Cassazione Penale, Sez. 4, 28 ottobre 2019, n. 43652 - Infortunio dell'addetto alla manutenzione elettrica. Causalità della colpa


Presidente: PICCIALLI PATRIZIA Relatore: TORNESI DANIELA RITA Data Udienza: 02/07/2019

 

Fatto

 


1. Con sentenza del 9 dicembre 2015 il Tribunale di Pesaro dichiarava M.M., legale rappresentante della società Alluflon s.p.a., responsabile del reato di lesioni personali colpose aggravate dalla violazione di norme in materia di sicurezza sul lavoro in danno del dipendente R.M. (capo c) e, dichiarate estinte per oblazione amministrativa le contravvenzioni di cui ai capi a) e b), lo condannava alla pena di mesi sei di reclusione.
1.1. A M.M., nella qualità sopra indicata, erano ascritti i reati:
- capo a) ai cui all'art. 80, comma 2, d.lgs. n. 81/2008 per non eseguito la valutazione del rischio elettrico;
- capo b) di cui all'art. 37, comma 1, d.lgs. n. 81/2008 perché non forniva adeguata formazione agli operatori addetti ai lavori su impianti elettrici;
- capo c) di cui all'art, 590 c.p., in relazione all'art. 583, comma 1 n.l cod. pen. perché per colpa consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia e nella violazione della normativa in materia di sicurezza sul lavoro come descritta ai capi a) e b), cagionava al dipendente R.M. lesioni personali gravi consistite in "folgorazione durante il lavoro con frattura pluriframmentaria della testa dell'omero destro, ustioni alla mano destra, contusione con ematoma alla palpebra sinistra", con incapacità di attendere alle occupazioni per un periodo superiore a giorni 40.
2. Con sentenza del 21 febbraio 2017 la Corte d'appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha ridotto la pena inflitta a M.M. a mesi tre di reclusione, confermando nel resto.
3. M.M., a mezzo del difensore di fiducia, ricorre per cassazione avverso la predetta sentenza, elevando cinque motivi di ricorso.
3.1. Con il primo motivo denuncia l'inosservanza e/o erronea applicazione di legge e il vizio motivazionale in relazione alla norma cautelare di cui è stata ravvisata la violazione (art. 80, comma 3 bis, d.lgs. n. 81/2008) in luogo di quella originariamente contestata (art. 80, comma 2, d.lgs. n. 81/2008). Osserva, al riguardo, che mentre quest'ultima disposizione si incentra sulla violazione della doverosa vantazione di tutti i rischi di natura elettrica, quella ritenuta in sentenza consiste in un adempimento meramente formale, privo di autonomia precettiva, e sfornito di sanzione. Sostiene che la Corte distrettuale non ha adeguatamente considerato che l'Infortunio non è avvenuto a causa di un difetto di conoscenza sulle modalità di esecuzione dell'operazione alla quale era tenuto (ovvero una banale inversione di fili in una presa elettrica) ma per una difforme decisione comportamentale assunta da quest'ultimo, nella piena consapevolezza dei contrasto della stessa con le disposizioni stabilite a garanzia della sicurezza sul lavoro.
3.2. Con il secondo motivo lamenta l'inosservanza e/o l'erronea applicazione della legge penale in relazione all'art. 40 cod. pen. e il vizio motivazionale, profilo rappresentato dall'imprescindibile necessità di una valutazione controfattuale dell'efficacia salvifica degli adempimenti asseritamente emessi.
3.3. Con il terzo motivo deduce l'Inosservanza e/o erronea applicazione di legge in relazione all'art. 41 cod. pen. ed il vizio motivazionale atteso che i giudici di secondo grado hanno omesso di effettuare una autonoma valutazione nella prospettiva dell'art. 41, comma 3, cod. pen.
3.4. Con il quarto motivo assume la violazione di legge in relazione all'art. 43 cod. pen. difettando qualsiasi verifica della c.d, misura soggettiva della colpa.
3.5. Con il quinto motivo denuncia l'inosservanza e/o erronea applicazione di legge in relazione agli artt. 62 bis e 163 cod. pen. e il vizio motivazionale in quanto non è stato adeguatamente argomentato sul diniego della sospensione condizionale della pena e delle attenuanti generiche.
3.6. Conclude chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.
 

 

Diritto

 


