Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 29 novembre 2019, n. 48659 - Reclutamento illecito di manodopera e sfruttamento


 

Presidente: MENICHETTI CARLA Relatore: FERRANTI DONATELLA Data Udienza: 19/11/2019

 

Fatto

 


1. Il Tribunale di Palermo in funzione di giudice del riesame, ha confermato l'ordinanza del Gip del Tribunale di Marsala, che, in data 8 M.B. 2019, ha applicato la misura cautelare dell'obbligo di dimora nel comune di residenza, in relazione al delitto di reclutamento illecito di manodopera di cui all'art. 603 bis cod.pen., secondo quanto descritto nell'imputazione provvisoria, capi B e C, nei confronti di A.G. perché, in concorso con M.B., A.F. e U.I.L., svolgevano un'attività organizzata di intermediazione, reclutando immigrati di nazionalità rumena e ne organizzavano l'attività lavorativa in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno, mediante la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme ai contratti collettivi nazionali e comunque sproporzionata alla qualità e quantità del lavoro prestato, la reiterata violazione della normativa in materia di ferie, periodi di riposo, riposo settimanale, la violazione delle norme in materia di sicurezza, salute e igiene nei luoghi di lavoro anche mediante violenza, minaccia e intimidazione. Fatti commessi in Marsala e Pantelleria dal 2011 al gennaio 2017.
1.1 Il Tribunale ha riassunto i risultati investigativi che hanno condotto a delineare i comportamenti illeciti degli imputati; ha evidenziato in particolare i risultati delle dichiarazioni rese dalle persone informate dei fatti, parti lese, delle intercettazioni telefoniche e ambientali, dell'attività di osservazione svolta dalla PG. Ha quindi valutato grave il compendio indiziario a carico dell' indagato, consolidatosi a seguito delle informazioni rese dai braccianti agricoli che hanno fornito univoci riscontri circa le condizioni di lavoro di sfruttamento imposte, caratterizzate da condizioni di sfruttamento e di minaccia; in merito alle esigenze cautelari ha ritenuto la sussistenza del pericolo di reiterazione criminosa, stante il contesto organizzato perdurante nei tempo, per oltre cinque anni, di intermediazione illecita e sfruttamento dei lavoratori, l'alto numero dei lavoratori sfruttati, la gravità e le modalità di attuazione del fatto reato, il pieno inserimento nel contesto socio-econominco territoriale e la adeguatezza e proporzionalità della misura dell'obbligo di dimora nel Comune di residenza.
2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso l'indagato a mezzo del difensore, il quale ha articolato i seguenti motivi.
2.1 Con il primo motivo ha dedotto vizio di motivazione quanto alla gravità indiziaria e alla sussistenza del reato ipotizzato avuto riguardo ai profili di diritto intertemporale. Il Tribunale del riesame ha omesso di esaminare la rilevanza delle condotte contestate in relazione alle fattispecie incriminatrici vigenti nel periodo interessato, cioè prima e dopo la L. 199/2016 che ha inserito tra i soggetti attivi anche il datore di lavoro. Ha omesso di esaminare gli indici di sfruttamento e di valutare la concreta attività di intermediazione illecita e di valutare il profilo soggettivo di ciascuno degli indagati.
Parimenti è insufficiente la motivazione riferita ai modi della violenza, della minaccia e della intimidazione.
Si lamenta inoltre l'attribuzione al ricorrente della qualifica soggettiva di amministratore di fatto della coop Colombaia.
2.2. Con il secondo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla non attualità delle esigenze cautelari alla luce del fatto che il ricorrente ha tra l'altro sempre operato come bracciante agricolo della Colombaia coop, che le quote e i beni della società sono stati sottoposta a sequestro preventivo ex art .321 cod.proc.pen; lamenta che il Tribunale del riesame ha tratto elementi di convincimento dall'appello del PM riguardante la medesima ordinanza ma altro procedimento iscritto presso il Tribunale del riesame in diversa composizione.
 

