Cassazione Civile, Sez. 3, 26 novembre 2019, n. 30728 - Ribaltamento di un'autogrù. Cessazione della materia del contendere


 

 

Presidente: AMENDOLA ADELAIDE Relatore: GUIZZI STEFANO GIAIME Data pubblicazione: 26/11/2019

 

Fatto

 

1. A.M., M.B. e M.DG. ricorrono, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 6313/13, del 25 novembre 2013, della Corte di Appello di Roma, che - accogliendo, per quanto qui ancora di interesse, il gravame incidentale esperito dalla società Nuova Scavi S.r.l. contro la sentenza del Tribunale di Roma n. 25113/05 - ha respinto la domanda risarcitoria dagli stessi proposta in relazione all'infortunio da essi subito in Roma, il 10 agosto 1998.
2. Riferiscono, in punto di fatto, gli odierni ricorrenti di aver convenuto in giudizio, innanzi al Tribunale capitolino, la Nuova Scavi S.r.l., lamentando che - mentre stavano eseguendo, nelle circostanze di tempo e luogo summenzionate, lavori di restauro sulla facciata di un edificio, operando dall'interno del cestello di una piattaforma soprelevata a diversi metri da terra, su un'autogrù di proprietà della predetta società - il mezzo in questione dapprima si inclinava, a seguito di un cedimento del terreno su cui poggiava, per poi ribaltarsi su un fianco, provocando loro lesioni personali (oltre a determinare la morte di C.C., essendosi l'autogrù abbattuta sul veicolo a bordo del quale il medesimo stava transitando).
Costituitasi in giudizio la Nuova Scavi, la stessa - su autorizzazione dell'adito giudicante - chiamava in causa, oltre alla propria società assicuratrice, Fondiaria-Sai S.p.a. (oggi Unipolsai S.p.a.), anche il Comune di Roma (oggi, Roma Capitale), indicato come effettivo responsabile dei danni lamentati dagli attori. A propria volta il Comune di Roma, negando la propria responsabilità, chiedeva di essere tenuto indenne dagli esecutori dei lavori, essendo, pertanto, autorizzata a chiamare in causa - ciò che faceva - R.M. (socio della Nuova Scavi), P.G. (ovvero, colui che manovrava l'autogrù), la società IRK Appalti S.r.l. (che aveva noleggiato il mezzo da Nuova Scavi) e A.M. (amministratore della società noleggiante, oltre che uno degli attori), ed infine l'INAIL, al solo scopo, in questo caso, di evitare duplicazioni risarcitorie.
Costituitisi in giudizio i terzi chiamati (compreso l'INAIL, che spiegava domanda di surroga ex art. 1916 cod. civ., per le prestazioni erogate agli infortunati), ad eccezione del P.G., nel medesimo giudizio intervenivano volontariamente gli eredi del C.C., AM.B., OMISSIS C., chiedendo condannarsi al risarcimento dei danni - singolarmente o alternativamente - le società Nuova Scavi e IRK Appalti, il Comune di Roma, nonché R.M., e P.G., e gli attori A.M., M.B. e M.DG..
Svolta apposita CTU sullo stato dei luoghi e le modalità del sinistro, all'esito del giudizio di primo grado, dichiarato inammissibile l'intervento di T.C. per difetto di interesse, la sola Nuova Scavi veniva condannata a risarcire il danno ad A.M., M.B. e M.DG., mentre la stessa società - in solido con IRK Appalti, nonché con A.M. e R.M. - era condannata a risarcire il danno agli altri eredi del C.C.. Erano, invece, respinte le domande risarcitone proposte da attori ed intervenienti nei confronti del Comune di Roma, mentre erano dichiarate, rispettivamente, improcedibile, quella degli eredi C.C. verso il P.G., inammissibile, quella proposta dall'INAL, ed assorbite quelle del Comune di Roma verso il P.G., IRK Appalti e R.M.. Peraltro, l'assicuratore della Nuova Scavi veniva condannato a tenere indenne la stessa da ogni somma che essa fosse risultata tenuta a pagare in forza della sentenza di condanna. 
