Cassazione Penale, Sez. 4, 24 giugno 2019, n. 27782 - Infortunio mortale dell'autista attinto dal bozzello di un'autogru. Responsabilità del capocantiere per non essersi assicurato che nessuno stazionasse nel raggio di traslazione della gru


 

Presidente: MONTAGNI ANDREA Relatore: RANALDI ALESSANDRO Data Udienza: 18/04/2019

 

 

 

Fatto

 


1. Con sentenza del 19.1.2018 la Corte di appello di Lecce - sez. distaccata di Taranto, in parziale riforma della sentenza di primo grado ha ridotto la pena inflitta a S.S. e L.E., confermando nel resto la declaratoria di penale responsabilità degli imputati in relazione all'omicidio colposo di A.A. (fatto del 1.7.2008), dipendente della ditta P&P Impianti e Manutenzioni S.r.l. con mansioni di autista, attinto dal bozzello di un'autogru durante le operazioni di spostamento di alcune barre di metallo.
La Corte territoriale ha ritenuto che la ragione della caduta del bozzello debba individuarsi in un errore di manovra da parte del gruista, che durante la manovra di allungamento del braccio del mezzo meccanico non provvedeva al corrispondente svolgimento del cavo di acciaio della gru, per cui il cavo veniva tranciato dallo stesso bozzello che, cadendo verso il basso, investiva il povero A.A.; ciò avveniva mentre costui si trovava, unitamente agli operai OMISSIS, al di sotto del braccio della gru, durante la fase di traslazione di due travi che in quel momento si trovavano a circa un metro dal suolo e che erano accompagnate in tale moto dai due predetti operai.
Secondo il giudice dì appello, il capocantiere S.S., durante tale lavorazione, aveva l'obbligo di far rispettare la regola cautelare in base alla quale nessuno avrebbe dovuto trovarsi al di sotto del braccio della gru; invero, la necessità di guidare le lunghe travi al fine di evitarne oscillazioni nell'aria, avrebbe dovuto essere soddisfatta non mediante una guida manuale bensì attraverso l'impiego di funi affidate agli operatori a terra, posizionati a distanza rispetto al braccio del mezzo.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di S.S., articolando tre motivi, di seguito sinteticamente illustrati.
I) Violazione di legge e vizio di motivazione nella individuazione della regola cautelare violata.
Deduce l'erroneità dell'assunto della Corte territoriale secondo cui la manovra in questione con la gru avrebbe dovuto essere svolta attraverso l'impiego di funi che avrebbero permesso agli operai di tenersi lontani dalla possibile caduta di oggetti. Trattasi di condotta tratta dal manuale di sicurezza pubblicato dalla Provincia autonoma di Bolzano e prodotto dalla stessa difesa, contenente un mero compendio di consigli per lo svolgimento delle operazioni relative al sollevamento di carichi, non letto correttamente dalla Corte in quanto
l'uso di funi si riferisce all'ipotesi in cui i carichi di grandi dimensioni si trovino a notevole distanza da terra, mentre nel caso in disamina è pacifico che il carico veniva traslato da un'altezza di pochi centimetri da terra, senza alcuna possibilità che alcuno vi si trovasse sotto.
Contesta l'assunto della sentenza impugnata, secondo cui l'A.A. facesse parte della squadra incaricata di operare lo spostamento delle barre, come confermato dalle deposizioni rese sul punto dai testi oculari OMISSIS.
Ritiene illogica l'affermazione della sentenza secondo cui il S.S. sarebbe comunque responsabile dell'evento poiché era prevedibile che l'A.A. si ingerisse nella pericolosa lavorazione altrui, potendosi tale argomento volgere nel suo contrario: non è prevedibile che un operaio, asseritamente esperto, svolga un lavoro pericoloso che mai gli è stato affidato.
II) Violazione di legge e travisamento della prova, nella parte in cui la sentenza impugnata ha disatteso le chiare testimonianze rese dai testi OMISSIS, i quali hanno affermato che l'incarico di svolgere lo spostamento delle barre metalliche riguardava, oltre al gruista, solo gli stessi e non anche l'A.A., arrivato sul posto solo in una fase successiva.
III) Erronea applicazione della legge penale, per non avere la Corte territoriale dichiarato prescritto il reato.
Deduce che all'imputato sono stati addebitati solo profili di colpa generica e non profili di colpa specifica riguardanti la violazione di norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, di talché nel caso non opera il raddoppio dei termini prescrizionali previsto dalla legge.
 

