Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 3, 17 luglio 2019, n. 31334 - Contravvenzioni in materia di sicurezza. Ricorso inammissibile


 

 

 

Presidente: RAMACCI LUCA Relatore: REYNAUD GIANNI FILIPPO Data Udienza: 13/06/2019

 

 

 

FattoDiritto

 

1. Con sentenza del 7 marzo 2018, il Tribunale di Roma, all'esito di giudizio dibattimentale radicato a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, ha condannato l'odierno ricorrente alla pena di 5.000 Euro di ammenda per alcune contravvenzioni in materia di prevenzione sulla sicurezza del lavoro, riunite nel vincolo della continuazione
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, deducendo violazione dell'alt. 429, comma 1, lett. c), e comma 2 cod. proc. pen. per essere stata erroneamente rigetta l'eccezione di nullità del capo d'imputazione per genericità delle contestazioni, non essendo peraltro chiaro in quale immobile e in quale attività sarebbero state riscontrate le carenze addebitate, in quale forma societaria detta attività sarebbe stata svolta e in quale ruolo l'imputato dovrebbe rispondere dei fatti ascritti.
3. Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza e può essere definito con sentenza a motivazione semplificata.
3.1. In diritto va premesso che non sussiste alcuna incertezza sull'imputazione, quando il fatto sia contestato nei suoi elementi strutturali e sostanziali in modo da consentire un completo contraddittorio ed il pieno esercizio del diritto di difesa; la contestazione, inoltre, non va riferita soltanto al capo di imputazione in senso stretto, ma anche a tutti quegli atti che, inseriti nel fascicolo processuale, pongono l'imputato in condizione di conoscere in modo ampio l'addebito (Sez. 5, n. 51248 del 5/11/2014, Cutrera, Rv. 261741; Sez. 5, n. 6335 del 18/10/2013, Morante, Rv. 258948). Ne deriva, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, che non vi è incertezza sui fatti descritti nella imputazione quando questa contenga, con adeguata specificità, i tratti essenziali del fatto di reato contestato, in modo da consentire all'imputato di difendersi, mentre non è necessaria un'indicazione assolutamente dettagliata dell'oggetto della contestazione (Sez. 2, n. 16817 del 27/03/2008, Muro e altri, Rv. 239758).
3.2. Contrariamente a quanto si deduce in ricorso, dove inspiegabilmente si afferma il contrario, l'imputazione chiarisce che U.M. è stato chiamato a rispondere delle contravvenzioni a lui ascritte nella qualità di legale rappresentante della società TIAN YING DEPOSITI Srl, con sede legale in Roma, Omissis. Le contestazioni - sufficientemente descritte in imputazione - si riferiscono, come pure correttamente contestato, all'immobile di Roma, Omissis, con riguardo all'accertamento effettuato in data 04/02/2014. La sentenza impugnata attesta peraltro che si trattò di un sopralluogo effettuato dai Vigili del Fuoco e dalla polizia amministrativa presso il deposito ivi ubicato e che l'accertamento si svolse alla presenza dell'imputato, al quale furono effettuate le prescrizioni di cui, in un successivo sopralluogo - pure questo svoltosi alla presenza dell'imputato - fu riscontrato l'esatto adempimento, tanto che la società fu ammessa al pagamento della somma in via amministrativa che, qualora effettuato, avrebbe determinato l'estinzione delle contravvenzioni.
Che, in questo quadro, le contestazioni (addirittura puntualmente rimosse in ottemperanza alle prescrizioni) non fossero chiare all'imputato e che sia stato violato il diritto di difesa - come apoditticamente si afferma in ricorso - è affermazione del tutto incomprensibile e manifestamente infondata.
4. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorso, tenuto conto della sentenza Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186 e rilevato che nella presente fattispecie non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., oltre all'onere del pagamento delle spese del procedimento anche quello del versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma equitativamente fissata in Euro 4.000,00. L'importo, aumentato alla luce della modifica normativa intervenuta con art. 1, comma 64, l. 23 giugno 2017, n. 103, si giustifica per aver il ricorrente fatto oggetto di doglianza allegazioni sconfessate dalla mera lettura del capo d'imputazione.
 

 

P.Q.M.

 


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di €. 4.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 13 giugno 2019.