Cassazione Penale, Sez. 4, 12 settembre 2019, n. 37763 - Infortunio mortale del dipendente del Ministero della Difesa in servizio presso l'Arsenale della Marina Militare e responsabilità del preposto. Percorso motivazionale da rivedere


 

Presidente: MENICHETTI CARLA Relatore: ESPOSITO ALDO Data Udienza: 27/03/20191.

 

 

Fatto

 

Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Lecce - sezione distaccata di Taranto - in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Taranto del 21 dicembre 2015, ha ridotto ad anni uno e mesi quattro di reclusione la pena, condizionalmente sospesa, inflitta ad A.S.F. in ordine ai reati di cui agli artt. 113, 589, comma secondo, cod. pen., 15, 17, comma 1, lett. B), 19, 20, comma 2, lett. B), 64, 71, 90, comma 4, 91, comma 1, lett. A), 92, comma 1, lett. B), 96, comma 1, lett. C), 97, comma 1 D.Lgs. n. 81 del 2008, 2087 cod. civ., perché, nell'ambito dell'appalto affidato dal committente Direzione Generale dei Lavori e Demanio del Ministero della Difesa all'Aeronautica Militare e relativo all'esecuzione presso l'Arsenale della Marina Militare di Taranto, di "sostituzione coperture metalliche officina costruzioni metalliche e officina attrezzatori", poi subappaltati con la formula del cottimo fiduciario alla Joule s.r.l., A.S.F., quale preposto dell'Aeronautica Militare addetto al cantiere, in concorso con altri soggetti nei confronti dei quali si procedeva separatamente o non ricorrenti, per colpa generica nonché per inosservanza di specifiche disposizioni per la prevenzione degli infortuni sul lavoro in epigrafe indicate, cagionava la morte di DC.G., dipendente del Ministero della Difesa in servizio presso il suddetto arsenale (in particolare, nel corso dell'esecuzione di lavori di scarico di pannelli coibentati per copertura solai all'interno del cantiere di circa 800 mq. sito nell'Arsenale della Marina Militare, era incautamente depositata una catasta da ben sei balle di pannelli coibentati - come tale sproporzionata sia per peso che per altezza così raggiunta dal carico - proprio a ridosso del marciapiede ovest della via F. Storelli, su espressa indicazione di A.S.F. e di V.F., che non verificavano l'effettiva messa in sicurezza del carico da parte di C.G. all'uopo incaricato, il quale, nel frattempo, a sua volta, non adempiva alle disposizioni ricevute di procedere all'ancoraggio dei pannelli così accatastati; il carico, quindi, peraltro posizionato su un terreno non perfettamente piano e privo di un idoneo sostegno, crollava travolgendo DC.G. che, mentre transitava in quel punto, veniva in tale modo schiacciato, decedendo sul colpo) - in Taranto il 25 gennaio 2010.
1.1. Il Tribunale evidenziava che il fatto contestato era avvenuto durante l'esecuzione di lavori presso l'Aeronautica della Marina Militare di Taranto affidati dalla Direzione dei Lavori del Demanio del Ministero della Difesa all'Aeronautica Militare - III Reparto Genio A.M. di Bari Palese (e subappaltati da quest'ultima alla Joule s.r.l.).
In base all'imputazione, A.S.F. (preposto dell'Aeronautica Militare addetto al cantiere), S.G. (amministratore unico della Joule s.r.l.), V.F. (preposto al cantiere della Joule s.r.l.), C.G. (dipendente della Joule s.r.l.), B.R. (comandante del III Reparto Genio dell'Aeronautica Militare (responsabile del procedimento e dei lavori), B.A. (coordinatore dell'esecuzione dei lavori) e C.R. (coordinatore della progettazione dei lavori), per colpa generica e specifica avrebbero cooperato in modo indipendente a cagionare la morte di DC.G..
Due pile di materiali - ciascuna costituita da sei balle di pannelli coibentati ciascuna, lunghe m. 11,33, la prima di m. 5 (non crollata) e la seconda di m. 7,70 (crollata) sproporzionate per peso e per altezza - erano incautamente depositate senza imbracatura, ancoraggi e protezioni. Contrariamente alle istruzioni della ditta fornitrice, su espressa indicazione di A.S.F. e di V.F., le pile erano sistemate a ridosso del marciapiede ovest di via F. Storelli su un terreno non perfettamente piano e privo di idoneo sostegno. La seconda pila crollava e schiacciava DC.G., che transitava casualmente sul posto.
Pur trattandosi di lavori in subappalto, il committente di opere era comunque titolare di una posizione di garanzia e doveva nominare il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, non essendo la sua responsabilità per infortuni esclusa da quella dell'appaltatore e restando, in ogni caso, in capo al sub-committente (se esercitante una continua ingerenza nei lavori) la qualifica di datore di lavoro e di responsabile dell'organizzazione del cantiere, anche in caso di totale subappalto dei lavori.
