Cassazione Penale, Sez. 4, 24 gennaio 2020, n. 2859 - Infortunio durante la manutenzione di un impianto fotovoltaico. Formazione sui rischi del camminamento sulla sommità di strutture coperte da pannelli solari. Responsabilità del presidente del CDA


Presidente: MENICHETTI CARLA Relatore: BELLINI UGO Data Udienza: 19/11/2019

 

Fatto

 

l. La Corte di Appello di Ancona,con sentenza pronunciata in data 13 Dicembre 2018 in riforma della decisione del Tribunale di Macerata appellata dal Pubblico Ministero di Macerata e dalla parte civile M.M., riconosceva l'imputato E.G. presidente del consiglio di amministrazione della società Energy Resources produttrice e manutentrice di impianti fotovoltaici, colpevole del reato di lesioni colpose ai danni del dipendente M.M. il quale, impegnato in attività di manutenzione di impianto posto sulla sommità di azienda commerciale, era rimasto ferito ad una gamba in quanto nel procedere sulla sommità dell'edificio aveva calpestato uno dei pannelli provocandone la rottura, con conseguente lesione da taglio alla gamba, e lo aveva condannato alla pena di mesi uno di reclusione oltre al risarcimento del danno a favore della parte civile.
2. Al legale rappresentante della società era contestato di non avere provveduto a impartire al dipendente una adeguata formazione specifica contro i rischi derivanti dal camminamento sulla sommità di strutture coperte da pannelli solari e in particolare per avere violato la disciplina antinfortunistica sui lavori da eseguirsi in altezza.
3. Il giudice distrettuale, dopo avere proceduto alla rinnovazione della istruttoria dibattimentale, perveniva ad un diverso giudizio di attendibilità dei due testi (M.M. persona offesa e B.) impegnati in quota ad opere di manutenzione dei moduli fotovoltaici, escludendo al contempo rilievo esimente per il datore di lavoro alle dichiarazioni da queste sottoscritte in epoca di molto anteriore alla data dell'infortunio,con le quali i suddetti dichiaravano di essere stati resi edotti sulle modalità di esecuzione degli interventi in quota nel rispetto della disciplina di riferimento,in quanto fatte sottoscrivere in epoca successiva all'infortunio e comunque alla stregua delle dichiarazioni testimoniali di altro dipendente G., il quale aveva riconosciuto il camminamento sulle manette di congiunzione dei singoli moduli quale ordinaria prassi lavorativa, tollerata dall'azienda al fine di risparmiare tempo nelle attività di installazione e di manutenzione dei moduli e alla assoluta carenza di formazione delle maestranze e di rispetto della disciplina antinfortunistica in relazione alla prescritta utilizzazione di tavole di camminamento.
4. Quanto ai profili concernenti la posizione di garanzia riconosciuta al presidente del consiglio di amministrazione il quale, secondo la prospettazione difensiva non rivestiva nell'azienda ruoli operativi e di controllo delle maestranze, a fronte di posizioni intermedie e comunque deleghe prepositurali, assumeva che il deficit cautelare non si arrestava alla fase del rispetto della disciplina antinfortunistica in sede esecutiva ovvero nell'omesso controllo dell'osservanza delle misure di prevenzione e di protezione da parte dei lavoratori, ma atteneva a scelte strategiche e gestionali di più ampio raggio,quali la mancata formazione ed informazione delle maestranze e la prevalenza offerta a metodi di lavoro che privilegiavano prassi distorte e illegittime al fine di velocizzare le singole fasi di lavoro, scelte di cui il datore di lavoro doveva rispondere personalmente quale titolare della posizione di garanzia concernente la predisposizione delle misure antinfortunistiche.
5. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa dell'imputato prospettando quattro motivi di doglianza.
Con un primo motivo ha dedotto violazione di legge in relazione all'art.2 D.Lgs.81/2008 per essere stata riconosciuta in capo all'imputato la posizione di garanzia in relazione all'infortunio occorso al dipendente ignorando che, anche in considerazione delle dimensioni aziendali e dell'assenza di una specifica competenza dell'imputato, il quale si occupava di profili contabili e amministrativi, l'attività concernente il rispetto della disciplina antinfortunistica era rimessa ad una serie di figure intermedie al cui vertice insisteva l'amministratore delegato.
Con una seconda articolazione deduce vizio motivazionale, motivazione apparente e contraddittoria ed illogica in relazione alla corretta valutazione del materiale istruttorio con particolare riferimento alla informazione e alla formazione somministrate al dipendente e agli obblighi da questi assunti di osservare le disposizioni in materia antinfortunistica, con conseguente abnormità ed eccentricità della condotta serbata dal dipendente ed interruzione del rapporto di causalità.
Con una terza articolazione lamenta vizio motivazionale in relazione alla mancanza di una motivazione rafforzata a fronte di riforma di sentenza assolutoria in primo grado, laddove il giudice di appello si era limitato ad esprimere una valutazione di attendibilità sui contributi dichiarativi della persona offesa e del teste B., in assenza di esplicitazione dei passaggi logici giuridici che avevano determinato il cambiamento di rotta rispetto a quanto sostenuto dal giudice di prima cure con ciò disattendendo anche i principi espressi dall'art.6 CEDU in materia di onere motivazionale.
Con un'ultima articolazione lamenta violazione di legge nella parte in cui il giudice distrettuale ha escluso il beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione, osservando che il prevenuto presentava un unico precedente coperto da causa estintiva e che l'apporto psicologico e il contributo alla realizzazione dell'evento erano assolutamente trascurabili in ragione del fatto che, a dispetto della sua posizione apicale, allo stesso non competeva il governo del rischio occorso alla persona offesa.
6. Con memoria depositata in data 29 Ottobre 2019 la difesa dell'E.G. ha sollecitato ulteriori riflessioni evidenziando.in relazione al primo motivo di ricorso che alla stregua della visura camerale depositata in atti, all'amministratore delegato erano attribuiti in toto compiti di amministrazione in tema di rispetto della sicurezza sul luogo di lavoro; con un secondo articolato, collegato ai motivi di ricorso secondo e terzo, lamenta la pretermissione dell'Istruttoria dibattimentale, in violazione dei principi sanciti dalla pronuncia DASGUPTA, in quanto era stata omessa la rinnovazione della testimonianza DM il quale aveva ampiamente riferito in primo grado sul rispetto degli obblighi formativi delle maestranze e sulla completa ostensione delle direttive aziendali sulle modalità di svolgimento delle operazioni di manutenzione dei pannelli.
Con una ulteriore articolazione si ribadisce la censura concernente la mancata applicazione dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna.
 