 

Diritto

 


1. Il ricorso è manifestamente infondato, oltre che generico e aspecifico, non confrontandosi con il percorso logico- giuridico e fattuale seguito nella motivazione del Tribunale del riesame.
1.1.Va osservato che l'ordinanza impugnata offre una motivazione adeguata, illustra in maniera critica e approfondita i dati indiziari tratti dai risultati delle investigazioni ed esposti in maniera analitica e completa con un univoco valore accusatorio e un pieno riscontro alle informazioni testimoniali, riferite sia alle condizioni di sfruttamento del lavoro che alla non occasionalità dell' attività illecita posta in essere.
Il ricorso, invece, prospetta una generica lettura alternativa del materiale indiziario, frammentaria, che non è idonea a superare, secondo le valutazioni del Tribunale del riesame, il grave e univoco quadro indiziario posto a base dell'ordinanza: sul punto occorre ribadire che "...non hanno rilevanza le censure che si limitino ad offrire una lettura alternativa delle risultanze probatorie, dal momento che il sindacato della Corte di cassazione si risolve pur sempre in un giudizio di mera legittimità - Sez. VI, 3 ottobre 2006, n. 36546, Bruzzese, C.E.D. Cass., n. 235510 -.
1.2.Il Tribunale del riesame, dopo aver richiamato per relationem gli elementi indicati nell'ordinanza applicativa della misura cautelare, ha enucleato dal complesso indiziario tutti gli indici probatori, indicati dal legislatore nell'art. 603 bis cod.pen sia con riferimento all'attività di intermediazione illecita, attuata dal ricorrente con il reclutamento di braccianti agricoli per conto terzi dal 2008 in poi, insieme a M.B., che all'attività di organizzatori, come datori di lavoro, in quanto soci e amministratori di fatto della Colombaia coop, e ne ha puntualmente indicato la fonte di prova ( fol 7 e 8 ); in particolare ha richiamato e riportato il risultato delle dichiarazioni rese dai singoli lavoratori, il tenore delle intercettazioni telefoniche significative e l'esito dei servizi di osservazione che riscontrano non solo l'entità della paga inferiore a quella dichiarata ( 30,00 euro giornalieri per un orario di 9/10 ore al giorno di lavoro, a fronte di euro 59,00 dichiarati), ma anche il tentativo di pilotare le dichiarazioni dei lavoratori, chiamati a deporre quali persone informate sui fatti dalla PG, e infine, il mancato rispetto delle condizioni di sicurezza sul lavoro, descritte analiticamente nelle imputazioni provvisorie.
Il Tribunale del riesame ha correttamente applicato il principio più volte affermato da questa Corte, [sez. 1, n. 39125 del 22/09/2015 Cc. (dep. 25/09/2015 ) Rv. 264780 - Olj, secondo cui la gravità degli indizi di colpevolezza postula una considerazione non frazionata ma coordinata degli stessi, che consenta di verificare se la valutazione sinottica di essi sia o meno idonea a sciogliere le eventuali incertezze o ambiguità discendenti dall'esame parcellizzato dei singoli elementi di prova, e ad apprezzare quindi la loro effettiva portata dimostrativa e la loro congruenza rispetto al tema di indagine prospettato nel capo di imputazione provvisoria, riferito all'art. 603 cod.pen..
2. In ordine poi al secondo motivo riguardante l'attualità e la concretezza delle esigenze cautelari, si rileva che il Tribunale spiega, con logicità e pertinenza di argomentazioni, le ragioni che inducono a non valorizzare, in senso favorevole all'indagato, i generici elementi di censura già sottoposti in sede di riesame. Argomenta, invero, in maniera del tutto coerente come l'obbligo di dimora (si dà atto che nelle more della stesura della motivazione dell'ordinanza, a seguito di altra pronuncia del Tribunale del riesame del 10.06.2019, su impugnativa del PM, la misura era stata sostituita con il divieto di dimora nel comune di residenza), sia una misura cautelare minimamente afflittiva, del tutto adeguata e proporzionata al pericolo concreto ed attuale di reiterazione, desunto dalla disinvoltura dell'azione criminosa, dal suo perdurare per un lungo periodo di tempo, dall'operare all'interno del contesto socio economico territoriale, circostanze che rivelano l'intraneità ad ambienti criminali, una spiccata dimestichezza nella conclusione di affari illeciti organizzati. Emerge quindi una sufficiente e logica spiegazione circa l'esistenza dell'esigenza di impedire la cd. reiterazione criminosa. Ancora le modalità del fatto, si come emerse nella illustrazione della gravità indiziaria, danno sostanza al giudizio di adeguatezza della misura che limita in maniera assai blanda la libertà personale dell'indagato.
3. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2000,00 in favore della cassa delle ammende.
 

 

P.Q.M.

 


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende.
Cosi deciso il 19.11.2019