Categoria: Cassazione civile
Visite: 3535

Cassazione Civile, Sez. Lav., 20 settembre 2019, n. 23514 - Computo nel periodo di comporto dei giorni di assenza per infortunio sul lavoro


 

 

Presidente: NOBILE VITTORIO Relatore: NEGRI DELLA TORRE PAOLO Data pubblicazione: 20/09/2019

 

Fatto

 


1. Con ordinanza pronunciata il 7 dicembre 2017, ai sensi dell'art. 348 bis cod. proc. civ., la Corte di appello di Firenze ha dichiarato inammissibile il gravame proposto dall'Istituto Fiorentino di Cure e Assistenza S.p.A. avverso la sentenza n. 925/2016 del Tribunale di Firenze, che aveva annullato il licenziamento intimato a O.I. per superamento del periodo di comporto, in esso computate anche le assenze dovute ad un infortunio sul lavoro.
2. La Corte ha osservato a sostegno della propria decisione come l'appello dell'Istituto non avesse ragionevoli probabilità di essere accolto, non offrendo, se non in termini meramente iterativi e tautologici, un'interpretazione dell'art. 42 del C.C.N.L. 19 gennaio 2005 per il personale non medico dipendente da case di cura private diversa da quella disattesa dal giudice di primo grado, il quale aveva rilevato, in sede di esame della norma collettiva, come la regolamentazione del comporto si trovasse collocata nella disciplina riservata alla sola malattia, e non anche in quella relativa all'infortunio sul lavoro, e come da tale dato dovesse necessariamente desumersi che la comune intenzione delle parti era stata quella di escludere i giorni di assenza dovuta ad infortunio sul lavoro dal periodo di comporto.
3. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza l'Istituto Fiorentino di Cure e Assistenza S.p.A. con due motivi, assistiti da memoria.
4. La lavoratrice è rimasta intimata.
 

 

Diritto

 

1. Con il primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 cod. civ. in relazione all'art. 42 del C.C.N.L. di settore per avere il Tribunale di Firenze posto a sostegno della propria opzione ermeneutica una parte soltanto del testo della disposizione collettiva, omettendo conseguentemente di leggere quest'ultima nel suo complesso.
2. Con il secondo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell'art. 2110 cod. civ. per avere il Tribunale offerto un'interpretazione della disposizione collettiva non coerente con i principi giurisprudenziali, secondo i quali la nozione legale di infortunio o malattia è comprensiva anche delle specifiche categorie di impedimenti dovuti a cause di lavoro.
3. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
4. La società ricorrente, infatti, non ha indicato i motivi di appello, se non in modo del tutto generico, secondo ciò che emerge dall'esposizione dei fatti di causa e in particolare dai paragrafi 5 e 9: là dove è meramente denunciata l'erroneità della esclusione dal computo del periodo di comporto dei giorni di assenza per infortunio sul lavoro (cfr. ricorso per cassazione, p. 6) e là dove viene censurata l'ordinanza della Corte territoriale per non avere "colto le articolate argomentazioni dedotte con l'atto di appello" dalla società, peraltro richiamate con la pura e semplice riproposizione dell'assunto originario, in via di estrema sintesi, di una considerazione unitaria, da parte della disposizione collettiva, di malattia e infortunio ai fini del superamento del periodo di comporto (cfr. ricorso per cassazione, p. 7).
5. Deve in proposito ribadirsi il consolidato principio di diritto, per il quale nel ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, proponibile ai sensi dell'art. 348 ter, co. 3, cod. proc. civ., l'atto di appello, dichiarato inammissibile, e la relativa ordinanza, pronunciata ai sensi dell'art. 348 bis cod. proc. civ., costituiscono requisiti processuali speciali di ammissibilità, con la conseguenza che, ai sensi dell'art. 366 n. 3 cod. proc. civ., è necessario che nel suddetto ricorso per cassazione sia fatta espressa analitica menzione almeno dei motivi di appello, se non pure della motivazione dell'ordinanza dichiarativa della inammissibilità, al fine di evidenziare l'insussistenza di un giudicato interno sulle questioni sottoposte al vaglio del giudice di legittimità e già prospettate al giudice del gravame (cfr., fra le molte conformi, Cass. n. 10722/2014).
6. In sostanza, la necessità di compiuta identificazione dell'ambito del giudicato interno derivante dai limiti dell'impugnazione mediante l'appello continua ad esigere, alla luce della giurisprudenza richiamata, la puntuale indicazione dei motivi di appello, se non pure della motivazione dell'ordinanza di secondo grado, quale contenuto essenziale del ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado (Cass. n. 26936/2016).
7. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, essendo la lavoratrice rimasta intimata.
 

 

P.Q.M.

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 18 aprile 2019.