 

Diritto

 


1. Infondato è il motivo di ricorso della difesa E.G. che deduce violazione di legge per essere stato il ricorrente ritenuto titolare della posizione di garanzia di datore di lavoro, laddove tanto l'istruttoria dibattimentale (teste G.) sia il contenuto della delega all'amministratore, come richiamata nello statuto e riportata nella visura camerale (allegata solo all'atto del deposito di motivi aggiunti) rimettevano all'amministratore delegato, senza limiti di spesa, tutto il settore della sicurezza sul luogo di lavoro, così da potersi riconoscere in quest'ultimo l'effettivo responsabile dell'organizzazione della società appaltatrice, autonomo gestore del rischio infortunistico connesso alle lavorazioni all'interno dello stabilimento, non residuando al delegante neppure funzioni di alta vigilanza.
2. La tesi non risulta fondata. Nessun dubbio sussiste sul fatto che E.G. abbia rivestito al momento del fatto la qualifica formale di datore di lavoro in qualità di presidente del consiglio di amministrazione della società ENERGY RESOURCES s.p.a. e pertanto era il soggetto che costituiva la massima espressione della rappresentanza e della operatività dell'azienda e al quale competeva l'obbligo primario di procedere alla valutazione dei rischi e ad assicurare la sicurezza e l'adozione di misure di prevenzione sul luogo di lavoro (sez.IV, 1.2.2017, Ottavi, Rv. 269133; 29.1.2019, Ferrari, Rv.276335) e predisporre il conseguente documento di valutazione. Quanto ai profili formali dell'assunzione della qualifica di datore di lavoro, in materia di infortuni sul lavoro gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro, possono essere trasferiti con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, a condizione che il relativo atto di delega ex art. 16 del D.Lgs. n. 81 del 2008 riguardi un ambito ben definito e non l'intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 - dep. 18/09/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 26110801; SEZ. IV, 16.12.2015, Raccuglia, Rv.265947).
3. Appare evidente che manca nella specie qualsiasi elemento da cui inferire la presenza dei requisiti essenziali per consentire un trasferimento di una o più funzioni dal soggetto delegante, facendo totalmente difetto l'ambito circoscritto, o ben definito, delle competenze trasferite, risolvendosi al contrario il generico e tardivo estratto dei poteri trasferiti all'amministratore delegato del tutto privi di specificità e chiarezza anche in relazione alla identificazione del soggetto delegato (il teste G. ha indicato in tale C. l'amministratore delegato al momento del fatto), mentre la difesa dell'imputato assumeva in appello che la figura apicale in materia di manutenzione era tale G.M., salvo poi indicare l'amministratore delegato responsabile della sicurezza in tale L.L. all'atto del deposito dei motivi nuovi, laddove il L.L. era stato escusso in dibattimento quale testimone a difesa.
2.2 Ma anche sotto il profilo sostanziale non può affatto concordarsi, come al contrario sostenuto dal ricorrente, che il materiale istruttorio ha sancito la totale estraneità del ricorrente alla gestione dell'azienda; semmai risulta accertato l'esercizio da parte di terzi della gestione esecutiva dell'attività aziendale ma, contrariamente a quanto rappresentato nel primo motivo di ricorso, non è affatto vero che il concreto atteggiarsi delle lavorazioni sfuggiva ai poteri di indirizzo e di alta vigilanza comunque riconosciuti all'amministratore ricorrente, atteso che il datore di lavoro non può delegare l'attività di valutazione dei rischi, ai sensi dell'art. 17, d.lgs. n. 81 del 2008 (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 50605 del 05/04/2013, Rv. 258125, ove si è chiarito che, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, gli obblighi di vigilanza e di controllo gravanti sul datore di lavoro non vengono meno con la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, il quale ha una funzione di ausilio diretta a supportare e non a sostituire il datore di lavoro nell'individuazione dei fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione e di formazione dei dipendenti; in termini: Sez. 4, Sentenza n. 27420 del 20/05/2008, Rv. 240886).
