Categoria: Cassazione penale
Visite: 3700

Cassazione Penale, Sez. 3, 13 novembre 2019, n. 45941 - Violazioni in materia di sicurezza. Continuazione tra le contravvenzioni


 

 

 

Presidente: DI NICOLA VITO Relatore: RAMACCI LUCA Data Udienza: 01/10/2019

 

Fatto

 


1. Il Tribunale di Asti, con sentenza del 6 luglio 2018 ha affermato la penale responsabilità di D.K. in ordine ai reati di cui agli artt. 37, comma 1 e 55, comma 5, lett. c) d.lgs. 81/2008 (capo "a" dell'imputazione) e 18, comma 1, lett. a), 55, comma 5, lett. d) d.lgs. 81/2008 (capo "b" dell'Imputazione) e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche ed uniti i reati sotto il vincolo della continuazione, lo ha condannato alla pena dell'ammenda.
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti ha proposto appello, convertito in ricorso per Cassazione dalla Corte di appello di Torino con ordinanza in data 16 aprile 2019.
2. Con un unico motivo di impugnazione deduce la violazione dell'art. 81 cod. pen., rilevando che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto la continuazione tra le contravvenzioni contestate, non essendo ravvisabile, nella fattispecie, un comportamento doloso, l'unico che poteva essere invocato per unificare i reati.
Aggiunge che la decisione impugnata non sarebbe neppure assistita da adeguata motivazione, in quanto si afferma che l'imputato avrebbe agito per disinteresse verso le norme in materia di sicurezza sul lavoro, circostanza, questa, che può certamente connotare una condotta disdicevole, come sostenuto dal medesimo Tribunale, ma non integrare in alcun modo un'ipotesi di condotta dolosa.
Richiamata quindi la giurisprudenza di questa Corte in tema, insiste per l'accoglimento delle impugnazioni.
 

 

Diritto

 


1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.
2. Occorre preliminarmente osservare che la giurisprudenza consolidata di questa Corte, che il Collegio condivide, ha chiaramente precisato che qualora un provvedimento giurisdizionale sia impugnato con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente stabilito, il giudice che riceve l’atto di gravame deve limitarsi, secondo quanto stabilito dall'art. 568, comma quinto cod. proc. pen., alla verifica dell'oggettiva impugnabilità del provvedimento e dell'esistenza della volontà di impugnare, intesa come proposito di sottoporre l’atto impugnato a sindacato giurisdizionale e, conseguentemente, trasmettere gli atti al giudice competente astenendosi dall'esame dei motivi al fine di verificare, in concreto, la possibilità della conversione (Sez. 6, n. 38253 del 5/6/2018, Borile e altro, Rv. 273738; Sez. 5, n. 7403 del 26/09/2013, (dep. 2014), P.M. in proc. Bergantini, Rv. 259532; Sez. 1, n. 33782 del 8/4/2013, Arena, Rv. 257117;Sez. 5, n. 21581 del 28/4/2009, P.M. in proc. Mare, Rv. 243888; Sez. 3, n. 2469 del 30/11/2007 (dep. 2008), Catrini, Rv. 239247; Sez. 4, n. 5291 del 22/12/2003 (dep. 2004), Stanzani, Rv. 227092 ed altre prec. conf., tra cui Sez. U, n. 45371 del 31/10/2001, Bonaventura, Rv. 220221).
Si è peraltro affermato che l'istituto della conversione della impugnazione previsto dall'art.568, comma 5, cod. proc. pen., ispirato al principio di conservazione degli atti, determina unicamente l'automatico trasferimento del procedimento dinanzi al giudice competente in ordine alla impugnazione secondo le norme processuali e non comporta una deroga alle regole proprie del giudizio di impugnazione correttamente qualificato. Pertanto, l'atto convertito deve avere i requisiti di sostanza e forma stabiliti ai fini della impugnazione che avrebbe dovuto essere proposta (Sez. 1, n. 2846 del 8/4/1999, Annibaldi R, Rv. 213835. V. anche ex pi. Sez. 3, n. 26905 del 22/04/2004, Pellegrino, Rv. 228729; Sez. 4, n. 5291 del 22/12/2003 (dep.2004), Stanzani, Rv. 227092).
3. Ritiene il Collegio che la Corte territoriale abbia correttamente disatteso la richiesta di declaratoria di inammissibilità dell’appello avanzata dalla Procura Generale, qualificando l’appello come ricorso per cassazione disponendo la trasmissione degli atti a questa Corte.
Va altresì rilevato che l’atto di impugnazione presenta senz’altro i requisiti del ricorso per cassazione, avendo esclusivamente ad oggetto la questione di diritto illustrata in premessa.
4. Ciò posto, deve osservarsi che, come correttamente rilevato dal Pubblico Ministero ricorrente, questa Corte ha già avuto modo di affermare che la continuazione può essere ravvisata tra contravvenzioni soltanto se l'elemento soggettivo ad esse comune sia il dolo e non la colpa, atteso che la richiesta unicità del disegno criminoso è di natura intellettiva e consiste nella ideazione contemporanea di più azioni antigiuridiche programmate nelle loro linee essenziali (così Sez. 3, n. 10235 del 24/1/2013, Vitale, Rv. 254423. Coni. Sez. 4, n. 1285 del 25/11 /2004 (dep. 2005), Gentilini, Rv. 230715; Sez. 3, n. 2702 del 22/1 /1991, Borello, Rv. 186518. Cfr. anche Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017 - dep. 08/06/2017, Gargiulo, Rv. 270074).
Inoltre, si è pure affermato che, ai fini del riconoscimento della continuazione, è onere dell'imputato dimostrare, nel giudizio di cognizione, l'allegazione degli specifici elementi dai quali è desumibile l'unicità del disegno criminoso (Sez. 2, n. 2224 del 5/12/2017 (dep.2018), Pellicoro, Rv. 271768; Sez. 6, n. 43441 del 24/11/2010, Podda, Rv. 248962; Sez. 5, n. 18586 del 4/3/2004, D'Aria, Rv. 229826; Sez. 2, n. 40342 del 13/5/2003, Settimo, Rv. 227172; Sez; 1, n. 5518 del 18/11/1994 (dep.1995), Montagna, Rv. 200212 ed altre prec. conf.).
5. Si tratta di principi che il Collegio condivide e ritiene di dover ribadire, rilevando, altresì, come, nella fattispecie, dalla lettura della sentenza, tale prova non risulta essere stata fornita e la motivazione, sul punto, appare apodittica, perché la sussistenza di un medesimo disegno criminoso rilevante ai fini del riconoscimento della continuazione (la cui applicazione non risulta essere stata richiesta da alcuna delle parti, secondo quanto riportato nelle conclusioni riprodotte in sentenza) è stata assertivamente ritenuta sulla base di un riconosciuto mero "disinteresse" per le “previsioni normative per le tutele dei lavoratori", il che risulta del tutto insufficiente ai fini della sussistenza del necessario requisito della unicità del disegno criminoso e del dolo che lo caratterizza.
6. Quanto sopra evidenziato impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Asti in diversa composizione per nuovo giudizio in punto di sussistenza della continuazione e determinazione della pena.
 

 

P.Q.M.

 


Annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Asti in diversa composizione per nuovo giudizio in punto di sussistenza della continuazione tra i reati e determinazione della pena.
Così deciso in data 1/10/2019