Gravata la sentenza del Tribunale capitolino, con appello principale, da A.M., M.B. e M.DG., nonché, in via incidentale, da Nuova Scavi (e dalla sua assicuratrice, oggi Unipolsai, oltre che da IRK Appalti, R.M., AM.B., OMISSIS C.), la Corte romana - nella contumacia di INAf^ di T.C., oltre che di L.B. e di R. e V. G., eredi di P.G., nelle more deceduto - respingeva integralmente, in parziale riforma della sentenza impugnata, la domanda di A.M., M.B. e M.DG., escludendo anche la responsabilità della società Nuova Scavi. Essa, inoltre rigettava, riformando anche "in parte qua" la sentenza impugnati la domanda degli eredi C.C. verso Nuova Scavi S.r.l., A.M., R.M. e P.G..
3. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione A.M., M.B. e M.DG., sulla base - come detto - di un unico motivo.
3.1. Si deduce - in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. - violazione e falsa applicazione dell'art. 2054 cod. civ., nonché "errata valutazione delle risultanze probatorie del giudizio", con conseguente "violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.".
Si censura la sentenza impugnata laddove ha escluso la sussistenza della responsabilità della Nuova Scavi e/o del Comune di Roma sul rilievo che "l'evento si sarebbe verificato per caso fortuito consistito nell'improvviso sprofondamento del suolo stradale su cui era posizionata l'autogrù".
Si assume che l'evento dannoso per cui è causa "non si verificò per asserito «caso fortuito», consistito nell'improvviso cedimento e sprofondamento del suolo, bensì a causa dell'Imperizia e della negligente inosservanza delle regole di sicurezza nel posizionamento dell'autogrù, nonché nel mancato controllo da parte del Comune di Roma in merito all'occultamento del tombino".
In particolare, l'espletata CTU, avrebbe evidenziato che nel posizionamento della autogrù "non sono state rispettate alcune norme di sicurezza come la mancanza di autorizzazione di occupazione del suolo pubblico, la mancanza di un piano di sicurezza, il posizionamento di uno stabilizzatore proprio a ridosso del tombino, il non utilizzo di tavole per la ripartizione di carico anche sugli stabilizzatori" di destra, soggiungendosi che il ribaltamento del mezzo fu "determinato dall'improvviso cedimento della superficie sottostante la barra stabilizzatrice posteriore destra, dovuto ad una non corretta valutazione dei rischi del posizionamento dello stesso in prossimità di un tombino ed al mancato utilizzo del tavolo di ripartizione di carico".
Inoltre, fondamentale si sarebbe palesata la circostanza che l'autorizzazione di occupazione del suolo pubblico "era stata richiesta e successivamente concessa esclusivamente per l'installazione di un ponte sollevabile a mantovana", giacché ciò ha impedito "una preventiva valutazione dei rischi connessi alle operazioni che ci si accinge a compiere, nonché l'esplicazione di eventuali prescrizioni nell'esecuzione di esse".