3. Premesso pertanto che la questione della ricorrenza di una delega formalizzata in materia di sicurezza risulta essere formulata soltanto con i motivi nuovi, il giudice distrettuale ha comunque evidenziato che la responsabilità del ricorrente risiedeva comunque nel ruolo apicale rivestito dall'E.G. e nel fatto che la omessa predisposizione di elementari misure di sicurezza rientrava nel cono delle competenze comunque allo stesso riconducibili, quale espressione di poteri di indirizzo e di strategia aziendale che avrebbero dovuto soffocare le consolidate prassi lavorative, invece alimentate dai soggetti preposti alla vigilanza, di trascurare l'adozione delle più elementari regole cautelari nel camminamento in quota sopra coperture sulle quali insistevano moduli fotovoltaici, che non offrivano garanzie di stabilità se non attraverso lo smontaggio dei moduli ovvero mediante l'adozione di tavole per camminamenti neppure presenti sul luogo di lavoro, contrariamente a quanto indicato nel POS.
4. Il secondo motivo di ricorso risulta parimenti infondato.
A tale proposito non pare cogliere nel segno l'argomento difensivo che deduce assoluta carenza motivazionale da parte del giudice di appello con riferimento alla mancata esclusione del rapporto di causalità in ragione della imprevedibilità, eccentricità e imprudenza del comportamento del dipendente.
4.1 Come ha evidenziato il giudice distrettuale con ragionamento corretto sotto il profilo logico giuridico, attingendo al materiale dichiarativo in atti e in particolare alla testimonianza del teste G., risultavano carenti sul luogo di lavoro le più elementari cautele prevenzionistiche in una prospettiva, tollerata se non incentivata dalla azienda, di abbreviare i tempi necessari alla installazione e alla manutenzione dei moduli fotovoltaici.
4.2 Orbene, è stato evidenziato dal S.C. che la colpa del lavoratore eventualmente concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica addebitata ai soggetti tenuti ad osservarne le disposizioni non esime questi ultimi dalle proprie responsabilità, poiché l'esistenza del rapporto di causalità tra la violazione e l'evento-morte o lesioni del lavoratore che ne sia conseguito può essere esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento del lavoratore fu abnorme, e che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento. (La Suprema Corte ha precisato che è abnorme soltanto il comportamento del lavoratore che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, e che tale non è il comportamento del lavoratore che abbia compiuto un'operazione comunque rientrante, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli (vedi sez.IV, 28.4.2011 23292; 5.3.2015 n.16397).
4.3 Non pare dubbio - e il giudice di appello ne ha dato conto in motivazione - che il lavoratore era intento alla esecuzione di un compito che rientrava nelle mansioni cui era chiamato ad attendere quantomeno in unione ad altro lavoratore, e che l'evento si era verificato proprio in ragione dell'assolvimento del compito demandato.
4.4 In ogni caso vale il principio ripetutamente ribadito dal S.C. che non avendo il lavoratore ricevuto una adeguata formazione sul contenuto della prestazione lavorativa, né verificabili prescrizioni lavorative sui limiti cui era tenuto il suo intervento, la sua condotta, anche qualora imprudente e avventata, non può assurgere a causa esclusiva dell'infortunio occorso quando, come nella specie, il sistema di sicurezza apprestato dal datore di lavoro presenti delle evidenti criticità (sez.IV, 17.1.2017, Meda, Rv.269255; 10.10.2013, Rovaldi, 259313; 2.5.2012 Goracci n.22044 non massimata; 7.2.2012, Pugliese, Rv.252373; 15.4.2010 n.21511, Di Vita, n.m.).
4.5 Le disposizioni di sicurezza perseguono infatti il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, onde l'area di rischio da gestire comprende il rispetto della normativa prevenzionale che si impone ai lavoratori, dovendo il datore di lavoro impedire l'instaurarsi, da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza, di prassi di lavoro non corrette e, come tali, latrici di possibili rischi per la sicurezza e la incolumità dei lavoratori (sez.IV, 13.11.2011 Galante, n.m.; sez.F. 12.8.2010, Mazzei Rv.247996).
