Cassazione Penale, Sez. 3, 11 dicembre 2019, n. 49995 - Infortunio mortale nel cantiere forestale. Responsabilità dell'amministratore della società committente per omissione del DUVRI


Presidente: ROSI ELISABETTA Relatore: ZUNICA FABIO Data Udienza: 16/09/2019

 

Fatto

 

1. Con sentenza del 19 aprile 2018, il Tribunale di Lucca condannava A.B. alla pena di euro 3.000 di ammenda, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui agli art. 26 comma 3 e 55 comma 5 lett. D) del d.lgs. n. 81 del 2008, a lui contestato per non avere elaborato, qualità datore di lavoro committente, il documento unico di valutazione dei rischi che indicasse le misure da adottare per eliminare o ridurre al minimo i rischi di interferenza, prevedendo preliminarmente uno scambio reciproco di informazioni tra i rischi specifici esistenti nei luoghi di lavoro da parte del datore di lavoro e i rischi degli appaltatori e subappaltatori; fatto accertato in Molazzana il 13 novembre 2013.
2. Avverso la sentenza del Tribunale toscano, A.B., tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo, con cui deduce la contraddittorietà della motivazione, sia sotto il profilo del travisamento della prova, in relazione alla testimonianza del teste di P.G. V., sia in punto di omessa valutazione delle dichiarazioni dei testi della difesa B. e A..
In particolare, la difesa, allegando e riportando per esteso il contenuto delle deposizioni che si assumono travisate o ignorate, osserva che la ricostruzione dei fatti operata dal Tribunale contrastava con la versione riferita nel corso del controesame dall'ufficiale di Polizia giudiziaria V., il quale ha dichiarato che quello oggetto di controllo non era un cantiere edile, ma un cantiere forestale, atteso che l'unica attività svolta era l'abbattimento, all'interno dell'area boschiva circostante l'edificio dell'immobiliare Fobbia, di piante di castagno.
Ciò peraltro era stato confermato dal teste B. e dal consulente A., avendo in particolare costoro chiarito che la Vando A.B. Costruzioni s.r.l. non aveva mai avuto alcuna ingerenza o partecipazione nell'intervento, che non consisteva in lavori edili o stradali, ma in lavori boschivi, su terreni di proprietà dell'immobiliare Fobbia s.a.s., che è società diversa dalla ditta Vando A.B. Costruzioni s.r.l., essendo comune solo la legale rappresentanza delle società.
Da ciò non poteva tuttavia trarsi la conclusione che quest'ultima società fosse stata la committente dei lavori, non avendo la Vando A.B. Costruzioni s.r.l. mai avuto la disponibilità giuridica dei luoghi e tantomeno la loro proprietà, essendo il terreno dove era in essere il taglio boschivo nella disponibilità esclusiva della Immobiliare Fobbia, che è appunto proprietaria del fabbricato cui è annesso il terreno boschivo oggetto dei tagli commissionati.
Del resto, la Vando A.B. Costruzioni s.r.l. non ha mai impiegato uomini o mezzi operativi nel cantiere, al quale è sempre rimasta del tutto estranea, essendosi esaurita l'attività del dipendente B. esclusivamente nel prendere e sottoscrivere i buoni con le ore di lavoro effettuate dalla cooperativa La Fanaccia, senza alcuna interferenza nelle opere eseguite dalla cooperativa.
Peraltro, aggiunge la difesa, l'obbligo di elaborare il documento unico dei rischi non era ascrivibile neanche a carico della Immobiliare Fobbia, che è stata semplicemente la committente delle operazioni di taglio delle piante di castagno, non essendo la stessa neanche in grado di organizzare un cantiere edile, per cui la predetta società, priva di dipendenti, non poteva essere qualificata come "datore di lavoro" ai sensi della normativa in tema di sicurezza sul lavoro.
 