A.S.F., militare più alto in grado in cantiere, avrebbe dovuto impedire la prose-cuzione delle attività di carico e di stoccaggio in condizioni di mancanza di sicurezza e avrebbe dovuto predisporre le cautele minime per l'accatastamento delle pile: di fatto, aveva partecipato allo scarico e allo stoccaggio dei pannelli, concedendo alla Joule s.r.l. la piccola gru a forche, senza accertare la necessaria competenza degli affidatari e il corretto allineamento delle balle. Il personale era scarsamente preparato: C.G. si recava per la prima volta in quel cantiere; gli avieri L.N. e B.F. non avevano mai effettuato un'operazione del genere; il geom. V.F. non forniva indicazioni per la messa in sicurezza delle balle. A.S.F. ammetteva di essersi disinteressato all'ancoraggio del carico. La scelta del sito, con pavimento non livellato e con ingombri di altro materiale, era improvvisata. A.S.F., titolare di una posizione di garanzia, non eliminabile contrattualmente - e comunque, in fatto, assunta anche quella mattina - impartiva ordini nonché permetteva l'utilizzo della gru con forche e lo stoccaggio di pannelli di notevoli dimensioni in violazione della normativa antifortunistica e in contrasto con le regole minime di diligenza.
1.2. La Corte di appello ha osservato che, in base alla relazione del Contrammiraglio Confessore era emerso che A.S.F., assistente tecnico per i lavori da eseguirsi in amministrazione diretta a cura del 16° Gruppo Genio Campale, aveva aderito alla richiesta di V.F. di avvalersi dell'assistenza del personale di Campalgenio per la movimentazione, al fine di non pregiudicare l'andamento generale dei lavori. Inoltre, secondo la relazione, il lavoro eseguito in amministrazione diretta e quello affidato a cottimo costituivano parti integranti di un unico intervento da eseguire sotto la diretta responsabilità del 16° Reparto Genio Campale, utilizzo congiunto dei due sistemi espressamente contemplato dall'art. 184, comma 1, D.P.R. n. 170 del 2005. Egli, quindi, era preposto per i lavori in amministrazione diretta. A.S.F. aveva partecipato alla riunione preliminare dei lavori affidati alla Joule s.r.l., quale coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione dei lavori. Egli, in qualità di preposto, violava l'obbligo di curare la disposizione o l'accatastamento di materiali o attrezzature in modo da evitarne il crollo o il ribaltamento previsto dall'art. 96 D. Lgs. n. 81 del 2008.
In ogni caso, A.S.F. si ingeriva nell'attività di scarico e stoccaggio di quel materiale. Partecipava alle operazioni di accatastamento, consentendo l'erezione di pile di materiale alte decine di metri su terreni inclinati e/o completamente instabili alla base e/o in modo non correttamente equilibrato ed allineato. Il sinistro non era direttamente collegato con l'ambiente di lavoro e/o il cantiere, bensì con le attività di scarico e di stoccaggio eseguite in modo pessimo col mezzo meccanico noleggiato. Gli addetti alle operazioni agivano sotto le direttive di A.S.F.. A.S.F. indicava tre possibili siti di stoccaggio, tra i quali evidentemente anche quello prescelto, e non impediva il cattivo posizionamento del materiale dai suoi due subordinati.
Secondo l'isp. N. il dislivello e forse il concomitante appoggio non in linea de-terminavano il crollo e, contraddittoriamente, in altra parte della sua relazione si affermava che la causa era l'eccessivo peso, ma senza spiegare perché la seconda pila non aveva subito il medesimo effetto. L'altezza della pila aveva comportato lo spostamento del baricentro fuori asse (a m. 4,80 da terra v'erano cm. 7,5 fuori sagoma secondo N.). Dopo la sistemazione del materiale, A.S.F. non valutava il potenziale pericolo e non verificava la sistemazione dell'imbracatura, in modo da evitare il rischio di crollo (ad es. per avverse condizioni atmosferiche).
2. A.S.F., a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo quattro motivi di impugnazione.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla corretta qualificazione giuridica del rapporto contrattuale intercorso tra l'Amministrazione Militare e la Ditta Joule s.r.l. e alla ritenuta posizione di garanzia di A.S.F. e della qualità giuridica di preposto.
Si deduce che l'Amministrazione Militare, dopo aver ricevuto dal Ministero della Difesa l'affidamento dei lavori ai sensi dell'art. 184 D.P.R. n. 170 del 2005, con le modalità di cui agli artt. 182 e 183 (in amministrazione diretta o a cottimo), provvedeva ad affidarli in esecuzione - utilizzando la procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando ex art. 57, comma 2, lett. C), D. Lvo n. 163 del 2006 - alla Ditta Joule s.r.l. con un contratto di cottimo fiduciario. 