1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito enunciati.
2. Il primo e il terzo motivo, che vengono esaminati unitariamente in quanto strettamente connessi, sono infondati.
2.1. Si premette al riguardo che, secondo la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, in data 3 maggio 2013 R.M., dipendente della Affluvon s.p.a. dall'anno 1987 ed addetto alla manutenzione elettrica da circa vent'anni, mentre effettuava un intervento finalizzato ad invertire la posizione dei fili elettrici della presa di corrente del nastro trasportatore situato all'uscita della pressa 'SACMI', premeva sul relativo pannello elettrico il pulsante nero con la dicitura "arresto", anziché il selezionatore principale o il tasto di emergenza per togliere tensione al nastro, procurandosi in tal modo le lesioni sopradescritte.
Alla luce di tale ricostruzione fattuale della vicenda, risulta conforme a legge e congruamente motivata la semenza impugnata che addebita al M.M. di non avere adeguatamente rispettato l'obbligo di valutazione dei rischio elettrico contemplato dall' art. 80 d.P.R. n. 81/2008 e segg. che prescrive, in particolare, al comma 3 bis l'articolazione di procedure operative per lavori in tensione, sotto tensione, o diretti alla verifica dei guasti finalizzate alla individuazione delle modalità preventive ritenute necessarie alla adeguata specificazione delle tipologie di intervento sugli impianti elettrici da parte degli addetti; è stata altresì correttamente ravvisata la mancata indicazione specifica, da parte dei datore di lavoro, dei soggetti abilitati a compiere le varie tipologie di lavori elettrici così come prescritto dall'art. 82 del d.lgs. n. 81/2008.
I giudici di secondo grado hanno sottolineato che a tali incombenti la società risulta avere provveduto solo successivamente alla vicenda processuale de qua. 
2.2. La Corte distrettuale ha inoltre fatto corretta applicazione del principio di diritto (ex plurimis Sez. 4, n. 7188 del 10/01/2018, Rv. 272222) secondo cui il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, e esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli oppure che sia consistito in qualcosa radicalmente ed ontologicamente lontano dalle ipotizzabili imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro.
3. Il secondo e il quarto motivo colgono nel segno in quanto propongono correttamente un rilevante profilo eziologico che involge in particolare il tema della c.d. causalità della colpa, ovvero il profilo più squisitamente personale che va individuato nella capacità soggettiva dell'agente di osservare la regola cautelare, nella concreta possibilità di pretenderne l'osservanza ovvero nella esigibilità del comportamento dovuto.
SI rammenta che, seconde la giurisprudenza di legittimità (Sez. 4, n. 43966 del 06/11/2009, Rv. 245526), la titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell'evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante imponendo il principio di colpevolezza la verifica, in concreto, sia della sussistenza della violazione, da parte dei garante, di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell'evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire (c.d. concretizzazione del rischio), sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l'evento dannoso.
In quest'ottica va inoltre sottolineato che la responsabilità colposa non si estende a tutti gli eventi che comunque siano derivati dalla violazione della norma ma è limitata ai risultati che la norma stessa mira a prevenire. Tale esigenza conferma l'importante ruolo della prevedibilità ed evitabilità nella individuazione delle norme cautelari alla cui stregua va compiuto il giudizio ai fini della configurazione del profilo soggettivo della colpa. Occorre identificare una norma specifica avente natura cautelare posta a presidio della verificazione di un altrettanto specifico evento sulla base delle conoscenze che all'epoca della creazione della regola consentivano di porre la relazione causale tra condotte e risultati temuti e di individuare le misure atte a scongiurare o attenuare il rischio.
Inoltre il profilo causale della colpa più strettamente aderente al rimprovero personale implica che l'indicato nesso eziologico non si configura quando una condotta appropriata (il c.d. comportamento alternativo lecito) non avrebbe comunque evitato l'evento.
In tema di reati colposi l'addebito soggettivo dell'evento richiede non solo che l'evento dannoso sia prevedibile ma altresì che io stesso sia evitabile dall'agente con l'adozione delle regole cautelari idonee a tal fine (c.d. comportamento alternativo lecito) non potendo essere ascritta per colpa un evento che, con una valutazione ex ante non avrebbe potuto comunque essere evitato ( Sez. 4, n. 16751 dell'11/03/2010, Rv. 247017). 
Si ritiene infatti, dei tutto condivisibilmente, che non sarebbe razionale pretendere, fondando poi un giudizio di rimproverabilità, un comportamento che sarebbe comunque inidoneo ad evitare l'evento antigiuridico. Tale assunto rende evidente la stretta connessione esistente tra le problematiche della colpa e quelle sull'imputazione causale atteso che molto spesso le valutazioni che riguardane io sviluppo causale si riverberano sui giudizio di evitabilità in concreto.
3.1. Orbene, ciò posto, la Corte distrettuale, investita dei compito di analizzare i profili causali dedotti dal ricorrente, avrebbe dovuto adeguatamente rispondere al cruciale quesito se in presenza di una condotta così improvvisa ed estemporanea come quella posta in essere dal dipendente R.M., caratterizzata anche dal mancato utilizzo del tester di cui aveva la disponibilità, ed attribuita ad un suo eccesso di sicurezza, il comportamento rispettoso della normativa sulla sicurezza sui lavoro da parte del datore di lavoro avrebbe potuto realmente condurre a scongiurare l'evento lesivo o lo avrebbe determinato con modalità significativamente meno dirompenti tanto da indurre a ritenere ragionevolmente che le lesioni non ne sarebbero conseguite.
3.2. La carenza di motivazione sui punto, imprescindibile ai fini della configurazione della responsabilità colposa, impone l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia,
4. Tale esito decisorio rende ultronea la disamina del quinto motivo.
 

 

P.Q.M.

 


Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia. Così deciso il 2 luglio 2019