Cassazione Penale, Sez. 4, 19 aprile 2019, n. 17215 - Caduta mortale dalla copertura di un capannone durante i lavori di smontaggio delle lastre d'amianto. Mancanza di cautele collettive Life-line ed individuali


Presidente: MENICHETTI CARLA Relatore: NARDIN MAURA Data Udienza: 21/02/2019

 

Fatto

 

1. Con sentenza del 12 giugno 2018 la Corte di Appello di Salerno ha confermato la sentenza del Tribunale di Vallo della Lucania con cui U.D. è stato riconosciuto colpevole, nella qualità di legale rappresentante della Ecothec del reato di cui all'art. 589 comma 2A e 3A cod. pen. e condannato alla pena ritenuta di giustizia, per avere cagionato la morte di G.B., operaio della Eknoss, messo a disposizione della Ecothec - impresa subappaltatrice dei lavori per l'eliminazione dei pannelli di fibre d'amianto- che, svitando i perni di fissaggio delle lastre di eternit, cadeva dalla copertura del capannone sulla quale stava operando, nel vuoto, riportando lesioni che lo conducevano alla morte. La condotta era ascritta all'imputato perché per imprudenza, negligenza ed imperizia e violando di norme di prevenzione e sicurezza dei luoghi di lavoro -in particolare non effettuando un'adeguata valutazione del rischio di caduta dall'alto nei lavori di smontaggio delle lastre d'amianto, redigendo un POS non specifico- aveva omesso di adottare le necessarie cautele collettive life-line ed individuali a tutela dei lavoratori, di operare un'adeguata scelta del preposto ed un efficace controllo organizzativo.
2. Avverso la sentenza della Corte di appello propone ricorso l'imputato, a mezzo del suo difensore, formulando un unico articolato motivo. Con la doglianza lamenta, in primo luogo, il vizio di motivazione per insufficienza, contraddittorietà e manifesta illogicità, risultante dal testo del provvedimento impugnato avuto riguardo alle prove documentali acquisite nel processo di primo grado: capitolato d'appalto, contratto d'appalto piano di lavoro, POS e documentazione fotografica. Sotto altro aspetto, censura la decisione per inosservanza della legge processuale, in tema di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità e decadenza, avuto riguardo al disposto dell'art. 597 cod. proc. pen., sui limiti della cognizione del giudice d'appello, in relazione ai motivi dedotti il gravame. Osserva che la Corte territoriale si è limitata, senza svolgere alcuna effettiva verifica della documentazione a sua disposizione, peraltro prodotta dalla Procura della Repubblica e proveniente dagli organi della polizia giudiziaria, a richiamare per relationem la sentenza di primo grado sull'assenza della Life-line in cantiere, benché la medesima fosse stata data in dotazione agli operai e benché fosse dimostrato dalla documentazione che il cantiere, composto da due capannoni, fosse unico e gli operai incaricati delle opere fossero solo quelli indicati nella documentazione acquisita. Conclude per l'annullamento della sentenza impugnata.
 

 

Diritto

 