Il D. Lvo n. 163 cit. considera due distinte ipotesi: 1) affidamento dei lavori da parte di ente pubblico - mediante contratto di cottimo - nell'ambito di una delle procedure in economia (evenienza prevista dall'art. 125, sussistente nel caso in esame); 2) disposizione dell'aggiudicatario di un contratto di appalto di far eseguire opere mediante subappalto o un contratto di cottimo. Soltanto nella seconda ipotesi v'è a monte un contratto di appalto, mentre nella fattispecie si versa nella prima ipotesi di affidamento diretto, mediante procedura in economia, nella forma negoziata del cottimo fiduciario, non avendo il Ministero della Difesa appaltato i lavori all'Amministrazione Militare di Bari e avendo quest'ultima subappaltato i lavori alla Joule s.r.l.. All'art. 2 della scrittura privata n. 265 del 25 settembre 2009, le parti legittimamente prevedevano la clausola di esclusione espressa di qualsivoglia responsabilità e/o posizione di garanzia da parte dell'Amministrazione Militare. Tale scrittura, peraltro, poneva a carico della Joule s.r.l. gli oneri per la sicurezza.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla scelta del sito di stoccaggio.
Si rileva che la prova documentale in atti, del tutto ignorata, smentiva ogni valutazione effettuata al riguardo dalla Corte territoriale. Dalla relazione del Contrammiraglio Claudio C. e dagli allegati alla medesima, il materiale risultava accatastato in uno dei tre luoghi specificamente indicati dall'Amministrazione Centrale Militare, della quale il Cap. B. e il Mar. A.S.F. erano semplici portavoce. La Direzione dell'Arsenale Militare di Taranto - e non A.S.F., mero esecutore di disposizioni provenienti dai superiori vertici militari - aveva scelto il sito.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all'ipotizzata ingerenza nell'attività di scarico e di stoccaggio, dalla quale si evinceva erroneamente la veste di preposto con conseguente esclusione del nesso eziologico.
Si osserva che la Corte territoriale ha disatteso il principio giurisprudenziale, secondo cui il titolare dell'Impresa che noleggia macchinari e che mette a disposizione anche il lavoratore non assume nei confronti del dipendente dell'appaltatore una posizione di garanzia in relazione ai rischi connessi all'ambiente di lavoro; essa, invece, ha erroneamente ritenuto il sinistro direttamente collegato con le opere di scarico e di stoccaggio eseguite col mezzo noleggiato dall'Amministrazione Militare. Un ulteriore errore determinato da travisamento della prova era rinvenibile nella dedotta ipotizzata ingerenza di A.S.F., il quale avrebbe dato disposizioni agli Avieri L.N. e B.F. sulle operazioni di carico e di stoccaggio, mentre i due suoi sottoposti riferivano di aver ricevuto indicazioni dal personale della Joule s.r.l..
2.4. Violazione degli artt. 163 e 166 D.P.R. 19 aprile 2005, n. 170, all'epoca in vigore, poi abrogati dal D.P.R. 15 novembre 2012, n. 236, per erronea identificazione della figura del coordinatore per l'esecuzione dei lavori con quella del preposto. 
Si sostiene che il rappresentante in loco dell'Amministrazione Militare doveva evitare il rischio di interferenze tra i lavori eseguiti contemporaneamente dalla medesima Amministrazione e dall'Impresa affidatala del cottimo.
Ciò però non significava che A.S.F. aveva assunto contestualmente la qualifica di preposto, oltre quella di rappresentante in loco, trattandosi di figure ben delineate dagli abrogati artt. 163 e 166 cit..
2.5. Nella memoria difensiva del 7 marzo 2019, si deduce che la posizione di sovraordinazione di A.S.F. rispetto a V.F., capocantiere della Joule s.r.l., e al tra-sportatore C.G. era desunta esclusivamente dalla sua qualifica, nonostante le dichiarazioni dello stesso V.F., che attribuiva a sé stesso e a C.G. la scelta delle modalità di stoccaggio delle balle di pannelli. A.S.F. era dotato di ristretto ambito di competenza, nei limiti dei protocolli operativi fissati dai suoi superiori all'atto della redazione del piano operativo e del piano di coordinamento di sicurezza. Non aveva mai ricevuto informazione o formazione inerente ai criteri di stoccaggio delle balle di pannelli né aveva avuto notizia delle schede tecniche di tali materiali. La espunzione di L.N. e B.F. dai soggetti che avevano collaborato alla causazione dell'evento non consentiva di addebitare agli altri la colpevole sottovalutazione dei rischio di crollo della catasta di materiali. Erano altresì errate le modalità di rilevamento del dislivello della base di appoggio della pila operate dall'ispettore del lavoro N..
 