Inoltre, la società Nuova Scavi, in quanto proprietaria del mezzo noleggiato ad IRK Appalti, avrebbe dovuto accertarsi - secondo i ricorrenti - che detto mezzo fosse usato in conformità con le autorizzazioni concesse e le norme di sicurezza, specie in considerazione del fatto che un proprio incaricato, il P.G., provvedeva alle manovre del braccio mobile della gru, avendo, per tale ragione, essa conservato una certa signoria e disposizione sul bene. 
D'altra parte, si appaleserebbe anche "una responsabilità solidale e/o concorrente del Comune di Roma in merito all'insidia costituita dal tombino parzialmente occluso dal bitume".
4. Ha resistito all'impugnazione Roma Capitale, che ha chiesto dichiararsi la stessa inammissibile.
5. Ha resistito all'impugnazione pure R.M., che ha chiesto dichiararsi la stessa inammissibile o infondata.
6. Anche Nuova Scavi ha resistito all'impugnazione, chiedendo dichiararsi la stessa inammissibile o infondata.
7. Con ricorso successivo, anche AM.B., OMISSIS C. hanno impugnato la stessa sentenza, sulla base di due motivi, indirizzando il loro ricorso nei confronti di Nuova Scavi, di A.M., R.M. e degli eredi di P.G..
7.1. Il primo motivo deduce - in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. - violazione e falsa applicazione dell'art. 2054 cod. civ." ed "errata valutazione delle risultanze probatorie del giudizio", con conseguente "violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.".
Esso è di contenuto identico a quello proposto da A.M., M.B. e M.DG..
7.2. Il secondo motivo ipotizza - sempre in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. - violazione e falsa applicazione degli artt. 345 e 112 cod. proc. civ. 
Si censura la sentenza impugnata in quanto avrebbe basato "tutta la motivazione su temi che non avevano avuto alcuna indicazione, nemmeno superficiale, nel corso del primo grado".
Sarebbe stato, in particolare, violato il divieto di proposizione di nuove eccezioni, non rilevabili d'ufficio, da distinguere dalle mere difese, consistendo nella semplice negazione del diritto esercitato dalla controparte.
Nella specie, la decisione della Corte di Appello di escludere la responsabilità della società Nuovi Scavi si è fondata sul rapporto obbligatorio (di locazione) insorto tra essa, proprietaria dell'autogru, e l'ipotetico gestore della "res", e dunque su una ragione giuridica del tutto diversa da quella sviluppata in primo grado, nel quale tutte le eccezioni e deduzioni sviluppate ebbero "quale unico fine l'esame del rapporto illecito insorto a seguito del sinistro", e non, invece, un "illecito contrattuale e le sue conseguenze".
8. Ha resistito all'impugnazione Roma Capitale, che ha chiesto dichiararsi che nessuna domanda è stata proposta nei suoi confronti dagli eredi del C.C., che hanno indirizzato la propria impugnazione nei confronti di Nuova Scavi, di A.M., R.M. e degli eredi di P.G..
9. Ha resistito all'impugnazione anche Nuova Scavi, che ha chiesto dichiararsi la stessa inammissibile o infondata.
10. Ha resistito all'impugnazione pure R.M., che ha chiesto dichiararsi la stessa inammissibile o infondata.
11. Anche Unipolsai ha resistito all'impugnazione degli eredi C.C., eccependo preliminarmente l'inammissibilità e, comunque, chiedendone il rigetto perché infondata. 
12. In relazione al controricorso di Unipolsai, R.M. ha presentato controricorso, rilevando come, anche in questo caso, la mancata impugnazione della decisione della Corte capitolina di mandarlo assolto da ogni domanda di responsabilità rendesse del tutto inutile la notificazione di tale atto nei suoi confronti.
 

