Cassazione Penale, Sez. 4, 28 ottobre 2019, n. 43683 - Lavoratori immigrati sfruttati: violazione della normativa in materia di ferie, riposo e sicurezza nei luoghi di lavoro


 

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA Relatore: FERRANTI DONATELLA Data Udienza: 08/10/2019

 

Fatto

 


1. Il Tribunale di Brescia in funzione di giudice del riesame, in parziale riforma dell'ordinanza del Gip del Tribunale di Mantova, ha applicato nei confronti di M.P. e D.G. la misura cautelare degli arresti domiciliari presso le rispettive abitazioni, in relazione al delitto di cui all'art. 603 bis cod.pen, secondo quanto descritto nell'imputazione provvisoria, perché impiegavano immigrati in condizioni di sfruttamento e approfittando dello stato di bisogno, mediante la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme ai contratti collettivi nazionali e comunque sproporzionata alla qualità e quantità del lavoro prestato, la reiterata violazione della normativa in materia di ferie, periodi di riposo, riposo settimanale; la violazione delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro.
1.1 Il Tribunale ha riassunto i risultati investigativi che hanno condotto a delineare i comportamenti illeciti degli imputati; ha evidenziato in particolare i risultati delle dichiarazioni rese dalle persone informate dei fatti, parti lese, delle intercettazioni telefoniche, dell'attività svolta dall'Ispettorato del Lavoro, alla luce delle ulteriori attività investigative svolte dal PM e fatte confluire nell'atto di gravame, avverso l'ordinanza del Gip di Mantova del 31.05.2019 che, pur rilevando la sussistenza di indizi di reità, aveva rigettata la iniziale richiesta del PM, sollecitando ulteriori riscontri che corroborassero le dichiarazioni dei primi lavoratori escussi, N. e S..
Ha quindi valutato grave il compendio indiziario a carico degli indagati, consolidatosi a seguito delle informazioni rese dagli altri lavoratori che hanno fornito univoci riscontri circa le condizioni di lavoro di sfruttamento imposte da M.P. e da D.G., e ha, quindi, in merito alle esigenze cautelari ritenuto la sussistenza del pericolo di reiterazione criminosa, stante il contesto organizzato, la disponibilità di numerosi capannoni e la capacità di reperire manodopera a basso costo, migranti stranieri non integrati o privi di mezzi di sussistenza, che venivano minacciati di licenziamento o sostituzione ove si fossero ribellati alle condizioni di sfruttamento, dimostrando così pervicacia e spregiudicatezza criminale evidenziata in modo peculiare anche dopo l'incendio del capannone di Marmirolo, quando gli indagati avevano cercato di impedire che i lavoratori si recassero presso la stazione dei Carabinieri, dove erano stati convocati per essere sentiti nell'ambito dell'attività di indagine.
2. Avverso l'ordinanza hanno proposto ricorso gli indagati a mezzo del difensore, il quale ha articolato i seguenti motivi.
3. Ricorso D.G.
3.1 Con il primo motivo ha dedotto vizio di motivazione in quanto la gravità indiziaria è stata desunta dalle dichiarazioni delle persone offese, perciò scarsamente attendibili e prive di riscontri oggettivi; ha sottolineato che gli operai decidevano liberamente di dormire presso i capannoni in condizioni igieniche precarie e che la paga era in linea con gli emolumenti medi elargiti nel settore. Il ricorrente non si è mai occupato del reclutamento degli operai, si tratta di elementi frammentari che non risultano valutati con motivazione logica e coerente.
3.2 Con il secondo motivo deduce la carenza la manifesta illogicità della motivazione in quanto il Tribunale ha omesso di valutare gli elementi indicati nella memoria difensiva depositata nei termini di cui all'art. 127 cod.proc.pen.
4. Ricorso di M.P.
4.1 Con il primo motivo deduce violazione di legge e difetto di motivazione in quanto il Tribunale ha omesso di indicare rispetto a quale capo di imputazione ha ritenuto di applicare la misura cautelare degli arresti domiciliari e ciò comporta la nullità dell'ordinanza;
4.2 Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio della motivazione in quanto dalle dichiarazioni delle persone offese emergono solo situazioni personali di disagio che sono state invece in maniera contraddittoria considerate come univoche e determinanti le condizioni di degrado e di sfruttamento in cui gli stessi versavano.
 