 

Diritto

 

1. Il ricorso è fondato.
1.1. Va premesso che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in base alla normativa di settore, il datore di lavoro è il primo destinatario del generale obbligo di sicurezza di cui all'art. 2087 cod. civ., in quanto garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro (Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, Bregamotti, Rv. 265052; Sez. 4, n. 4361 del 21/10/2014, Ottino, Rv. 263200); il datore di lavoro è tenuto, a norma degli artt. 3 e 4 del D.lgs. 626 del 1994 (oggi meglio delineati dagli artt. 17 e 18 del D.lgs n. 81 del 2008), alla redazione del documento di valutazione dei rischi (Sez. 4, n. 45808 del 27/06/2017, Catrambone, Rv. 271079), del piano operativo di sicurezza (Sez. 4, n. 22034 del 12/04/2018, Addezio, Rv. 273589; Sez. 4, n. 31304 del 19/04/2013, Giorgi, Rv. 255953) nonché alla nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP).
In ambito aziendale sono individuabili altri destinatari della normativa prevenzionistica, e come tali titolari di distinte posizioni di garanzia, in quanto incarnano distinte funzioni e diversi livelli di responsabilità organizzativa e gestionale. 
Tra le varie figure il preposto è colui il quale sovraintende alle attività, attua le direttive ricevute controllandone l'esecuzione, sulla base e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'Incarico.
Si tratta di una definizione di carattere generale che subisce eventuali specificazioni in relazione a diversi fattori, quali il settore di attività, la conformazione giuridica dell'azienda, la sua concreta pianificazione e le sue dimensioni. In un'organizzazione di una certa complessità persone, con diverse competenze, sono chiamate a ricoprire i ruoli in questione.
Nell'ambito dello stesso organismo, quindi, può riscontrarsi la presenza di molteplici figure di garanti. Ciò suggerisce che l'individuazione della responsabilità penale presuppone un'accurata analisi delle diverse sfere di competenza gestionale ed organizzativa all'interno di ciascuna istituzione. Rilevano da un lato le categorie giuridiche e i modelli di agente, dall'altro i concreti ruoli esercitati da ciascuno. Si tratta di una ricognizione essenziale per un'imputazione personalizzata, in conformità ai principi che governano l'ordinamento penale; ciò al fine di evitare l'indiscriminata, quasi automatica attribuzione dell'illecito a diversi soggetti (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261103 e ss.).
1.2. La giurisprudenza di questa Corte, inoltre, ha costantemente affermato che, in tema di reati omissivi colposi (e, specificamente, in tema di infortuni sul lavoro, ai sensi dell'art. 299, d. lgs. n. 81 del 2008), la posizione di garanzia - che può essere generata da investitura formale o dall'esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante - deve essere individuata accertando in concreto la effettiva titolarità del potere-dovere di gestione della fonte di pericolo, alla luce delle specifiche circostanze in cui si è verificato il sinistro (Sez. 4, n. 57937 del 09/10/2018, Ferrari, Rv. 274774; Sez. 4, n. 18090 del 12/01/2017, Amadessi, Rv. 269803; Sez. 4, n. 19029 del 01/12/2016, De Nardis, Rv. 269602).
Questa Corte ha altresì sostenuto che, ai fini dell'individuazione del garante nelle strutture aziendali complesse, occorre fare riferimento al soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio essendo, comunque, generalmente riconducibile alla sfera di responsabilità del preposto l'infortunio occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa, a quella del dirigente il sinistro riconducibile al dettaglio dell'organizzazione dell'attività lavorativa e a quella del datore di lavoro, invece, l'incidente derivante da scelte gestionali di fondo (Sez. 4, n. 22606 del 04/04/2017, Minguzzi, Rv. 269972; Sez. 4, n. 52536 del 09/11/2017, Cibin, Rv. 271536).