 

Diritto

 


13. Va dichiarata la cessazione della materia del contendere.
13.1. Alla nota depositata dagli eredi di C.C., attestante che essi "hanno raggiunto un bonario componimento di questa incresciosa vicenda con le parti avverse", tanto che la società Unipolsai, assicuratrice di Nuova Scavi, sulla scorta di tale intesa, "ha provveduto a versare compiutamente le somme concordate", ha fatto seguito, all'udienza pubblica dell'11 settembre 2019 (dopo che le precedenti udienze del 22 giugno 2018 e 23 marzo 2019 erano state rinviate proprio in vista di una definizione transattiva della vertenza), l'attestazione, dei difensori delle parti, che analogo accordo è stato raggiunto anche a beneficio A.M., M.B. e M.DG..
Su tali basi, quindi, i difensori delle parti hanno chiesto dichiararsi la cessazione della materia del contendere.
13.2. Sussistono, in effetti, i presupposti per tale declaratoria, dovendo darsi, qui, continuità a quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte.
Difatti, quando risulti sopravvenuto "un accordo negoziale fra le parti, che ha determinato una nuova regolamentazione convenzionale delle situazioni giuridiche, cui si riferiscono i ricorsi in decisione e che sono oggetto della controversia, con la sostituzione di essa all'assetto scaturito dalla sentenza impugnata e «sub iudice» in forza dei ricorsi", ricorre un'evenienza che "impone a questa Corte di prendere atto che la materia ad essa devoluta", con gli atti di impugnazione, "non necessita più di essere regolata con una decisione che debba esaminare i ricorsi ed i loro motivi" (così, in motivazione, Cass. Sez., Un., sent. 11 aprile 2018, n. 8980).
Si tratta, peraltro, di un'evenienza che "non evidenzia affatto una carenza sopravvenuta dell'interesse ad agire di cui all'art. 100 cod. proc. civ., atteso che le parti al contrario insistono per ottenere una decisione sulla controversia, sebbene con la mera dichiarazione che essa è definita dall'accordo negoziale", ma che, d'altra parte, neppure si presta "ad essere incasellata in una delle tipologie di decisione indicate" dagli artt. 382, 383 e 384 cod. proc. civ. (così Cass. Sez. Un., sent. n. 8090 del 2018, cit.).
Non può, infatti, richiamarsi la previsione "di cui al terzo comma dell'art. 382 cod. proc. civ., cioè quella del riconoscimento da parte della Corte di Cassazione che il processo non poteva proseguire, in quanto, se è vero che la cessazione della materia del contendere ha l'effetto di rendere non necessaria la prosecuzione del processo ed impone la sua definizione", quella norma, "come emerge dall'uso dell'imperfetto", allude "alla constatazione di una causa che impediva la prosecuzione del processo e, quindi, l'approdo alla sentenza impugnata, di natura anteriore ad essa", ovvero "verificatasi nei gradi di merito" (e non sopravvenuta nel corso del giudizio di legittimità). Né, d'altra parte, potrebbe applicarsi l'art. 384 cod. proc. civ., perché esso "suppone che la sentenza venga cassata in accoglimento e, dunque, previo scrutinio del ricorso, che invece la cessazione della materia del contendere in forza dell'accordo negoziale non rende più necessario ed anzi preclude", (cfr., nuovamente, Cass. Sez. Un., sent. n. 8090 del 2018, cit.).
D'altra parte, poiché anche in sede di legittimità il processo "in simili casi è dominato dall'interesse delle parti e dal loro potere dispositivo", risulta evidente che questa Corte deve "rispettare la loro richiesta concorde di dichiarare la controversia definita dall'intervenuto accordo negoziale", ciò che impone, con la presa d'atto che "la controversia è ormai oggetto solo di regolazione convenzionale", anche "la constatazione dell'automatica perdita di efficacia della sentenza impugnata, atteso che le parti regolando con l'accordo negoziale la vicenda, hanno inteso affidare esclusivamente ad esso la sua disciplina, così rinunciando a valersi di detta efficacia. Il fenomeno che si verifica non è una «cassazione» della sentenza impugnata, bensì l'accertamento che la sua efficacia è venuta meno per effetto dell'accordo negoziale delle parti, perché con esso le parti ne hanno disposto" (si veda ancora, sul punto, Cass. Sez. Un., sent. n. 8090 del 2018, cit.).
Sussistono, dunque, i presupposti - nel presente caso - per dichiarare cessata la materia del contendere, nei termini dianzi chiariti.
14. Quanto alle spese del presente giudizio, si ritiene che - anche a prescindere da una espressa richiesta delle parti in tal senso - le stesse vadano compensate integralmente, se è vero quanto rilevato dal già citato arresto delle Sezioni Unite di questa Corte, ovvero che, persino il silenzio serbato dalle parti sul punto, si deve intendere come invito alla Corte a "disporre la compensazione, astenendosi dall'individuare chi sarebbe stato soccombente", e "ciò perché questa astensione è implicata dall'accordo negoziale" (così, conclusivamente, Cass. Sez. Un., sent. n. 8090 del 2018, cit.).
15. Non sussistono, infine, i presupposti per porre a carico dei ricorrenti l'obbligo di versare l'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Tale norma, invero, risulta "applicabile qualora il procedimento per cassazione si concluda con integrale conferma dell'efficacia della statuizione impugnata, cioè con il rigetto dell'impugnazione nel merito, ovvero con la dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità del ricorso, mentre in questo caso l'adottanda declaratoria della cessazione della materia del contendere, pur determinando la caducazione di tutte le pronunce emanate nei precedenti gradi di giudizio, accerta, come s'è veduto, il venir meno dell'efficacia della sentenza impugnata in forza di un intervenuto accordo negoziale fra le parti" (cfr., ancora una volta, Cass. Sez. Un., sent. n. 8090 del 2018, cit.).
 

 

P.Q.M.
 

 

La Corte dichiara cessata la materia del contendere, compensando integralmente, tra tutte le parti, le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, all'esito di pubblica udienza della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, l'11 settembre 2019.