UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI URBINO

Dipartimento di Giurisprudenza – Osservatorio Olympus

INCONTRO DI STUDIO

L’Asseverazione dei Modelli di organizzazione e di gestione della sicurezza sul lavoro

Venerdì 10 maggio 2019 - Ore 9,30-14.00
 

Intervento di Luciano Angelini

 

1. Giunti quasi al termine di questa intensa mattinata dedicata ad approfondire le complesse questioni giuridiche che l’asseverazione dei modelli di organizzazione e gestione solleva, ringraziati i relatori che mi hanno preceduto, vorrei provare anche io a dare un piccolo contributo all’interessante dibattito che si è fin qui animato.   

 

2.  Esattamente dieci anni fa, il Consiglio dei Ministri approvò uno schema di decreto correttivo nel quale figuravano tra le altre due previsioni – l’art. 2 bis e l’art. 10 bis - su cui si concentreranno le critiche del Coordinamento tecnico delle Regioni. Dopo l’approvazione a maggioranza di un parere negativo in sede di Conferenza Stato Regioni (29 aprile 2009), e un serrato dibattito in seno alle competenti Commissioni parlamentari, dal testo finale del decreto tali norme risultarono completamente espunte.

Può essere utile richiamarne brevemente i contenuti. L’art. 2 bis proponeva di attribuire una presunzione di conformità (relativa) alle prescrizioni del decreto 81, all’attuazione di norme tecniche e di buone prassi nonché all’adozione ed efficace attuazione dei MOG ex art. 30, purché questa fosse stata certificata da apposite commissioni costituite presso gli Enti Bilaterali o le Università.

L’art. 10 bis (obbligo di impedimento, c.d. “norma salva manager”) stabiliva che nei reati commessi mediante violazione delle norme relative alle prevenzione degli infortuni e all’igiene sul lavoro, il non impedire l’evento equivalesse a cagionarlo, a condizione però che detto evento non fosse imputabile ad altri soggetti del sistema prevenzionistico (lavoratori, preposti, progettisti, fabbricanti, fornitori, installatori, medici competenti), nel qual caso, datori di lavoro e dirigenti sarebbero stati esonerati da ogni responsabilità, fino al punto di considerare irrilevante ogni comportamento da loro eventualmente tenuto “a monte”.  

L’eliminazione di entrambe le previsioni dal testo definitivo del correttivo è stata cosa assai buona e giusta: esse avrebbero rappresentato una sorta di “cavallo di Troia” in grado di minare pesantemente i capisaldi del sistema prevenzionale delineato dal decreto n. 81/2008 imperniato sulla figura del datore di lavoro, nella duplice veste di primo responsabile dell’organizzazione produttiva e di titolare della principale posizione di garanzia.

Tale eliminazione, tuttavia, non consente di eludere l’importante questione ad esse sottesa relativa alla definizione degli obblighi e delle responsabilità incombenti sui datori di lavoro, rispetto alla quale il mondo imprenditoriale continua a lamentare l’insufficiente considerazione che vi presterebbe la disciplina attualmente vigente. Si tratta di una questione che aveva trovato ascolto, con esiti ancora più criticabili - rammento, tra le altre, una generalizzata abrogazione delle prescrizioni penalmente sanzionate, solo in parte recuperate come norme di buona tecnica o di buone prassi - ad opera del Testo Unico approvato dal Consiglio dei Ministri nel 2004, ritirato dal Governo dopo il parere negativo reso dal Consiglio di Stato. Soluzioni simili a quelle espunte dal correttivo compaiono in un articolato disegno di legge presentato nella passata legislatura dai senatori Sacconi e Fucksia, rimasto fortunatamente chiuso in qualche Ufficio parlamentare.

Il monito che viene da queste vicende è che non dovremmo mai smettere di verificare, anche in una prospettiva de iure condendo, la praticabilità di strumenti e misure più attente alle esigenze espresse dall’impresa, ovviamente senza minare, anzi migliorando l’effettività e l’efficacia prevenzionale della disciplina, ma anche senza fare eccessivo affidamento sulla giurisprudenza penale che, salva qualche sporadica oscillazione aperturista, resta solidamente ancorata ai suoi consolidati rigorosi orientamenti.  

