Cassazione Penale, Sez. 4, 19 aprile 2019, n. 17207 - Corretto utilizzo del carrello elevatore. Non può essere abnorme il comportamento del lavoratore che agisce seguendo una direttiva del datore di lavoro


Presidente: PICCIALLI PATRIZIA Relatore: NARDIN MAURA Data Udienza: 06/02/2019

 

 

Fatto

 

1. Con sentenza del 19 giugno 2017 la Corte di Appello Venezia ha confermato la sentenza del Tribunale di Rovigo con cui R.B. stato ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 590, comma 1A e 3A cod. pen. per avere colposamente cagionato lesioni personali gravi a A.O., perché con imprudenza, negligenza ed imperizia ed in violazione delle norme di prevenzione e sicurezza dei luoghi di lavoro ed in particolare degli artt. 37 e 71, comma 7A d.lgs. 81/2008, non provvedeva a formare ed informare il lavoratore sui rischi delle mansioni che era chiamato a svolgere, in particolare in ordine alla conduzione di carrelli elevatori, sicché il medesimo prelevando con le mani un pneumatico dalla base di un cumulo di pneumatici, veniva travolto dalla caduta di uno di questi.
2. Avverso la sentenza della Corte di appello propone ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del suo difensore, affidandolo a due motivi.
3. Con il primo fa valere, ex art. 606, primo comma, lett.re b) ed e) la violazione di legge, con riferimento agli artt. 37 e 71 d.lgs. 81/2008 nonché il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del nesso di causalità fra la condotta addebitata e l'evento ed al mancato riconoscimento dell'abnormità del comportamento tenuto dalla persona offesa. Sottolinea che un diverso adempimento dell'obbligo di formazione ed informazione non avrebbe potuto ovviare alla manovra posta in essere dal lavoratore, che aveva agito senza ricorrere all'esperienza più comune ed all'ordinario buon senso, che inducono da sole ad astenersi a spostare con le mani un pneumatico posto alla base di un cumulo, al fine di evitare crolli di materiali.
4. Con il secondo motivo lamenta ex art. 606, comma 1A lett.re b) ed e) la violazione di legge penale in relazione agli artt. 41, cpv., 590 cod. pen. e 2087 cod. civ., per non avere la sentenza tenuto in considerazione che laddove il comportamento del lavoratore si riveli esorbitante, tanto da essere al di fuori dalla possibilità di controllo del garante, deve ritenersi escluso il nesso causale fra la condotta di questi e l'evento, costituendo l'azione posta in essere dal dipendente rischio eccentrico rispetto alla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia. Osserva che, in ogni caso, in applicazione del principio di autoresponsabilità, che impone al lavoratore su attenersi alle direttive ricevute ed alle più generiche cautele derivanti dall'agire con prudenza, dovrebbe escludersi la responsabilità del datore di lavoro, essendo evidente la violazione del modello collaborativo che vede il lavoratore titolare di obblighi di prevenzione.
5. All'udienza si è costituita la parte civile che ha chiesto il rigetto del ricorso.

 

 

 

Diritto

 


1. Il ricorso è inammissibile.
2. I due motivi proposti possono essere trattati congiuntamente, in quanto strettamente connessi.
3. Va rilevato, preliminarmente, che l'imputato non contesta, quantomeno in questa sede, l'omessa formazione ed informazione del dipendente da parte sua, ma sostiene che l'assolvimento di un simile obbligo non avrebbe in alcun modo evitato il comportamento del lavoratore, posto che quest'ultimo aveva agito in spregio delle più elementari regole di esperienza comune e di comune buon senso.
Ora, la sentenza impugnata, affondando la questione della violazione contestata rimarca che l'art. 37 del d.lgs. 81/2008 non impone esclusivamente la formazione di informazione sull'uso delle attrezzature di lavoro, ma, più in generale, sui rischi delle mansioni assegnate. Afferma, inoltre, come sia risultato in giudizio che fosse stata data al lavoratore la direttiva di prendere i pneumatici dal basso, al fine di 'smuovere' l'ammasso di pneumatici, così da poter successivamente usare il carrello elevatore.
La causa del sinistro, dunque, viene rinvenuta dalla Corte territoriale, non solo in una condotta omissiva, ma altresì nella condotta attiva del datore di lavoro, consistita nell'impartire l'ordine al lavoratore di provvedere in modo da poter usare il mezzo assegnatogli, anche utilizzando i pneumatici che si trovavano nella parte inferiore del cumulo. L'avere il dipendente agito secondo le direttive del datore di lavoro esclude in radice l'insussistenza di un collegamento causale diretto fra la condotta di quest'ultimo e l'evento, essendo strumentale ed improprio il richiamo a comportamenti esorbitanti della persona offesa, in quanto espressamente richiesti, con le istruzioni impartite al lavoratore, certamente non conformi alle più elementari regole di prudenza e di prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Il ragionamento contenuto nella sentenza impugnata è ineccepibile ed appaiono, alla luce della ricostruzione del fatto operata dal giudice di secondo grado, del tutto inconferenti le sollecitazioni introdotte dal ricorrente sull'esorbitanza dell'azione del lavoratore, posto che in giudizio è stato accertato come il suo comportamento sia stato oggetto di richiesta da parte del datore di lavoro.
Il ricorso, invero, non si confronta con il nucleo centrale della decisione che individua nella condotta attiva del datore di lavoro, che ha impartito la direttiva, la causa dell'incidente, riportando, dunque, qualunque conseguenza di quell'ordine nella sfera di governo del rischio che gli è propria.
Ne consegue l'inammissibilità dell'impugnazione proposta in questa sede, le cui censure si rivelano generiche e comunque manifestamente infondate, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende. Va, inoltre, condannato il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute in questo giudizio di legittimità dalla parte civile, da liquidarsi in euro 2.500,00 oltre ad accessori di legge.
 

 

P.Q.M.

 


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile A.O. in questo giudizio di legittimità, liquidate in euro 2.500,00 oltre ad accessori come per legge.
Così deciso il 6/02/2019