2. Tanto premesso sui principi operanti in materia, nella sentenza di primo grado, era indicato che A.S.F., quale militare in servizio più alto in grado sul cantiere, non avrebbe dovuto consentire l'attività di scarico e stoccaggio in mancanza di condizioni di sicurezza, ma, in base alla sua posizione di garanzia, non venuta meno per effetto del subappalto, avrebbe dovuto predisporre le condizioni minime per l'accatastamento delle pile, partecipando di fatto allo scarico e allo stoccaggio dei pannelli, mettendo a disposizione della Joule s.r.l. la piccola gru a forche, accertando le competenze degli operai e predisponendo le modalità più opportune per l'intervento, incluse quelle relative al perfetto allineamento delle balle. La Corte di appello ha aggiunto che si versava in ipotesi di un unico intervento svolto sotto la diretta responsabilità del 16° Reparto Genio Campale, per il quale A.S.F., appositamente delegato, rivestiva la funzione di preposto; per conto dell'ente aveva la responsabilità dell'unico complessivo intervento da eseguire, parzialmente subappaltato alla Joule s.r.l.. Egli, in ogni caso, si era ingerito di fatto nell'attività di carico e di stoccaggio del materiale, assumendo quindi la relativa posizione di garanzia.
2.1. Su quanto affermato dai giudici di merito sulla posizione di garanzia rivestita da A.S.F. e sulla funzione di preposto espletata, deve osservarsi che non emerge in motivazione un ragionamento probatorio adeguato ed idoneo a specificare l'incarico conferitogli dall'amministrazione di appartenenza, le esatte mansioni attribuitegli e la sicura incidenza della sua asserita condotta nella verificazione dell'evento.
La posizione di garanzia viene configurata sulla base di affermazioni apodittiche. Non emergono adeguati elementi di riscontro che consentano di avere contezza dell'effettiva estensione oggettiva dell'incarico affidato al medesimo, in maniera tale da poterlo considerare un vero e proprio titolare, di diritto o di fatto, di una specifica posizione di garante.
La Corte territoriale non ha svolto una accurata individuazione delle concrete mansioni e delle competenze attribuite ad A.S.F., in maniera tale da poterne affermare la responsabilità penale per la condotta omissiva contestatagli.
In relazione alla presunta posizione di preposto, non è chiarito espressamente in sentenza su quali basi egli sia stato riconosciuto quale preposto di diritto o di fatto, trattandosi di lavori affidati alla Joule s.r.l.. Non si comprende se la sua presenza sul posto sia stata casuale o dovuta ad una specifica incombenza alla quale era adibito. Né il ruolo di preposto di fatto poteva essergli riconosciuto solo in quanto, trovatosi occasionalmente nel cantiere, aveva eventualmente impartito ordini. Occorreva, infatti, che avesse assunto tale posizione in epoca pregressa rispetto al momento di esecuzione della lavorazione.
Dalla lettura della sentenza, peraltro, non si comprende se effettivamente A.S.F. abbia prescelto il luogo di stoccaggio dove collocare le pile di materiali, se altri soggetti abbiano fornito la relativa indicazione o se gli stessi lavoratori abbiano autonomamente scelto il sito. Nell'insufficiente esposizione contenuta in sentenza sono riportate sinteticamente varie testimonianze sul punto ed emerge solo che la scelta del luogo era avvenuta nell'ambito di tre opzioni disponibili, ma non si comprende chi le avesse indicate e chi - tra i soggetti presenti sul posto o appartenenti all'Amministrazione Militare - avesse effettuato la selezione finale.
Anche la dinamica dell'incidente mortale non appare adeguatamente ricostruita nella sentenza impugnata, non risultando comprensibile in quale fase temporale sia avvenuto il crollo della pila e, soprattutto, le cause effettive del sinistro e le modalità della caduta (in particolare, se dovute ad un cattivo posizionamento del materiale o al dislivello del terreno). Tali accertamenti, invece, si rivelano di natura prioritaria ai fini dell'individuazione della posizione di garanzia attribuita ad A.S.F..
La Corte di merito ha affermato che A.S.F. avrebbe dovuto controllare la regolare esecuzione della lavorazione, senza potersi allontanare prima delle operazioni materiali di scarico e di accatastamento; non ha chiarito, però, per quali ragioni sarebbe dovuto restare sul posto in attesa dell'espletamento dell'intervento, non apparendo egli titolare di una posizione di garanzia.
