biologico stesso, con esclusione, invece, della quota rapportata alla retribuzione e alla capacità lavorativa specifica dell'assicurato, volta all'indennizzo del danno patrimoniale (cfr. Cass. n. 27669 del 2017; Cass. n. 20807 del 2016; Cass. n. 13222 del 2015).
4. Nella fattispecie in esame i giudici del merito hanno proceduto correttamente, in ossequio alla suddetta impostazione giuridica, alla determinazione dei danni subiti dal lavoratore, procedendo, poi, con riguardo alla rendita corrisposta dall'INAIL, alla sottrazione del solo importo relativo al danno biologico per «poste omogenee», non considerando, quindi, quello patrimoniale da ridotta capacità lavorativa specifica.
5. Va da ultimo precisato che, come ritenuto di recente da questa Corte (cfr. Cass. n. 8580 del 2019) con un condivisibile indirizzo - per le argomentazioni svolte e che qui si intendono integralmente richiamate - cui va data continuità, le modifiche dell'art. 10 del DPR n. 1124 del 1965, introdotte dall'art. 1, comma 1126, della legge n. 145 del 2018, non possono trovare applicazione in riferimento agli infortuni sul lavoro verificatisi e alle malattie professionali denunciate prima dell'l.1.2019, data di entrata in vigore della citata legge finanziaria. Quindi, la novella in esame non ha rilievo nel presente procedimento che ha ad oggetto un infortunio verificatosi prima dell'entrata in vigore della legge n. 145 del 2018.
6. Da quanto esposto, consegue, quindi, il rigetto del ricorso atteso che, nel caso de quo, i criteri di liquidazione del danno differenziale sono stati operati con la corretta applicazione delle norme di legge di cui agli artt. 13 D.lgs. n. 38 del 2000, 10 DPR n. 1124 del 1965, ratione temporis vigenti, in rapporto agli artt. 2043 e 2059 cc.
7. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
8. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.
 

 

P.Q.M.

 


La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie della misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell'alt. 13, comma 1 quater del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. Così deciso in Roma il 28 novembre 2018 e l'11.3.2019