4.6 A nulla rileva poi che nelle dichiarazioni sottoscritte dal lavoratore quest'ultimo riconosceva di aver ricevuto una sufficiente informazione sui rischi della lavorazione e sulle modalità di svolgimento della prestazione secondo le direttive aziendali, in quanto il giudice di appello ha evidenziato come il datore, pure avendo ottenuto una sorta di liberatoria dai propri dipendenti, di fatto aveva eluso gli obblighi sullo stesso incombenti sul luogo di lavoro, che non si arrestavano alla acquisizione e alla fornitura dei presidi volti ad assicurare la protezione dei singoli dipendenti (che nella specie pure mancavano) ma, come prescrive la disciplina normativa, imponevano di richiedere l'osservanza della utilizzazione dei suddetti dispositivi, poiché il datore di lavoro deve non solo predisporre le idonee misure di sicurezza ed impartire le direttive da seguire a tale scopo ma anche e soprattutto controllarne costantemente il rispetto da parte dei lavoratori, di guisa che sia evitata la superficiale tentazione di trascurarle dopo avere somministrato al lavoratore una adeguata formazione sull'utilizzo dei presidi e sui rischi connessi alle lavorazioni cui il lavoratore era chiamato a partecipare (sez.IV, 17.5.2012 n.34747, Parisi, Rv.253513; 8.5.2019, Rossi Giorgio, Rv.276241).
5. Anche il terzo motivo di ricorso deve essere disatteso avendo il giudice distrettuale assolto in termini assolutamente adeguati agli obblighi di motivazione rafforzata in presenza di pronuncia assolutoria riformata in appello, previa rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, non essendosi la Corte limitata ad una diversa interpretazione del materiale istruttorio esaminato dal primo giudice ma avendo riconosciuto piena attendibilità alle dichiarazioni della persona offesa e del teste B. attraverso la valorizzazione del contributo dichiarativo del dipendente G., il quale ha riconosciuto il grave deficit nella adozione di misure di sicurezza sui luoghi di intervento, pure evocate nei documenti sulla sicurezza, ma di fatto trascurate in maniera costante in ragione di una precisa strategia aziendale volta a privilegiare la riduzione dei tempi di intervento.
5.1 Appare pertanto del tutto infondato il rilievo formulato nel secondo motivo aggiunto per essere stata omessa la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale mediante l'escussione del teste DM., il quale aveva riconosciuto il puntuale assolvimento degli obblighi di formazione del personale, laddove la motivazione della sentenza impugnata è comunque resistente anche qualora si volessero escludere i profili di addebito relativi alla formazione delle maestranze, atteso che ai lavoratori non erano stati assicurati i dispositivi di protezione e per prassi consolidata della parte datoriale veniva tollerata, se non incentivata, la pretermissione della corretta sequenza degli oneri precauzionali che contemplava, tra l'altro, lo smontaggio dei moduli sulla copertura per consentire il passaggio delle maestranze destinate ad interventi di manutenzione. 
6. Va peraltro evidenziato come le considerazioni sopra esposte attengono ai riflessi civilistici delle pronunce di merito atteso che il reato, commesso in data 28 Agosto 2011 risulta prescritto in data 28 Febbraio 2019 ai sensi degli artt. 157 I comma e 161 II comma cod.proc.pen. e pertanto, agli effetti penali, deve essere disposto l'annullamento della sentenza essendo il reato estinto per sopravvenuta prescrizione.
6.1 D'altro canto, come evidenziato nei precedenti paragrafi, pur risultando i motivi di ricorso infondati, gli stessi sono espressione di difese tecniche degne di considerazione, idonee a costituire il rapporto processuale e non inammissibili.
7. In conclusione ai fini delle statuizioni penali deve essere annullata la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.
Ai fini delle statuizioni civili il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali e delle spese di difesa della costituita parte civile che vanno determinate come da dispositivo.
 

 

P.Q.M.

 


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali essendo il reato estinto per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile M.M. che liquida in euro duemilacinquecento oltre accessori come per legge.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 19 Novembre 2019.