Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 3, 11 giugno 2019, n. 25739 - Irregolarità del ponteggio: non è sufficiente per il CSE dare disposizioni sulla corretta installazione ma è necessario sospendere immediatamente i lavori


 

A nulla rileva per il CSE, in presenza di percezione del rischio di caduta dall'alto, l'avere dato disposizioni all'impresa e ciò in forza della sua posizione di garanzia a cui spettano compiti di "alta vigilanza", consistenti - tra gli altri - nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori, e della, conseguente, sospensione dei lavori in caso di rischio concreto di un evento quale era, nel caso concreto, la caduta dall'alto (Sez. 4, n. 45862 del 14/09/2017, Prina, Rv. 271026 - 01).


Nota a cura di Pierguido Soprani, Sospensione immediata delle lavorazioni e CSE: posizione netta della Cassazione, in ISL 1/2023, pp. 5-10

 

Presidente: ROSI ELISABETTA Relatore: GAI EMANUELA Data Udienza: 08/05/2019

 

 

 

Fatto

 


1. Con l'impugnata sentenza, il Tribunale di Forlì ha condannato M.M., alla pena di € 3.500,00 di ammenda, perché ritenuto responsabile della contravvenzione di cui all'art. 92 comma 1 lett. f) del d.lgs 9 aprile 2008, n. 81, in relazione all'art. 158 comma 2, lett. a) del medesimo decreto, per avere, quale coordinatore per la sicurezza, omesso di sospendere in fase di esecuzione, in presenza di pericolo grave ed imminente, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti, in particolare omesso di sospendere le lavorazioni sul cantiere edile che stava coordinando, a fronte della constatata situazione di pericolo grave e imminente (i ponteggi era montati ad un distanza superiore a cm. 20 dalla costruzione, rischio di caduta da un balconcino in assenza di installazione di una scala). In Cesena accertato il 17/09/2015.
2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l'annullamento deducendo, con un unico motivo di ricorso, la violazione dell'art. 606 comma 1 lett. c) cod.proc.pen. in relazione all'art. 179, 416 cod.proc.pen. e 604 comma 4 cod.proc.pen.
2.1. Nullità assoluta per omessa citazione dell'imputato a giudizio. Impossibilità di sanatoria derivante dalla presenza dell'imputato in caso di radicale omissione della notificazione. Anche laddove si volesse ritenere avvenuta la notificazione nella precedente residenza, a mani della sorella non convivente, incaricata dal ritiro, sussisterebbe la nullità assoluta in mancanza di rapporto di convivenza tra il soggetto che ha ritirato l'atto e il destinatario e non rilevando la qualifica di "incaricato al ritiro" al di fuori di un rapporto di dipendenza.
2.2. Violazione di legge in relazione all'erronea applicazione dell'art. 92 comma 1 lett. f) del d.lgs 9 aprile 2008, n. 81, in relazione all'art. 158 comma 2, lett. a) del medesimo decreto, per avere, il Tribunale, condannato l'imputato in ragione della mera responsabilità di posizione, e in violazione del canone di valutazione della prova ex art. 192 cod.proc.pen. Chiede l'annullamento della sentenza impugnata.
3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto l'inammissibilità del ricorso.
 

 

Diritto

 


4. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.
5. Va, anzitutto disattesa la censura di nullità assoluta per omessa notificazione del decreto di citazione a giudizio a seguito di opposizione a decreto penale di condanna e della conseguente sentenza.
Dagli atti a cui questa Corte ha accesso, in presenza di una deduzione di un error in procedendo, risulta che il decreto di citazione a giudizio, conseguente all'opposizione a decreto penale, è stato notificato, a mezzo raccomandata, a M.M. alla residenza di Forlì, OMISSIS, a mani del "destinatario persona fisica", come risulta dalla relata di notificazione, relata contenente una sottoscrizione del ricevente. Orbene, già da tali circostanze di fatto e tenuto conto di quanto esposto nel motivo di ricorso di ricorso, esso è manifestamente infondato non essendo l'atto stato notificato alla precedente residenza (via OMISSIS, Forlì), bensì alla residenza come risulta dall'epigrafe della sentenza, e non "a mani della sorella non convivente", bensì al destinatario. 
Ma, la Corte di legittimità ha, da tempo, statuito che solo la nullità della notificazione del decreto di citazione a giudizio dell'imputato che incide direttamente sulla vocatio in iudicium, e quindi sulla regolare instaurazione del contraddittorio, deve essere equiparata all'omessa citazione dell'imputato medesimo, in quanto impedisce a quest'ultimo di conoscerne il contenuto e di apprestare la propria difesa, ed è, pertanto, assoluta e insanabile (Sez. U, n. 17179 del 27/02/2002, dep. 2002, Conti, Rv. 221402). Perché tale nullità derivata sussista è necessario che la citazione sia stata omessa o che il vizio della notificazione sia tale da non consentire la conoscenza effettiva dell'atto (Sez. U, n. 119 del 27/10/2004, dep. 2005, Palumbo, Rv. 229539). Così si sono espresse le S.U., n. 119 del 2005, Palumbo, cit., secondo le quali, in tema di notificazione della citazione all'imputato, la nullità assoluta e insanabile prevista dall'art. 179 cod. proc. pen. non ricorre nei casi in cui vi sia stata esclusivamente la violazione delle regole sulle modalità di esecuzione della notificazione, non incidente sulla effettiva conoscenza, e non equiparabile perciò, quanto ad effetti, alla omessa citazione, conseguendo in tal caso l'applicabilità della sanatoria di cui all'art. 184 cod. proc. pen. (Sez. 6, Sentenza n. 34170 del 04/07/2008, Fonzi, Rv. 240705 - 01). Dunque, la nullità assoluta ed insanabile della citazione dell'imputato, ai sensi dell'art. 179 cod. proc. pen., ricorre soltanto nel caso in cui la notificazione della citazione sia stata omessa o quando, eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell'atto da parte dell'imputato, mentre non ricorre nei casi in cui risultino violate le regole relative alla modalità di esecuzione della notifica, per i quali è applicabile la sanatoria di cui all'art. 184 cod. proc. pen.. Nel caso in esame, la presenza dell'imputato ha determinato, comunque, la sanatoria, quand'anche si ritenesse invalida la notificazione del decreto di citazione a giudizio, situazione, comunque, esclusa dall'esame degli atti (cfr. supra).
6. Nel merito il ricorso non ha miglior sorte, apparendo diretto a sollecitare una rivalutazione del merito non consentita nel giudizio di legittimità. A prescindere da tale considerazione, la sentenza impugnata, sulla scorta degli accertamenti in punto di fatto incensurabili in questa sede in presenza di motivazione congrua, ha dato che durante il successivo sopralluogo, nel cantiere era presente un dipendente che stava lavorando, nonostante sei giorni prima, il coordinatore M.M. si fosse recato in cantiere, avesse rilevato le irregolarità riscontrate dal teste ed avesse invitato le imprese a completare in modo regolare l'esecuzione del ponteggio, senza, tuttavia, sospendere immediatamente i lavori, a nulla rilevando, in presenza di percezione del rischio di caduta dall'alto, l'avere dato disposizioni all'impresa e ciò in forza della posizione di garanzia di coordinatore della sicurezza per l'esecuzione dei lavori svolti in un cantiere edile a cui spettano compiti di "alta vigilanza", consistenti - tra gli altri - nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori, e della, conseguente, sospensione dei lavori in caso di rischio concreto di un evento quale era, nel caso concreto, la caduta dall'alto (Sez. 4, n. 45862 del 14/09/2017, Prina, Rv. 271026 - 01).
7. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
 

 

P.Q.M.

 


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso il 08/05/2019