Molto meglio confrontarsi su qualche limitato e meditato intervento, coerente con i valori che permeano l’attuale disciplina, che doversi trovare di fronte a qualche progetto di riforma preconfezionato, con contenuti non condivisi né condivisibili, rispetto al quale non darei troppo per scontata la possibilità di riuscire a ricomporre quel fronte unito e coeso che in passato è stato capace di contrastarne con successo l’approvazione.

Nell’auspicata prospettiva de iure condendo, i MOG potrebbero esprimere importanti potenzialità da valorizzare, solo a voler considerare che un MOG deve sempre e comunque garantire l’esistenza di un sistema di prevenzione aziendale che assicuri l’adempimento di tutti i principali obblighi giuridici che la legislazione impone in termini di accertamento e di gestione del rischio. Ogni possibile sforzo interpretativo e applicativo proteso a diffonderne l’adozione dovrebbe essere, almeno per le intenzioni, considerato meritorio!  

 

3. Prima di porsi in una prospettiva de iure condendo, è doveroso ricordare che il decreto correttivo, attraverso la modifica dell’art. 16, comma 3, attribuisce già ai MOG un’ulteriore funzione esimente da responsabilità, disponendo che l’obbligo del datore di lavoro di vigilare sull’espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello (sistema) di verifica e controllo di cui all’art. 30, comma 4. Si tratta ovviamente di una presunzione relativa, che non pregiudica la possibilità di verificare l’idoneità del modello rispetto all’attività da vigilare, sia da parte del giudice che dei competenti servizi ispettivi.

Anche questa previsione del correttivo aveva sollevato molte critiche, tutte connotate da una eccessiva diffidenza verso i MOG: se è vero che essi consentono di realizzare la riduzione delle responsabilità di enti e datori di lavoro, non meno vero è che possono garantire la pianificazione di attività e procedure documentate di controllo molto più efficaci che non una vigilanza gestita direttamente dal datore di lavoro.   

Non ho difficoltà a confessarvi che avrei molto apprezzato se il legislatore del 2008 avesse deciso di accreditare i MOG come strumenti aperti a supportare la corretta attuazione di tutte le attività prevenzionali sia tecniche che organizzative. Avrei comunque apprezzato che quel legislatore si fosse almeno spinto a definire un collegamento più diretto tra i MOG e l’art. 28 del decreto n. 81/2008, non accontentandosi di collocarli all’interno della stessa Sessione, la seconda (“Valutazione dei rischi”), del Capo III sulla “Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro”.

Il fatto che così non sia stato, e che la natura dei MOG sia rimasta quella di uno strumento esimente da responsabilità, non implica però che la loro portata giuridica debba necessariamente restare confinata entro l’ambito esclusivo della responsabilità amministrativa, oppure che l’effetto della loro asseverazione si riverberi soltanto sulla programmazione dell’attività di vigilanza da parte degli organi competenti. I MOG sono strumenti in grado di restituirci, ancor più se asseverati, un’affidabile attestazione di come sia strutturato e operi il sistema prevenzionale dell’azienda che li abbia adottati e efficacemente implementati. Il che non può non avere conseguenze anche sul piano delle responsabilità individuali dei datori di lavoro, forse non sufficienti ad escludere l’elemento soggettivo del reato eventualmente commesso, ma sicuramente tali da mitigare il grado della colpa e la quantificazione della pena.

La previsione contenuta nell’art. 16, comma 3 ha indubbiamente valorizzato i MOG, e lo ha fatto aprendo un canale di comunicazione diretta tra la loro adozione/implementazione e l’adempimento degli obblighi e delle responsabilità datoriali, tanto da indurci ad escludere l’esistenza di una diversità ontologica tra la natura della “colpa di organizzazione” sulla quale si fonda la responsabilità amministrativa della persona giuridica e la colpevolezza imputabile al singolo datore di lavoro, almeno rispetto ad alcuni specifici obblighi prevenzionali – quelli connessi alle attività di controllo e alla vigilanza - e ciò anche grazie anche ad un contesto reso più favorevole a seguito della rilevanza assunta dal fattore organizzativo dopo l’entrata in vigore del decreto n. 81/2008.  