 

Diritto

 


1.1 ricorsi sono infondati.
1.1 Il primo motivo del ricorso D.G. e il secondo motivo del ricorso M.P. possono essere trattati congiuntamente in quanto sostanzialmente tutti afferenti alla infondatezza o comunque alla insufficienza del quadro indiziario.
Va osservato che l'ordinanza impugnata offre una motivazione adeguata, illustra in maniera critica e approfondita i dati indiziari tratti dai risultati delle investigazioni ed esposti in maniera analitica e completa con un univoco valore accusatorio e un pieno riscontro alle informazioni testimoniali, riferite sia alle condizioni di sfruttamento del lavoro che alla non occasionalità dell'attività illecita posta in essere.
Il ricorso invece prospetta una lettura alternativa del materiale indiziario, frammentaria, che non è idonea a superare, secondo le valutazioni del Tribunale del riesame, il grave e univoco quadro indiziarlo posto a base dell'ordinanza: sul punto occorre ribadire che "...non hanno rilevanza le censure che si limitino ad offrire una lettura alternativa delle risultanze probatorie, dal momento che il sindacato della Corte di cassazione si risolve pur sempre in un giudizio di mera legittimità - Sez. VI, 3 ottobre 2006, n. 36546, Bruzzese, C.E.D. Cass., n. 235510 -.
Il Tribunale del riesame ha enucleato dal complesso indiziario tutti gli indici probatori, indicati dal legislatore nell'art. 603 bis cod.pen e ne ha puntualmente indicato la fonte:
- l'annotazione dell'Ispettorato del Lavoro di Mantova del 19.04.2019 da cui emerge che ogni anno ciascun lavoratore ha ricevuto 22.000,00-27.000,00 euro n meno di quanto stabilito dai CCNL ;
- i ritmi di lavoro degli operai che si articolavano per circa dieci ore al giorno su sei giorni lavorativi per ciascuna settimana, a seconda dei bancali da scaricare, senza pausa pranzo e senza aver goduto di ferie, fol 5; 
-il verbale di accertamento urgente ispettivo del IMIL di Mantova del 10.04.2019, confermato dalle dichiarazioni testimoniali, che evidenziava condizioni di alloggio degradanti e la scarsa igiene nei locali messi a disposizione dei lavoratori;
-le dichiarazioni iniziali degli operai N. e S., ampiamente riscontrate dalle informazioni rese dagli altri lavoratori dopo la richiesta di misura cautelare e dal tenore delle intercettazioni, che hanno evidenziato la consapevolezza da parte degli indagati dello stato di bisogno e delle condizioni di sfruttamento dei lavoratori reclutati e impiegati, costretti per necessità, in quanto sprovvisti di mezzi di sostentamento, ad accettare condizioni di vita e di lavoro degradanti, sotto la continua minaccia di esser licenziata fol 6,7,8).
Il Tribunale del riesame ha correttamente applicato il principio più volte affermato da questa Corte Sez. 1, n. 39125 del 22/09/2015 Cc. (dep. 25/09/2015 ) Rv. 264780 - 01 secondo cui la gravità degli indizi di colpevolezza postula una considerazione non frazionata ma coordinata degli stessi, che consenta di verificare se la valutazione sinottica di essi sia o meno idonea a sciogliere le eventuali incertezze o ambiguità discendenti dall'esame parcellizzato dei singoli elementi di prova, e ad apprezzare quindi la loro effettiva portata dimostrativa e la loro congruenza rispetto al tema di indagine prospettato nel capo di imputazione provvisoria, riferito al l'art. 603 cod.pen..
1.2 II primo motivo di ricorso di M.P. è manifestamente infondato.