1. Il ricorso è inammissibile.
2. I profili di censura proposti con il ricorso possono essere trattati unitamente, in quanto strettamente connessi.
3. Va premesso, in linea generalissima, che nelle attività produttive le regole cautelari sono prevalentemente codificate in modo analitico, essendo previste normativamente sia prescrizioni specifiche, che sistemi e moduli organizzativi delle lavorazioni tali da assicurare la tutela dei lavoratori coinvolti, la cui salute è considerata vero e proprio limite all'attività produttiva, alla sua utilità sociale, nonché alla produzione del relativo profitto. Ciò comporta che nelle attività pericolose consentite, laddove sia impossibile eliminare il pericolo, l'obbligo di evitare l'evento si rafforza perché la sua prevedibilità è intrinseca al tipo di attività svolta, con la conseguenza che la prudenza, la diligenza e la perizia nel precostituire condizioni idonee ad evitare (o diminuire) il rischio debbono essere maggiori e non possono eludere l'osservanza delle norme specificamente poste a tutela della sua evitabilità. Mentre questa andrà comunque valutata in concreto, avuto riguardo, dal punto di vista controfattuale, all'inevitabile prodursi dell'evento anche in presenza dell'osservanza scrupolosa delle regole di cautela destinate ad evitarlo.
4. Con entrambe le doglianze si fa valere il vizio di motivazione per avere la Corte territoriale richiamato la sentenza del giudice di primo grado senza analizzare criticamente, alla luce dei motivi di gravame proposti con l'atto di appello, la ricostruzione dei fatti, con particolare riferimento alla documentazione elencata con il ricorso in esame in questa sede.
5. Ora, va sottolineato che, nonostante quanto sostenuto dal ricorrente, la motivazione della Corte, condividendo il contenuto nella sentenza di primo grado, affronta la questione della rinnovazione istruttoria, a mezzo dell'acquisizione della 'nuova documentazione', dichiarandone l'inammissibilità, non essendo la medesima non solo allegata, ma neppure stata descritta dall'appellante, né essendo state indicate le ragioni per le quali l'acquisizione si rende necessaria all'accertamento del fatto. Siffatta assenza di specificità del motivo viene estesa dal giudice d'appello anche alla richiesta di nuovo esame dei testimoni già escussi in prima cura. Ricorda, infatti, la sentenza impugnata che le istanze istruttorie, in sede di appello, conoscono i limiti del primo comma dell'art. 603 cod. proc. pen., potendo trovare accoglimento solo nell'ipotesi in cui il giudice non sia in grado di decidere allo stato degli atti. Nessuna lacuna istruttoria, nondimeno, è rinvenuta dalla Corte territoriale nella ricostruzione dibattimentale svolta nel giudizio di primo grado.
6. La sentenza, tuttavia, non si limita a dichiarare inammissibili, poiché assolutamente generiche, le richieste di rinnovazione della prova, ma affronta anche la questione della disponibilità della Life-line nel cantiere. E ricorda che la presenza del presidio in altro capannone, accertata dal consulente tecnico della difesa, non esime da responsabilità l'imputato posto che i lavori, oggetto del subappalto, riguardavano entrambe le strutture e che era risultato che la persona offesa fosse stata costretta, proprio per l'assenza della misura collettiva di sicurezza, a camminare sulle tavole, per rimuovere le lastre, così mettendo un piede in fallo e precipitando nel vuoto. Esclude, inoltre, che possa ravvisarsi nel comportamento del G.B. una condotta abnorme o esorbitante, interruttivo del nesso di causa, essendosi l'infortunio prodotto proprio mentre il medesimo attendeva alle operazioni affidategli.
7. La motivazione della Corte territoriale esamina, dunque, tutte le sollecitazioni introdotte con l'impugnazione nulla omettendo, fondando il rigetto su argomenti ineccepibili, sia sotto il profilo processuale, che sostanziale.
8. Anche al di là della mancanza di specificità del motivo relativo alla richiesta di integrazione istruttoria, denunciata dalla Corte territoriale, vizio reiterato in questo giudizio di legittimiità, va ricordato che "Nel giudizio d'appello, la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, prevista dall'alt. 603, comma 1, cod. proc. pen., è subordinata alla verifica dell'incompletezza dell'indagine dibattimentale ed alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria; tale accertamento è rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivata. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'acquisizione di una prova nuova in appello, adottata in assenza del presupposto dell'assoluta necessità dell'integrazione, non determina l'inutilizzabilità della prova)." (cfr. Sez. 6, n. 48093 del 10/10/2018 - dep. 22/10/2018, G, Rv. 27423001; ex multis: Sez. 6, n. 8936 del 13/01/2015 - dep. 27/02/2015, Leoni, Rv. 26262001;Sez. 4, n. 4981 del 05/12/2003 - dep. 06/02/2004, RG. in proc. Ligresti ed altri, Rv. 22966601).
9. Le considerazioni che precedono consentono di cogliere la manifesta infondatezza anche dell'ulteriore aspetto sottoposto con il ricorso, inerente all'insufficienza della motivazione, redatta per relationem.
10. Contrariamente a quanto osservato con la doglianza, infatti, il giudice di appello, che pure richiama la sentenza di primo grado per quanto riguarda la descrizione della dinamica del sinistro, non si limita affatto a fare riferimento agli argomenti spesi dalla decisione di primo grado per fondare il giudizio di responsabilità, ma come si è illustrato supra, ritenuta l'inammissibilità delle richieste istruttorie, motiva in modo adeguato e coerente, sulla base del materiale probatorio a sua disposizione, il rigetto del gravame soffermandosi sulla valutazione della condotta dell'imputato e sulla sussistenza delle omissioni contestategli che, a mezzo di un doveroso giudizio controfattuale, individua come cause del prodursi dell'evento mortale.
11. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende.
 

 

P.Q.M.

 


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 21.2.2019