Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 05 giugno 2019, n. 24917 - Infortunio con un rotolo di nastro di ottone: rete di protezione inadeguata. Durata della malattia


 

Presidente: IZZO FAUSTO Relatore: BRUNO MARIAROSARIA Data Udienza: 19/02/2019

 

 

 

Fatto

 

1. La Corte d'appello di Brescia, con sentenza emessa in data 20/3/2018, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Brescia, ha convertito la pena detentiva inflitta a S.G.A. in quella di euro 3750 dì multa, confermando nel resto la sentenza del giudice di primo grado che aveva ritenuto responsabile il S.G.A. del delitto di lesioni colpose da infortunio sul lavoro nei riguardi del dipendente F.A..
2. Secondo la ricostruzione offerta dai giudici di merito, i fatti avvenivano nel modo seguente: in data 14 settembre 2011 presso lo stabilimento della Eredi Gnutti Metalli S.p.A. si verificava un infortunio sul lavoro nel quale rimaneva vittima il dipendente F.A.. Questi era intento a manovrare un rotolo di nastro di ottone operando dal pulpito comandi. Il rotolo, caricato su un'apposita culla, doveva essere da questa innalzato fino a collocarsi vicino all'impianto di fresatura. Durante questa operazione il rotolo si rovesciava e, con l’estremità del nastro, colpiva la rete di protezione che separava la zona di operatività della macchina da quella dove ove era posizionato l'operaio ai comandi. La rete sbatteva contro la tempia sinistra di F.A. che cadeva a terra. Riavutosi, il dipendente si portava al Pronto Soccorso che gli diagnosticava un trauma cranico per il quale formulava prognosi di due giorni; il dipendente però, sottopostosi a visite successive, veniva riammesso dall'lnail al lavoro solo 73 giorni dopo.
I giudici di merito addebitavano l'infortunio a colpa generica e specifica, ritenendo che il lavoratore non fosse stato difeso in maniera adeguata nella sua postazione di lavoro durante le fasi di trasporto dei rotoli, in violazione degli artt. 64 comma 1 lett. a) e 63 T.U. 81/2008.
3. L'imputato ha proposto ricorso per cassazione articolando due motivi di ricorso.
Con il primo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante della durata della malattia superiore a quaranta giorni, la quale rileverebbe ai fini della procedibilità d'ufficio del reato, in assenza di querela della persona offesa. Il giudice avrebbe ritenuto accertata tale circostanza, pur in assenza di elementi certi circa la effettiva incapacità dell’infortunato di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo superiore a quaranta giorni: a) senza che dai certificati medici di prosecuzione di inabilità acquisiti agli atti fosse rilevabile la ragione e la attualità della patologia; b) con travisamento della prova dichiarativa dell'infortunato F.A. per avere, in particolare, omesso di considerare una parte importante della sua deposizione, peraltro indicata specificamente nell'appello, secondo cui il torcicollo e i giramenti di testa potevano trovare la loro causa in ragioni diverse rispetto all'infortunio occorso; c) il mancato accoglimento della richiesta di rinnovazione parziale del dibattimento per eseguire una perizia medico- legale documentale che individuasse, in base a cognizioni specialistiche, quale potesse essere l'origine delle patologie denunciate dall'infortunato e la probabile durata effettiva della sua incapacità ad attendere alle ordinarie occupazioni.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza della responsabilità dell'imputato: a) avendo ritenuto la Corte non idoneamente protetto il posto di lavoro ove l'infortunato stava lavorando, per l'asserita inidoneità della protezione, rappresentata dalla rete metallica rispetto al rischio specifico di urti contro di essa determinati da movimenti anomali dei rotoli di nastro metallico in lavorazione; b) avendo ritenuto tale inidoneità con giudizio ex post e non ex ante in ragione di quanto accaduto, tale da ritenere il rischio di quel particolare urto prevedibile.
Sostiene inoltre la difesa che la causa deH'infortunio era da ricercarsi non nella oscillazione del carico ma nell'improvviso svolgimento della parte iniziale del rotolo attese le caratteristiche peculiari del rotolo in lavorazione.
 