I relativi passaggi argomentativi sono assolutamente congetturali, poiché non spiegano, in concreto, sulla base di quali elementi specifici si debba ritenere che A.S.F, quale soggetto in servizio presso l'Aeronautica Militare avrebbe potuto e dovuto ingerirsi nelle attività della Joule s.r.l., fornendo disposizioni cogenti sulla scelta del sito di stoccaggio e sulle modalità di collocazione delle pile. Né tale potere-dovere poteva scaturire dalla mera esecuzione dei lavori in zona militare. Al riguardo, non appare esaurientemente approfondito il materiale probatorio con particolare riferimento alle dichiarazioni testimoniali e alla documentazione acquisita agli atti e agli eventuali ordini impartiti da A.S.F. all'Aviere Capo L.N. e all'Aviere B.F., suoi sottoposti.
I principi di imputazione oggettiva e soggettiva del reato colposo impongono l'esame accurato delle modalità di inserimento, al fine di delinearne una eventuale posizione di responsabilità quale soggetto garante del bene tutelato.
Nel caso di specie, la Corte territoriale non ha illustrato le ragioni della configurabilità di un'ipotesi di subappalto e non di affidamento esterno (vedi pag. 8 della sentenza impugnata). Alla luce delle modalità di assegnazione dei lavori, infatti, il contratto sembrerebbe qualificabile come cottimo fiduciario. Il cottimo fiduciario altro non è che una forma particolare di appalto, concluso a trattativa privata, ammissibile per legge solo nelle ipotesi tassativamente previste dall'ordinamento ed in presenza di presupposti di volta in volta richiesti e caratterizzato dal fatto che l'appaltatore è prescelto da un funzionario responsabile mediante una valutazione ampiamente discrezionale e dalla non soggezione alle regole della contabilità dello Stato, limitatamente alla deliberazione a contrarre, all'intervento del soggetto capace di rappresentare la P.A., nonché all'affidamento dei lavori; rappresenta una deroga, in casi così ristretti e limitati, ai sistemi ad evidenza pubblica di scelta del contraente, che costituiscono il principio generale applicabile nella materia dei contratti pubblici, ma tuttavia, pur con le dette note specializzanti, anche questo tipo di contratto esige il rispetto della forma scritta (Sez. 6 civ., Ord. n. 8290 del 30/03/2017, Rv. 644607).
La Corte di merito, inoltre, del tutto contraddittoriamente, non menzionando l'esistenza di deleghe in materia di sicurezza a carico di A.S.F., ha desunto la sua posizione di "garante di fatto" sulla base della presunta continua ingerenza dell'Aeronautica Militare nei lavori, senza fornire elementi per stabilire in cosa si concretizzasse la suddetta intromissione e se essa fosse ascrivibile alla persona dell'imputato, dei cui reali compiti non si ha contezza certa.
Una simile motivazione non soddisfa i requisiti richiesti dalla giurisprudenza di le-gittimità ai fini della esatta individuazione di una posizione di garanzia in capo ad A.S.F., la quale viene desunta in termini assolutamente apodittici e congetturali.
Il percorso motivazionale della sentenza impugnata non ricostruisce in maniera accurata la fonte ed il contenuto della ritenuta posizione di garanzia dell'imputato, né la sua eventuale cooperazione colposa, non avendo individuato in maniera specifica l’estensione oggettiva del suo incarico o i presupposti sui quali si sarebbe fondata la qualità di preposto di diritto o di fatto. Il ragionamento della Corte di merito confronta adeguatamente con le disposizioni legislative in materia antinfortunistica, che indicano in modo preciso i destinatari della normativa prevenzionistica (tra i quali i preposti).
Restano assorbiti i motivi di ricorso non esaminati nell'ambito della presente trattazione.
3. Da quanto sopra discende che la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo giudizio alla competente Corte di appello di Lecce, che si atterrà ai principi sopra indicati.
Al giudice del rinvio va altresì demandato il regolamento delle spese tra le parti relativo al presente giudizio di legittimità.
 

 

P.Q.M.

 


Annulla la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Lecce, cui demanda il regolamento delle spese tra le parti relativo a questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 27 marzo 2019.