Va ribadito che il sistema processuale penale accoglie infatti il principio della domanda cautelare, prevedendo, in materia, la necessità di un'apposita richiesta del pubblico ministero, che è tenuto a presentare al giudice gli indizi su cui essa si fonda nonché tutti gli altri elementi a favore dell'imputato, oltre alle eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate. L'organo giurisdizionale investito della richiesta è tenuto a provvedere nei limiti del petitum (Cass., Sez. 6A, n. 35106 del 28-6-03, Cass. pen 2004, 3693). Ed, al riguardo, le Sezioni Unite hanno ribadito il principio secondo cui la domanda della parte pubblica innesca un fenomeno devolutivo, che attribuisce al giudice un potere decisorio che, pur rimanendo integro in tutti i suoi connotati, secondo gli ordinali parametri di valutazione, è circoscritto all'interno del perimetro tracciato dal devolutum (Sez. U, n. 8388 del 22-1- 2009,Novi, Rv. 242292). L'adozione delle misure cautelari da parte del giudice deve quindi sempre essere preceduta, a pena di nullità assoluta, da una motivata richiesta del pubblico ministero (Cass. Sez. 6A, n. 33858 del 10-7-2008, Rv. n. 240799;Sez.fer. 6-9-1990, Palma, Cass. pen. 1991, 356. Così come è sempre necessario che le ipotesi di reato siano esplicitamente formulate nell'imputazione cautelare o almeno contenute nel contesto motivazionale della richiesta (Cass. Sez. 1A 4- 7-1995, Tomasello, Rv. 202206). Tuttavia, la domanda cautelare, che deve comunque sempre essere accompagnata dall'allegazione degli atti su cui si fonda, può anche non essere connotata da una specifica e puntuale motivazione, che invece costituisce oggetto di un ben preciso obbligo del giudice chiamato a provvedere sulla stessa (Cass., Sez. fer. n. 34201 del 25-8-2009, Rv. 244905). Compete infatti al giudice valutare, a prescindere dagli specifici contenuti della richiesta, la sussistenza dei presupposti per l'emissione del titolo di coercizione personale, ivi comprese le esigenze cautelari, così come compete al giudice l'attribuzione al fatto del nomen iuris più appropriato, anche se divergente da quello enunciato dal requirente (Cass., Sez. 2A, 13-7-2000, Dasani, Rv. 216943), nonché l'individuazione delle esigenze cautelari, che possono anche essere diverse da quelle prospettate dall'organo dell'accusa (Cass. Sez. 1A, 19-5-1997, Moissiadis, Arch. n.. proc. pen. 1997, 812).
Va infine ribadito che in materia di misure cautelari, ai fini dell'osservanza del disposto di cui all'art. 292, comma secondo, lett. b), cod. proc. pen., secondo cui tra i requisiti dell'ordinanza applicativa di misura cautelare deve esservi quello costituito dalla "descrizione sommaria del fatto con l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate", deve ritenersi sufficiente che tali elementi siano ricavabili dalla richiesta del P.M., cui nell'ordinanza sia stato fatto espresso riferimento, ovvero anche dal contesto motivazionale dell'ordinanza medesima. Sez. 6, n. 1158 del 09/10/2007 Cc. (dep. 10/01/2008 ) Rv. 238411 - 01
Nel caso in disamina, la richiesta del pubblico ministero conteneva, per stessa ammissione del ricorrente, la descrizione dei capi d'imputazione cautelare, cui il Tribunale del riesame ha fatto esplicito riferimento, affermando la sussistenza di un chiaro un quadro indiziario a carico di M.P. e D.G. per il reato di cui all'art. 603 bis cod.pen. ( fol 3).
2. In conclusione i ricorsi devono essere rigettati e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali, mandando alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 28 Reg. Esec. cod.proc.pen..
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 28 Reg.Esec. cod.proc.pen.
Così deciso l' 8.10.2019