L’art. 16 comma 3 è una norma dal forte imprinting “riflessivo”, che valorizza i MOG attraverso la previsione di un importante “benefit” - la riduzione delle responsabilità datoriali di controllo e vigilanza sulle funzioni delegate -  che dovrebbe incentivarne l’adozione da parte delle imprese senza alterare la natura di strumento esimente da responsabilità e, soprattutto, senza eliminare alcun obbligo prevenzionale che, grazie al Modello, viene soddisfatto con modalità potenzialmente più efficaci.

 

4. Passando al de iure condendo, l’interrogativo a cui occorre innanzitutto rispondere è come mai il legislatore si sia limitato a mettere in collegamento MOG e responsabilità individuali soltanto per quanto riguarda l’obbligo di vigilanza del datore di lavoro sull’operato del delegato, non comprendendo anche i casi di subdelega, rispetto ai quali il controllo da esercitare si configura in modo del tutto identico al primo.

Ancora più significativo sarebbe chiedersi la ragione per la quale non si sia consentito il ricorso alla funzione esimente del MOG (manca un’espressa previsione in tal senso) per gli obblighi di vigilanza disciplinati dall’art. 18, comma 3bis (nella formulazione anch’essa dettata dal correttivo), ai sensi del quale  i datori di lavoro e i dirigenti sono tenuti a vigilare su tutti gli obblighi prevenzionali gravanti sugli altri soggetti del sistema prevenzionale nella loro veste di primari garanti e coordinatori della sicurezza in azienda. Un obbligo di vigilanza che se omesso o esercitato in modo insufficiente, potrebbe determinare la configurazione di una responsabilità in concorso col soggetto inadempiente, qualora la violazione commessa fosse in qualche modo correlabile con il mancato controllo.    

Legittimare il completo affidamento, con funzione esimente dalle relative responsabilità, di ogni funzione di controllo e vigilanza spettante a datori di lavoro e dirigenti sull’adempimento di tutti gli obblighi di prevenzione aziendale, ad un MOG correttamente adottato, efficacemente implementato e reso a tal fine specificamente idoneo, nonché ritualmente asseverato, rappresenterebbe una modifica tecnicamente molto semplice da attuare e con indubbi vantaggi per l’ordinamento sia in termini di incentivazione dei MOG, sia per un più efficace svolgimento delle stesse attività di controllo e vigilanza. Inoltre, la significativa riduzione di responsabilità datoriali e dirigenziali che l’adozione del MOG farebbe conseguire, potrebbe contribuire a sminare il terreno dai pericoli derivanti da possibili “fughe in avanti” di un legislatore impropriamente pressato e poco attento, non sufficientemente avvertito dei rischi di tenuta complessiva che potrebbe altrimenti correre il nostro sistema prevenzionale.

 

5. Rispetto all’adozione e all’asseverazione dei MOG, la bilateralità/pariteticità artigiana, che in questi anni ho imparato a conoscere e apprezzare, potrebbe, impregnandosi, riuscire a dotarsi di tutte le risorse e le competenze necessarie ad affiancare le imprese che volessero affrontare l’importante sfida culturale ed organizzativa che l’adozione di un MOG comporta.

La bilateralità artigiana saprebbe sicuramente ben scrivere anche questa nuova importante pagina, che andrebbe ad arricchire il prestigioso album di traguardi e successi che i suoi quasi trent’anni di storia le hanno consentito di raggiungere. La questione MOG, tuttavia, non ha esclusivamente implicazioni di ordine tecnico, ma chiama in causa un confronto sindacale ancora in fieri, attraversato da preoccupazioni e riserve ancora da sedimentare.  

In attesa che ciò avvenga, dovremmo considerarci molto soddisfatti di aver condiviso anche in questa occasione due importanti certezze: la prima, che la diffusa adozione, implementazione e asseverazione dei MOG può rappresentare la svolta da tempo attesa, che potrà farci ottenere un decisivo, duraturo e irreversibile innalzamento dei livelli di efficacia/efficienza dei sistemi di prevenzione aziendale nel nostro Paese; la seconda certezza, che tutto ciò non potrà realizzarsi senza il convinto coinvolgimento delle parti sociali e di un affidabile sistema di bilateralità/pariteticità, soprattutto quando il tessuto imprenditoriale su cui agire è fatto da tante piccole e piccolissime imprese.  

 

Grazie per la vostra attenzione!