Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. 6, 08 ottobre 2019, n. 25197 - Rendita a carico dell'INAIL e assegno di invalidità a carico dell'INPS. Quando opera il divieto di cumulo


 

"Il presupposto del medesimo evento invalidante, da cui deriva il divieto di cumulo, si verifica in situazioni di invalidità connotate da completa sovrapponibilità mentre la incumulabilità non sussiste se l'evento indennizzato dall'INAIL ha solo contribuito al più ampio quadro invalidante che ha dato luogo alla prestazione a carico dell'INPS"


 

Presidente: DORONZO ADRIANA Relatore: SPENA FRANCESCA Data pubblicazione: 08/10/2019

 

 

Rilevato
che con sentenza in data 27 aprile 2017 numero 287 la Corte d'Appello di L'Aquila, giudice del rinvio a seguito dell'ordinanza di questa Corte del 22 marzo 2016 numero 5636, in parziale riforma della sentenza di primo grado, che aveva dichiarato il diritto di V.E. a percepire l'assegno di invalidità ordinario dalla domanda amministrativa (11 settembre 2009), dichiarava il diritto all’assegno a decorrere dal 17 dicembre 2015;
che a fondamento della decisione la Corte territoriale richiamava il principio di diritto enunciato nella pronuncia rescindente, secondo cui, al sensi dell'articolo 1, comma 43, legge 335/1995, la rendita percepita dall'assicurato a carico dell'INAIL non è cumulabile con l'assegno di invalidità ordinario a carico dell' INPS nell'eventualità di «situazioni di invalidità connotate da completa sovrapponibilità».
Osservava che il c.t.u. del primo grado aveva accertato il presupposto sanitario del diritto all'assegno (la riduzione della capacità di lavoro In misura Inferiore ad un terzo) considerando anche la percentuale del 39% derivante dagli Infortuni per i quali il lavoratore era stato Indennizzato dall’IPSEMA. In mancanza di altri elementi di fatto, pertanto, alla data di proposizione della domanda amministrativa mancava il requisito sanitario per il riconoscimento del diritto all'assegno di invalidità.
Il diritto si era perfezionato nell'anno 2015 a seguito dell'insorgere di una nuova e diversa patologia;
che avverso la sentenza ha proposto ricorso V.E., articolato in tre motivi, cui ha opposto difese l'INPS con controricorso;
che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti— unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza camerale— ai sensi della piccolo 380 bis codice di procedura civile
 

 

Considerato
che la parte ricorrente ha dedotto:
- con il primo motivo —ai sensi dell'articolo 360 numero 3 codice di procedura civile— violazione e falsa applicazione degli articoli 383 e 384 codice di procedura civile e dell'articolo 1, comma 43, legge 335/1995, con conseguente vizio di motivazione.
Ha esposto che l'ordinanza rescindente demandava al giudice del rinvio di verificare — ai fini della eventuale incumulabilità— l'unicità dell'evento invalidante ovvero la diversità delle patologie a base delle due prestazioni rispettivamente a carico dell'INPS e dell'INAIL .
Ha impugnato la sentenza per avere omesso tale accertamento, limitandosi ad affermare che il diritto all'assegno era stato accertato considerando anche la percentuale di invalidità (39%) derivante dagli infortuni; il giudice del rinvio, in sostanza, si era limitato ad una operazione matematica di sottrazione dalla invalidità accertata dal c.t.u. (67% ) della percentuale riconosciuta dall' INAIL (39%)— trascurando di verificare la eventuale diversità delle patologie denunciate con la domanda di assegno rispetto a quelle poste a base della rendita.
Per consolidata giurisprudenza, cui dava seguito la ordinanza rescindente, la incumulabilità di cui all'articolo 1,comma 43 legge 335/1995, si verifica, invece, unicamente in situazioni di invalidità connotate da completa sovrapponibilità. Oggetto dell'accertamento in sede di rinvio avrebbe dovuto essere la completa sovrapponibilità delle patologie accertate dall' INAIL rispetto a quelle valutate dall' INPS;
- con il secondo motivo — ai sensi dell'articolo 360 numero 3 codice di procedura civile— violazione e falsa applicazione dell'articolo 1, comma 43, legge 335/1995, dell'articolo 1 legge 222 del 12 giugno 1984, della circolare INPS 153 del 1996.
Con la censura si deduce che l'articolo 1, comma 43, legge 335/1995— nella parte In cui prevede la Incumulabilità tra la rendita liquidata per Infortunio o malattia professionale e le prestazioni a carico dell'INPS— pone comunque una preclusione operante fino alla concorrenza dell'assegno con la rendita; non comporta, dunque, il venir meno del diritto all' assegno ma solo l' impossibilità che l’assicurato consegua la quota di assegno corrispondente alla entità della rendita;
- con il terzo motivo— ai sensi dell'articolo 360 numero 5 codice di procedura civile— omesso esame di un fatto decisivo.
Ha esposto che con il ricorso in riassunzione era stato fatto richiamo sia al ricorso di primo grado che alle precedenti memorie, ove era stato ampiamente descritto il complesso morboso da cui egli era affetto. La Corte territoriale aveva omesso di valutare il quadro morboso descritto nella c.t.u. di primo grado: la mancanza di sovrapponibilità delle patologie oggetto della domanda di assegno rispetto a quelle accertate dall'INAIL era documentata dagli atti di causa e dalla CTU, allorché si riconosceva la parziale coincidenza con il quadro morboso indennizzato dall'IPSEMA (invalidità del 39%). In assenza di totale sovrapponibilità non si determinava, dunque, la incumulabilità delle prestazioni che ritiene il Collegio si debba accogliere il ricorso;