 

Diritto

 


Il ricorso è infondato, ma la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, essendo il reato contestato estinto per prescrizione.
1. Occorre preliminarmente rilevare che il giudizio sulla sussistenza del reato e sulla sua ascrivibilità al ricorrente non presta il fianco alle censure difensive.
Ed invero il Tribunale ha innanzitutto compiuto un'adeguata ricostruzione della vicenda storica, richiamando gli accertamenti di P.G. svolti nel novembre 2013, in occasione di un infortunio mortale verificatosi presso il cantiere forestale di Molazzana, località Fobbia: all'esito delle verifiche, veniva accertato che i lavori sul cantiere erano stati commissionati dalla Vando A.B. Costruzioni s.r.l., il cui legale rappresentante veniva identificato nel ricorrente A.B..
A tale conclusione si è pervenuti valorizzando una serie di elementi probatori, a partire da un fax del 5 novembre 2013, trasmesso dalla Vando A.B. Costruzioni alla coop. La Fanaccia, con il quale si confermavano, come da accordi presi in precedenza, i prezzi orari di un operaio e di una motosega.
Sono stati inoltre rinvenuti sei buoni di consegna, nei quali risulta attestato, per i giorni 4, 6, 7, 8, 11 e 12 novembre, su carta intestata della società, da parte del dipendente F. B., la presenza sul cantiere di operai della coop. La Fanaccia, e l'impiego di motoseghe, in relazione alla necessità del successivo pagamento orario della commessa; peraltro, il dipendente B. si recava regolarmente presso il cantiere forestale, dove si svolgevano i lavori di abbattimento degli alberi, proprio per verificare e attestare la presenza sul posto di operai e mezzi della coop. La Fanaccia, essendo stato accertato che operava sul cantiere anche un lavoratore autonomo, marito di una coltivatrice diretta.
A ciò deve aggiungersi che l'area interessata dai lavori era nella disponibilità giuridica della Immobiliare Fobbia s.a.s., il cui accomandatario era proprio A.B., legale rappresentante pure della Vando A.B. Costruzioni. Dunque, essendo stato accertato sul cantiere lo svolgimento di attività lavorativa da parte di più imprese e lavoratori autonomi, è stata addebitata all'odierno imputato, nella veste di amministratore della società committente, l'omessa redazione del documento unico di valutazione dei rischi, la cui redazione era imposta dall'art. 26, commi 2 e 3, del d. lgs. n. 81 del 2008. 
Tale norma ("obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione"), la cui violazione è penalmente sanzionata dall'art. 55 comma 5 lett. d) del predetto decreto, prevede infatti che il datore di lavoro committente promuove la cooperazione e il coordinamento degli interventi di protezione e prevenzione dei rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.
Ora, il riconoscimento da parte del Tribunale del ruolo di committente dei lavori in capo alla Vando A.B. Costruzioni non presenta criticità, essendo scaturito da una disamina razionale delle acquisizioni probatorie, documentali e orali.
Sul punto, deve escludersi il dedotto travisamento delle prove, o comunque la loro omessa considerazione da parte del Tribunale, posto che i profili segnalati dalla difesa, sia rispetto ai contenuti della deposizione del teste del P.M. V., sia con riferimento alle testimonianze dei testi della difesa B. e D'A., evocano in realtà non tanto una divergenza nella ricostruzione dei fatti di causa, che non risultano affatto equivocati, ma piuttosto una differente valutazione del materiale probatorio rispetto alla riconducibilità a A.B. della veste di committente dei lavori; tale affermazione è stata tuttavia fondata sulla lettura unitaria di una serie di dati fattuali (la commistione dei ruoli di legale rappresentanza dell'imputato nelle due società interessate e la comprovata ingerenza della Vando A.B. Costruzioni prima nell'affidamento e poi anche nell'esecuzione dei lavori) che sono stati correlati tra loro in maniera non illogica. Di qui la legittimità del giudizio di colpevolezza del ricorrente.
2. Nondimeno, stante la non manifesta infondatezza delle doglianze sollevate, deve rilevarsi che, nelle more, è maturata nella vicenda in esame la prescrizione del reato, essendo decorso il relativo termine massimo (pari a 5 anni), in assenza di cause di sospensione, alla data del 13 novembre 2018.
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, perché il reato residuo è estinto per prescrizione.
 

 

P.Q.M.

 


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso il 16/09/2019