Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. 6, 21 novembre 2019, n. 30488 - Rendita ai superstiti e assegno funerario in dipendenza della morte del coniuge. Ricorso inammissibile.


 

Presidente: DORONZO ADRIANA Relatore: CAVALLARO LUIGI Data pubblicazione: 21/11/2019

 

 

Fatto

 


che, con sentenza depositata il 6.7.2017, la Corte d'appello di Catania, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda di T.R. volta a beneficiare della rendita ai superstiti e dell’assegno funerario in dipendenza della morte del coniuge, che deduceva essere conseguenza della malattia professionale per la quale godeva di rendita;
che avverso tale pronuncia T.R. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura; che l’INAIL ha resistito con controricorso;
che è stata depositata proposta ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
 

 

Diritto

 


che, con l’unico motivo di censura, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 145, T.U. n. 1124/1965, per avere la Corte di merito ritenuto che il decesso del suo dante causa non fosse conseguenza della malattia professionale;
che è consolidato il principio secondo cui il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un'erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, mentre l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all'esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità se non nei ristretti limiti dell'art. 360 n. 5 c.p.c. (cfr. tra le più recenti Cass. nn. 24155 del 2017, 3340 del 2019);
che, nella specie, il motivo di censura incorre precisamente nella confusione dianzi chiarita, dal momento che, pur essendo formulato con riguardo ad una presunta violazione delle disposizioni di legge indicate nella rubrica, pretende di criticare l'accertamento di fatto che la Corte territoriale, avvalendosi di una CTU, ha compiuto al fine di escludere che il decesso del dante causa dell’odierna ricorrente fosse conseguenza della malattia professionale per la quale godeva di rendita; che, anche volendo riqualificare il motivo in termini di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (cfr. su tale possibilità Cass. nn. 4036 del 2014 e 23940 del 2017), la censura è comunque inammissibile per difetto di specificità, non essendo stato trascritto nel ricorso per cassazione il contenuto dell’elaborato peritale asseritamente discostantesi dai canoni della scienza medica ed essendo per contro consolidato il principio di diritto secondo cui il ricorrente, che denunci l’omessa o inesatta valutazione di una CTU è onerato, a pena di inammissibilità del ricorso, della trascrizione integrale nel ricorso almeno dei passaggi salienti e non condivisi della relazione (Cass. nn. 16368 del 2014,11482 del 2016); che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;
che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso;

 

 

P. Q. M.

 


La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che sui liquidano in € 2.200,00, di cui € 2.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 19.6.2019