Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. 6, 26 novembre 2019, n. 30876 - Rendita ai superstiti


Presidente: DORONZO ADRIANA Relatore: RIVERSO ROBERTO Data pubblicazione: 26/11/2019

 

Rilevato che
la Corte d’appello di Caltanissetta con la sentenza n. 388 del 2017 accogliendo l’appello proposto dall’Inail rigettava la domanda proposta da C.G.P. intesa ad ottenere la rendita ai superstiti in quanto figlia di C.C. il quale sarebbe deceduto in seguito alla tecnopatia sofferta in vita e per la quale percepiva la rendita a carico dell’Inail.
A fondamento della sentenza la Corte d’appello riconosceva invece che, in base alle accurate indagini ed attente considerazioni contenute nella CTU espletata in appello, la morte del signor C.C. avvenuta il 15/6/2012 fosse da addebitare alla malattia neoplastica, e che andasse invece esclusa una influenza nel decesso da parte della broncopatia professionale, contrariamente a quanto affermato nella ctu effettuata nel giudizio di primo grado.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione C.G.P. formulando due motivi di censura illustrati da memoria, ai quali ha resistito Inail con controricorso.
Alle parti è stato comunicata la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.
 

 

Ritenuto che
L- col primo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione degli articoli 115, 116,117, 195, 434, 437, art. 24 e 111 Cost.; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ( articolo 360 nn. 3, 4, 5) in quanto contrariamente a quanto sostenuto dalla sentenza d’ appello il CTU non aveva inviato la bozza di relazione alla pec email indicata nella memoria di costituzione dal difensore dell’appellata dato che l’indirizzo utilizzato dalla CTU era errato.
Il motivo è inammissibile perché difetta di specificità in quanto la Corte d’appello ha affermato che il CTU aveva inviato la bozza di relazione su indirizzi e-mail coincidenti con quelli indicati nei rispettivi atti difensivi dal procuratore della ricorrente e dal procuratore dell’Inail; il motivo sostiene invece che l’indirizzo riportato nella schermata di invio del CTU non era l’indirizzo pec del difensore dell’appellata ma tuttavia non indica, non trascrive e non produce gli atti relativi agli indirizzi e-mail di cui si discute in modo di consentire a questa Corte di valutare in base agli atti.
Va inoltre considerato che la sentenza impugnata da conto diffusamente delle critiche comunque sollevate avverso la ctu superandole in sede decisoria; talché, in mancanza di un effettivo pregiudizio alla difesa del ricorrente, viene meno qualsiasi profilo di interesse a sollevare un vizio di natura procedurale come quello in oggetto, da ritenersi sanato ai sensi dell’art. 156, 3° comma c.p.c. .
2. - Col secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., 85, 131 e 133 d.p.r. 1124/65, articolo 41 codice penale; l’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, per avere la sentenza deciso la causa in accoglimento della CTU la quale aveva escluso che la grave broncopatia cronica di natura professionale di cui soffriva il signor C.G.P. avesse avuto una qualche incidenza sul suo decesso avvenuto il 15.06.2012 e che esso fosse stato invece cagionato dalla malattia neoplastica. Sostiene in particolare la ricorrente che nella cartella clinica relativa al ricovero del 16.2.2012 presso il Dipartimento Chirurgia dell’unità operativa di Urologia dell’Azienda sanitaria provinciale di Caltanissetta alla voce diagnosi di dimissione, oltre alla neoplasia renale, fosse riportata la broncopatia cronica ostruttiva con insufficienza respiratoria e che ciò non rappresentasse un mero riferimento anamnestico bensì dimostrasse lo stato di gravità psicofisica del signor C.C. a meno di quattro mesi dalla data del decesso tenuto conto altresì che il certificato necroscopico indicava come causa terminale la broncopatia cronica riacutizzata.
3. - Anche tale motivo è inammissibile.
Secondo quanto affermato dal ricorrente nel certificato di dimissione ASP Caltanissetta del 16/2/2012 si indicava che il de cuius fosse affetto da broncopatia cronica ostruttiva con insufficienza respiratoria e tale riferimento risulta considerato nella sentenza, sulla base della CTU, alla stregua di un “riferimento anamnestico legato alla dizione della malattia professionale”.
La stessa sentenza, sulla base della CTU, ha in effetti rilevato che nella numerosissima documentazione sanitaria presente negli atti non era stata esibita alcun certificato di visita pneumologica o terapia riferentesi all’apparato respiratorio negli ultimi sei anni di vita del C.G.P.; ed inoltre che, fatto salvo il riferimento anamnestico a tale patologia, negativi al riguardo anche i diari clinici presenti in atti.
La censura riportata in ricorso vorrebbe invece desumere dalla mera diagnosi di dismissione (che neppure trascrive testualmente nel ricorso) la valenza causale della broncopatia cronica ai fini del decesso del C.G.P.; e ciò anche in quanto si tratterebbe di un certificato stilato a quattro mesi dalla data del decesso. Ma la stessa censura in oggetto per come articolata in ricorso non consente di riconoscere, anche per difetto di specificità e di autosufficienza, che la diagnosi di dimissione (ancorché riferita alla broncopatia) possa smentire quanto affermato nella sentenza la quale ha invece fondato il suo giudizio negativo circa l’incidenza di tale patologia sul decesso del paziente non già negando la esistenza della broncopatia bensì perché, sulla scorta della ctu, ha “ritenuto impossibile che una broncopatia che per numerosi anni è stata ben sopportata dal defunto senta il ricorso a terapie specifiche negli ultimi anni di vita, possa avere provocato il decesso o contribuirne in maniera sostanziale in un soggetto con una diffusione metastatica veramente imponente”. Pertanto la certificazione di dimissione non può smentire quanto afferma la sentenza, in mancanza di vizi logici o giuridici, in ordine al nesso causale e nulla comprova circa gli effetti della patologia polmonare sul decesso del C.G.P.. Né allo scopo può servire il richiamo alla CTU di primo grado la quale avrebbe attestato, invece, che il C.G.P. — al contrario di quanto ritenuto in sentenza — avesse fatto ricorso a terapia respiratoria negli ultimi anni di vita. Ma, a parte il fatto che anche in tal caso il richiamo è generico cd effettuato senza alcuna trascrizione e perciò in violazione del principio di specificità, non si capisce nemmeno su quale elementi il ctu di primo grado abbia fondato tale accertamento che secondo la ctu di secondo grado era invece totalmente negativo in quanto privo di qualsiasi riscontro probatorio.
Il motivo di ricorso si rivela così un mezzo che tende al riesame del merito della causa e va qualificato come mero dissenso diagnostico (Cass. 1652/2012; 9988/2009).
4. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere quindi dichiarato inammissibile. Nulla per le spese ai sensi dell’art.152 disp. att. c.p.c.. Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui all’art 13 , comma 1 quater, dpr n. 115/2002.
 

 

PQM

 


Dichiara rinammissibilità del ricorso. Nulla spese.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1 quater del dpr n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis , dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma all’adunanza camerale del 7/5/2019