 

Diritto

 


1. I motivi di doglianza sono infondati, pertanto il ricorso deve essere rigettato.
2. La Corte di merito, condividendo la ricostruzione fattuale operata nella sentenza di primo grado, sulla scorta delle risultanze probatorie acquisite in atti (testimonianze e documenti), di cui si è dato conto in maniera precisa e logica nella motivazione, ha ritenuto dimostrato che la malattia insorta nel dipendente avesse avuto la durata di 73 giorni.
Non si individuano ragioni per ritenere che tale interpretazione possa essere erronea, come prospettato dalla difesa.
Nella sentenza si descrivono in modo puntuale gli elementi dai quali è stata desunta la correttezza dell'accertamento della durata della malattia, sulla base della certificazione sanitaria proveniente dall'Inail, della cui validità non vi è motivo alcuno di dubitare.
Quanto al profilo del collegamento causale tra la certificazione acquisita e l'infortunio occorso al lavoratore, la Corte di merito ha precisato: «Proprio la fonte di queste ultime certificazioni conforta il convincimento che l'inabilità al lavoro di F.A. era collegata eziologicamente all'infortunio verificatosi il 14 settembre 2011 e che la "infermità" riscontrata a carico del lavoratore ebbe la durata esattamente attestata da quei documenti. Occorre infatti rammentare che all'lnail sono demandati, come attività di istituto, gli accertamenti, le certificazioni e ogni altra prestazione medico-legale sui lavoratori infortunati e tecnopatici (art. 12 legge n. 67 del 1988) e che l'erogazione di queste ultime è assicurata esclusivamente laddove la malattia determinante l’inabilità lavorativa sia accertata derivare da infortunio avvenuto per causa violenta in occasione di lavoro. La valutazione medico legale compiuta nel caso di specie dai medici Inail assume quindi particolare valore e, del resto, assai bene si raccorda con quanto riferito dall'infortunato".
Da tali considerazioni, la Corte di merito trae spunto per rigettare la richiesta avanzata dalla difesa di conferire incarico di perizia ad un medico, onde procecedere all'accertamento della durata effettiva delle lesioni riportate dal lavoratore in conseguenza dell'infortunio, rimarcando come tale richiesta, alla luce della documentazione acquisita, risulti essere del tutto superflua.
Orbene, le argomentazioni espresse dalla Corte di merito risultano essere, all'evidenza, immuni da difetti logici e le doglianze difensive, dietro l'apparente deduzione del vizio motivazionale, propongono una diversa ricostruzione del fatto che non può essere delibata in sede di legittimità in presenza di una motivazione del tutto adeguata e conferente.
In tema di sindacato del vizio di motivazione, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all'affidabilità delle fonti di prova, bensì quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi - dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti - e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U., n. 930 del 13/12/1995, dep. 29/01/1996, Clarke, Rv. 203428 - 01).
Esula quindi dai poteri della Corte, la rilettura della ricostruzione storica dei fatti posti a fondamento della decisione di merito, dovendo l'illogicità del discorso giustificativo, quale vizio di legittimità denunciabile mediante ricorso per Cassazione, essere di macroscopica evidenza (cfr. Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794 - 01; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone e altri, Rv. 207944 - 01; cfr. altresì Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074 - 01).
3. Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso.
A fronte dell'argomento difensivo secondo il quale l'infortunio si sarebbe verificato in modo del tutto imprevedibile, a causa della particolare conformazione del rotolo al quale stava lavorando il dipendente, la Corte di merito ha messo in rilievo che la postazione occupata dal lavoratore, munita di apposita griglia protettiva, era stata realizzata proprio allo scopo di difendere il lavoratore da improvvisi movimenti dei rotoli durante le fasi dell'attività.
La caduta di un rotolo, che poteva dipendere dalle ragioni più varie, si legge in sentenza, apparteneva quindi al rischio tipico della lavorazione a cui era esposto il dipendente. Doveva per questo essere prevista la installazione di una griglia maggiormente resistente all'eventuale urto dei rotoli, come avvenuto in seguito al verificarsi dell'evento.
Si tratta, all'evidenza, di un argomento dirimente: il datore di lavoro deve provvedere ad eliminare in maniera appropriata quei pericoli che rientrano pienamente nell'area di rischio che egli è chiamato a gestire, a tutela della salute del lavoratore.
Ne consegue, pertanto, il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 

 

P.Q.M.
 

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In Roma, così deciso il 19 febbraio 2019