 

Diritto

 


1. Il primo motivo dì ricorso è infondato.
1.1. Preliminarmente occorre muovere dalla considerazione che nel caso che occupa ci si trova di fronte ad una c.d. "doppia conforme" di condanna, per cui le motivazioni della pronuncia di primo grado e di quella di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione. Ciò tanto più ove, come in casi qual è quello che ci occupa, i giudici dell'appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, di guisa che le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscano una sola entità (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 25759501; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011 - dep. 2012, Valerio, Rv. 25261501; Sez. 2, n. 5606 del 10/01/2007, Conversa e altro, Rv. 23618101).
1.2. Sotto questo profilo, le motivazioni combinate delle due sentenze di merito sfuggono ai rilievi di carattere logico-giuridico prospettati dal ricorrente, avendo articolato un percorso motivazionale logico, adeguato e corretto in diritto, come tale insindacabile nella presente sede di legittimità.
1.3. I giudici di merito hanno sostanzialmente individuato, nei confronti del S.S., un profilo di colpa specifica che attinge alla violazione della norma antinfortunistica, inserita nel documento di valutazione dei rischi (d'ora in poi: d.u.v.r.), che imponeva di tenere gli operai al di fuori dell'area di traslazione della gru, norma che nell'occorso non è stata rispettata.
Il giudice di primo grado ha, infatti, evidenziato che nel d.u.v.r. predisposto dal datore di lavoro era previsto, quale indicazione particolareggiata, quella sub H), in base alla quale «durante le manovre con la gru (...) bisogna assicurarsi che il carico sia stato ben agganciato e far allontanare tutte le persone nel raggio di traslazione del carico». Erano previste ulteriori misure di prevenzione, fra cui quella secondo cui, durante l'uso della macchina «l'operatore deve: - allontanare preventivamente le persone nel raggio di influenza della macchina stessa».
1.4. Con riferimento alla posizione del S.S., il giudicante ha esaurientemente osservato che si trattava di colui che aveva provveduto a sottoscrivere il documento di assegnazione dell'area e che quindi aveva assunto, in loco, la posizione del capocantiere. Secondo quanto riferito dal teste OMISSIS, le disposizioni per effettuare l'operazione di spostamento delle barre di metallo tramite la gru furono impartite direttamente dal S.S., il quale, stante la sua posizione di responsabile delle operazioni, non avrebbe dovuto consentire a nessuno, non all'A.A. ma tantomeno al OMISSIS, di stazionare nell'area mentre la gru era in movimento.
Si tratta di considerazioni corrette in diritto e non manifestamente illogiche in fatto, risultando coerente con le risultanze processuali che nell'occorso nessuno operaio avrebbe dovuto trovarsi nel raggio di azione della gru ed il capocantiere avrebbe dovuto assicurarsi che l'operazione avvenisse in sicurezza e con il rigoroso rispetto delle regole imposte dal d.u.v.r.
1.5. La responsabilità colposa del ricorrente discende proprio dalla sua posizione di garante cui era demandato il governo del rischio connesso alla fase di lavoro in cui è avvenuto l'incidente, che gli imponeva di adoperarsi al fine di far rispettare la regola cautelare contenuta nel d.u.v.r. in relazione alle operazioni con la gru, e che invece nell'occorso è stata palesemente violata per incuria da parte del S.S., determinando l'evento mortale che proprio il rispetto di quella stessa regola cautelare avrebbe impedito. 
Da questo punto di vista la sentenza impugnata è in linea con la costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui la responsabilità colposa implica che la violazione della regola cautelare deve aver determinato la concretizzazione del rischio che detta regola mirava a prevenire, poiché alla colpa dell’agente va ricondotto non qualsiasi evento realizzatosi, ma solo quello causalmente riconducibile alla condotta posta in essere in violazione della regola cautelare (Sez. 4, n. 40050 del 29/03/2018, Lenarduzzi, Rv. 27387001).
2. Le considerazioni che precedono valgono per ritenere privo di pregio anche il secondo motivo, che pretende essenzialmente di rimettere in discussione la valutazione delle prove operata dai giudici di merito, in relazione a quanto affermato dai testi OMISSIS, secondo cui l'incarico di svolgere lo spostamento delle barre metalliche riguardava, oltre al gruista, solo gli stessi e non anche l'A.A., arrivato sul posto solo in una fase successiva.
Al di là della pretesa di ottenere in questa sede una inammissibile rivalutazione delle prove testimoniali, la doglianza appare evidentemente superata dalle superiori osservazioni in merito alla violazione della regola cautelare specifica che imponeva al capocantiere di assicurarsi che nessun operaio stazionasse nell'area interessata dal raggio di traslazione della gru.
3. Il terzo motivo è manifestamente infondato, sulla scorta del costante insegnamento della Suprema Corte secondo cui, in tema di delitti colposi derivanti da infortunio sul lavoro, per la configurabilità della circostanza aggravante speciale della violazione delle norme antinfortunistiche non occorre che siano violate norme specifiche dettate per prevenire infortuni sul lavoro, essendo sufficiente che l’evento dannoso si sia verificato a causa della violazione dell'art. 2087 cod. civ., che fa carico all’imprenditore di adottare, nell’esercizio dell’impresa, tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori (Sez. 4, n. 28780 del 19/05/2011, Tessari, Rv. 25076101).
Ciò vale, evidentemente, anche per il preposto del datore di lavoro.
Ne discende che il reato non può dirsi ancora prescritto, operando nel caso il raddoppio dei termini di prescrizione previsto dall'art. 157, comma 6, cod. pen.
4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili, liquidate come da dispositivo. 
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili OMISSIS che si liquidano in complessivi euro 3.500,00, oltre accessori come per legge.
Così deciso il 18 aprile 2019