che i tre motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la stretta connessione, sono fondati;
Giova premettere che a tenore dell'articolo 1, comma 43, L. 335/95 l'assegno ordinario di invalidità — (per quanto qui rileva)— liquidato in conseguenza di infortunio sul lavoro o malattia professionale non è cumulabile con la rendita vitalizia liquidata per lo stesso evento invalidante a norma del testo unico 30 giugno 1965, n. 1124, fino a concorrenza della rendita stessa.
In sostanza, qualora l'evento Invalidante sotteso alla concessione delle prestazioni a carico dell'INAIL e dell'INPS sia il medesimo i lavoratori possono cumulare solo la quota di pensione eccedente la rendita INAIL ( Cass. 04 novembre 2016 nr. 22475; 25 maggio 2017 nr. 13187).
La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che il divieto di cumulo stabilito dall'art. 1, comma 43, l. 8 agosto 1995 n. 335 trova applicazione solo quando le prestazioni a carico dell'INPS, alle quali il divieto si riferisce, siano liquidate in conseguenza di infortunio sul lavoro e malattia professionale e la rendita vitalizia abbia quale presupposto il medesimo infortunio o malattia professionale.
Ne deriva che qualora nella valutazione dell'invalidità pensionabile a carico dell'INPS vi sia una coincidenza solo parziale rispetto alle invalidità indennizzate dall'INAIL il divieto di cumulo tra le due prestazioni non opera.
In altri termini, il presupposto del medesimo evento invalidante, da cui deriva il divieto di cumulo, si verifica in situazioni di invalidità connotate da completa sovrapponibilità mentre la incumulabilità non sussiste se l'evento indennizzato dall'INAIL ha solo contribuito al più ampio quadro invalidante che ha dato luogo alla prestazione a carico dell'INPS (cfr., tra le altre, Cass. 9 luglio 2003 n. 10810, Cass. 30 dicembre 2004 n. 24199; 14 marzo 2006, n.5494; 09 settembre 2008 nr. 22872; 25 maggio 2017 nr. 13187) .
A tale principio ha dato continuità la ordinanza rescindente laddove:
- ha affermato che «il presupposto del medesimo evento invalidante posto a base del divieto di cumulo in questione si verifica in situazioni di invalidità connotate da completa sovrapponibilità allorché la prestazione a carico dell'INAIL e quella per l'inabilità pensionabile o per l'assegno di invalidità a carico dell'INPS siano fondate sul medesimo quadro morboso» ;
- ha cassato la sentenza impugnata demandando al giudice del rinvio «un nuovo accertamento di fatto in ordine alla unicità dell'evento invalidante ovvero alla diversità tra le patologie alla base delle due prestazioni».
A tale indagine si è sottratta la sentenza impugnata giacché la Corte territoriale— piuttosto che verificare la completa sovrapponibilità ovvero la diversità tra le patologie a base delle due prestazioni— ha compiuto una mera operazione matematica di sottrazione dalla complessiva invalidità accertata dal ctu della percentuale di invalidità derivata dagli infortuni;
che, pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata ed il giudizio rinviato alla Corte d'appello di Ancona affinchè provveda a compiere l'accertamento di fatto omesso ed all'esito ad applicare il principio di diritto già enunciato nella ordinanza rescindente e qui ulteriormente ribadito;
che il giudice del rinvio provvederà, altresì , sulle spese del presente grado
 

 

PQM
 

 

La Corte accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia— anche per le spese— alla Corte d'Appello di Ancona.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale in data 2 aprile 2019